sabato 15 febbraio 2025
#Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata
'Porre fine alle diseguaglianze e alla povertà è possibile. È l’ora di agire', Oxfam Italia
‘Nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta di 2.000 miliardi di dollari. Tre volte più velocemente del 2023. Intanto, il numero di persone che vivono con meno di 6,85 dollari al giorno è lo stesso del 1990. Ci inducono a credere che la ricchezza dei miliardari sia il frutto di duro lavoro, in realtà gran parte è estratta, non creata deriva da eredità, monopoli e clientelismo. Nel 2023, per la prima volta, la quota di ricchezza dei nuovi miliardari che deriva da eredità ha superato quella attribuibile ad attività imprenditoriali. Il nostro è un sistema economico estrattivo che favorisce l’accumulazione di ricchezza per pochi a discapito della collettività. Nel 2023 quasi 1.000 miliardi di dollari sono defluiti dal Sud globale, beneficiando l’1% più ricco, nel Nord per 30 milioni di dollari l’ora. Allo stesso tempo una donna su dieci nel mondo vive in povertà estrema. L’estrema ricchezza è un male per l’umanità. Bisogna ricreare le condizioni per società più eque. Per noi e per le generazioni future. Porre fine alle diseguaglianze e alla povertà è possibile. È l’ora di agire’. #RightTheWrongsOfHistoryFonte Oxfam Italia
'Porre fine alle diseguaglianze e alla povertà è possibile. È l’ora di agire', Oxfam Italia
Fonte Oxfam Italia
giovedì 2 gennaio 2025
Migranti: nel 2024 oltre 2200 i dispersi nel Mediterraneo
A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi

Foto da unicef.it
‘ll bilancio delle vittime e il numero dei dispersi nel Mediterraneo nel 2024 hanno superato i 2.200, con quasi 1.700 vite perse solo sulla rotta del Mediterraneo centrale. Tra questi ci sono centinaia di bambine, bambini e adolescenti’. A sostenerlo è l’Unicef. Uno su cinque sono minorenni che fuggono ‘da conflitti violenti e dalla povertà’.Regina De Dominicis, Direttore dell’ufficio regionale dell’agenza Onu, ‘chiede ai Governi di utilizzare il Patto sulla migrazione e l'asilo’ per garantire percorsi ‘sicuri e legali’. Gli Stati, ‘devono sostenere l’integrazione, assicurando che i minori siano protetti in ogni fase del loro viaggio’. E' necessario proteggere e garantire il ricongiungimento familiare di bambine e bambini e facilitare il salvataggio, l’accoglienza e l’accesso ai servizi di asilo.
L'ennesima denuncia non sembra scuotere i Governi, anzi.
Intanto continuano gli sbarchi e i naufragi.
I migranti giunti in Italia nel 2024, secondo i dati del ministero dell’Interno, sono stati 66.615. Sono in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma sono il doppio se facciamo riferimento al 2020.
Un flusso che continua nonostante i provvedimenti presi dal Governo Meloni ed intesi a scoraggiare le partenze e ad impedire alle Ong di eseguire i salvataggi.
Costruiamo centri inutili in Albania, mentre si ripetono con continuità le tragedie nel cuore del Mediterraneo.
A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi.
Ma che importa, dobbiamo salvaguardare l’italianità o quella che alcuni continuano a chiamarla così.
Fonte unicef.it e interno.it
A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi
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Foto da unicef.it |
Regina De Dominicis, Direttore dell’ufficio regionale dell’agenza Onu, ‘chiede ai Governi di utilizzare il Patto sulla migrazione e l'asilo’ per garantire percorsi ‘sicuri e legali’. Gli Stati, ‘devono sostenere l’integrazione, assicurando che i minori siano protetti in ogni fase del loro viaggio’. E' necessario proteggere e garantire il ricongiungimento familiare di bambine e bambini e facilitare il salvataggio, l’accoglienza e l’accesso ai servizi di asilo.
L'ennesima denuncia non sembra scuotere i Governi, anzi.
Intanto continuano gli sbarchi e i naufragi.
I migranti giunti in Italia nel 2024, secondo i dati del ministero dell’Interno, sono stati 66.615. Sono in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma sono il doppio se facciamo riferimento al 2020.
Un flusso che continua nonostante i provvedimenti presi dal Governo Meloni ed intesi a scoraggiare le partenze e ad impedire alle Ong di eseguire i salvataggi.
Costruiamo centri inutili in Albania, mentre si ripetono con continuità le tragedie nel cuore del Mediterraneo.
A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi.
Ma che importa, dobbiamo salvaguardare l’italianità o quella che alcuni continuano a chiamarla così.
Fonte unicef.it e interno.it
mercoledì 28 agosto 2024
‘Ius soli differito’
‘Ma io un ragazzino di 11 o 12 anni che è a scuola con i nostri figli e i nostri nipoti come lo devo chiamare, immigrato che è nato qui? Come lo chiamo, straniero?’, Pier Luigi Bersani

Foto da stranieriinitalia.it
Ogni anno nascono nel nostro Paese circa 50.000 bambini che non hanno la cittadinanza italiana. Dal 2006 ad oggi sono circa 1,2 milioni.E sono più di 870 mila gli studenti e studentesse ‘stranieri/e’ che lo scorso anno hanno frequentato le nostre scuole. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi che di fatto sono italiani, ma che per la legge non lo sono.
Questi ‘italiani’ possono acquisire la cittadinanza solo con la cosiddetta ‘naturalizzazione’ o come ha detto con ironia il sindaco di Ravenna, Michele De Pasquale, con lo ‘Ius soli differito’. Essi possono richiederla solo al compimento della maggiore età a condizione che abbiano dieci anni di residenza regolare ininterrotta. L’iter è complesso, costoso e richiede molto tempo. Non tutti riescono a completarlo.
Sono vent’anni che si tenta di riformare questa legge.
Le ipotesi sono quattro.
Lo Ius soli prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza per il solo fatto di essere nati sul territorio italiano. È il cosiddetto ‘diritto di suolo’ in vigore in tanti Paesi, ma non nel nostro, dove vige il principio del ‘ius sanguinis’ o ‘diritto di sangue’. Secondo questa normativa acquisiscono automaticamente la cittadinanza i figli ovunque essi siano nati che hanno almeno un genitore italiano.
Lo Ius soli temperato consente l’ottenimento della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri a condizione che almeno uno dei due abbia il permesso di soggiorno e risieda nel nostro Paese da un certo numero di anni.
Lo Ius scholae consente di acquisire la cittadinanza ai minori nati o arrivati nel nostro Paese prima del compimento dei 12 anni di età e che abbiamo frequentato, a seconda della diversa formulazione della legge, almeno 5 anni di scuola o 10 anni o il ciclo completo dell’obbligo.
Lo Ius Culturae è simile allo Ius scholae e lega la cittadinanza all’acquisizione dei riferimenti culturali attraverso la scuola e la partecipazione alla vita sociale. Occorre, cioè, ‘aver frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali conclusi con la promozione’.
La proposta fatta nelle scorse settimane da Forza Italia non è nuova e richiede per i nati in Italia la conclusione dell’intero ciclo di istruzione obbligatoria, cioè dieci anni.
Il disegno di legge sarà presentato a settembre o ad ottobre, ma non è chiaro chi potrà riguardare e come potrà essere riconosciuta la cittadinanza.
Vedremo se sarà una proposta seria o se è solo polemica politica tra i partiti della maggioranza di Governo.
L'obiettivo è quello di racimolare qualche voto o, meglio, quello di non perdere qualche voto, quello di chi da sempre vede gli stranieri, soprattutto se sono di colore, con preoccupazione ed intolleranza.
‘Ma io un ragazzino di 11 o 12 anni che è a scuola con i nostri figli e i nostri nipoti come lo devo chiamare, immigrato che è nato qui? Come lo chiamo, straniero?’, Pier Luigi Bersani
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Foto da stranieriinitalia.it |
E sono più di 870 mila gli studenti e studentesse ‘stranieri/e’ che lo scorso anno hanno frequentato le nostre scuole. Bambine e bambini, ragazze e ragazzi che di fatto sono italiani, ma che per la legge non lo sono.
Questi ‘italiani’ possono acquisire la cittadinanza solo con la cosiddetta ‘naturalizzazione’ o come ha detto con ironia il sindaco di Ravenna, Michele De Pasquale, con lo ‘Ius soli differito’. Essi possono richiederla solo al compimento della maggiore età a condizione che abbiano dieci anni di residenza regolare ininterrotta. L’iter è complesso, costoso e richiede molto tempo. Non tutti riescono a completarlo.
Sono vent’anni che si tenta di riformare questa legge.
Le ipotesi sono quattro.
Lo Ius soli prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza per il solo fatto di essere nati sul territorio italiano. È il cosiddetto ‘diritto di suolo’ in vigore in tanti Paesi, ma non nel nostro, dove vige il principio del ‘ius sanguinis’ o ‘diritto di sangue’. Secondo questa normativa acquisiscono automaticamente la cittadinanza i figli ovunque essi siano nati che hanno almeno un genitore italiano.
Lo Ius soli temperato consente l’ottenimento della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri a condizione che almeno uno dei due abbia il permesso di soggiorno e risieda nel nostro Paese da un certo numero di anni.
Lo Ius scholae consente di acquisire la cittadinanza ai minori nati o arrivati nel nostro Paese prima del compimento dei 12 anni di età e che abbiamo frequentato, a seconda della diversa formulazione della legge, almeno 5 anni di scuola o 10 anni o il ciclo completo dell’obbligo.
Lo Ius Culturae è simile allo Ius scholae e lega la cittadinanza all’acquisizione dei riferimenti culturali attraverso la scuola e la partecipazione alla vita sociale. Occorre, cioè, ‘aver frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali conclusi con la promozione’.
La proposta fatta nelle scorse settimane da Forza Italia non è nuova e richiede per i nati in Italia la conclusione dell’intero ciclo di istruzione obbligatoria, cioè dieci anni.
Il disegno di legge sarà presentato a settembre o ad ottobre, ma non è chiaro chi potrà riguardare e come potrà essere riconosciuta la cittadinanza.
Vedremo se sarà una proposta seria o se è solo polemica politica tra i partiti della maggioranza di Governo.
L'obiettivo è quello di racimolare qualche voto o, meglio, quello di non perdere qualche voto, quello di chi da sempre vede gli stranieri, soprattutto se sono di colore, con preoccupazione ed intolleranza.
mercoledì 3 luglio 2024
'Sembra un terzino della Spal'
'È vestita come una cameriera di Catanzaro … Sembra un terzino della Spal … oh povero ne.ro’. No, quelle di Feltri non sono battute, è razzismo

