mercoledì 29 luglio 2020

Banchi con le rotelle? La scuola non è un Luna park

No, ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, i banchi con le rotelle non sono una buona idea

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La ministra Lucia Azzolina prova il banco con le rotelle durante
la trasmissione InOnda su La7 - (foto da liberoquotidiano.it)
L’attuale ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è, dal 2008, insegnante delle scuole superiori, responsabile sindacale dell’Anief e nel 2019 ha superato il concorso per Dirigente scolastico. Quindi, si può supporre che conosca bene il settore della Pubblica amministrazione di cui è ministro. Eppure, sui cosiddetti ‘banchi con le rotelle’ non ha le idee molto chiare. Lo ha provato, pochi giorni fa, in diretta televisiva nelle studio di InOnda su La7. 'È comodo, ci sta anche il vocabolario per le versioni di greco’, ha sostenuto.
Occorre precisare che questo tipo di banco già c’è in molte scuole italiane anche se spesso è senza rotelle. Quello che è certo è che la forma e le dimensioni non sono adeguati alle esigenze didattiche a cui sono chiamati gli alunni. I ragazzi dove metteranno lo zaino, i libri e tutte le altre attrezzature necessarie per l’attività didattica? È scomodo e non è funzionale.
Poi ci sono le rotelle. La ministra Lucia Azzolina sicuramente conosce la riforma della scuola di Maria Stella Gelmini, quella che nel 2009 ha introdotto le cosiddette ‘classi pollaio’. Da allora non è raro che oltre trenta ragazzi siano stipati in pochi metri quadrati. Di certo sa anche che non tutti gli alunni si comportano correttamente e di come, a volte, sia difficile far rispettare le regole più elementari di convivenza civile. I fenomeni di bullismo e non solo sono talmente gravi che si parla di introdurre l’Educazione civica. Per affrontare questo problema basterebbe introdurre le discipline giuridiche ed economiche nei Licei, negli altri Istituti sono già previste, ma finora nessun governo o ministro lo ha proposto, perché?
Gli adolescenti, come si sa, spesso sono irrequieti e, talvolta, indisciplinati o svogliati. Per i ragazzi più vivaci le misure di distanziamento, le mascherine ed i banchi con le rotelle potrebbero diventare ulteriori occasioni per fare ‘cagnara’ e per impedire alla maggior parte degli studenti di seguire la lezione. Probabilmente essi vanno bene nelle classi poco numerose e nei Licei del centro di Roma o di Milano, ma di certo non sono adatti per gli Istituti tecnici e professionali delle nostre periferie. Appena l’insegnate volgerà lo sguardo o, semplicemente, è meno rigoroso dei suoi colleghi, non sono da escludere con questo tipo di banco fenomeni da Luna park come l’autoscontro o cose simili. No, ministra Lucia Azzolina, questa non è una buona idea.


sabato 25 luglio 2020

‘L'umanità è più importante dei nostri soldi’

‘Oggi noi sottoscritti milionari chiediamo ai nostri governi di aumentare le tasse su persone come noi. Subito. Sostanzialmente. Permanentemente’, dalla lettera dei Millionaires for Humanity

