venerdì 30 dicembre 2022

Ora e sempre Resistenza

‘Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento, che si chiama, ora e sempre Resistenza’, Piero Calamandrei

di Giovanni Pulvino

Foto da articolo21.org

Nel 1952 il generale nazista Albert Kesserling, comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia fra il 1943 ed il 1945, dichiarò che gli italiani dovevano essergli grati e che avrebbero dovuto dedicargli un monumento. La risposta di Piero Calamandrei fu senza se e senza ma. Ecco che cosa ha scritto nell’ultimo verso del suo componimento ‘Lapide e ignominia': ‘Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento, che si chiama, ora e sempre Resistenza.

Sono trascorsi 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione italiana e ci ritroviamo con importanti esponenti delle istituzioni che si richiamano ai valori e ai principi del 'Ventennio', come è stato possibile?

Ecco quanto ha dichiarato il presidente del Senato Ignazio La Russa: ‘Nel ricordo di mio padre, che fu tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano in Sicilia e che scelse il Msi per tutta la vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana’.

Il Msi è stato fondato nel 1946 dai reduci della Rsi e si è ispirato a quei principi e a quei valori. Non solo. Tanti sostenitori di quell'area politica hanno fatto parte delle organizzazioni neofasciste che negli anni Sessanta e Settanta hanno dato vita alla ‘Strategia della tensione’ e al tentativo di colpo di Stato di Junio Valerio Borghese.

Celebrare la nascita di un movimento che si rifaceva ai valori del fascismo è quantomeno inopportuno soprattutto per chi ricopre la seconda carica dello Stato.

Tutto questo non sorprende. Del resto nel simbolo del partito della presidente del Consiglio, FdI, c’è la fiamma tricolore che si richiama proprio al Msi

Per i 'nostalgici' questa è una rivincita, ma per tanti altri è ‘ora e sempre Resistenza’.

Fonte articolo21.org


giovedì 22 dicembre 2022

La Juventus rischia di nuovo la serie B?

La Juventus è una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche, ma come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale, giudiziaria e sportiva così precaria? Ecco alcune ipotesi

di Giovanni Pulvino

I bianconeri della stagione 2016-2017 festeggiano
festeggiano il loro 33º scudetto - (foto da it.wikipedia.org)

Lo scorso anno la Juventus, società di calcio quotata in Borsa, ha effettuato un ingente aumento di capitale per far fronte alle perdite di bilancio ed ai debiti accumulati negli ultimi anni. In tutto la richiesta al mercato è stata di 400 milioni di euro, il 63,8% dei quali sottoscritti dalla società ‘Exor’, ‘cassa’ della famiglia Agnelli.

Ora ai problemi patrimoniali si sono aggiunti quelli giudiziari. Le accuse oggetto dell’indagine della procura di Torino sono gravi: scambio fittizio di calciatori e plusvalenze 'farlocche'. È bene precisare che questo è un ‘modus operandi’ frequente nel mondo del calcio. Nel caso della Juventus esse si sommano con una gestione amministrativa farraginosa ed ai limiti della legalità.

Le dimissioni di tutto il Consiglio di amministrazione sono la diretta conseguenza di queste indagini. Ora la società rischia pesanti sanzioni penali, finanziarie e sportive. Non è escluso neanche un declassamento di categoria così come avvenne nel 2006 per le conseguenze di ‘Calciopoli’. Allora ai bianconeri fu revocato lo scudetto 2004/2005 e la non assegnazione di quello 2005/2006.

Alla luce di questi ultimi sviluppi si comprende anche l’insistenza dell’ex presidente Andrea Agnelli nel voler creare la Superlega, una competizione che avrebbe garantito ingenti risorse finanziare solo ai club più prestigiosi come la Juventus.

Una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale e sportiva così precaria?

Si calcola che le perdite acquisite negli ultimi anni siano oltre 600 milioni di euro.

Nel 2018 l'acquisto di Cristiano Ronaldo fu accolto dai mercati finanziari con entusiasmo. In Borsa la quotazione del titolo quintuplicò in pochi giorni. Allora non si tenne conto dell’aumento dei costi e dello squilibrio finanziario che avrebbe provocato negli anni successivi.

Quell’operazione è stata un capolavoro dal punto di vista mediatico, ma anche una scommessa ‘persa’ da quello finanziario. Voler vincere la Champions League a tutti i costi, tra l’altro senza riuscirci, non è stato un buon affare per le casse della società. 

Per raggiugere quell’obiettivo il club torinese aveva acquistato nel 2016 il centravanti argentino Gonzalo Gerardo Higuain per 90 milioni di euro e nel 2019 il cartellino del giovane difensore olandese Matthijs de Ligt per 75 milioni di euro. Tutte transazioni finanziare eccezionali ed ingiustificate che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.