Vittorio Feltri ed Ilaria Salis - (foto da @Flexgrimmy)
Il noto giornalista bergamasco, Vittorio Feltri, in un video commenta una foto dove ci sono tre neoeletti al Parlamento europeo. Le sue parole sono intolleranti e razziste. Ma per Lui è tutto ovvio è tutto, come gli farebbe dire Maurizio Crozza, ‘fattuale’.Per l'opinionista del Giornale non conta che Ilaria Salis sia una parlamentare europea, che si sia fatta oltre un anno di carcerazione preventiva per un pestaggio a cui avrebbe partecipato e non importa se è stata condotta in un tribunale in catene come fosse un pericoloso serial killer. La sola colpa della giovane attivista è quella di essere antifascista. E questo, per il Consigliere regionale della Lombardia di FdI, basta ed avanza per farsi due risate. ‘..è vestita come una cameriera di Catanzaro … spuntano due gambotte.. . Il resto e, diciamo, piuttosto inguardabile’.
Poi schernisce Carola Rakete, anche Lei antifascista e soprattutto impegnata nel sociale. E’ bene ricordare che l’ambientalista tedesca 'ha una laurea in Scienze navali e trasporti marittimi, può comandare una nave, ha conseguito un master in ‘conservation management’ presso la Edge Hill University in Inghilterra, parla cinque lingue straniere'. Ma per Feltri non basta. La sua colpa principale è quella di aver partecipato negli anni scorsi al salvataggio dei migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo. ‘Ha un vestito che non è un vestito … Due gambe piene di peli …. Sembra un terzino della Spal’. E giù risate.
Tra le due parlamentari ci sono Mimmo Lucano e un giovane di colore. Ma per Feltri quest’ultimo, è ‘ne.ro riccioluto .. povero ne.ro … oh povero ne.ro’. Termine ripetuto tre volte nella stessa frase e non è casuale.
Quelle di Feltri non sono battute, è razzismo. È riuscito in due minuti a denigrare i meridionali, le donne, i camerieri, i parlamentari europei, gli antifascisti, i cooperanti e le persone di colore.
Se questo è il suo linguaggio in pubblico, chissà come sarà quello in privato.
'È vestita come una cameriera di Catanzaro … Sembra un terzino della Spal … oh povero ne.ro’. No, quelle di Feltri non sono battute, è razzismo
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Vittorio Feltri ed Ilaria Salis - (foto da @Flexgrimmy) |
Per l'opinionista del Giornale non conta che Ilaria Salis sia una parlamentare europea, che si sia fatta oltre un anno di carcerazione preventiva per un pestaggio a cui avrebbe partecipato e non importa se è stata condotta in un tribunale in catene come fosse un pericoloso serial killer. La sola colpa della giovane attivista è quella di essere antifascista. E questo, per il Consigliere regionale della Lombardia di FdI, basta ed avanza per farsi due risate. ‘..è vestita come una cameriera di Catanzaro … spuntano due gambotte.. . Il resto e, diciamo, piuttosto inguardabile’.
Poi schernisce Carola Rakete, anche Lei antifascista e soprattutto impegnata nel sociale. E’ bene ricordare che l’ambientalista tedesca 'ha una laurea in Scienze navali e trasporti marittimi, può comandare una nave, ha conseguito un master in ‘conservation management’ presso la Edge Hill University in Inghilterra, parla cinque lingue straniere'. Ma per Feltri non basta. La sua colpa principale è quella di aver partecipato negli anni scorsi al salvataggio dei migranti che tentavano di attraversare il Mediterraneo. ‘Ha un vestito che non è un vestito … Due gambe piene di peli …. Sembra un terzino della Spal’. E giù risate.
Tra le due parlamentari ci sono Mimmo Lucano e un giovane di colore. Ma per Feltri quest’ultimo, è ‘ne.ro riccioluto .. povero ne.ro … oh povero ne.ro’. Termine ripetuto tre volte nella stessa frase e non è casuale.
Quelle di Feltri non sono battute, è razzismo. È riuscito in due minuti a denigrare i meridionali, le donne, i camerieri, i parlamentari europei, gli antifascisti, i cooperanti e le persone di colore.
Se questo è il suo linguaggio in pubblico, chissà come sarà quello in privato.
venerdì 28 giugno 2024
‘Il vostro non è un paese buono’
Italiani brava gente? Per la giovane moglie di Satnam Singh non è così, il nostro ‘non è un paese buono’. Come dargli torto

Satnam Singh e la moglie Soni
È arrivato dalla lontana India per venire a morire nelle campagne italiane. Era un lavoratore irregolare che veniva sfruttato per pochi euro l’ora. Uno tra i tanti disperati che fuggono dalla guerra o semplicemente dalla miseria nella speranza di poter vivere nel nostro paese una vita dignitosa, ma così non è stato, almeno così non è stato per Satnam Singh.‘Lo avevo avvisato di non avvicinarsi al mezzo, ma ha fatto di testa sua...una leggerezza che è costata cara a tutti’. Questo è quanto ha dichiarato Renzo Lovato titolare dell’impresa dove è avvenuto l’incidente che è costato la vita al giovane immigrato.
Il datore di lavoro, se così possiamo chiamarlo, non ha neanche tentato di salvarlo, si è solo preoccupato della sua azienda e della perdita di profitto che avrebbe avuto.
Satnam Singh non è stato portato al Pronto soccorso, come chiedevano i suoi compagni, ma è stato abbandonato davanti alla sua abitazione, dove è morto dissanguato.
E' stato trattato come carne da macello.
Nelle campagne laziali e non solo il caporalato è la regola. Il padre del titolare della ditta ed altri 13 imprenditori sono indagati da cinque anni per questo reato. Il sistema era collaudato. Lavoravano in regola per il tempo necessario per ottenere il sussidio di disoccupazione. Quindi venivano licenziati e messi a lavorare in nero o a metà stipendio.
Erano obbligati a svolgere la loro mansione per pochi euro al giorno ed a vivere in alloggi fatiscenti, spesso senza neanche un bagno.
Sfruttare chi non ha nulla e non ha diritti è troppo facile. Le regole ci sono, ma i reati spesso rimangono impuniti o addirittura vengono giustificati con le 'esigenze' produttive.
Satnam Singh è stato vittima di un imprenditore senza scrupoli, disposto ad ogni nefandezza pur di fare profitti. No, questa non è solo una storia di sfruttamento, ma di schiavitù. Si di schiavitù nel cuore della civile Europa.
E noi italiani non siamo brava gente ed il nostro ‘non è un paese buono’.
Italiani brava gente? Per la giovane moglie di Satnam Singh non è così, il nostro ‘non è un paese buono’. Come dargli torto
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Satnam Singh e la moglie Soni |
‘Lo avevo avvisato di non avvicinarsi al mezzo, ma ha fatto di testa sua...una leggerezza che è costata cara a tutti’. Questo è quanto ha dichiarato Renzo Lovato titolare dell’impresa dove è avvenuto l’incidente che è costato la vita al giovane immigrato.
Il datore di lavoro, se così possiamo chiamarlo, non ha neanche tentato di salvarlo, si è solo preoccupato della sua azienda e della perdita di profitto che avrebbe avuto.
Satnam Singh non è stato portato al Pronto soccorso, come chiedevano i suoi compagni, ma è stato abbandonato davanti alla sua abitazione, dove è morto dissanguato.
E' stato trattato come carne da macello.
Nelle campagne laziali e non solo il caporalato è la regola. Il padre del titolare della ditta ed altri 13 imprenditori sono indagati da cinque anni per questo reato. Il sistema era collaudato. Lavoravano in regola per il tempo necessario per ottenere il sussidio di disoccupazione. Quindi venivano licenziati e messi a lavorare in nero o a metà stipendio.
Erano obbligati a svolgere la loro mansione per pochi euro al giorno ed a vivere in alloggi fatiscenti, spesso senza neanche un bagno.
Sfruttare chi non ha nulla e non ha diritti è troppo facile. Le regole ci sono, ma i reati spesso rimangono impuniti o addirittura vengono giustificati con le 'esigenze' produttive.
Satnam Singh è stato vittima di un imprenditore senza scrupoli, disposto ad ogni nefandezza pur di fare profitti. No, questa non è solo una storia di sfruttamento, ma di schiavitù. Si di schiavitù nel cuore della civile Europa.
E noi italiani non siamo brava gente ed il nostro ‘non è un paese buono’.
domenica 26 maggio 2024
Istat, 5 milioni 752 mila individui in povertà assoluta
È un mondo ingiusto e diseguale quello che abbiamo creato, ed ora è tempo di porvi rimedio