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Paperon de' Paperoni - (Foto da quotidiano.net)
A differenza di decine di milioni di persone in tutto il mondo, non dobbiamo preoccuparci di perdere il nostro lavoro, le nostre case o la nostra capacità di sostenere le nostre famiglie. Non stiamo combattendo in prima linea in questa emergenza e abbiamo molte meno probabilità di essere le sue vittime. Quindi per favore. Tassaci. Tassaci. Tassaci. È la scelta giusta. È l'unica scelta. L'umanità è più importante dei nostri soldi. Con questa considerazione finale si conclude la lettera scritta e pubblicata dai ‘Millionaires for Humanity’.
Non sono pericolosi comunisti, del resto quelli veri non lo sono mai stati, e neanche violenti rivoluzionari con le bandiere rosse e la falce e martello del secolo scorso. No, questi sono milionari, anzi super ricchi preoccupati delle conseguenze economiche e sociali del Covid 19. ‘Non stiamo guidando le ambulanze che porteranno i malati negli ospedali. Non stiamo rifornendo gli scaffali dei negozi di alimentari o consegnando cibo porta a porta. Ma abbiamo soldi, molti. Soldi che sono disperatamente necessari ora e continueranno a essere necessari negli anni a venire, mentre il nostro mondo si riprende da questa crisi’.
Ci sono già ‘un miliardo di bambini che non vanno a scuola, molti dei quali non hanno accesso alle risorse di cui hanno bisogno per continuare il loro apprendimento’ e la crisi provocherà milioni di disoccupati e mezzo miliardo in più di poveri. Ed ancora: ‘La nostra interconnessione non è mai stata più chiara. Dobbiamo riequilibrare il nostro mondo prima che sia troppo tardi. Non ci sarà un'altra possibilità per farlo bene. I leader del governo devono assumersi la responsabilità di raccogliere i fondi di cui abbiamo bisogno e di spenderli equamente. Possiamo assicurarci di finanziare adeguatamente i nostri sistemi sanitari, scuole e sicurezza attraverso un aumento fiscale permanente sulle persone più ricche del pianeta, persone come noi’.
Non è la prima volta che una parte sia pure limitata di miliardari chiede di essere tassata di più ed in modo permanente. Chiedono una ‘patrimoniale’, uno dei pochi strumenti in grado di ridurre, almeno in parte, le enormi disuguaglianze generate dal sistema capitalistico, ma la politica ha le competenze e le capacità per imporla? Questi 83 milionari non sono ‘pericolosi estremisti’ e non sono ‘impazziti’, sono solo persone di buon senso che mettono a disposizione della comunità il loro ‘superfluo’. Meglio di niente.
Ovviamente poche persone di buona volontà ed una lettera d'intenti non sono sufficienti per cambiare il mondo, ma sono, comunque, segnali che qualcosa si sta muovendo.


martedì 21 luglio 2020

Ora siamo un po' più europei

‘L’Europa non è solo una questione geografica, ma la raffigurazione di una storia geniale che ha definito il mondo attuale, portando la cultura ovunque, propagando il fuoco di Prometeo e il volo di Dedalo negli altri continenti’, Pier Gariglio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I cosiddetti Paesi ‘frugali’, cioè Austria, Olanda, Svezia e Danimarca, alla fine hanno ceduto. L’Europa stanzierà 750 miliardi di euro per far fronte alla crisi causata dal Coronavirus. Di questi 390 miliardi sono a fondo perduto. Il 27,87%, cioè 209 miliardi, andrà al nostro Paese, 82 miliardi sono contributi, mentre i restanti 127 miliardi sono prestiti ad un tasso agevolato, quindi convenienti per il nostro Erario.
Per la prima volta l’Unione europea destina risorse che sono a carico del bilancio comunitario. È un fatto storico. Un passo decisivo verso gli Stati Uniti d’Europa. Abbiamo un mercato comune, una moneta unica, una Banca centrale europea, la libera circolazione di persone e cose, piani di aiuto per i Paesi in difficoltà, la cittadinanza europea, un Parlamento ed un Governo comune, ed ora anche debiti condivisi. Si, l’Europa c’è.
Ci sono volute guerre e violenze inaudite perpetrate per secoli da un popolo su un altro, ma ormai abbiamo compreso. La direzione intrapresa nel lontano 1957 è quella giusta. Condivisione e solidarietà, nella convinzione che le differenze arricchiscono.
Si, continuiamo ad essere italiani, francesi, tedeschi, olandesi, spagnoli, slavi, ma siamo anche e soprattutto europei. Una collettività fondata su una cultura millenaria. Dove nessuno è lasciato da solo e dove la vita di ciascuno è al centro di un progetto politico e sociale condiviso. Oggi possiamo essere fieri di questa grande comunità e di quanti hanno combattuto per raggiungere questo risultato.

lunedì 20 luglio 2020

E se i ‘Frugali’ avessero ragione?