Gli acquisti di questi calciatori sono stati eticamente inaccettabili. Ora veniamo a sapere delle presunte plusvalenze per coprire i buchi di bilancio.

Un manager che combina tutti questi guai all’azienda che dirige sarebbe licenziato su due piedi, ma questo non è bastato alla proprietà della Juventus.

Il punto è che il sistema capitalistico non opera in base alla meritocrazia, ma si fonda sui privilegi acquisiti o ereditati. Del resto, cosa volete che siano 400 milioni di euro per chi ha un patrimonio miliardario?


domenica 18 dicembre 2022

Qatar: un mondiale multietnico

Anche nel calcio, come per le merci e le persone, sono state abbattute le barriere ed i confini nazionali, altro che respingimenti e blocchi navali

di Giovanni Pulvino

La formazione francese titolare ai mondiali del Qatar

Nel 1998 la Francia vinse il suo primo campionato del mondo. Gran parte del merito fu di Zinèdine Zidane, calciatore figlio di immigrati algerini. In quella squadra insieme a lui c’erano tanti calciatori di origine non francese come Desailly, Thuram, Djetou, Vieirà, Karembeu e così via.

Degli undici titolari della nazionale che ha vinto il torneo nel 2018 solo tre erano chiaramente di origini francesi: Lloris, Pavard e Giroud. Gli altri erano di etnia africana o comunque di colore, cioè immigrati di seconda o terza generazione: Varane, Umtiti, Pogba, Kantè, Matuidi, Mbappè. Oppure avevano cognomi non propriamente di etnia transalpina: Hernandez e Griezmann. L’unico che di certo era francese era il selezionatore, già vincitore del trofeo mondiale come calciatore nel 1998, Didier Deschamps.

La storia in Qatar non si è ripetuta, ma quella transalpina è rimasta una squadra multietnica. L’allenatore è sempre lo stesso. I calciatori di sicura origine francese sono solo tre: Rabiot A., Giroud O. e Lloris H.. Gli altri sono di colore o di etnia non transalpina. Koundè j., Varane R., Konatè I., Hernandez T., Tchouamèni A., Fofanà Y., Dembèlè O., Griezmann A., Mbappè K.

Una rivoluzione che è iniziata alla fine del secolo scorso e che ormai è una tendenza che coinvolge numerose nazionali e club sportivi e non solo nel calcio. Persino il Marocco, giunto per la prima volta in semifinale è composto da calciatori che non sono nati in Marocco e che, tranne qualcuno, non giocano nel loro Paese.

Anche nello sport, come per le merci e le persone, sono state abbattute le barriere ed i confini nazionali. È la sublimazione della globalizzazione.

La Francia e non solo è una multinazionale d'immigrati di seconda e terza generazione, che rappresenta un esempio d'integrazione e tolleranza etnica, altroché blocchi navali e respingimenti ipotizzati, ma finora non realizzati, dal governo di Giorgia Meloni.

Fonte wikipedia.org

mercoledì 7 dicembre 2022

Tornano i voucher 'schiavitù'

Il governo di Giorgia Meloni da un lato strizza l’occhio ad evasori e no vax, dall’altro penalizza poveri e disoccupati. Come inizio non c’è male

di Giovanni Pulvino

Foto da quifinanza.it

I buoni del lavoro o voucher sono nati nel 2003 con la cosiddetta ‘riforma Biagi’, dal nome del giuslavorista Marco Biagi che ne aveva delineato l’impianto e che anche per questo motivo è stato ucciso nel 2002 dalle Brigate Rosse.

Sono entrati in vigore nel 2008 con l’intento di far emergere il lavoro nero. Nel 2012 la legge Fornero ne ha esteso l’uso a tutti i settori produttivi. Il governo di Paolo Gentiloni con il varo del Decreto-legge n. 25 del 17 marzo 2017 ne vietò l’acquisto dal primo gennaio del 2018. In seguito, vennero sostituiti con due nuovi strumenti, il Libretto di famiglia ed il Contratto di prestazione occasionale.

Ora il governo di Giorgia Meloni vuole reintrodurli. Il valore dei 'nuovi buoni' sarà di 10 euro lordi, al lavoratore andranno 7,50 euro netti. Il datore di lavoro che intende utilizzarli li acquisterà presso l’Inps, ma potrà farlo anche alle poste, in banca e in alcuni casi anche in tabaccheria. Il limite massimo annuo sarà alzato a 10.000 euro.