Foto da La Voce del Trentino
‘Nel 2023 l’incidenza di povertà assoluta in Italia era pari all’8,5 per cento tra le famiglie e al 9,8 per cento tra gli individui’. A stimarlo è il rapporto annuale Istat 2024.Si tratta di livelli mai toccati da oltre dieci anni. Sono circa 2 milioni 235 mila famiglie e 5 milioni 742 mila individui a vivere in condizioni di miseria.
La percentuale più alta è al Sud (10,2%) e nelle Isole (10,3%), ma questa non è una novità. È più bassa nel Centro (6,8%) e nel Nord (8,0%). Quella individuale al Sud e nelle Isole raggiuge il 12,10%.
La situazione è peggiorata in tutto il territorio nazionale.
Nell’ultimo decennio l’incidenza a livello familiare è aumentata del 2,3% e quella individuale del 2,9%. ‘Rispetto al 2014 sono aumentate di 683 mila unità le famiglie in povertà (erano 1 milione e 552 mila) e di circa 1,6 milioni gli individui in povertà (erano 4 milioni e 149 mila)’.
Nel Nord-ovest l’incidenza familiare è passata dal 4,6 all’8% e nel Nord-est dal 3,6 all’8%. ‘Nel 2023, 1,3 milioni di minorenni erano in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 14,0 per cento’.
La povertà individuale tra gli occupati è aumentata del 2,7%. Essa riguarda sia i lavoratori dipendenti (+3,2%) che quelli indipendenti (+0,4%).
Il Reddito di cittadinanza aveva permesso a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022 di uscire dalla povertà. Tra gli individui ha riguardato rispettivamente 876 mila persone nel 2020 ed oltre un milione nel 2021 e nel 2022.
Tutti hanno il diritto di vivere una vita dignitosa. Ma così non è.
I dati dell’Istat descrivono uno scenario da emergenza sociale. Oggi, anche chi lavora è povero. La ricchezza prodotta continua a crescere, ma solo a vantaggio di pochi, perché? In Italia ci sono milioni di poveri, poche centinaia di migliaia di super-ricchi ed in mezzo l’indifferenza della maggioranza dei cittadini che si accontenta di quello che ha. E chi se ne frega se ci sono sei milioni di individui di cui 1,3 milioni di minorenni che vivono in povertà assoluta e altrettanti che rischiano l’esclusione sociale o di cadere anch’essi in miseria.
È un mondo ingiusto e diseguale quello che abbiamo creato, ed ora è tempo di porvi rimedio.
Fonte istat.it
È un mondo ingiusto e diseguale quello che abbiamo creato, ed ora è tempo di porvi rimedio
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Foto da La Voce del Trentino |
Si tratta di livelli mai toccati da oltre dieci anni. Sono circa 2 milioni 235 mila famiglie e 5 milioni 742 mila individui a vivere in condizioni di miseria.
La percentuale più alta è al Sud (10,2%) e nelle Isole (10,3%), ma questa non è una novità. È più bassa nel Centro (6,8%) e nel Nord (8,0%). Quella individuale al Sud e nelle Isole raggiuge il 12,10%.
La situazione è peggiorata in tutto il territorio nazionale.
Nell’ultimo decennio l’incidenza a livello familiare è aumentata del 2,3% e quella individuale del 2,9%. ‘Rispetto al 2014 sono aumentate di 683 mila unità le famiglie in povertà (erano 1 milione e 552 mila) e di circa 1,6 milioni gli individui in povertà (erano 4 milioni e 149 mila)’.
Nel Nord-ovest l’incidenza familiare è passata dal 4,6 all’8% e nel Nord-est dal 3,6 all’8%. ‘Nel 2023, 1,3 milioni di minorenni erano in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza del 14,0 per cento’.
La povertà individuale tra gli occupati è aumentata del 2,7%. Essa riguarda sia i lavoratori dipendenti (+3,2%) che quelli indipendenti (+0,4%).
Il Reddito di cittadinanza aveva permesso a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022 di uscire dalla povertà. Tra gli individui ha riguardato rispettivamente 876 mila persone nel 2020 ed oltre un milione nel 2021 e nel 2022.
Tutti hanno il diritto di vivere una vita dignitosa. Ma così non è.
I dati dell’Istat descrivono uno scenario da emergenza sociale. Oggi, anche chi lavora è povero. La ricchezza prodotta continua a crescere, ma solo a vantaggio di pochi, perché? In Italia ci sono milioni di poveri, poche centinaia di migliaia di super-ricchi ed in mezzo l’indifferenza della maggioranza dei cittadini che si accontenta di quello che ha. E chi se ne frega se ci sono sei milioni di individui di cui 1,3 milioni di minorenni che vivono in povertà assoluta e altrettanti che rischiano l’esclusione sociale o di cadere anch’essi in miseria.
È un mondo ingiusto e diseguale quello che abbiamo creato, ed ora è tempo di porvi rimedio.
Fonte istat.it
martedì 30 aprile 2024
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa
Continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, l’impegno e la conoscenza non bastano, tutto sembra inutile

Foto da @PettirossoHood
Per molti il lavoro è vissuto come un'imposizione che si è disposti a subire per garantire un minimo di sussistenza economica alla propria famiglia. No, non c’è e non ci potrà mai essere dignità nelle occupazioni precarie e mal retribuite, nei luoghi di lavoro spesso pericolosi ed alienanti e sotto la direzione di datori di lavoro improvvisati ed autoritari.No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
Nei primi due mesi di quest'anno le denunce di infortuni presentate all’Inail sono state 92.711, con un incremento del 7,2% rispetto al febbraio del 2023. Di questi 119 hanno avuto un esito mortale, con un aumento del 19% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, cinque decessi in più rispetto al 2022, 15 in più rispetto al 2021, 11 in più rispetto al 2020 e due in meno rispetto al 2019.
Si continua a morire di e per il lavoro.
La vita è breve e le parole non servono.
Lasciano mogli, figli, genitori, parenti, amici o semplici conoscenti. A chi rimane non resta che lo sgomento per una scomparsa ingiusta ed inaspettata, per un lavoro che non ha dato la vita, ma morte e dolore.
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
Mentre a piazza Affari le banche si accingono a distribuire 34 miliardi di euro di dividendi, l’Istat stima che 5,7 milioni di italiani vivono in povertà assoluta. ‘I poveri mangiano meglio dei ricchi’, si sa, ma è solo l’ennesima beffa mediatica di chi ci governa nei confronti di coloro che ancora si illudono di poter superare la disperazione e l’insicurezza di non farcela, di non arrivare alla fine del mese.
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
A quando un salario minimo adeguato? A quando la diminuzione dell’orario di lavoro? A quando la riduzione delle diseguaglianze? A quando la giustizia sociale? A quando …
Continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, l’impegno e la conoscenza non bastano, tutto sembra inutile. Passano i giorni, i mesi, gli anni e siamo sempre al punto di partenza, il ricco è sempre più ricco e il povero è sempre più povero. Nulla che riesca ad eliminare le ingiustizie, nulla che riesca a scalfire i privilegi, nulla che riesca a garantire a tutti una vita dignitosa.
Continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, l’impegno e la conoscenza non bastano, tutto sembra inutile
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Foto da @PettirossoHood |
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
Nei primi due mesi di quest'anno le denunce di infortuni presentate all’Inail sono state 92.711, con un incremento del 7,2% rispetto al febbraio del 2023. Di questi 119 hanno avuto un esito mortale, con un aumento del 19% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, cinque decessi in più rispetto al 2022, 15 in più rispetto al 2021, 11 in più rispetto al 2020 e due in meno rispetto al 2019.
Si continua a morire di e per il lavoro.
La vita è breve e le parole non servono.
Lasciano mogli, figli, genitori, parenti, amici o semplici conoscenti. A chi rimane non resta che lo sgomento per una scomparsa ingiusta ed inaspettata, per un lavoro che non ha dato la vita, ma morte e dolore.
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
Mentre a piazza Affari le banche si accingono a distribuire 34 miliardi di euro di dividendi, l’Istat stima che 5,7 milioni di italiani vivono in povertà assoluta. ‘I poveri mangiano meglio dei ricchi’, si sa, ma è solo l’ennesima beffa mediatica di chi ci governa nei confronti di coloro che ancora si illudono di poter superare la disperazione e l’insicurezza di non farcela, di non arrivare alla fine del mese.
No, il Primo Maggio 2024 non sarà un giorno di festa.
A quando un salario minimo adeguato? A quando la diminuzione dell’orario di lavoro? A quando la riduzione delle diseguaglianze? A quando la giustizia sociale? A quando …
Continuiamo a vivere in un mondo ingiusto, l’impegno e la conoscenza non bastano, tutto sembra inutile. Passano i giorni, i mesi, gli anni e siamo sempre al punto di partenza, il ricco è sempre più ricco e il povero è sempre più povero. Nulla che riesca ad eliminare le ingiustizie, nulla che riesca a scalfire i privilegi, nulla che riesca a garantire a tutti una vita dignitosa.
venerdì 12 aprile 2024
Ricchi a loro insaputa
Secondo i dati della rivista Forbes negli ultimi 15 anni tutti i miliardari sotto i trent’anni hanno ereditato la loro ricchezza