‘Per l’Italia solo prestiti, niente contributi a fondo perduto. In futuro deve imparare a fare da sola’, questa è l’opinione sul Recovery Fund del premier olandese Mark Rutte

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Un momento della riunione del Consiglio europeo
(foto da unionesarda.it)
I cosiddetti paesi ‘Frugali’, cioè Austria, Olanda, Svezia e Danimarca, si oppongono al Recovery fund. Ammettono l’urgenza di un intervento da parte dell’Unione europea per i problemi causati dal Covid19, ma non si fidano dei Paesi del sud Europa ed in particolare dell’Italia. I problemi in discussione al Consiglio europeo sono: quanto deve essere l’ammontare complessivo del finanziamento? deve essere a fondo perduto (Recovery fund) o un prestito (Mes)? come e chi ne deciderà l’utilizzo e, soprattutto, chi dovrà controllare sull’operato dei singoli Stati?
La diffidenza verso il nostro Paese non è di oggi, ma risale, almeno, agli anni Ottanta, quando il debito pubblico raddoppiò nel giro di un decennio. Nel 1992 eravamo sull’orlo del fallimento. Molti risparmiatori ricordano ancora oggi il prelievo forzoso del sei per mille operato sui conto correnti delle banche italiane. Quell’anno, con il Trattato di Maastricht, ci impegnammo a ridurre il rapporto debito/Pil dal 120% al 60%. Gli unici governi che riuscirono a diminuire tale relazione (fino al 100%) furono quello di Romano Prodi e, poi, dopo l’uscita dalla maggioranza di Rifondazione comunista, quelli di Massimo D’Alema e di Giuliano Amato. Nel 2011 la situazione debitoria era così grave che Silvio Berlusconi dovette dimettersi da presidente del Consiglio. I tagli del successivo Esecutivo di Mario Monti servirono a mettere una 'pezza' ai buchi di bilancio, ma non cambiarono di molto il rapporto del debito con il Pil, che intanto era giunto ad oltre il 135%. In più ci impegnammo al pareggio di bilancio con una riforma costituzionale (art.81 Cost.) approvata rapidamente ed a larghissima maggioranza. Non solo non abbiamo mantenuto quella ed altre promesse fatte, ma abbiamo continuato a fare deficit, soprattutto con il Governo gialloverde. Quota 100 e il Reddito di cittadinanza ci costano quasi 15 miliardi di euro ogni anno. Ora, intendiamo accollare il nuovo debito causato dalla crisi economica e sanitaria al bilancio comunitario. Da qui la diffidenza di diversi paesi dell'Unione europea.
Perché i ‘Frugali’ dovrebbero fidarsi di noi? Facciamo promesse che regolarmente non manteniamo. Siamo un Paese ricco, con risorse umane e ambientali che solo poche altre nazioni hanno, eppure siamo inaffidabili nell’utilizzo delle risorse collettive, perché? Il problema è, di certo, culturale. La colpa è sempre di quello che c’era prima ed ora dell’Euro e dell’Europa. Continuiamo a scaricare sugli altri i nostri errori. Nulla è gratis e non dobbiamo aspettare sempre di giungere al limite del baratro per comprenderlo. Ora è tempo di crescere e di iniziare ad assumerci le nostre responsabilità.


sabato 18 luglio 2020

La sigaretta quasi sempre accesa …

Un giudice perspicace e con un alto senso del dovere, questo era Paolo Borsellino, una persona normale, ma tenace e senza tentennamenti, la sigaretta quasi sempre accesa, unico vizio a cui non riusciva a rinunciare