Utili e funzionali per gli imprenditori, i voucher sono la sublimazione del lavoro precario. Sono strumenti che non garantiscono coperture in caso di malattia, di maternità o quelle previste dalle altre forme contrattuali. Il bisogno e la necessità economica spingono i soggetti più poveri ad accettare questo tipo di rapporto di lavoro che qualche opinionista ha definito come una nuova forma di ‘schiavismo’.

Siamo il Paese con le retribuzioni più basse, dove anche chi lavora è a rischio di cadere in povertà ed il nuovo Governo anziché impegnarsi ad invertire questa tendenza che cosa fa? Reintroduce uno strumento che accentuerà ancora di più i divari economici e sociali.

La linea politica dell'esecutivo di Giorgia Meloni è chiara. Da un lato strizza l'occhio ad evasori e no vax, dall’altro penalizza poveri e disoccupati.

Come inizio non c’è male.

E cosa proporranno quando si tratterà di Giustizia, Istruzione e Sanità?

E come affronteranno il tema dell’autonomia differenziata richiesta dalle regioni più ricche e, soprattutto, come tenteranno di cambiare la Costituzione italiana, antifascista e parlamentare? 

Oggi non hanno i numeri e la forza politica per poterla stravolgere, ma domani nulla potrà essere escluso.

Questo è un governo di Destra, non dimentichiamolo mai.

lunedì 28 novembre 2022

Quota 103 e le ingiustizie del sistema pensionistico

62 anni d’età e 41 di contributi, questi sono i parametri previsti dalla legge di Bilancio per andare in pensione e per aggirare per la terza volta la legge Fornero

di Giovanni Pulvino

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni
(foto da it.wikipedia.org)
Quota 100, Quota 102 ed ora Quota 103 sono misure che servono a ripristinare le cosiddette pensioni di anzianità abolite con la legge Fornero.

È prevista anche la proroga per Ape Sociale, quella che prevede per le categorie professionali gravose un’età minima di 63 anni ed un contributivo minimo ridotto per il 2022 a 32 anni. Rinnovata altresì Opzione Donna che prevede 35 anni di contributi e 58 anni d’età per donne con due o più figli, 59 anni con un figlio e 60 negli altri casi.

L’obiettivo principale del provvedimento è quello di superare Quota 102 che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre.

Il sistema pensionistico italiano è una babele di normeE' un sistema iniquo e diseguale.

Un quinto dei pensionati percepisce un’indennità che equivale ad oltre il 42% della spesa complessiva, mentre al 20% dei redditi pensionistici più bassi va poco più del 5%. Oltre un terzo dei pensionati riceve meno di 1.000 euro lordi al mese.

‘A livello territoriale più del 50% della spesa complessiva è erogata ai residenti nel Nord del Paese, il 27,8% nel Mezzogiorno e il 21,1% nel Centro. Questo significa che a maggiori opportunità occupazionali corrispondono ‘indennità pensionistiche altrettanto adeguate’, mentre sono penalizzati precari e disoccupati.

C’è chi è andato in pensione con meno di 40 anni di età e chi invece ci andrà a settant’anni e chi non ci andrà mai. Non solo. Con il sistema contributivo ‘le disuguaglianze e le ingiustizie cresceranno anche nell’importo dell’indennità, in particolare tra chi ha avuto un lavoro stabile e ben retribuito e chi invece ha svolto lavori saltuari e spesso mal pagati’.

Disoccupati e poveri non solo hanno dovuto vivere nella precarietà, ma percepiranno una pensione che li manterrà in una situazione di disagio sociale.

Tutto questo in contraddizione con il principio della ‘capacità contributiva’ sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana. 

Altro che 'pari dignità sociale'. Si continuano a proporre leggi che seppur necessarie per tutelare i lavoratori, contribuiscono a rendere il sistema pensionistico sempre più ingiusto.

Fonte REDNEWS

sabato 19 novembre 2022

I Mondiali della ‘vergogna’

6.500 sarebbero i morti imputabili ai lavori per la costruzione degli impianti della ventiduesima edizione dei Mondiali di calcio che domani inizieranno in Qatar

di Giovanni Pulvino

Foto da cardsofqatar.com

Negli anni Settanta e Ottanta collezionare le figurine Panini era un’abitudine di tanti bambini e non solo. Era uno sfizio che non tutti si potevano permettere. ‘Sprecare’ i pochi denari guadagnati con i sacrifici dei genitori non era concesso a tutti. In tanti ci limitavamo a guardare la raccolta fatto con pazienza e tanti sacrifici da un amico. Per molti di noi era l’unico modo per conoscere i volti dei giocatori della Serie A e delle altre categorie minori. Per risparmiare si scambiavano i doppioni, ma la figurina di Pizzaballa era introvabile.

