mercoledì 31 maggio 2017

Prove di ‘Renzusconismo’

L’accordo raggiunto sulla legge elettorale tra il Partito democratico e Forza Italia è indicativo di quello che potrà avvenire dopo le elezioni politiche 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi - (foto da signoraggio.it)
Dall’Italicum, al Mattarellum, al Rosatellum, alla fine a decidere è stato Silvio Berlusconi. Il leader di FI ha agito come ha fatto sempre, cioè ha proposto l’unica legge elettorale che gli può consentire un ritorno al governo del Paese. E’ diventato così, dopo aver governato per oltre dieci anni con un sistema elettorale sostanzialmente maggioritario, un proporzionalista convinto. Negli ultimi mesi ad aver cambiato più volte opinione è stato anche Matteo Renzi. Ecco cosa ha detto alla direzione del Pd che si è svolta ieri: ‘Un ritorno al passato. Ma sì, lo conosco il ritornello: col proporzionale si torna all’antico. È una stupidaggine, perché il ritorno al passato è accaduto il 4 dicembre non oggi, con l’adozione di un sistema elettorale che, date le condizioni, è il migliore possibile. Non è la legge che avrei voluto, certo: ma il resto rischiava di esser peggio’. Ed ha aggiunto: ‘Il sistema tedesco significa sistema tedesco, e quindi il segretario del primo partito è il candidato a guidare il governo’.
(foto da corriere.it)
L’obiettivo è chiaro: qualunque sarà il prossimo risultato elettorale un accordo tra le forze ‘moderate’ sarà inevitabile. Così Renzi potrà tornare a Palazzo Chigi e Silvio sarà felice di sostenerlo. Il ‘Renzusconismo’ è già nato. Tuttavia, esso per imporsi presuppone una vittoria elettorale del Pd ed un sostanziale recupero dell’elettorato moderato da parte di Silvio Berlusconi. Stando ai sondaggi è uno scenario possibile, ma di difficile realizzazione. I due leader contano sulla loro capacità a parlare alla ‘pancia’ del paese e sulla loro abilità ad attrarre i voti degli scontenti. Inoltre, essi ipotizzano l’esaurimento della forza propulsiva del M5S e della Lega di Salvini e che entrambe le forze politiche continuino ad operare da ‘sole’. Non restano che gli ‘scissionisti’. Soltanto una forza politica di Sinistra può impedire l’ennesimo governo democristiano. La costruzione di un movimento che raccolga sotto la stessa bandiera le varie anime progressiste è, quindi, inevitabile ed urgente. Abbiamo già visto cosa vuol dire essere governati da Silvio Berlusconi e, poi, da Matteo Renzi. Ora occorre fare tutto il possibile per evitare di averli tutti e due contemporaneamente al Governo. Passare dal berlusconismo e dal renzismo al ‘renzusconismo’ è troppo anche per l’Italia.


domenica 28 maggio 2017

L’addio al calcio di Francesco Totti

Ecco il testo della lettera che Francesco Totti ha letto stasera ai tifosi riuniti allo Stadio Olimpico per la sua ultima partita con la maglia della Roma