Foto da perlapace.it
I ricchi sono sempre più ricchi ed i loro patrimoni rimangono per diverse generazioni all’interno del contesto familiare. Tra i principi fondanti del liberismo c’è la meritocrazia, ma qui non c’è nulla di meritorio se non quello di aver ereditato una ricchezza che non hanno contribuito a creare. Sono nati ricchi, sono ricchi a loro insaputa. Secondo la rivista statunitense nei prossimi vent’anni saranno trasferiti 84.000 miliardi di dollari dai cosiddetti 'baby boomer' a figli e nipoti. Nell’ultimo trimestre del 2023 l’1% della popolazione degli Stati Uniti d’America possedeva 44.600 miliardi di dollari.Una ricchezza ‘in crescita’ e che si eredita. I fratelli irlandesi Mistry di 25 e 27 anni possiedono circa 4,9 miliardi di dollari ciascuno. Clemente del Vecchio, 19 anni, è stato il più giovane miliardario nel 2023. Questo primato è passato alla diciannovenne brasiliana Livia Voigt che possiede 1,1 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo il 60% più povero del mondo ha perso denaro, sottolinea Oxfam Italia nel suo rapporto annuale.
Addio ascensore sociale. La povertà si eredita come la ricchezza.
Il 30% delle persone tra i 25 ed i 49 anni che vivono in condizioni di bisogno lo erano già all’età di 14 anni. I salari medi di circa 880 milioni di lavoratori sono diminuiti. Anche chi lavora è povero.
Cresce la ricchezza, ma solo per pochi. E crescono le diseguaglianze, ma sembra non interessare a nessuno, tranne ai poveri ovviamente.
Fonte forbes.it
Secondo i dati della rivista Forbes negli ultimi 15 anni tutti i miliardari sotto i trent’anni hanno ereditato la loro ricchezza
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Foto da perlapace.it |
Una ricchezza ‘in crescita’ e che si eredita. I fratelli irlandesi Mistry di 25 e 27 anni possiedono circa 4,9 miliardi di dollari ciascuno. Clemente del Vecchio, 19 anni, è stato il più giovane miliardario nel 2023. Questo primato è passato alla diciannovenne brasiliana Livia Voigt che possiede 1,1 miliardi di dollari.
Nello stesso periodo il 60% più povero del mondo ha perso denaro, sottolinea Oxfam Italia nel suo rapporto annuale.
Addio ascensore sociale. La povertà si eredita come la ricchezza.
Il 30% delle persone tra i 25 ed i 49 anni che vivono in condizioni di bisogno lo erano già all’età di 14 anni. I salari medi di circa 880 milioni di lavoratori sono diminuiti. Anche chi lavora è povero.
Cresce la ricchezza, ma solo per pochi. E crescono le diseguaglianze, ma sembra non interessare a nessuno, tranne ai poveri ovviamente.
Fonte forbes.it
venerdì 29 marzo 2024
‘I poveri spesso mangiano meglio' dei ricchi, si sa
Mentre a piazza Affari le banche si accingono a distribuire 34 miliardi di euro di dividendi, l’Istat stima che 5,7 milioni di italiani vivono in povertà assoluta
Le famiglie in povertà assoluta sono l’8,5%, in aumento rispetto al 2022, erano l'8,3%. Si tratta di circa 5,7 milioni di individui, cioè il 9,8% della popolazione, l’anno precedente erano il 9,7%.La situazione è peggiorata soprattutto nel nord del Paese, dove ‘le persone povere sono quasi 136mila in più rispetto al 2022’.
L’incidenza a livello individuale è passata dall’’8,5% al 9,0%. Il Mezzogiorno mostra dati in calo (12,1% da 12,7%) anche se sono più elevati rispetto al resto del Paese.
La povertà assoluta tra le famiglie con almeno una persona occupata è stabile (8,2%). Riguarda oltre 1 milione e 100mila famiglie. Invece, l’incidenza con persona di riferimento lavoratore dipendente ‘raggiunge il 9,1%, in aumento rispetto al 2022 (8,3%) quando riguardava oltre 944 mila famiglie'.
In Italia anche chi lavora è povero, mentre i ricchi sono sempre più ricchi.
Nelle prossime settimane le principali banche italiane distribuiranno dividendi per 34 miliardi di euro. Il rendimento dei titoli azionari va dal 6 al 9 per cento, mentre i titoli di Stato garantiscono mediamente il 3,5%.
La diseguale distribuzione della ricchezza prodotta anziché ridurre le differenze tra le classi sociali le incrementa. Dovrebbe essere compito dello Stato correggere le storture del sistema economico e redistribuire le risorse in modo equo, ma così non è.
Il Governo Meloni ha riformato il Reddito di cittadinanza togliendolo a circa 500mila famiglie e, nello stesso tempo, non è stato capace di applicare la tassa sugli extraprofitti delle banche. La Destra di governo si dimostra inflessibile con gli ultimi, ma debole con i poteri forti. Ma questa non è una novità.
Il 28 settembre del 2018 Luigi Di Maio proclamava: 'abbiamo abolito la povertà', ora Giorgia Meloni ce l'ha ridata in tutta la sua interezza.
In gran parte, dicono gli esponenti della Destra, sarebbero dei ‘fannulloni’ che stanno seduti sul divano ad aspettare l’assegno del Rdc. E che 5,7 milioni di individui non sarebbero un problema anzi, come sostiene il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, 'spesso mangiano meglio' dei ricchi.
Fonte istat.it
Mentre a piazza Affari le banche si accingono a distribuire 34 miliardi di euro di dividendi, l’Istat stima che 5,7 milioni di italiani vivono in povertà assoluta
La situazione è peggiorata soprattutto nel nord del Paese, dove ‘le persone povere sono quasi 136mila in più rispetto al 2022’.
L’incidenza a livello individuale è passata dall’’8,5% al 9,0%. Il Mezzogiorno mostra dati in calo (12,1% da 12,7%) anche se sono più elevati rispetto al resto del Paese.
La povertà assoluta tra le famiglie con almeno una persona occupata è stabile (8,2%). Riguarda oltre 1 milione e 100mila famiglie. Invece, l’incidenza con persona di riferimento lavoratore dipendente ‘raggiunge il 9,1%, in aumento rispetto al 2022 (8,3%) quando riguardava oltre 944 mila famiglie'.
In Italia anche chi lavora è povero, mentre i ricchi sono sempre più ricchi.
Nelle prossime settimane le principali banche italiane distribuiranno dividendi per 34 miliardi di euro. Il rendimento dei titoli azionari va dal 6 al 9 per cento, mentre i titoli di Stato garantiscono mediamente il 3,5%.
La diseguale distribuzione della ricchezza prodotta anziché ridurre le differenze tra le classi sociali le incrementa. Dovrebbe essere compito dello Stato correggere le storture del sistema economico e redistribuire le risorse in modo equo, ma così non è.
Il Governo Meloni ha riformato il Reddito di cittadinanza togliendolo a circa 500mila famiglie e, nello stesso tempo, non è stato capace di applicare la tassa sugli extraprofitti delle banche. La Destra di governo si dimostra inflessibile con gli ultimi, ma debole con i poteri forti. Ma questa non è una novità.
Il 28 settembre del 2018 Luigi Di Maio proclamava: 'abbiamo abolito la povertà', ora Giorgia Meloni ce l'ha ridata in tutta la sua interezza.
In gran parte, dicono gli esponenti della Destra, sarebbero dei ‘fannulloni’ che stanno seduti sul divano ad aspettare l’assegno del Rdc. E che 5,7 milioni di individui non sarebbero un problema anzi, come sostiene il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, 'spesso mangiano meglio' dei ricchi.
Fonte istat.it
domenica 17 dicembre 2023
In Italia un residente su dieci è povero
In Europa si trovano ‘in una condizione di rischio povertà e/o di esclusione sociale 95 milioni di persone, il 21,8% della popolazione. In Italia sono 14 milioni 304mila, cioè il 24,4%’

Foto da Oxfam Italia
In Italia un residente su dieci è povero. Il 9,7% della popolazione vive in una condizione di povertà assoluta. 2,1 milioni di famiglie e 5,6 milioni di individui non raggiungono un ‘livello di vita dignitoso’.‘Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto’, a sostenerlo è la Caritas.
In Europa si trovano ‘in una condizione di rischio povertà e/o di esclusione sociale 95 milioni di persone, il 21,8% della popolazione’. In Italia sono 14 milioni 304mila, cioè il 24,4%. I poveri assoluti sono cresciuti di 357mila unità, in tutto sono 5 milioni 674mila persone (9,7%), di questi 1 milione 270mila sono minori (13,4%).
Le famiglie povere sono 2 milioni 187mila, con un aumento dei 165mila nuclei.
Al Sud e nelle isole sono rispettivamente il 13,3 e l’11,3%.
La povertà assoluta si concentra in gran parte nei nuclei familiari di soli stranieri. Pur ‘rappresentando 8,7% della popolazione residente costituiscono il 30% dei poveri assoluti’.
Ad incidere sono soprattutto l’istruzione e la mancanza di un lavoro stabile e ben retribuito.
Tra il 2021 e il 2022 ‘le condizioni delle famiglie la cui persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare, è passata dall’11,9 al 13%’. Invece, dove il capofamiglia ha un titolo di scuola superiore l’incidenza è più contenuta (4,0%). Solo il 47% dei nuclei in povertà assoluta ha il capofamiglia occupato.
Nel 2022 i centri di ascolto della Caritas hanno supportato 255.957 persone, l’11,7% delle famiglie in povertà assoluta, cioè l’1% delle famiglie residenti.
La maggior parte degli ‘utenti’ ha un basso livello d’istruzione (66,5%) e occupazionale. Il 48% vive in una condizione di disoccupazione ed il 22,8% di ‘lavoro povero’.
I problemi denunciati sono soprattutto quelli economici (78,5%), occupazionali (45,7%) e abitativi (23,1%).
Il 45% dei sussidi erogati nel 2022 dalla Caritas riguardano i ‘bisogni energetici’.
Il lavoro non sempre garantisce una vita dignitosa. In genere si tratta di ‘lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati’.
Le ragioni del cosiddetto ‘lavoro povero’ sono, secondo la Caritas, tre: la debolezza contrattuale, la trasformazione del mercato del lavoro (precarietà terziarizzazione, ect..) e comportamenti dei datori di lavoro.
Fonte caritas.it
In Europa si trovano ‘in una condizione di rischio povertà e/o di esclusione sociale 95 milioni di persone, il 21,8% della popolazione. In Italia sono 14 milioni 304mila, cioè il 24,4%’
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Foto da Oxfam Italia |
‘Chi nasce povero molto probabilmente lo rimarrà anche da adulto’, a sostenerlo è la Caritas.
In Europa si trovano ‘in una condizione di rischio povertà e/o di esclusione sociale 95 milioni di persone, il 21,8% della popolazione’. In Italia sono 14 milioni 304mila, cioè il 24,4%. I poveri assoluti sono cresciuti di 357mila unità, in tutto sono 5 milioni 674mila persone (9,7%), di questi 1 milione 270mila sono minori (13,4%).
Le famiglie povere sono 2 milioni 187mila, con un aumento dei 165mila nuclei.
Al Sud e nelle isole sono rispettivamente il 13,3 e l’11,3%.
La povertà assoluta si concentra in gran parte nei nuclei familiari di soli stranieri. Pur ‘rappresentando 8,7% della popolazione residente costituiscono il 30% dei poveri assoluti’.
Ad incidere sono soprattutto l’istruzione e la mancanza di un lavoro stabile e ben retribuito.
Tra il 2021 e il 2022 ‘le condizioni delle famiglie la cui persona di riferimento ha conseguito al massimo la licenza elementare, è passata dall’11,9 al 13%’. Invece, dove il capofamiglia ha un titolo di scuola superiore l’incidenza è più contenuta (4,0%). Solo il 47% dei nuclei in povertà assoluta ha il capofamiglia occupato.
Nel 2022 i centri di ascolto della Caritas hanno supportato 255.957 persone, l’11,7% delle famiglie in povertà assoluta, cioè l’1% delle famiglie residenti.
La maggior parte degli ‘utenti’ ha un basso livello d’istruzione (66,5%) e occupazionale. Il 48% vive in una condizione di disoccupazione ed il 22,8% di ‘lavoro povero’.
I problemi denunciati sono soprattutto quelli economici (78,5%), occupazionali (45,7%) e abitativi (23,1%).
Il 45% dei sussidi erogati nel 2022 dalla Caritas riguardano i ‘bisogni energetici’.
Il lavoro non sempre garantisce una vita dignitosa. In genere si tratta di ‘lavoratori in nero, in grigio, part time forzati, con contratti regolari ma tutti con salari inadeguati’.
Le ragioni del cosiddetto ‘lavoro povero’ sono, secondo la Caritas, tre: la debolezza contrattuale, la trasformazione del mercato del lavoro (precarietà terziarizzazione, ect..) e comportamenti dei datori di lavoro.
Fonte caritas.it
lunedì 4 dicembre 2023
Franca Viola: ‘io non sono proprietà di nessuno’
‘Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose non chi li subisce’, Franca Viola, 2 gennaio 1966