Quelle che sono state pubblicate ‘provocatoriamente’ da thegardian.com pochi giorni fa raffigurano invece i tanti, troppi lavoratori che hanno perso la vita per costruire gli stadi, le strade e tutto quanto è legato alla manifestazione sportiva che domani inizierà in Qatar.

Sulle figurine di Card of Qatar ci sono i volti dei migranti con la bandiera del loro Paese e un numero che non è quello della maglia, ma l’età che avevano quando sono morti.

Secondo il quotidiano britannico sarebbero circa 6.500, cioè 12 ogni settimana, i morti imputabili ai lavori per la costruzione degli impianti iniziati nel 2010.

Si tratta di emigranti economici provenienti dal Nepal, dall’India, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka.

Un’opportunità di lavoro si è trasformata per tanti in una tragedia, la stessa che ogni giorno colpisce decine di lavoratori in tutto il mondo. Vite perse al solo scopo di arricchire imprenditori avidi e senza scrupoli.

Nei prossimi giorni miliardi di individui resteranno incollati a guardare sugli schermi di tivvù ultrapiatte e in quattro k i lustrini e le meraviglie architettoniche costruite sulla pelle della povera gente. I campioni del calcio, strapagati e milionari, calpesteranno l’erba dove sono deceduti decine di lavoratori giunti fin lì perché costretti dal bisogno e dalla fame.

Ancora una volta la miseria è stata utilizzata per l’arricchimento di pochi.

Gli altri, i tanti, vedremo uno spettacolo macchiato dal sangue e, di certo, saranno in pochi coloro che, anche tra i lavoratori, spegneranno il televisore.

Fonte theguardian.com

mercoledì 9 novembre 2022

Ministero dell’Istruzione o della ‘Propaganda’?

La comunicazione inviata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara alle scuole italiane in occasione della ‘Giornata della Libertà’ ‘è soltanto un dotto manifesto anticomunista’, ha dichiarato il Presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo

di Giovanni Pulvino

La notte dei Cristallo, 9 novembre 1938
(foto da it.wikipedia.org)

Il nuovo ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha inviato alle scuole una lettera per celebrare la ‘Giornata della Libertà’ istituita dal Parlamento italiano nel 2005 (governo Berlusconi) e per ricordare la caduta del muro di Berlino.

Nella missiva il ministro del ‘Merito’ si limita a spiegare quelle che secondo Lui sono le ragioni della fallimentare esperienza socialista dei paesi dell’ex blocco sovietico. Ecco un passaggio della lettera.

‘… il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della Rivoluzione russa: «L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia»’

Nessuna parola invece per la ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per ricordare la notte dei Cristalli e gli eccidi provocati dal fascismo e dal nazismo.

Non solo. Il ministro accomuna gli ideali di solidarietà e giustizia con il totalitarismo staliniano o cambogiano, considera, cioè, come ineluttabili l’avvento di regimi tirannici se si vogliono realizzare quegli ideali.

Una comunicazione a senso unico, con un chiaro intento 'propagandistico'. In pochi giorni siamo passati dal ministero dell’Istruzione a quello del Merito ed ora a quello della 'Propaganda'.

Ecco quanto ha dichiarato in un'intervista rilasciata al quotidiano Domani il Presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo.

Nella lettera si rimuove il fatto che il 9 novembre è la giornata mondiale contro il fascismo e l'antisemitismo proclamata dalle Nazioni Unite (…) Le parole del ministro sono un modo scorretto e unilaterale per affrontare errori ed orrori del cosiddetto socialismo reale che effettivamente ci sono stati e che meriterebbero ben altra e più obiettiva e imparziale riflessione. (…) Questa lettera è soltanto un dotto manifesto anticomunista, ma ciò che preoccupa è che nella misura delle sue rimozioni e della sua tendenziosità, diventa per gli studenti elemento de-formativo’.

Ed ancora: ‘È come se si dicesse che la via del liberalismo è lastricata dai cadaveri dei paesi colonizzati e delle guerre imperialiste…. Del governo preoccupano i silenzi sulla Resistenza, e sulla Marcia su Roma. Il passo successivo è la rilegittimazione del fascismo. L’Anpi ha chiesto incontri ufficiali a quattro ministri. Per ora, nessuna risposta. Ma attendiamo senza pregiudizi’.

Fonte anpi.it

domenica 6 novembre 2022

Cento anni dopo siamo ancora lì, ma come si fa ad essere fascisti

‘Il fascismo non è un’opinione, è un crimine’, Giacomo Matteotti

di Giovanni Pulvino

La marcia a Predappio 28 ottobre 2022
(foto da theguardian.com)

Che tristezza dover continuare a vedere persone che inneggiano al Duce. La convinzione con cui lo fanno non ammette dubbi: sono fascisti. Ma come si fa.

