mercoledì 27 giugno 2018

‘Un’Italia di sopra, una di mezzo ed un’altra di sotto’

‘Un’Italia di sopra, una di mezzo ed un’altra di sotto’, con queste semplici parole uno degli oltre 14 milioni di poveri residenti sul territorio italiano ha definito la condizione di disagio sociale in cui vive 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

 GRAFICO 1. INCIDENZA POVERTÀ 
ASSOLUTA (FAMIGLIE) PER RIPARTIZIONE 
GEOGRAFICA. Anni 2014-2017, valori percentuali
(Foto da istat.it)
L’Istat ha pubblicato il rapporto sulla povertà in Italia relativo al 2017. I dati evidenziano una crescita di due punti percentuali nel Mezzogiorno e l’incremento del divario tra Centro - Nord e Sud. Secondo le stime fatte dell’Istituto di statistica vivono in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie residenti nel territorio italiano, in tutto sono 5 milioni e 58 mila individui. La crescita riguarda sia il numero di famiglie, passate dal 6,3% del 2016 al 6,9% del 2017, sia gli individui, aumentati dal 7,9% all’8,4%. Più di un minore su dieci, cioè 1 milione 208 mila soggetti (12,1%, nel 2016 era del 12,5%), vive in povertà.
L’aumento maggiore si registra nelle regioni del Sud, dove la stima è passata dall’8,5% al 10,3% per le famiglie e dal 9,8% all’11,4% per gli individui. Percentuali doppie rispetto al resto del Paese. Nel Nord l’incidenza è salita rispettivamente al 5,0% (famiglie) e al 5,4% (individui), nel Centro al 4,2% ed al 5,1%. Inoltre, essa diminuisce al crescere dell’età ed aumenta per le famiglie più numerose, per i non occupati e per i meno istruiti (licenza media o elementare).
Anche la povertà relativa cresce rispetto al 2016. Essa riguarda 3 milioni 171 mila famiglie residenti, (12,3% contro il 10,6% del 2016) e 9 milioni 368 mila individui (15,6% contro il 14% dell’anno precedente) ed è diffusa soprattutto tra le famiglie numerose (30,2%) ed in quelle con persone in cerca di occupazione (37%). Uno straniero su tre vive in povertà. A livello territoriale essi sono residenti per il 29,3% nel Centro e per il 59,6% nel Mezzogiorno.
14 milioni e 426 mila individui vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa, sono residenti soprattutto nel Mezzogiorno ed un terzo di essi sono stranieri. ‘Un’Italia di sopra, una di mezzo e un’altra di sotto’. E’ una vera e propria emergenza nazionale, ma per chi ci ha governato e per chi ci governa le priorità sono altre.

Fonte istat.it

lunedì 25 giugno 2018

I ricchi sono sempre più ricchi

'Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l'avarizia', Don Milani da Lettera ad una professoressa

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da unhcr.org
Gli Hnwi sono le persone che, escludendo la residenza principale, hanno investito almeno un milione di euro in asset, beni da collezione, di consumo e durevoli. Nell’ultimo anno sono aumentati di 1,6 milioni di unità e la loro ricchezza è cresciuta del 10,6%, cioè ha superato i 70.000 miliardi di dollari. A sostenerlo è il World Wealth Report 2018 pubblicato da Capgemini. La ricchezza dei super paperoni cresce per il sesto anno consecutivo. Merito, sostiene il rapporto, anche delle cosiddette criptovalute.
In Italia il numero è aumentato di circa il 9%, passando da 251.500 a 274.000 individui. Nella classifica mondiale prima del nostro Paese ci sono gli Usa, il Giappone, la Germania, la Cina, la Francia, il Regno Unito, la Svizzera, il Canada e l’Australia.
I dati Capgemini confermano la crescita delle disuguaglianze e delle differenze sociali tra aree geografiche e tra le classi sociali. I ricchi sono sempre più ricchi, mentre una parte sempre più numerosa della popolazione mondiale s’impoverisce.
Nel 2017, 68,5 milioni di persone sono fuggite da guerre, violenze e persecuzioni (rapporto annuale Global Trends, pubblicato da l’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Le persone costrette alla fuga ‘sono pari al numeri di abitanti della Thailandia’, cioè, nel mondo, una persona ogni 110. L’85% dei rifugiati risiede nei paesi in via di sviluppo e ‘quattro su cinque rimangono in paesi limitrofi ai loro’. Gli esodi di massa verso altri paesi sono piuttosto limitati (Turchia e Libano), due terzi sono sfollati all’interno del proprio paese.
Un mondo ingiusto, diviso in due, ma per i nostri politici e per la maggioranza degli elettori italiani il problema sono i migranti la cui unica colpa è quella di fuggire da guerre e carestie.