Franca Viola e Filippo Melodia, 1966
Nel 1965 Franca Viola è stata rapita, segregata e violentata dal suo ex fidanzato. Siamo ad Alcamo, in Sicilia.Figlia di una coppia di contadini, Viola rifiuta il matrimonio riparatore e denuncia il suo stupratore. Il 30 maggio 1969 Filippo Melodia fu condannato in via definitiva a 10 anni di carcere e due di soggiorno obbligato.Nel 1968, Viola sposò un compaesano ed amico d’infanzia. La copia ebbe due figli e nel 1971 tornò ad Alcamo.
L’8 marzo del 2014 è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana da Giorgio Napolitano.
La vicenda di Franca Viola è stata dirimente.
Il 25 agosto del 1981 è entrata in vigore la legge 442, che ha abrogato gli artt. 544, 587 e 592 del Codice penale. Sì, perché il reato di stupro non esisteva e gli autori di questo tipo di violenze potevano evitare il carcere con il cosiddetto matrimonio riparatore.
Il cammino verso la parità di genere è ancora lungo, ma un grande passo in avanti è stato fatto grazie al coraggio di una giovane siciliana e della sua famiglia di umili contadini.
A volte i grandi cambiamenti avvengono per la caparbietà di pochi che con le loro azioni scuotono le coscienze di molti ed inducono i potenti ad agire nell’interesse di tutti, donne comprese.
Fonte wikipedia.org
‘Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose non chi li subisce’, Franca Viola, 2 gennaio 1966
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Franca Viola e Filippo Melodia, 1966 |
Nel 1968, Viola sposò un compaesano ed amico d’infanzia. La copia ebbe due figli e nel 1971 tornò ad Alcamo.
L’8 marzo del 2014 è stata insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana da Giorgio Napolitano.
La vicenda di Franca Viola è stata dirimente.
Il 25 agosto del 1981 è entrata in vigore la legge 442, che ha abrogato gli artt. 544, 587 e 592 del Codice penale. Sì, perché il reato di stupro non esisteva e gli autori di questo tipo di violenze potevano evitare il carcere con il cosiddetto matrimonio riparatore.
Il cammino verso la parità di genere è ancora lungo, ma un grande passo in avanti è stato fatto grazie al coraggio di una giovane siciliana e della sua famiglia di umili contadini.
A volte i grandi cambiamenti avvengono per la caparbietà di pochi che con le loro azioni scuotono le coscienze di molti ed inducono i potenti ad agire nell’interesse di tutti, donne comprese.
Fonte wikipedia.org
venerdì 15 settembre 2023
Le morti sul lavoro non sono casuali
Perdere una vita per negligenza o per il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza, o peggio per l'avidità degli imprenditori o per il bisogno di avere comunque un appalto o un subappalto, non è accettabile, mai
di Giovanni Pulvino

Foto da ilfattoquotidiano.it
Quasi tre lavoratori al giorno escono di casa, ma non vi fanno più ritorno. È un bollettino di guerra. Il quattordici settembre un lavoratore è deceduto all’aeroporto ‘Marconi’ di Bologna, un altro è caduto da 10 metri di altezza ad Arzano ed è morto ed un terzo è deceduto nel capoluogo campano. Quest'ultimo è stato investito da uno dei mezzi di raccolta dei rifiuti dell’azienda municipale dove lavorava.
Il tredici settembre tre addetti sono morti per un’esplosione verificatasi a Casalbordino, in provincia di Chieti. L’incidente è avvenuto in una fabbrica che smaltisce e recupera polvere da sparo da bonificare. L’azienda non è nuova a questo genere di disgrazie. Nel 2020 altri tre operai morirono in un altro incidente. Nel 1992 un altro lavoratore perse la vita ucciso dall’innesco di una spoletta. Nel 2009 altre due persone rimasero gravemente ferite in un’esplosione.
No, morire per il lavoro non è casuale.
Il 12 settembre un operaio di 48 anni è morto cadendo dal tetto di un capannone nella provincia di Catanzaro. Inutili sono stati i tentativi di rianimarlo. Nelle stesse ore un altro lavoratore cinquantenne è morto a causa della caduta da un ponteggio in un cantiere a Scala Torregrotta, in provincia di Messina.
L’otto settembre a Lamezia un operaio è stato travolto da un’auto. Aveva 25 anni. L’incidente è avvenuto sulla strada ‘Due mari’, nei pressi dell’aeroporto. Il lavoratore era intervenuto per regolare il traffico dopo un incidente che aveva coinvolto due auto in un punto in cui la carreggiata era ristretta a causa dei lavori.
A Brandizzo, la sera tra il 30 ed il 31 agosto cinque operai della Sigifer sono stati travolti da un treno. La loro ditta stava lavorando sulla rete ferroviarie per un subappalto da 750 euro.
Il ventitré agosto in una carrozzeria di Modena sono rimasti ustionanti due operai, uno è morto.
L’elenco potrebbe continuare. Il numero dei deceduti cresce ogni giorno. Lo sdegno non basta più. Eppure, le leggi ci sono, ma questi eventi tragici continuano a ripetersi, perché?
Perdere una vita per negligenza o per il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza, o peggio per l'avidità degli imprenditori o per il bisogno di avere comunque un appalto o un subappalto, non è accettabile, mai.
Quando la mattina ci alziamo dovremmo ricordarci sempre che la vita è breve e che non si può e non si deve morire di e per il lavoro.
Perdere una vita per negligenza o per il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza, o peggio per l'avidità degli imprenditori o per il bisogno di avere comunque un appalto o un subappalto, non è accettabile, mai
di Giovanni Pulvino
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Foto da ilfattoquotidiano.it |
Il quattordici settembre un lavoratore è deceduto all’aeroporto ‘Marconi’ di Bologna, un altro è caduto da 10 metri di altezza ad Arzano ed è morto ed un terzo è deceduto nel capoluogo campano. Quest'ultimo è stato investito da uno dei mezzi di raccolta dei rifiuti dell’azienda municipale dove lavorava.
Il tredici settembre tre addetti sono morti per un’esplosione verificatasi a Casalbordino, in provincia di Chieti. L’incidente è avvenuto in una fabbrica che smaltisce e recupera polvere da sparo da bonificare. L’azienda non è nuova a questo genere di disgrazie. Nel 2020 altri tre operai morirono in un altro incidente. Nel 1992 un altro lavoratore perse la vita ucciso dall’innesco di una spoletta. Nel 2009 altre due persone rimasero gravemente ferite in un’esplosione.
No, morire per il lavoro non è casuale.
Il 12 settembre un operaio di 48 anni è morto cadendo dal tetto di un capannone nella provincia di Catanzaro. Inutili sono stati i tentativi di rianimarlo. Nelle stesse ore un altro lavoratore cinquantenne è morto a causa della caduta da un ponteggio in un cantiere a Scala Torregrotta, in provincia di Messina.
L’otto settembre a Lamezia un operaio è stato travolto da un’auto. Aveva 25 anni. L’incidente è avvenuto sulla strada ‘Due mari’, nei pressi dell’aeroporto. Il lavoratore era intervenuto per regolare il traffico dopo un incidente che aveva coinvolto due auto in un punto in cui la carreggiata era ristretta a causa dei lavori.
A Brandizzo, la sera tra il 30 ed il 31 agosto cinque operai della Sigifer sono stati travolti da un treno. La loro ditta stava lavorando sulla rete ferroviarie per un subappalto da 750 euro.
Il ventitré agosto in una carrozzeria di Modena sono rimasti ustionanti due operai, uno è morto.
L’elenco potrebbe continuare. Il numero dei deceduti cresce ogni giorno. Lo sdegno non basta più. Eppure, le leggi ci sono, ma questi eventi tragici continuano a ripetersi, perché?
Perdere una vita per negligenza o per il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza, o peggio per l'avidità degli imprenditori o per il bisogno di avere comunque un appalto o un subappalto, non è accettabile, mai.
Quando la mattina ci alziamo dovremmo ricordarci sempre che la vita è breve e che non si può e non si deve morire di e per il lavoro.
mercoledì 24 maggio 2023
La ricchezza è concentrata nelle mani di pochi
I dati pubblicati dal Mef sui redditi del 2021 confermano che la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi

Foto da Bluerating.com
Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Economia e delle Finanze in Italia nel 2021 il reddito imponibile pro-capite è stato di 20.745 euro. In aumento di 949 euro rispetto al 2020. Il Comune più ricco è stato Lajatico (Pi) con un reddito medio di 52.378 euro, seguono Basiglio (Mi) e Bogogno (No).I capoluoghi con i redditi medi più alti sono stati quelli di Milano (33.703), Monza (29.597) e Bergamo (29.090), dove, rispetto al 2020, si sono registrati incrementi rispettivamente di 1.926, 1.332 e 1.848 euro.
La ricchezza è concentrata nelle mani di pochi.
Il 5% degli italiani guadagna più di 55mila euro annui, mentre il 43% meno di 15mila euro, con una diminuzione dell’1% rispetto al 2020.
Niente di nuovo. È così da oltre trent’anni. La precarizzazione del lavoro con la cosiddetta politica dei redditi ha incrementato le diseguaglianze ed accresciuto il numero di lavoratori che vive in condizioni di povertà relativa o assoluta.
I ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri crescono di numero.
Non solo, i nostri giovani spesso fanno fatica a trovare un'occupazione stabile e sono costretti ad emigrare.
Tra il 2012 e il 2021, secondo Eurostat, la differenza tra rimpatri ed espatri di giovani laureati (fascia di età 25-34 anni) è stata pari a -79.162 unità. Inoltre, nel nostro Paese c’è un’alta percentuale di Neet, giovani non attivi in istruzione, lavoro o formazione. Nel 2022 erano il 19%, un dato superiore alla media europea.
Il divario territoriale anziché diminuire cresce.
Il calo demografico e la mancanza di opportunità di lavoro stanno spopolando intere aree del Mezzogiorno, in particolare quelle interne ed i piccoli centri. Il processo di privatizzazione dei servizi pubblici ha ridotto le opportunità di lavoro per i giovani diplomati e laureati che in gran parte sono costretti ad emigrare nelle città del Nord o all’estero.
Tutto in attesa della riforma sull’Autonomia differenziata.
I dati pubblicati dal Mef sui redditi del 2021 confermano che la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi
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Foto da Bluerating.com |
I capoluoghi con i redditi medi più alti sono stati quelli di Milano (33.703), Monza (29.597) e Bergamo (29.090), dove, rispetto al 2020, si sono registrati incrementi rispettivamente di 1.926, 1.332 e 1.848 euro.
La ricchezza è concentrata nelle mani di pochi.
Il 5% degli italiani guadagna più di 55mila euro annui, mentre il 43% meno di 15mila euro, con una diminuzione dell’1% rispetto al 2020.
Niente di nuovo. È così da oltre trent’anni. La precarizzazione del lavoro con la cosiddetta politica dei redditi ha incrementato le diseguaglianze ed accresciuto il numero di lavoratori che vive in condizioni di povertà relativa o assoluta.
I ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri crescono di numero.
Non solo, i nostri giovani spesso fanno fatica a trovare un'occupazione stabile e sono costretti ad emigrare.
Tra il 2012 e il 2021, secondo Eurostat, la differenza tra rimpatri ed espatri di giovani laureati (fascia di età 25-34 anni) è stata pari a -79.162 unità. Inoltre, nel nostro Paese c’è un’alta percentuale di Neet, giovani non attivi in istruzione, lavoro o formazione. Nel 2022 erano il 19%, un dato superiore alla media europea.
Il calo demografico e la mancanza di opportunità di lavoro stanno spopolando intere aree del Mezzogiorno, in particolare quelle interne ed i piccoli centri. Il processo di privatizzazione dei servizi pubblici ha ridotto le opportunità di lavoro per i giovani diplomati e laureati che in gran parte sono costretti ad emigrare nelle città del Nord o all’estero.
Tutto in attesa della riforma sull’Autonomia differenziata.
sabato 25 marzo 2023
I ‘furbetti’ dell’omogenitorialità
I primi ad essere contro la maternità surrogata dovrebbero essere le femministe e le coppie gay. Invece, è diventata una ‘bandiera ideologica’ della Destra, perché?