Il loro idolo è ancora Benito Mussolini, si proprio 'Lui', il 'Capo' che cento anni fa ha incitato gli italiani più ingenui alla cultura dell’odio, che ha fatto largo uso delle squadracce della morte, che ha fatto torturare ed uccidere Giacomo Matteotti e decine di migliaia di altri oppositori politici, che ha fatto approvare le leggi liberticide e quelle razziali, che ha portato l’Italia o come direbbe Giorgia Meloni la Nazione in guerra provocando la morte di milioni di italiani e la distruzione del Paese. 

Ma come si fa.

Che tristezza vedere i bambini costretti a 'marciare' con i loro genitori nel vano ed inutile tentativo di rinnovare in quegli adolescenti il sentimento di disprezzo verso tutto e tutti così come avvenne malauguratamente con i nostri nonni un secolo fa.

Oggi come allora la ‘marcia’ sembra una ‘buffonata’, una goliardica rimpatriata di fedelissimi, eppure sono di nuovo lì, ancora, uomini e donne senza logica, senza motivazioni, nell’illusione di tornare al passato, quello più buio, più nero, quello che non ha tempo e luogo, ma per fare cosa?

Che tristezza tanto risentimento verso l’altro, verso l’immigrato ma, s’intende, solo se è di colore, o semplicemente verso chi la pensa in modo diverso, come se quella del Duce fosse sempre e comunque la verità assoluta.

'Il fascismo non è un'opinione, è un crimine'.

Che tristezza vedere quel braccio teso. Cento anni di storia non ci hanno insegnato nulla? La vita non ci ha insegnato nulla?

E che tristezza questo popolo italiano immemore e volgare.

Sarebbe stato meglio non dover vedere ancora una volta tutto questo. 

Ma come si fa ad essere così, ad essere fascisti.

martedì 1 novembre 2022

Il governo Meloni ‘premia’ i sanitari no-vax

È la solita 'Italietta', il primo provvedimento del governo Meloni premia la ‘furbizia’ e penalizza la serietà

di Giovanni Pulvino

A sinistra un infermiere, a destra Giorgia Meloni - (Foto da it.wikipedia.org)

Il primo atto del nuovo Governo dà ragione ai medici che non si sono voluti vaccinare. Il loro reintegro è un paradosso tutto italiano. Quando nelle corsie dei nostri ospedali si moriva di Coronavirus questi sanitari hanno fatto di tutto per essere esentati. Non vaccinandosi non solo hanno rappresentato un cattivo esempio scoraggiando i cittadini ad immunizzarsi, ma hanno messo a rischio la vita dei loro pazienti ed hanno costretto i loro superiori a spostarli o a sospenderli, limitando così le probabilità di essere contagiati.

Ora non solo sono stati reintegrati, ma si chiede anche di non utilizzarli nei reparti ad alto rischio. Lo scopo sarebbe quello di non mettere in diretto contatto i pazienti fragili con i medici e gli infermieri non immunizzati al Covid-19. Nei reparti dove più alta è la possibilità di contagiarsi devono continuare ad andare i sanitari che invece si sono vaccinati. Quelli cioè che hanno un alto senso del dovere e che considerano la loro professione come una missione.

Curnuti e vastuniati’ si dice in Sicilia.

È la solita 'Italietta'. Questo provvedimento non sorprende. Si premia la ‘furbizia’ e si penalizza la serietà. Ancora una volta si irride chi ha il senso del bene comune e si gratifica, invece, chi pensa solo a sé stesso.

È la logica dell’individualismo e non sorprende che questo sia uno dei primi atti normativi emanati dal nuovo Governo. È solo l’inizio. Si prendono provvedimenti immediati per impedire a poche centinaia di ragazzi di ascoltare musica in un capannone, ma non si interviene se in quei capannoni si muore di lavoro o se due mila cittadini sfilano pubblicamente inneggiando al Duce e al fascismo.

No, non è un buon inizio di legislatura, ma era tutto scontato. 


sabato 29 ottobre 2022

Don Pino Puglisi, 'sono un rompiscatole'

'Ciò che inferno non è' racconta le ultime settimane di vita di don Pino Puglisi, ma nello stesso tempo descrive la dignità di chi vive in povertà e non si rassegna all'odio

di Giovanni Pulvino

Don Pino Puglisi - (foto da archivioantimafia.org)
Questa estate una cara amica mi ha regalato un libro che stava leggendo dicendomi 'tieni, io per finirlo ne comprerò un'altra copia'. Ed ha aggiunto: 'Si legge con leggerezza'. Conoscendola da sempre mi è bastato poco per capire cosa intendesse dire con quella frase. 'Ciò che l'infermo non è' è la storia di un giovane palermitano e dell'attaccamento alla sua martoriata ed infelice città; ma è anche la scoperta del 'Bene' là dove pensiamo ci sia solo l'inferno. 