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Riguardando l’ultima intervista rilasciata da Paolo Borsellino ad un giornalista della Rai nulla faceva presagire che da lì a poche ore sarebbe stato vittima di un attentato mafioso. Stava seduto sul divano, sembrava un po' imbarazzato, forse perché si era impegnato a non fumare, forse perché indossava una semplice polo verde o forse perché era così, riluttante e restio come lo sono spesso i siciliani quando devono parlare in pubblico. Non c’erano tensione o timore nelle sue parole, nei suoi sguardi e nel sorriso accennato dopo un’ultima battuta. L’esposizione era lineare e chiara, essenziale, senza affettazione, quella di un uomo delle istituzioni, che non si fa remore ad usare gli appunti quando non ricorda con precisione una data o un nome. L’accento è quello tipicamente palermitano, la voce è rauca, una diretta conseguenza della nicotina. Alle domande più ‘allusive’ risponde con la diffidenza tipica dei siciliani quando qualcuno vuole indurti a fare affermazioni avventate e comunque non confermate dai fatti. In quell’intervista, pur sapendo di essere nel mirino della Mafia e che l’irreparabile sarebbe potuto succedere in qualunque momento, avrebbe potuto rilasciare affermazioni ‘imprudenti’, ma non lo fece, anzi ha pesato le parole prima di pronunciarle ed ha fatto brevi pause che a volte dicono di più di qualunque discorso o teoria.
Un giudice perspicace e con un alto senso del dovere, questo era Paolo Borsellino. Una persona normale. Umile, ma tenace e senza tentennamenti, così com’era nel suo lavoro. La sigaretta quasi sempre accesa. ‘La morte di Falcone mi ha lasciato in uno stato di grave situazione psicologia perché non si tratta solo di un collega o di un compagno di lavoro ma del più vecchio dei mie amici che è venuto meno … Ho temuto nell’immediatezza in una drastica perdita di entusiasmo nel lavoro che faccio, fortunatamente ho ritrovata la rabbia per poterlo fare … Ricordo Ninni Cassarà che mi disse… convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano, l’espressione … io vorrei ripeterla ora, ma vorrei farlo in modo più ottimistico ho sempre accettato le conseguenze del mio lavoro ... perché ho scelto ad un certo punto della mia vita di farlo e sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli … La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in estremo pericolo è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio … e so che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuare a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione o financo dalla certezza che tutto questo può costarci caro.
Non ha detto tutto, non avrebbe potuto, quello che sapeva lo avrebbe riferito prima ai giudici, ma inutilmente aspetterà di essere convocato, la Mafia e chissà chi altro glielo hanno impedito.

Fonte yuotube.com

mercoledì 15 luglio 2020

I 37 miliardi del Mes ci farebbero risparmiare circa 400 milioni di euro all’anno

Il problema non è se richiedere i finanziamenti del Mes o aspettare il Recovery fund, ma la serietà e la competenza con cui queste risorse saranno utilizzate

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da europarl.europa.eu
La Commissione europea prevede per il nostro Paese un calo del Pil nel 2020 dell’11,2%. Nella zona Euro scenderà, invece, dell’8,7%. Le situazione è peggiore di quanto stimato solo due mesi fa. Il settore produttivo più colpito dalla pandemia provocata dal Coronavirus è quello turistico. Inoltre, stentano a ripartire gli investimenti delle imprese. Nello stesso tempo aumenta il debito pubblico sia in termini assoluti che in rapporto al Pil. Quest’ultimo potrebbe arrivare ad oltre il 160%. Il Governo per porre rimedio a questo disastro sta allentando i vincoli posti dal legislatore per combattere la corruzione e le mafie, ma fino a dove potrà spingersi?
L’Unione Europea consapevole della gravità della situazione ha reso più agevole la possibilità di ricorrere al Mes (Meccanismo economico di stabilità) ed ha predisposto il Recovery fund. Il primo è disponibile immediatamente, ma deve essere richiesto da ogni singolo Stato. Non sono previsti particolari vincoli di bilancio se utilizzato per potenziare il sistema sanitario. Il tasso di interesse è dello 0,13%. Questo ci permetterebbe un risparmio annuo di circa 109 milioni di euro ogni 10 miliardi di prestito richiesto. I 37 miliardi di euro del Mes che possiamo ottenere andrebbero a sostituire Bot e Btp già emessi o da emettere che ci costano molto di più. Possiamo risparmiare circa 400 milioni di euro di interessi all’anno, allora perché rinunciare?
Il secondo finanziamento Ue, invece, non è immediatamente disponibile perché occorre convincere della sua necessità i Paesi europei a guida sovranista che sono contrari ad accollarsi i debiti di altri Stati. Il Recovery fund è, infatti, a carico del bilancio comunitario. Per essi sono previsti precisi vincoli su cosa e su come i finanziamenti verranno utilizzati. Allora: Mes o Recovery fund? Forse conviene il primo, proprio perché è un prestito che deve essere restituito. Mentre il secondo essendo un finanziamento a fondo perduto sarà gravato da vincoli più stringenti.
Nulla è gratis. I Paesi che otterranno i finanziamenti dovranno farlo nel rispetto delle regole che saranno imposte dalla Commissione europea e/o dal Consiglio europeo. Nonostante ciò, non si può e non si deve sprecare quest’opportunità di crescita economica e di redistribuzione della ricchezza, proprio quello che non hanno saputo fare i Governi che hanno guidato il nostro Paese negli ultimi due decenni. 
Intanto, viene da scrivere: Mes o Recovery fund? Meno male che l’Europa c’é. Cosa sarebbe successo al nostro Paese se non ci fosse stata l’Unione Europea o se ai vertici della Commissione ci fossero stati gli amici sovranisti di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini?