Foto da Twitter
La maternità surrogata è la sublimazione del sistema capitalistico, dove tutto è merce e dove tutto è oggetto di scambio, basta pagare un prezzo.E non è un caso che essa sia legale per le coppie dello stesso sesso non residenti solo in Canada e negli Stati Uniti d’America. E non deve sorprendere che essa sia ammessa con qualche limitazione anche in Europa. Alcuni Stati come il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Danimarca ed il Portogallo la vietano solo agli stranieri non residenti. Altri come l’Ucraina, la Grecia e la Georgia la consentono a tutte le coppie eterosessuali, ma dietro il pagamento di una somma di denaro che può superare anche i 100mila euro.
Ci sono, purtroppo, donne che pur di avere un reddito sono disposte a tutto, anche a vendere il proprio corpo ed i propri figli, ma non è escluso che esse possano essere costrette a farlo.
Dall’altro lato ci sono coloro che desiderano essere padri o madri a tutti i costi. Potrebbe apparire retorico, ma due uomini o due donne non possono procreare.
Non è un fatto ideologico, è la vita che è così. Non si può avere tutto. Quando si decide o si sente il bisogno di condividere la propria esistenza con un’altra persona lo si fa per amore ed è proprio per questo che bisogna accettarne le conseguenze, anche quelle che non ci piacciono. Questo principio vale anche per le coppie eterosessuali.
Le richieste di trascrizione agli uffici comunali di figli omogenitoriali sono spesso un escamotage per eludere la legge italiana che vieta la maternità surrogata. Negarlo è infantile, oltreché illegale.
Le coppie gay che intraprendono questo percorso sono pochissime e spesso sono benestanti. Nella maggior parte dei casi a fare l’istanza sono coppie eterosessuali.
Chi ritiene che questa ‘pratica’ sia eticamente e socialmente corretta lo dica apertamente e non si nasconda dietro l’interesse dei bambini.
Sì, perché qui parliamo di bambini, i cui diritti sono negati solo per soddisfare il desiderio di paternità o maternità degli adulti.
Quando saranno grandi di certo si chiederanno, ma chi è mia madre? Chi è mio padre? E cosa risponderanno coloro che hanno pagato per avere un utero in affitto? Mentiranno o diranno la verità? E come reagiranno i ‘loro’ figli quando sapranno che sono stati privati dei genitori biologici? No, tutto questo non è giusto.
Adottare un bambino o una bambina che non hanno più i genitori è una cosa, averne uno o una per contratto approfittando del bisogno o dell’avidità di una madre o di un padre è un’altra cosa.
Ci piacerebbe sentire parole chiare dai politici, ma queste, ad oggi, vengono solo da chi a torto o a ragione difende la famiglia tradizionale anche se nel loro quotidiano vivono in tutt’altro modo.
I primi ad essere contro la maternità surrogata dovrebbero essere le femministe e le coppie gay. Invece, è diventata una ‘bandiera ideologica’ della Destra, perché?
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Foto da Twitter |
E non è un caso che essa sia legale per le coppie dello stesso sesso non residenti solo in Canada e negli Stati Uniti d’America. E non deve sorprendere che essa sia ammessa con qualche limitazione anche in Europa. Alcuni Stati come il Regno Unito, i Paesi Bassi, la Danimarca ed il Portogallo la vietano solo agli stranieri non residenti. Altri come l’Ucraina, la Grecia e la Georgia la consentono a tutte le coppie eterosessuali, ma dietro il pagamento di una somma di denaro che può superare anche i 100mila euro.
Ci sono, purtroppo, donne che pur di avere un reddito sono disposte a tutto, anche a vendere il proprio corpo ed i propri figli, ma non è escluso che esse possano essere costrette a farlo.
Dall’altro lato ci sono coloro che desiderano essere padri o madri a tutti i costi. Potrebbe apparire retorico, ma due uomini o due donne non possono procreare.
Non è un fatto ideologico, è la vita che è così. Non si può avere tutto. Quando si decide o si sente il bisogno di condividere la propria esistenza con un’altra persona lo si fa per amore ed è proprio per questo che bisogna accettarne le conseguenze, anche quelle che non ci piacciono. Questo principio vale anche per le coppie eterosessuali.
Le richieste di trascrizione agli uffici comunali di figli omogenitoriali sono spesso un escamotage per eludere la legge italiana che vieta la maternità surrogata. Negarlo è infantile, oltreché illegale.
Le coppie gay che intraprendono questo percorso sono pochissime e spesso sono benestanti. Nella maggior parte dei casi a fare l’istanza sono coppie eterosessuali.
Chi ritiene che questa ‘pratica’ sia eticamente e socialmente corretta lo dica apertamente e non si nasconda dietro l’interesse dei bambini.
Sì, perché qui parliamo di bambini, i cui diritti sono negati solo per soddisfare il desiderio di paternità o maternità degli adulti.
Quando saranno grandi di certo si chiederanno, ma chi è mia madre? Chi è mio padre? E cosa risponderanno coloro che hanno pagato per avere un utero in affitto? Mentiranno o diranno la verità? E come reagiranno i ‘loro’ figli quando sapranno che sono stati privati dei genitori biologici? No, tutto questo non è giusto.
Adottare un bambino o una bambina che non hanno più i genitori è una cosa, averne uno o una per contratto approfittando del bisogno o dell’avidità di una madre o di un padre è un’altra cosa.
Ci piacerebbe sentire parole chiare dai politici, ma queste, ad oggi, vengono solo da chi a torto o a ragione difende la famiglia tradizionale anche se nel loro quotidiano vivono in tutt’altro modo.
venerdì 10 marzo 2023
Nel 2022 le denunce per incidenti sul lavoro sono cresciute del 25,70%
Le denunce per infortunio sul lavoro presentate nel 2022 sono cresciute del 25,70% rispetto all’anno precedente, a certificarlo sono i dati dell’Inail

Mappa dei morti sul lavoro nel 2022
Foto da inps.it
Le denunce per incidenti sul lavoro presentate all’Inail nel 2022 sono state 697.773, cioè oltre 140.000 in più rispetto al 2021. I morti sul lavoro sono stati 1.090, in diminuzione del 10,70%. Le patologie professionali denunciate sono state 60.774, in aumento del 9,90%.L’incremento degli infortuni ha riguardato ‘quasi tutti i settori, in particolare la Sanità e l’assistenza sociale, il Trasporto, le Attività dei servizi di alloggio e la ristorazione’. Le regioni con maggiori denunce sono state la Campania (+68,90%), la Liguria (+49,00%) ed il Lazio (+45,40%). L’aumento ha riguardato sia i lavoratori italiani (+27%) che quelli stranieri (+36,60%).
Mentre si discute se abolire, modificare o mantenere il Reddito di cittadinanza, nei luoghi di lavoro si continua a morire.
Le leggi ci sono ed i corsi di formazione sono obbligatori, ma, nonostante ciò, gli incidenti aumentano anziché diminuire. Perché?
Prima che accada l’irreparabile non ci pensiamo, poi è troppo tardi.
A volte una distrazione o un gesto che appare semplice diventa letale. Ed un padre, una madre, un giovane o una giovane lavoratrice non fa più ritorno a casa ed ai suoi cari. Non è giusto morire per un pezzo di pane. Non è giusto morire per negligenza. Non è giusto morire per il profitto.
Lavoratori e datori di lavoro fermiamoci e riflettiamo su come possiamo risolvere una volta per tutte questa ‘mattanza’.
La vita è breve, per alcuni è brevissima.
Quando usciamo di casa, quando siamo sul posto di lavoro, quando ritorniamo alle nostre abitazioni, basta un attimo, non dimentichiamolo mai.
Fonte inail.it
Le denunce per infortunio sul lavoro presentate nel 2022 sono cresciute del 25,70% rispetto all’anno precedente, a certificarlo sono i dati dell’Inail
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Mappa dei morti sul lavoro nel 2022 Foto da inps.it |
L’incremento degli infortuni ha riguardato ‘quasi tutti i settori, in particolare la Sanità e l’assistenza sociale, il Trasporto, le Attività dei servizi di alloggio e la ristorazione’. Le regioni con maggiori denunce sono state la Campania (+68,90%), la Liguria (+49,00%) ed il Lazio (+45,40%). L’aumento ha riguardato sia i lavoratori italiani (+27%) che quelli stranieri (+36,60%).
Mentre si discute se abolire, modificare o mantenere il Reddito di cittadinanza, nei luoghi di lavoro si continua a morire.
Le leggi ci sono ed i corsi di formazione sono obbligatori, ma, nonostante ciò, gli incidenti aumentano anziché diminuire. Perché?
Prima che accada l’irreparabile non ci pensiamo, poi è troppo tardi.
A volte una distrazione o un gesto che appare semplice diventa letale. Ed un padre, una madre, un giovane o una giovane lavoratrice non fa più ritorno a casa ed ai suoi cari. Non è giusto morire per un pezzo di pane. Non è giusto morire per negligenza. Non è giusto morire per il profitto.
Lavoratori e datori di lavoro fermiamoci e riflettiamo su come possiamo risolvere una volta per tutte questa ‘mattanza’.
La vita è breve, per alcuni è brevissima.
Quando usciamo di casa, quando siamo sul posto di lavoro, quando ritorniamo alle nostre abitazioni, basta un attimo, non dimentichiamolo mai.
Fonte inail.it
venerdì 20 gennaio 2023
‘La disuguaglianza non conosce crisi’
‘Lu saziu nun criri a lu diunu’ dice un proverbio siciliano. Chi vive nel benessere non può capire chi vive in povertà