E' l'Amore con la A maiuscola, quello che tre P, così era soprannominato Padre Pino Puglisi dai suoi studenti, ha dato al suo quartiere: Brancaccio. Un luogo dove la miseria si vive con dignità, dove emanciparsi è difficile e richiede un coraggio fuori dal comune che tanti di noi non hanno.  

Ecco come don Pino Puglisi accoglieva i suoi alunni il primo giorno di scuola.

'Si era presentato con una scatola di cartone. L'aveva messa al centro dell'aula e aveva chiesto cosa ci fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta. Poi era saltato sulla scatola e l'aveva sfondata. <Non c'è niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole.> Ed era vero. Uno che rompe le scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle parole vuote, le scatole che separano un uomo da un altro uomo'. 

Ed ecco gli ultimi momenti della sua vita. 

La copertina del libro 'Ciò che inferno
non è' di Alessandro d'Avenia

'Maria ascoltami. Devi trovarti un lavoro. Te li do io i soldi per ora, ma tu promettimi che smetti di prostituirti. No, Maria, me lo devi promettere. Adesso, sì, adesso. Fallo per Francesco. No, non piangere. Ascoltami! Vai in quel centro che ti ho segnalato. puoi stare là, mangiare là, ti aiuteranno a trovare qualche lavoretto. Ho ricevuto una donazione per te. La prossima volta ti porto la busta, i soldi saranno sufficienti intanto che cerchi un lavoro. Ce la fai, tu sei una ragazza forte, sei una madre splendida con un figlio splendido. Ora ti saluto. Non piangere. Io ci sono sempre. Vedrai che andrà tutto bene.

Esce dalla cabina e si avvia verso casa. L'ultimo che incontra è Riccardo, gli fa gli auguri di compleanno e gli dà due baci. <Don Pino si è fatto vecchio>. < Ma che dici, ancora un ragazzino sono>. <Buon Compleanno, parrì>, gli strizza l'occhio e si allontana di corsa.

Lo aspettano con due macchine, le braccia penzolano fuori a lasciar svaporare il fumo e cadere la cenere, una coppia in una e una di appoggio nell'altra. I due che non guidano scendono contemporaneamente. Ormai vicino al portone, don Pino cerca nel borsello le chiavi, ma non fa in tempo ad aprire.

Un uomo che non ha  mai visto gli sbarra la strada. Sta per chiedergli se gli serve qualcosa, ma quello lo precede.

<Parrì, questa è una rapina!>. <Me l'aspettavo.> Gli sorride, don Pino.

Il Cacciatore, che intanto si è portato al suo fianco, gli spara da venti centimetri come l'ultimo dei traditori che non ha il coraggio di guardare in faccia l'avversario. Ma quella posizione di tre quarti gli basta a vedere il sorriso.

Le ultime parole di un uomo sono ciò che conta. Sono il sigillo della sua vita. Lui dice: <Me l'aspettavo>. Lui dice che era pronto, alle 20:40 del 15 settembre 1993. E sorride. Questa è l'ultima parola. Aspettava la morte. L'aspettava come chi va a un appuntamento o riceve una visita a lungo attesa. Lui muore con un sorriso. E non vede i suoi assassini ma due figli: li aspettava, con un sorriso, come un padre che corre incontro al figlio lontano da tempo. Vede attraverso di loro, vede oltre loro. E in quello sguardo loro vedono se stessi com'erano da bambini, il Cacciatore aveva un altro soprannome: Ricciolino. Era il nomignolo con cui lo chiamava sua madre. Quel sorriso lo riporta lì, quel sorriso gli dice: non sai quel che fai, tu sei altro. Quel sorriso è il castigo peggiore che possa capitare a un assassino, e il Cacciatore non potrà più dormire la notte. Ci sono delitti che cercano i loro castighi e finiscono col trovare solo il loro perdono'. 

'Il Cacciatore sorride amaro. Ha ucciso un uomo che sorride'.

'Ci sono posti dove l'inferno non può arrivare, neanche all'inferno'. 

Fonte 'Ciò che inferno non è' di Alessandro d'Avenia



martedì 25 ottobre 2022

Give Peace A Chance

'Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire’, Jean Paul Sartre

di Giovanni Pulvino

Video da Yuotube.com - Give Peace A Chance di John Lennon, 1969

I conflitti armati fanno parte della storia dell’uomo. È difficile spiegarne i motivi, quello che è certo è che 'Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire’.

L’affermazione di Jean Paul Sartre è inconfutabile. Per i ‘potenti’ farsi la guerra è come un gioco, ma a morire non sono loro. A sparare sui campi di battaglia ci vanno coloro che non sanno neanche perché sono lì, che magari non hanno mai imbracciato un fucile e che non hanno mai fatto male a nessuno.