martedì 14 luglio 2020

Tesori di Sicilia: Torremuzza, tramonti di luglio

di Calogero Pulvino

Torremuzza, tramonti di luglio
Foto di Pulvino Calogero

Il bianco del Sole diventa giallo, poi arancione e, infine, rosso, sono i colori di luglio, sono i colori di Sicilia
Eppure, sotto, invisibile c'è il blu del mare e là, in fondo, il cielo azzurrognolo che si staglia, verso occidente, verso l'infinito
E' un sogno che diventa realtà, è un fuoco senza tempo che si accende ogni sera, tutti i giorni, eterno, sempre diverso, ma non è un'illusione, sono i tramonti di luglio, sono i tesori di Sicilia




sabato 11 luglio 2020

Sala e la fake news sul costo della vita

‘È chiaro che se un dipendente pubblico, a parità di ruolo, guadagna gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria, è intrinsecamente sbagliato, perché il costo della vita in quelle due realtà è diverso’, questo è quanto ha detto in diretta Facebook il sindaco di Milano, Giuseppe Sala

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giuseppe Sala (foto da wikipedia.org)
Per il Sindaco del capoluogo lombardo, Giuseppe Sala, il problema dell'Italia non è il divario economico e sociale tra il Nord ed il Sud del Paese, ma il tenore di vita dei dipendenti del Comune che amministra. Se il ragionamento dell'esponente del Partito democratico è questo tutto diventa possibile, anche il fatto che Matteo Salvini si consideri l’erede del Pci di Enrico Berlinguer.
Il Primo cittadino meneghino in quella dichiarazione fa riferimento a quelle che una volta si chiamavano gabbie salariali. Erano il risultato di un accordo stipulato dopo la fine della Seconda guerra mondiale tra gli industriali ed i rappresentanti del lavoratori. Secondo quell’intesa i salari erano calcolati ‘sulla base del costo della vita nei diversi luoghi’. Rimarranno in vigore fino al 1969. Poi, sotto la spinta delle proteste studentesche ed operaie furono abolite definitivamente nel 1972.
La proposta di Giuseppe Sala, quindi, non è una novità, ma un ritorno al capitalismo italiano degli anni Cinquanta. La sua preoccupazione non è quella di favorire l’occupazione al Sud, ma quella di pagare di più i dipendenti pubblici delle regioni settentrionali dove il costo della vita sarebbe più alto. Tutto legittimo se quest’affermazione fosse vera.
Lo scorso anno Altroconsumo ha pubblicato un’indagine che smentisce un luogo comune assai diffuso tra i ‘padani’ e non solo. Secondo questa ‘credenza’ il costo dei beni e dei servizi sarebbe più basso al Sud. I dati della ricerca condotta da Altroconsumo, che ha preso in esame i prodotti di 1.017 negozi di 67 città, rilevando 1,2 milioni di prezzi, sono emblematici. Il Veneto è risultata la regione dove fare la spesa è più conveniente, ad essa segue il Friuli-Venezia Giulia, mentre quelle più care sono la Sicilia (Messina è la città più cara) e la Calabria.
Insomma, nelle regioni del Sud i prezzi dei beni alimentari sono più alti della media nazionale. La ragione è semplice: la maggior parte dei prodotti che i meridionali trovano sugli scaffali dei supermercati provengono dalle aziende che hanno sede nelle regioni del Nord. La conseguenza economica è che sul prezzo finale oltre al costo di produzione grava anche quello del trasporto. Pertanto, comprare il latte o le merendine in un supermercato di Cosenza è più ‘salato’ che comprarlo nel centro di Milano. 
Nel dialetto siciliano si dice: ‘Curnuti e vastuniati’, cioè cornuti e bastonati. È un modo di dire per indicare una persona che non solo è vittima di un atto compiuto a sua insaputa, ma che, nello stesso tempo, è il solo a pagarne le conseguenze. Qui è la stessa cosa. Non solo le opportunità di lavoro nel Mezzogiorno sono inferiori rispetto al Centro-nord, ma anche il costo complessivo dei beni di prima necessità e non solo è mediamente più alto.