Foto da oxfamitalia.org
‘Dal 2020 l’1% più ricco si è accaparrato quasi il doppio dell’incremento della ricchezza netta globale rispetto al restante 99% della popolazione mondiale’. A sostenerlo è il nuovo rapporto ‘La disuguaglianza non conosce crisi’ pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum di Davos. Durante la pandemia l’1% più ricco ha visto crescere il proprio patrimonio di 26.000 miliardi di dollari, cioè il 63% dell’incremento globale. Il 37% è invece andato al 99% più povero della popolazione.Le ricchezze di un miliardario ‘sono aumentate di 2,7 miliardi di dollari al giorno nell’ultimo triennio’. Tutto questo nonostante la crisi dei mercati finanziari.
Nel 2022 le ‘95 aziende, big dell’energia e le multinazionali del cibo, hanno raddoppiato i loro profitti’. Nello stesso tempo circa 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi dove l’inflazione è maggiore dell’incremento dei salari.
‘820 milioni di persone , cioè 1 su 10 , soffrono la fame’.
‘Per la prima volta in 25 anni aumentano contemporaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà. Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali’, ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International. Ed ancora: ‘Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone’.
Secondo la Banca Mondiale ‘stiamo assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Interi Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi quattro volte di più per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in sanità’.
‘Lu saziu nun criri a lu diunu’ dice un proverbio siciliano. Chi vive nel benessere non può capire chi vive in povertà.
Non possiamo fare finta di niente, ogni giorno dobbiamo decidere se essere solidali o indifferenti.
E come diceva Don Lorenzo Milani: ‘Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali’.
Fonte oxfamitalia.org
‘Lu saziu nun criri a lu diunu’ dice un proverbio siciliano. Chi vive nel benessere non può capire chi vive in povertà
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Foto da oxfamitalia.org |
Le ricchezze di un miliardario ‘sono aumentate di 2,7 miliardi di dollari al giorno nell’ultimo triennio’. Tutto questo nonostante la crisi dei mercati finanziari.
Nel 2022 le ‘95 aziende, big dell’energia e le multinazionali del cibo, hanno raddoppiato i loro profitti’. Nello stesso tempo circa 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi dove l’inflazione è maggiore dell’incremento dei salari.
‘820 milioni di persone , cioè 1 su 10 , soffrono la fame’.
‘Per la prima volta in 25 anni aumentano contemporaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà. Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali’, ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International. Ed ancora: ‘Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone’.
Secondo la Banca Mondiale ‘stiamo assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Interi Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi quattro volte di più per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in sanità’.
‘Lu saziu nun criri a lu diunu’ dice un proverbio siciliano. Chi vive nel benessere non può capire chi vive in povertà.
Non possiamo fare finta di niente, ogni giorno dobbiamo decidere se essere solidali o indifferenti.
E come diceva Don Lorenzo Milani: ‘Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali’.
Fonte oxfamitalia.org
venerdì 26 agosto 2022
Quasi 15 milioni di italiani sono a rischio povertà
Cresce il rischio di cadere in povertà ed il Rdc non dà dignità a chi vuole non vuole vivere di assistenza

Foto da it.wikipedia.org
Nel 2021 il rischio di cadere in povertà in Italia è passato dal 20% al 20,1%. A sostenerlo sono i dati pubblicati dall'Eurostat. Sono 11,84 milioni le persone che hanno percepito un reddito inferiore al 60% rispetto a quello medio. Se si considera anche il rischio di esclusione sociale, la percentuale sale al 25,2%. Si tratta di 14,83 milioni di individui che ‘non possono permettersi una serie di beni materiali o attività sociali o vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa’. Un bambino su quattro vive in famiglie a rischio povertà, sono 667mila, in aumento rispetto ai 660mila dell’anno prima. Il tasso è al 26,7% rispetto al 23,8% del 2020, ma sale al 31,6% rispetto al 27% dell’anno precedente se consideriamo anche le famiglie a rischio di esclusione sociale.È il dato peggiore dal 1995.
Questa situazione dovrebbe indurre i partiti a mettere al centro del dibattito elettorale la questione sociale, invece non è così, perché? Quasi tutte le forze politiche hanno annunciato di voler modificare o addirittura cancellare il Reddito di cittadinanza. I leader della Destra hanno proposto di utilizzare quelle risorse per finanziare la flat tax o tassa piatta. Può sembrare paradossale, ma nella sostanza s’intende togliere ai poveri per dare ai benestanti.
Tra i percettori dell’indennità voluta dal M5s ci sono soggetti che non sono in grado di lavorare o che hanno un lavoro saltuario, ma ci sono anche coloro che potrebbero lavorare ma si ‘accontentano’ dell’indennità che percepiscono.
L’errore principale è stato quello di aver messo insieme povertà e politiche attive sul lavoro. Molte mansioni oltre ad essere precarie e saltuarie sono mal retribuite. Questo non incentiva i giovani. Lavorare per rimanere poveri scoraggia anche i più volenterosi. In secondo luogo, le maggiori opportunità occupazionali sono soprattutto nel nord del Paese o all’estero. Per i migranti meridionali non c’è solo il trauma dell’abbandono di amici e parenti, ma, spesso, si va a svolgere una mansione che è precaria o a tempo determinato e con il rischio concreto di cadere in povertà.
Il Rdc è necessario, ma non risolve i problemi sociali e soprattutto non dà dignità a chi vuole non vuole vivere di assistenza.
Fonte Eurostat
Cresce il rischio di cadere in povertà ed il Rdc non dà dignità a chi vuole non vuole vivere di assistenza
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Foto da it.wikipedia.org |
È il dato peggiore dal 1995.
Questa situazione dovrebbe indurre i partiti a mettere al centro del dibattito elettorale la questione sociale, invece non è così, perché? Quasi tutte le forze politiche hanno annunciato di voler modificare o addirittura cancellare il Reddito di cittadinanza. I leader della Destra hanno proposto di utilizzare quelle risorse per finanziare la flat tax o tassa piatta. Può sembrare paradossale, ma nella sostanza s’intende togliere ai poveri per dare ai benestanti.
Tra i percettori dell’indennità voluta dal M5s ci sono soggetti che non sono in grado di lavorare o che hanno un lavoro saltuario, ma ci sono anche coloro che potrebbero lavorare ma si ‘accontentano’ dell’indennità che percepiscono.
L’errore principale è stato quello di aver messo insieme povertà e politiche attive sul lavoro. Molte mansioni oltre ad essere precarie e saltuarie sono mal retribuite. Questo non incentiva i giovani. Lavorare per rimanere poveri scoraggia anche i più volenterosi. In secondo luogo, le maggiori opportunità occupazionali sono soprattutto nel nord del Paese o all’estero. Per i migranti meridionali non c’è solo il trauma dell’abbandono di amici e parenti, ma, spesso, si va a svolgere una mansione che è precaria o a tempo determinato e con il rischio concreto di cadere in povertà.
Il Rdc è necessario, ma non risolve i problemi sociali e soprattutto non dà dignità a chi vuole non vuole vivere di assistenza.
Fonte Eurostat
sabato 23 luglio 2022
Istat, crescono le disuguaglianze retributive e sociali
La povertà assoluta ‘è progressivamente aumentata’, nel 2021 coinvolgeva ‘oltre cinque milioni e mezzo di persone’, a sostenerlo è il Rapporto Annuale 2022 pubblicato dall’Istat