Spesso sono soldati loro malgrado, sono costretti a combattere, ad odiare e ad uccidere per non morire.

La vita è una sola ed è breve, i guerrafondai lo sanno bene. Loro in guerra non ci vanno, comandano ed incitano all’odio, si fanno ragione della vita che non è la loro.

No war è diventata un'affermazione obsoleta, chi osa pronunciarla è tacciato di essere contrario alla 'democrazia' o peggio ancora di essere dalla parte di chi ha 'provocato' la guerra tra Russia ed Ucraina. 

Le ragioni o i torti non sono mai tutti da una parte. Solo il dialogo può porre fine ai conflitti ed impedire l'escalation militare. Vladimir Putin è intenzionato a combattere fino a quando le repubbliche del Donbass non diventeranno russe, gli ucraini sostenuti dalla Nato resisteranno fino a quando queste non torneranno ad essere un loro territorio. Ed allora? Aspettiamo? Cosa? Non possiamo limitarci a mandare armi restando in attesa di vedere chi sarà il primo a premere il 'tasso rosso', a quel punto non si potrà più tornare indietro.

Intanto, mentre i leader delle potenze mondiali e non solo impedisco il confronto, civili e militari continuano a morire.

Diamo una chance alla pace. 

giovedì 13 ottobre 2022

Il discorso di Liliana Segre

Accorato discorso di apertura della XIX legislatura fatto dalla senatrice a vita Liliana Segre, ecco i passaggi più significativi

di Giovanni Pulvino

Liliana Segre 

'Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la Presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché - vedete - ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile, per me, non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare. E oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato....

Le elezioni del 25 settembre hanno visto - come è giusto che sia - una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. Il popolo ha deciso: è l'essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l'imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell'interesse del Paese e devono garantire tutte le parti....

In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l'unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana che - come dice Piero Calamandrei - è non un pezzo di carta, ma il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943, ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti ...

Il pensiero corre inevitabilmente all'articolo 3, nel quale i Padri e le Madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, che erano state l'essenza dell'ancien regime. Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Non è poesia e non è utopia. È la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere gli ostacoli....

Il 25 aprile, Festa della liberazione, il 1° maggio, Festa del lavoro, il 2 giugno, Festa della Repubblica .... date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

Dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro'.

Fonte senato.it



martedì 11 ottobre 2022

Tesori di Sicilia: colori di ottobre

 di Giovanni Pulvino

Litorale tirrenico tra Cefalù e Finale (Sicilia)  
Foto di Giovanni Pulvino, 11 ottobre 2022 

Blu su blu, verde smeraldo 
trasparente come solo l'acqua marina può essere
 
i sassi color della terra celano la vita
ma non oggi

 gli sguardi rubano quello che non sempre è 

passerà 
come tutto come tutti

e, ritornerà 
per altri

ancora e ancora

blu su blu, verde smeraldo, trasparente 
come solo ad ottobre può essere
come solo in Sicilia può essere








venerdì 7 ottobre 2022

Elezioni: una minoranza deciderà per tutti

La leader della Destra, Giorgia Meloni, si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette, ma com'è possibile?

di Giovanni Pulvino

Seggi attribuiti nelle elezioni politiche del 25/09/2022 
(Foto da notizie.virgilio.it)

Nella 'prima Repubblica' quando alle urne si recava oltre l'ottanta per cento degli italiani per governare ed avere una maggioranza solida occorreva avere il consenso della metà più uno dei voti. 

Nella 'seconda Repubblica' invece basta avere la maggioranza relativa. Com'è possibile? 

All'inizio degli anni Novanta a seguito del referendum che ha abrogato il voto di preferenza fu introdotto il sistema elettorale maggioritario. Meccanismo modificato più volte nel vano tentativo di garantire governi stabili. 

Con le elezioni del 25 settembre scorso ci sono forze politiche che hanno ottenuto un numero di seggi simile a quello di altri schieramenti che hanno avuto un consenso elettorale inferiore.

La  Lega (8,7%) di Matteo Salvini pur avendo meno della metà dei voti del Pd (19,1%) ha ottenuto un numero di parlamentari quasi uguale. E' uno degli effetti paradossali del 'Rosatellum', la legge elettorale voluta da Matteo Renzi e che il Partito democratico e il M5s non hanno saputo o voluto cambiare quando avrebbero potuto farlo. 

Giorgia Meloni si considera la vincitrice delle elezioni con appena il 26% dei consensi. Se consideriamo tutti gli aventi diritto al voto la percentuale scende al 16,64% (26*64/100). La leader della Destra si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette. La coalizione di Centrodestra ha ottenuto il 44,1% dei voti che, in valori assoluti, corrisponde ad un italiano su tre.