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Francesco Totti (foto da forzaroma.ìnfo)
‘Grazie Roma, grazie a mamma e papà, grazie a mio fratello, ai miei parenti, ai miei amici. Grazie a mia moglie e ai miei tre figli. Ho voluto iniziare dalla fine, dai saluti, perché non so se riuscirò a leggere queste poche righe. È impossibile raccontare ventotto anni di storia in poche frasi. Mi piacerebbe farlo con una canzone o una poesia, ma io non sono capace di scriverle e ho cercato, in questi anni, di esprimermi attraverso i miei piedi, con i quali mi viene tutto più semplice, sin da bambino. A proposito, sapete quale era il mio giocattolo preferito? Il pallone ovviamente! Lo è ancora. Ma a un certo punto della vita si diventa grandi, così mi hanno detto e cosi il tempo ha deciso. 
Maledetto tempo. È lo stesso tempo che quel 17 giugno 2001 avremmo voluto passasse in fretta: non vedevamo l’ora di sentire l’arbitro fischiare tre volte. Mi viene ancora la pelle d’oca a ripensarci. Oggi questo tempo è venuto a bussare sulla mia spalla dicendomi: “Dobbiamo crescere, da domani sarai grande, levati i pantaloncini e gli scarpini, perché tu da oggi sei un uomo e non potrai più sentire l’odore dell’erba così da vicino, il sole in faccia mentre corri verso la porta avversaria, l’adrenalina che ti consuma e la soddisfazione di esultare”. 
Mi sono chiesto in questi mesi perché mi stiano svegliando da questo sogno. Avete presente quando siete bambini e state sognando qualcosa di bello… e vostra madre vi sveglia per andare a scuola mentre voi volete continuare a dormire…e provate a riprendere il filo di quella storia ma non ci si riesce mai… Stavolta non era un sogno ma la realtà. E adesso non posso più riprenderlo, il filo. Io voglio dedicare questa lettera a tutti voi, ai bambini che hanno tifato per me, a quelli di ieri che ormai sono cresciuti e forse sono diventati padri e a quelli di oggi che magari gridano “Tottigol”. Mi piace pensare che la mia carriera diventi per voi una favola da raccontare. Ora è finita veramente. Mi levo la maglia per l’ultima volta. La piego per bene anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. 
Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura. E non è la stessa che si prova di fronte alla porta quando devi segnare un calcio di rigore. Questa volta non posso vedere attraverso i buchi della rete cosa ci sarà “dopo”. 
Concedetemi un po’ di paura. Questa volta sono io che ho bisogno di voi e del vostro calore, quello che mi avete sempre dimostrato. Con il vostro affetto riuscirò a voltare pagina e a buttarmi in una nuova avventura. Ora è il momento di ringraziare tutti i compagni di squadra, i tecnici, i dirigenti, i presidenti, tutte le persone che hanno lavorato accanto a me in questi anni. I tifosi e la Curva Sud, un riferimento per noi romani e romanisti. Nascere romani e romanisti è un privilegio, fare il capitano di questa squadra è stato un onore. Siete e sarete sempre la mia vita: smetterò di emozionarvi con i piedi ma il mio cuore sarà sempre lì con voi. 
Ora scendo le scale, entro nello spogliatoio che mi ha accolto che ero un bambino e che lascio adesso, che sono un uomo. Sono orgoglioso e felice di avervi dato ventotto anni di amore. Vi amo.’ 

lunedì 22 maggio 2017

Era il tardo pomeriggio del 23 maggio del 1992 quando...

‘Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.’ Giovanni Falcone

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giovanni Falcone (foto da wikipedia.org)
Era il tardo pomeriggio del 23 maggio del 1992 quando arrivò la notizia dell’attentato dinamitardo a Giovanni Falcone e alla sua scorta. La radio, la televisione ed il semplice passaparola, dando voce all’evento, diffusero nell’aria un senso di smarrimento e di paura, quella che ti fa pensare che tutto sia finito, che la speranza sia morta per sempre, che il male sia prevalso e che ogni altro tentativo di azione volta al bene comune sia inutile. L’incredulità si mescolò con l’angoscia. Le primi immagini televisive del tratto di autostrada che attraversa Capaci, ridotta ad un campo di battaglia, si confusero con la tenue speranza che il Giudice fosse ancora vivo, che fosse in grado di superare anche quel terribile momento, poi, tragico, giunse il comunicato ufficiale della morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo, degli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro. Tutto successe in un attimo, un tuffo al cuore ed una tristezza infinita ci presero, un siciliano che aveva avuto coraggio non c’era più, gli uomini che custodivano le sue idee non c’erano più, la donna che lo aveva amato per tutta la vita non c’era più, la speranza di una Sicilia onesta non c’era piùSembra ieri, invece sono trascorsi 25 anni da quel tragico pomeriggio ed ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile che degli uomini, dei siciliani come me, abituati da sempre a vivere il sole, il mare, l’odore di zagara, il profumo dei limoni e delle arance, in una terra ospitale che sa accogliere chi non ha nulla e che vive di una cultura millenaria, possano aver concepito ed eseguito un atto così orribile. Eppure esistono, i ‘Stuppagghieri’ sono sempre esistiti e, adesso come allora, continuano a prevaricare altri uomini, a sfruttarli, a vivere del sudore del lavoro delle persone perbene e ad ucciderli se questi osano reagire. Ma, nonostante tutto questo, non dobbiamo dimenticare, mai, le parole rivolte da Giovanni Falcone a tutti i siciliani onesti: Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.’ Ed ancora: ‘Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.’