Fonti: capgemini.com e unhcr.it



lunedì 18 giugno 2018

Siamo il Paese dei condoni fiscali, altro che flat tax

L’introduzione della flat tax, prevista dal ‘contratto di governo’ stipulato tra la Lega e il M5s, presuppone la cosiddetta pace fiscale che altro non è che l’ennesimo condono tributario

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da cgiamestre.com
Negli ultimi 45 anni tra condoni, scudi, sanatorie e concordati fiscali, l’Erario ha incassato 131,8 miliardi di euro, a sostenerlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre. I provvedimenti più importanti sono stati la sanatoria fiscale del 2003 (governo Berlusconi) che ha fruttato allo Stato un incasso di 34,1 miliardi di euro e quello valutario del 1973 (governo Rumor) che ha preceduto l’introduzione dell’Irpef ed ha fatto incassare al fisco 31,6 miliardi di euro. Poi ci sono state tra il 1982 ed il 1988 (governi di pentapartito) le sanatorie che hanno consentito entrate straordinarie per 18,4 miliardi di euro, mentre l’emersione di capitale dall’estero (misura adottata tra il 2015 e il 2017), ha consentito un gettito di 5,2 miliardi di euro.
Nonostante queste ripetute ‘agevolazioni’ nel 2015 l’imponibile sottratto al fisco è stato di 207,5 miliardi di euro ed ha prodotto circa 114 miliardi di euro di evasione fiscale. In media l’infedeltà tributaria è del 16,3%. Nel Mezzogiorno si evade il 22,2%, mentre nel Nord-est il 13,4%, nel Nord-ovest il 14,1% e nel Centro il 16,5%. Occorre precisare che questo dato del Sud non è dovuto solo alla scarsa fedeltà fiscale dei meridionali, ma è anche e soprattutto l’ennesima dimostrazione delle difficoltà economiche e sociali in cui vive gran parte della popolazione italiana. 
‘Premesso che l’applicazione di qualsiasi condono fiscale è, a nostro avviso, immorale ed eticamente inaccettabile – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – ha senso introdurlo solo quando è prevista una riforma che riscrive completamente il rapporto tra il fisco e il contribuente. Se, come pare di capire, il nuovo Governo è intenzionato ad avviare in tempi relativamente brevi la dual tax, l’introduzione della cosiddetta pace fiscale sarebbe giustificata, perché consentirebbe di azzerare una volta per tutte i contenziosi fiscali attualmente sul tavolo dei giudici tributari’.
‘Per semplificare i rapporti con il fisco e ridurre le possibilità di evasione– sostiene il Segretario della Cgia Renato Mason – occorre abbassare le tasse e ridurre il numero di adempimenti fiscali che, invece, rischiano di aumentare ancora. Non dobbiamo dimenticare che i più penalizzati da questa situazione sono le piccole e micro aziende che, a differenza delle realtà più grandi, non dispongono di una struttura amministrativa in grado di farsi carico autonomamente di tutte queste incombenze’.
Insomma, i contribuenti infedeli, soprattutto quelli che hanno adeguati mezzi finanziari e legali, sono avvantaggiati da un Erario che è incapace a far pagare le tasse e che per giunta è costretto, periodicamente, ad azzerare tutto, a danno della maggioranza dei contribuenti che invece sono fedeli ed onesti. 

Fonte: Cgia di Mestre

mercoledì 6 giugno 2018

Matteo Salvini getta la maschera

‘È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse’. Questa è la dichiarazione fatta a ‘Radio anch’io’ dal nuovo ministro dell’Interno e vicepremier, Matteo Salvini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini e John Maynard Keynes
Se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Ma l'assoluta intenzione è che tutti riescano ad avere qualche Lira (?) in più in tasca da spendere’. Questo è quanto ha dichiarato a 'Radio anch'io' il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Ed ancora: ‘E’ che le esportazioni vanno bene grazie ai nostri eroici imprenditori, che nonostante tutto e tutti tengono alto il made in Italy nel mondo, ma devono tornare a comprare anche gli italiani. E per farli tornare a comprare occorre che tornino a lavorare dignitosamente e che abbiano in tasca qualche Lira (?)’.
Con queste affermazioni il leader della Lega getta la maschera. I suoi propositi sono tipici di un partito di estrema Destra. Per Salvini ‘è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse‘. Alla faccia di chi continua a sostenere che le classi sociali non esistono più. Il Ministro, oltre ad evidenziare la sua idiosincrasia per l’Euro ('qualche Lira'), dimostra di non conoscere le più elementari nozioni di Economia politica. La cosa non sorprende visto che in Italia questa disciplina, come quelle giuridiche, praticamente non si insegna. L’ignoranza su questi temi è generalizzata, nonostante l’importanza che essi hanno nella vita di tutti i giorni. Ecco questo potrebbe essere un motivo per il nuovo ministro della Pubblica Istruzione per introdurre l’insegnamento delle Scienze giuridiche ed Economiche in tutte le scuole italiane. Ma nel ‘contratto’ di governo e nel programma presentato dal presidente del Consiglio per ottenere la fiducia delle Camere non c’è nulla.
Il vicepremier confonde la propensione marginale al consumo con quella al risparmio e dimostra di non conosce il funzionamento delle principali teorie keynesiane. Il ‘Deficit spending’ elaborato dall’economista britannico quasi un secolo fa ha senso solo se ha come scopo quello di aumentare, con investimenti pubblici, i redditi delle classi sociali più povere (disoccupati e precari) e non aumentando i redditi dei benestanti. Tagliare le tasse ai milionari serve solo ad arricchirli di più e non c’è nessuna certezza che questo incremento si traduca in maggiori investimenti produttivi. Inoltre, la flat tax così concepita, accrescerebbe le disuguaglianze e le ingiustizie sociali che già oggi sono molto alte e che da sempre sono le principali cause delle crisi economiche e finanziarie. Ma, evidentemente, al leader leghista non interessa il benessere di tutti i cittadini, ma solo di una parte e soprattutto il suo scopo è quello di guadagnare qualche voto in più, in questo l’ex parlamentare europeo è capacissimo e non ha bisogno di fare ripassi sui libri di economia.

Fonte: raiplayradio.it