Una minoranza deciderà per tutti.

Chi dobbiamo ringraziare per questo capolavoro giuridico-istituzionale? Quando non si hanno radici solide e strategie di lungo periodo si finisce per cercare una scorciatoia. Il trasformismo diventa la regola ed il sistema elettorale uno strumento per ottenere consensi 'effimeri e momentanei', oltreché minoritari. 

I sotterfugi e le ‘furberie’ della classe dirigente che ha governato il Paese negli ultimi tre decenni hanno alimentato l’antipolitica, soprattutto quella legata ai valori della solidarietà e della giustizia sociale.

E' tempo di tornare agli ideali. 

Per farlo occorre essere umili e seri. Trent'anni di berlusconismo e di edonismo reaganiano rendono tutto più complicato, ma non c'è e non ci può essere un'altra strada, almeno per la Sinistra italiana.  

 


giovedì 1 settembre 2022

The Cranberries - Zombie (Official Music Video)

L’Italia non è un Paese di Destra

La Destra essendo meno ideologica della Sinistra si coalizza sugli interessi e non sui principi, questo facilità le alleanze elettorali, ma non è vero che è maggioranza nel Paese

di Giovanni Pulvino

L’Italia è per i leader della Destra un Paese moderato o conservatore. Questa è una convinzione che non ha una base reale. Ribadirlo spesso lo rende quasi una certezza per l’opinione pubblica più ingenua e meno acculturata. Lo scopo è quello di convincere gli indecisi, soprattutto quelli che vanno a votare solo se ne possono trarre un tornaconto personale. 

Foto da ilmetropolitano.it
Ma cosa c’è di vero? Nulla.

Cosa vuol dire essere di sinistra o di destra, moderati o progressisti, radicali o liberali? Per gli economisti la discriminante principale tra le due ideologie è il ruolo dello Stato. Oggi è evidente che l’ente pubblico è funzionale anche per affrontare e risolvere le inefficienze del sistema economico.

Negli Usa, una delle più grandi aziende private, la Chrysler, è stata salvata dagli aiuti di Stato concessi dall’allora presidente Barak Obama. La Fiat oggi Fca deve il suo sviluppo e spesso il suo salvataggio agli aiuti dello Stato italiano. Incentivi alle vendite, cassa integrazione, agevolazioni creditizie e fiscali, fornitura di mezzi alle Forze dell’ordine, ect.. Ed ancora. Mediaset senza i decreti fatti dal Pentapartito negli anni Ottanta non esisterebbe. Poi gli aiuti ad Alitalia, oggi Ita, al Monte dei Paschi, ect.. l’elenco è lungo.

Interventi pubblici che hanno favorito l’arricchimento di poche famiglie di industriali ma che, nello stesso tempo, non hanno ridotto le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. 

Il ruolo dello Stato in economia non è più una discriminante ideologica, forse non lo è mai stata, allora, cosa differisce oggi la Destra dalla Sinistra?

Di certo gli interventi pubblici possono fare la differenza, ma solo se questi incidono sui privilegi. Essere progressisti vuol dire combattere le disuguaglianze, essere moderati vuol dire tutelare gli interessi dei ceti sociali benestanti.

Fino a quando ci saranno i poveri, i precari, i disoccupati, i ricchi esisteranno coloro che si batteranno per ridurre le differenze sociali e coloro che faranno di tutto per mantenerle.

I milionari sono una minoranza, questo è certo, com’è possibile allora che il nostro Paese sia di Destra? La risposta è semplice: non è vero. L'incongruenza è elettorale, non sociale.

Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da La7 il Centrodestra sarebbe al 45,9%, mentre il campo largo del Centrosinistra, formato dai democratici e progressisti di Enrico Letta, sarebbe al 29%, il M5s all'11,6% ed il cosiddetto Terzo polo di Carlo Calenda al 6,8%. Senza considerare i consensi che riuscirà ad ottenere l’Unione popolare di Luigi De Magistris, il campo largo del Centrosinistra potrebbe raggiungere il 40,6% e con il cosiddetto Terzo polo addirittura il 47,6%.

La Destra non è maggioranza in Italia, ma è meno ideologica della Sinistra, si coalizza sugli interessi e non sui principi, questa facilità le alleanze. Inoltre, una parte della popolazione preferisce affidarsi al potente di turno anziché combatterlo.

È una questione culturale o come avrebbero detto Karl Mark, Antonio Gramsci o Enrico Berlinguer di mancanza di consapevolezza della coscienza di classe che purtroppo è lontana dal divenire.

Fonte La7.tv