sabato 20 maggio 2017

Il fallimento del Job Act e l’aumento delle disuguaglianze

Gli ultimi dati statistici pubblicati dall’Istat e dall’Inps confermano il flop della riforma del lavoro voluta da Matteo Renzi ed il concomitante incremento delle disuguaglianze economiche e sociali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da forexinfo,it)
Negli ultimi dodici mesi è cresciuta l’occupazione, il saldo tra cessazioni ed assunzioni registrato nel settore privato è stato, secondo i dati pubblicati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, di 322mila, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (266mila). I contratti a tempo indeterminato sono stati 22mila, quelli di apprendistato 40mila e quelli a tempo determinato 315mila. Dopo il boom di assunzioni avvenute nel 2015, i contratti stipulati secondo quanto previsto dal Job Act sono progressivamente diminuiti. La riduzione e poi la cancellazione della decontribuzione hanno indotto le imprese a licenziare i lavoratori assunti con quel tipo di contratto. In sostanze le aziende fino a quando hanno usufruito degli incentivi contributivi hanno assunto a tempo indeterminato, ma nel momento in cui questi sono venuti meno hanno iniziato ad assumere tornando ad utilizzare i contratti precari cioè a tempo determinato.
Mappa assunzioni (inps.it)
Intanto, come ha certificato il Rapporto Annuale 2017 pubblicato pochi giorni fa dall’Istat, crescono le disuguaglianze. Le differenze tra le classi sociali sono determinate, innanzitutto, dalla distribuzione del reddito, compreso quello delle pensioni che incide per il 20%. 1,6 milioni di famiglie sono in una condizione di povertà assoluta ed il 28,7% sono a rischio di povertà o esclusione sociale. La deprivazione materiale – sottolinea il Rapporto -  è passata dall’11,5% del 2015 all’11,9%. Il 6,5% della popolazione ha rinunciato a una visita specialistica, nel 2008 questa percentuale era del 4%.
Logo Rapporto 2017 (istat.it)
La disuguaglianza sociale ha ridotto le opportunità. Il cosiddetto ‘ascensore sociale’ è bloccato, la società è cristallizzata. Scompaiono le professioni intermedie ed aumenta l’occupazione nei lavori a bassa qualificazione, si riducono operai e artigiani.
La cancellazione dell’articolo 18 voluta dal governo di Matteo Renzi non ha prodotto un aumento significativo di contratti di lavoro a tempo indeterminato. L’incremento degli investimenti ipotizzato cancellando i diritti dei lavoratori non si è verificato e le politiche economiche adottate non hanno ridotto le disuguaglianze. Un cambio di linea è urgente. Questo può avvenire solo se c’è unita d’intenti tra le forze progressiste, ma la nuova segreteria del Partito democratico non sembra intenzionata a seguire questo percorso o come direbbe lo stesso Renzi a #cambiareverso.