Il Sud è ultimo per numero di occupati, per il livello del reddito medio pro-capite, per la qualità della vita, per lo sviluppo economico, invece è primo per numero di disoccupati, per il calo dei residenti, per il basso il tenore di vita ed ora si apprende anche per il costo dei beni prima necessità.
Piove sul bagnato, ma non è una novità. Quello che stupisce è che queste affermazioni sono state fatte da un importante esponente del Pd, un partito che ‘rappresenta’ o intende ‘rappresentare’ la Sinistra e che si ritiene erede e continuatore delle lotte operaie e studentesche degli anni Sessanta e Settanta. Purtroppo, dopo tre decenni di berlusconismo tutto si tiene e tutto diventa possibile, anche che la cosiddetta Sinistra faccia la Destra e viceversa.


martedì 7 luglio 2020

Ecco come ridurre le disuguaglianze

I contribuenti che presentano il 730 online possono verificare come sono state utilizzate le imposte che hanno pagato nel 2019 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGovanni)

Foto da agenziaentrate.gov.it
Per sapere come l’Erario ha impiegato le imposte versate lo scorso anno con il modello 730 è sufficiente entrare nel sito delle Agenzia delle Entrate utilizzando lo Spid o con una delle altre modalità di accesso previste dall’Ente. È una lettura interessante. Ad ogni voce di spesa corrisponde l’ammontare della somma utilizzata tra quelle trattenute ogni mese nella busta paga dal datore di lavoro. Ogni singolo contribuente può appurare con quanto ha contribuito ai diversi servizi erogati dallo Stato come Sanità, Istruzione, Difesa, etc...
Ecco un esempio concreto. La dichiarazione si riferisce al 2019. Il reddito lordo indicato nel 730 è stato di circa 23 mila euro, a cui corrisponde una retribuzione netta di circa 1.500 euro al mese. Le imposte trattenute dal datore di lavoro sono state circa 4.600 euro. Di queste oltre 1800 euro (40%) sono state impiegate per garantire i servizi di Protezione sociale (assistenza) e per il Servizio Sanitario Nazionale. Circa 500 euro ciascuno (10,80%) sono stati utilizzati per l’Istruzione, gli interessi sul debito pubblico, per la Pubblica amministrazione, per la Difesa e l’ordine pubblico. La spesa per lo Sviluppo economico ed i Trasporti è stata poco più di 400 euro (8,70%). Circa 100 euro (2,17%) sono serviti per contribuire al bilancio dell’Unione europea ed altrettanti per l’Ambiente e lo Sport. Poco più di 50 euro (1,08%) sono stati utilizzati per il Territorio.
Tra questi dati due sono particolarmente significativi: la spesa per gli interessi e quelli per la Sanità. È bene ricordare che il rinnovo periodico di Bot e Btp non avviene gratis, costa alle casse dell’Erario decine di miliardi di euro ogni anno. Nel 2019 sono stati spesi circa 63,9 miliardi di euro per corrispondere a creditori gli interessi sul debito pubblico. Una somma simile a quella che lo Stato spende per pagare insegnanti, docenti universitari, strutture scolastiche, etc... Nel nostro Paese Rendite finanziarie e Istruzione hanno lo stesso 'peso', almeno in relazione ai costi sostenuti.
La maggior parte delle risorse, circa il 40% del totale, è stata utilizzata per l’Assistenza e per il sistema Sanitario. Tutti hanno potuto constatare con la pandemia dovuta al Coronavirus come sia importante un sistema sanitario e di assistenza sociale efficiente. Per ridurre le disuguaglianze è fondamentale investire in questi due settori. Un sistema di sicurezza sociale funzionante è indispensabile per tutelare i più deboli e le classi sociali che sono a rischio di povertà o di esclusione sociale. Il miglior modo per redistribuire la ricchezza è quello di incrementare gli investimenti pubblici nei servizi di base essenziali, come sono, appunto, Sanità e Assistenza, il resto sono solo chiacchiere. 



