venerdì 26 marzo 2021

‘Ma voi siete comunisti?’, per noi la risposta era ovvia

Ma voi siete comunisti?’. La domanda ci parse strana e superflua nello stesso tempo, per noi la risposta era ovvia: Noi siamo figli di un operaio e di una casalinga, cos’altro possiamo essere se non questo?’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tessere del PCI 1983 e 1985 
(Foto di Giovanni Pulvino)

Non avevamo scelta, non era solo una questione di condizione sociale, era piuttosto una predisposizione caratteriale. Per indole non potevamo che stare dalla parte dei lavoratori. Con chi, cioè, doveva svolgere due o tre occupazioni per mantenere la famiglia e per garantire un futuro decoroso ai propri figli. Per tanti ancora oggi è così, ma la scelta ‘ideale’ non è più la stessa, chissà perché.

Quando si è ‘giovani’ non si pensa alla fine del mese, tutto ci sembra dovuto. Solo dopo, quando giungono i giorni più difficili ci si rende conto di quanti sacrifici siano stati fatti per garantirci un’adolescenza serena.

Per tanti padri e madri di famiglia, allora, l’unica soddisfazione era il ‘pezzo di carta’. Gli occhi quel giorno nell'aula magna dell'Università erano lucidi, era la loro piccola/grande ricompensa ai tanti sacrifici fatti, nient’altro.

Nulla avviene per caso. Il bisogno di conoscenza era tutto o quasi. Era una necessità ‘fisica’ che si è mantenuta nel tempo. Fino ad oggi, fino alla fine. Non era un atto egoistico. Capire e comprendere per condividere quanto appreso e per accrescere il bene comune. Lo scopo era questo.

È il Dna che ci fa andare in una direzione piuttosto che in un’altra? È la cultura acquisita? È l’ambiente sociale di provenienza? Chissà, ma che importa. Di certo è una opzione individuale. Ogni giorno ognuno di noi deve decidere da che parte stare. Lo si fa anche inconsciamente, quasi senza volere, ma è inevitabile.

Per noi e per tanti altri la scelta era ovvia, era una condizione di vita. Ed era una inevitabile conseguenza del nostro modo di intendere la ‘comunità’.

Ancora oggi è così, al di là dei nomi e delle etichette.

Ognuno può agire nel solo interesse personale, rimanendo intrappolato nel proprio ego, oppure può operare nell’interesse comune, nella consapevolezza che il bene altrui è anche il nostro. Noi sentivamo quest'ultima esigenza, era la nostra ‘diversità’.

Il senso di giustizia e del dovere era innato. Non era solo una questione ideologica o di condizione sociale, era una predisposizione ‘genetica’.

Dare a tutti le stesse opportunità senza dover sottostare alla volontà altrui, senza dover chiedere per ottenere un diritto. Liberi di decidere e di dire di no. Con l’impegno di non lasciare indietro chi non riesce ad essere autonomo. La vita è una ed il tempo scorre uguale per tutti. Troppo spesso lo dimentichiamo. Un'esistenza trascorsa senza mai dire di no, senza egoismi. Intelligenze fuori dal comune, ma senza presunzione o prosopopea ed un impegno continuo messi a disposizione di tutti. Ecco questo eravamo e siamo, almeno fino a quando resteremo nella memoria di coloro che abbiamo incontrato nella nostra strada.

La risposta a quella domanda ancora oggi è la stessa: ‘cos’altro possiamo essere se non questo?’

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