giovedì 4 maggio 2017

Il Giro d’Italia torna al Sud

La 100esima edizione del Giro d’Italia torna sulle strade del Sud. Nove tappe delle ventuno previste si svolgeranno nelle regioni meridionali. Di queste, tre si correranno in Sardegna, da dove partirà la corsa, e due in Sicilia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro d'Italia 2017 - (da gazzetta.it)
Il Giro d’Italia in tutta la sua storia solo tre volte ha percorso le strade della Sardegna, l’ultima nel 2007, cioè dieci anni fa, in occasione, peraltro, del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. In Sicilia le presenze della Corsa Rosa sono state in tutto tredici, l’ultima nel 2011, cioè sei anni fa. Nelle ultime edizioni le tappe previste nelle regioni del Sud sono state numericamente limitate  e poco interessanti dal punto di vista sportivo. 
Il Giro d’Italia ed il Tour de France, oltre ad essere le più importanti corse ciclistiche a tappe del mondo, sono uno strumento straordinario di marketing. E non è un caso se negli ultimi anni il Giro sia ‘traslocato’ all’estero escludendo, nello stesso tempo, quasi del tutto le città meridionali. Queste decisioni hanno confermato la mancanza di peso politico ed economico del Sud rispetto ad altre aree del Paese. 
Cefalù, in una foto degli anni Cinquanta
 (da wikipedia.org)
In questa edizione gli appassionati di ciclismo potranno ammirare le bellezze paesaggistiche ed architettoniche delle località meridionali, in particolare quelle delle due isole. Tra queste la quarta tappa è particolarmente suggestiva. La partenza avverrà nel centro storico di Cefalù e si arrampicherà sulle strade dell’Etna dopo aver percorso una parte del litorale tirrenico da dove sarà possibile ammirare la costa siciliana e quelle delle isole Eolie, visibili lungo tutta la prima parte della corsa. Quella successiva attraverserà la Sicilia orientale per concludersi nella città dello Stretto che ha dato i natali a Vincenzo Nibali. Poi il Giro risalirà tutto lo stivale ed attraverserà quasi tutte le regioni italiane. Insomma, dopo tanti anni potremo affermare che la Corsa Rosa è la corsa d’Italia e non solo di una parte di essa. 

mercoledì 3 maggio 2017

Primarie Pd: la ‘trionfale‘ vittoria di Matteo Renzi in realtà è stata un mezzo flop

L’analisi del voto delle primarie del Pd evidenzia un calo consistente di partecipanti ed una riduzione notevole dei consensi ottenuti dal nuovo segretario

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Denis Verdini e Matteo Renzi - (foto da ilfattoquotidiano.it)
Nel 2007 i votanti alle primarie del Partito democratico furono 3.545.894, nel 2009 scesero a 3.049.266, nel 2013 a 2.805.775 e in quelle di domenica scorsa a 1.833.134. La diminuzione è stata costante, ma la più consistente e significativa politicamente è stata quella di tre giorni fa, dove il calo è stato di 972.124 votanti. La scissione di una parte del Pd ed il crollo di consensi attorno alla figura dell’ex sindaco di Firenze hanno prodotto i loro effetti. La diminuzione ha riguardato soprattutto le regioni del centro e del nord Italia, che hanno fatto registrare una riduzione media del 41,58%. Più limitato il calo nel meridione, dove è stato del 16,80%. A livello nazionale tra il 2013 ed il 2017 la diminuzione è stata del 34,67%.
Renato Brunetta, Angelino Alfano e Silvio Berlusconi
(foto da corriere.it)
In percentuale i consensi al nuovo segretario sono aumentati, ma in termini assoluti sono calati di molto, soprattutto nelle regioni del centro e del nord Italia (-45,95%). Quattro anni fa Renzi ottenne 1.895.332 voti, mentre domenica scorsa si è fermato a 1.283.389, con una diminuzione di oltre 600 mila voti (-32,29%). Questi dati ci dicono che la ‘trionfale’ vittoria di Matteo Renzi in realtà è stata un mezzo flop.
Esso è ancora più evidente se consideriamo il fatto che i suoi due contendenti non sono apparsi come veri antagonisti, ma piuttosto come ‘spalle’ in una recita già scritta. E fa sorridere la richiesta di un nuovo conteggio dei voti da parte dell’attuale Ministro della Giustizia, Andrea Orlando. L’obiettivo di queste primarie era uno solo: la ‘rinascita’ politica di Matteo Renzi dopo la pesante sconfitta nel referendum costituzionale e nelle elezioni amministrative. Ora, il neo segretario ha la strada spianata, almeno all’interno del Pd, mentre il percorso da fare per un ritorno a Palazzo Chigi appare ancora lungo e pieno di ostacoli.
La storia politica italiana ci insegna che tutte le volte che la Destra o la Sinistra si sono presentate divise hanno perso le elezioni. Non s’illudano i renziani sulla possibilità di essere autosufficienti, senza Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, e tra poco Giuliano Pisapia, al Pd non resteranno che Denis Verdini, Angelino Alfano e Renato Brunetta. A quel punto la metamorfosi ‘moderata’ dei democratici di Renzi sarà compiuta in modo irreversibile.