venerdì 3 luglio 2020

Istat: crescono le disuguaglianze

Il Rapporto Annuale pubblicato dall’Istat evidenzia l’incremento nel 2019 delle disuguaglianze tra le categorie sociali e le aree territoriali ed un loro ampliamento nel 2020 dovuto all’emergenza Covid 19

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da istat.it
‘Sul fronte del mercato del lavoro la fotografia al 2019 indica crescita di diseguaglianze territoriali, generazionali e per titolo di studio rispetto al 2008’. Questo è in sintesi il contenuto del Rapporto Annuale 2020 pubblicato dall’Istat. Con l'emergenza sanitaria l’elevato tasso di precarietà dell’occupazione ‘tra le donne, nel Mezzogiorno, tra i lavoratori molto giovani e tra quelli anziani è una fonte di fragilità aggiuntiva’. La chiusura delle scuole e l’impossibilità di affidarsi ‘alla rete famigliare’ rischiano di amplificare le disuguaglianze.
Il digital divide e l'insufficienza di attrezzature informatiche accentuano le differenze sociali. In particolare, nel Mezzogiorno dove ci sono carenze strutturali negli asili nido e nell’affidabilità della Rete. L’utilizzo dello smartworking, reso necessario dal lockdown, ha evidenziato le grandi potenzialità di questo strumento, ma ha mostrato anche le criticità legate agli ‘squilibri tra lavoro e spazi privati’ ed il divario digitale che caratterizza il nostro Paese.
Il ‘mercato del lavoro pre-pandemia mostra diseguaglianze crescenti’. Nel 2019 gli occupati nel Centro-nord erano 519 mila in più rispetto al 2008, mentre nel Sud il saldo è ancora negativo per 249 mila unità. Gran parte dell’occupazione tra le donne, i giovani ed i lavoratori del Mezzogiorno è a ‘tempo determinato ed a tempo parziale’ ed è ad alto rischio ‘di marginalità e di perdita del lavoro’.
Le misure di confinamento adottate nei mesi scorsi dal Governo stanno causando ‘un aumento delle disuguaglianze’. Al divario strutturale nelle infrastrutture e nello sviluppo produttivo ora si aggiunge quello digitale. Nel Sud il 19% dei giovani tra i 6 ed i 17 anni non ha nè un computer né un tablet, mentre nel Nord la percentuale scende al 7,5% e nel Centro al 10,9%. La situazione è aggravata dalla condizione di disagio socio-economico delle famiglie.
Il Rapporto pubblicato dall’Istituto di statistica  conferma il crescente divario tra le diverse aree geografiche del Paese e tra le diverse classi sociali. Mesi di emergenza sanitaria e di blocco delle attività hanno fatto emergere ulteriori condizioni di criticità. L’ipotesi di un incremento delle disuguaglianze dovute al Coronavirus non è quindi un’eventualità, ma una certezza. 

Fonte istat.it