Foto di @inrivalfiume - (Twitter)
Secondo il Rapporto Annuale 2022 dell’Istat quattro milioni di lavoratori del settore privato percepiscono una retribuzione lorda annua inferiore a 12 mila euro. Si tratta soprattutto di giovani, di donne, di stranieri con basso reddito e residenti, nella maggior parte dei casi, nel Mezzogiorno. Questa situazione è la diretta conseguenza dell’introduzione negli ultimi tre decenni dei nuovi contratti a termine o part-time, cioè rapporti di lavoro brevi (anche di un giorno) e con basse retribuzioni orarie o annuali. ‘Il lavoro somministrato (390mila unità) e intermittente (214 mila unità) tra il 2012 ed il 2021 è più che raddoppiato’. Questi dipendenti sono 'occupati' mediamente per undici giornate al mese.La povertà assoluta, sottolinea l’Istat, ‘è progressivamente aumentata’. Nel 2021 coinvolgeva ‘oltre cinque milioni e mezzo di persone’. È diminuita tra gli anziani soli, ma è cresciuta ‘fortemente’ tra le coppie con figli o con monogenitori. A livello territoriale sono in queste condizioni ‘un italiano su venti nel Centro-nord, mentre è più di uno su dieci nel Mezzogiorno’.
Il Reddito di cittadinanza ha migliorato le condizioni di vita di ‘un milione di individui’. Tuttavia, la situazione continua a peggiorare e l’attuale congiuntura economica e l’inflazione rischiano di aumentare le disuguaglianze.
Il ricorso, durante la pandemia, alla Didattica a distanza ha penalizzato le scuole e gli studenti, ‘generando ulteriori differenze tra territori e ordini scolastici’. In particolare, nel Meridione.
‘Solo il 60% delle scuole secondarie disponeva di strumenti tecnologici adeguati per la condivisione del materiale didattico'. Problematiche dovute soprattutto alla lentezza della connessione internet. Due studenti su dieci hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni, ‘in 700 mila hanno partecipato solo saltuariamente e 156 mila non hanno ricevuto formazione’. Quasi 7 mila ragazzi con disabilità sono stati esclusi oltre che per la gravità della loro patologia, anche e soprattutto per il disagio economico delle famiglie e per la mancanza di dispositivi tecnologici adeguati. Queste criticità sono state rilevate soprattutto ‘nel Mezzogiorno, tra gli stranieri e in contesti socioeconomici particolarmente difficili’. Nondimeno, nella seconda parte del 2021 l’impegno delle scuole ha consentito di ‘dotare di dispositivi informatici gli studenti che ne erano privi’ e solo l’1% non è risuscito ad accedere regolarmente alle lezioni online.
Fonte istat.it
La povertà assoluta ‘è progressivamente aumentata’, nel 2021 coinvolgeva ‘oltre cinque milioni e mezzo di persone’, a sostenerlo è il Rapporto Annuale 2022 pubblicato dall’Istat
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Foto di @inrivalfiume - (Twitter) |
La povertà assoluta, sottolinea l’Istat, ‘è progressivamente aumentata’. Nel 2021 coinvolgeva ‘oltre cinque milioni e mezzo di persone’. È diminuita tra gli anziani soli, ma è cresciuta ‘fortemente’ tra le coppie con figli o con monogenitori. A livello territoriale sono in queste condizioni ‘un italiano su venti nel Centro-nord, mentre è più di uno su dieci nel Mezzogiorno’.
Il Reddito di cittadinanza ha migliorato le condizioni di vita di ‘un milione di individui’. Tuttavia, la situazione continua a peggiorare e l’attuale congiuntura economica e l’inflazione rischiano di aumentare le disuguaglianze.
Il ricorso, durante la pandemia, alla Didattica a distanza ha penalizzato le scuole e gli studenti, ‘generando ulteriori differenze tra territori e ordini scolastici’. In particolare, nel Meridione.
‘Solo il 60% delle scuole secondarie disponeva di strumenti tecnologici adeguati per la condivisione del materiale didattico'. Problematiche dovute soprattutto alla lentezza della connessione internet. Due studenti su dieci hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni, ‘in 700 mila hanno partecipato solo saltuariamente e 156 mila non hanno ricevuto formazione’. Quasi 7 mila ragazzi con disabilità sono stati esclusi oltre che per la gravità della loro patologia, anche e soprattutto per il disagio economico delle famiglie e per la mancanza di dispositivi tecnologici adeguati. Queste criticità sono state rilevate soprattutto ‘nel Mezzogiorno, tra gli stranieri e in contesti socioeconomici particolarmente difficili’. Nondimeno, nella seconda parte del 2021 l’impegno delle scuole ha consentito di ‘dotare di dispositivi informatici gli studenti che ne erano privi’ e solo l’1% non è risuscito ad accedere regolarmente alle lezioni online.
Fonte istat.it
sabato 9 luglio 2022
Ius scholae, sarà la volta buona?
Ius scholae è la nuova proposta di riforma per acquisire la cittadinanza italiana, ecco cos’è e cosa prevede

Foto da savethechildren.it
Dopo la bocciatura dello Ius soli e dello Ius culture si torna a discutere di riforma della cittadinanza. Il 9 marzo scorso la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato parere favorevole al testo presentato da Giuseppe Brescia, deputato del M5S. La discussione alla Camera è iniziata il 30 giugno scorso. La proposta ha il sostegno del Pd, dei M5s di Italia Viva e di Forza Italia.
Con lo Ius soli chiunque fosse nato in Italia avrebbe acquisito automaticamente la cittadinanza. Invece, lo Ius scholae prevede: ‘l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario aver concluso positivamente il corso medesimo’.
Ovviamente la cittadinanza deve essere richiesta. Pertanto, è necessaria una dichiarazione di volontà che deve essere resa allo Stato civile del Comune di residenza entro il compimento del diciottesimo anno di età dell’interessato da un genitore legalmente residente in Italia o da chi ne ha la responsabilità genitoriale. Il minorenne potrà farlo entro due anni dal compimento della maggiore età.
Secondo la Rete per la Riforma della Cittadinanza ‘sono oltre un milione le persone in attesa di cittadinanza nel nostro Paese, in larga maggioranza giovani’. Gli alunni ‘stranieri’ che nell’anno scolastico 2019/2020 hanno frequentato le nostre aule sono stati 877mila (il 10,3% del totale), 20mila in più rispetto all’anno precedente. Il 65,4% sono nati nel nostro Paese.
Con le leggi attuali questi ragazzi potranno acquisire la cittadinanza italiana solo al compimento del diciottesimo anno di età. Fino ad allora, pur essendo nati in Italia sono considerati ‘stranieri’. Sono giovani e giovanissimi che parlano i nostri dialetti, vestono come i nostri ragazzi, siedono sugli stessi banchi, studiano sugli stessi libri, evidenziano pregi e difetti tipici degli italiani, eppure per la legge non lo sono.
Chissà se qualcuno di questi ‘invisibili’ sa che con la cittadinanza acquisirà anche un debito pro-capite di oltre 46mila euro. Ma forse, come tanti italiani ‘veri’, non ne sono a conoscenza.
Fonte savethechildren.it
Ius scholae è la nuova proposta di riforma per acquisire la cittadinanza italiana, ecco cos’è e cosa prevede
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Foto da savethechildren.it |
Dopo la bocciatura dello Ius soli e dello Ius culture si torna a discutere di riforma della cittadinanza. Il 9 marzo scorso la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato parere favorevole al testo presentato da Giuseppe Brescia, deputato del M5S. La discussione alla Camera è iniziata il 30 giugno scorso. La proposta ha il sostegno del Pd, dei M5s di Italia Viva e di Forza Italia.
Con lo Ius soli chiunque fosse nato in Italia avrebbe acquisito automaticamente la cittadinanza. Invece, lo Ius scholae prevede: ‘l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte del minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età e che risieda legalmente in Italia, qualora abbia frequentato regolarmente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale, uno o più cicli scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario aver concluso positivamente il corso medesimo’.
Ovviamente la cittadinanza deve essere richiesta. Pertanto, è necessaria una dichiarazione di volontà che deve essere resa allo Stato civile del Comune di residenza entro il compimento del diciottesimo anno di età dell’interessato da un genitore legalmente residente in Italia o da chi ne ha la responsabilità genitoriale. Il minorenne potrà farlo entro due anni dal compimento della maggiore età.
Secondo la Rete per la Riforma della Cittadinanza ‘sono oltre un milione le persone in attesa di cittadinanza nel nostro Paese, in larga maggioranza giovani’. Gli alunni ‘stranieri’ che nell’anno scolastico 2019/2020 hanno frequentato le nostre aule sono stati 877mila (il 10,3% del totale), 20mila in più rispetto all’anno precedente. Il 65,4% sono nati nel nostro Paese.
Con le leggi attuali questi ragazzi potranno acquisire la cittadinanza italiana solo al compimento del diciottesimo anno di età. Fino ad allora, pur essendo nati in Italia sono considerati ‘stranieri’. Sono giovani e giovanissimi che parlano i nostri dialetti, vestono come i nostri ragazzi, siedono sugli stessi banchi, studiano sugli stessi libri, evidenziano pregi e difetti tipici degli italiani, eppure per la legge non lo sono.
Chissà se qualcuno di questi ‘invisibili’ sa che con la cittadinanza acquisirà anche un debito pro-capite di oltre 46mila euro. Ma forse, come tanti italiani ‘veri’, non ne sono a conoscenza.
Fonte savethechildren.it
mercoledì 27 aprile 2022
Corte costituzionale: illegittimo attribuire 'automaticamente' il cognome del padre ai figli
Sono illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli. A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale

Palazzo della Consulta - (foto da wikipedia.org)
Sono illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli. A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale.
Le norme censurate violano gli articoli 2, 3 e 117 comma 1 della Costituzione, quest’ultimo è in relazione con gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In pratica la Consulta ha dichiarato illegittima la norma che non consente ai genitori, quando sono di comune accordo, di attribuire al figlio/a il cognome della madre e quelle che in mancanza di un accordo impone il cognome del padre anziché quello di entrambi i genitori.
Quindi è giuridicamente non valida ogni norma che preveda l’attribuzione automatica del cognome del padre. La sentenza riguarda i figli nati nel e fuori dal matrimonio, nonché quelli adottivi.
Per la Corte i genitori devono poter condividere il cognome del figlio/a. In linea di principio esso dovrà assumere il cognome di entrambi. Ovviamente nell’ordine che essi avranno concordato. In alternativa e di comune accordo i genitori possono attribuire il cognome di uno dei due.
In caso di controversia sarà il giudice, in conformità all’ordinamento giuridico, a stabilire l’ordine da attribuire al cognome del figlio/a.
Ora, in attesa del deposito della sentenza, spetterà al legislatore regolare con apposita normativa la decisione presa dalla Corte costituzionale.
Fonte cortecostituzionale.it
Sono illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli. A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale
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Palazzo della Consulta - (foto da wikipedia.org) |
Sono illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli. A stabilirlo è una sentenza della Corte costituzionale.
Le norme censurate violano gli articoli 2, 3 e 117 comma 1 della Costituzione, quest’ultimo è in relazione con gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In pratica la Consulta ha dichiarato illegittima la norma che non consente ai genitori, quando sono di comune accordo, di attribuire al figlio/a il cognome della madre e quelle che in mancanza di un accordo impone il cognome del padre anziché quello di entrambi i genitori.
Quindi è giuridicamente non valida ogni norma che preveda l’attribuzione automatica del cognome del padre. La sentenza riguarda i figli nati nel e fuori dal matrimonio, nonché quelli adottivi.
Per la Corte i genitori devono poter condividere il cognome del figlio/a. In linea di principio esso dovrà assumere il cognome di entrambi. Ovviamente nell’ordine che essi avranno concordato. In alternativa e di comune accordo i genitori possono attribuire il cognome di uno dei due.
In caso di controversia sarà il giudice, in conformità all’ordinamento giuridico, a stabilire l’ordine da attribuire al cognome del figlio/a.
Ora, in attesa del deposito della sentenza, spetterà al legislatore regolare con apposita normativa la decisione presa dalla Corte costituzionale.
Fonte cortecostituzionale.it
sabato 16 aprile 2022
Povertà e disuguaglianza non sono casuali
Povertà e disuguaglianza non sono inevitabili. Sono il risultato di precise scelte politiche

Foto da unicef.it
La crescita economica degli ultimi decenni non ha ridotto le differenze tra i paesi ricchi e quelli poveri e tra le classi sociali. I dati di Oxfam Italia sono inequivocabili. 2,37 miliardi di individui soffrono la fame, 297 mila bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno per acqua contaminata, una persona su tre non ha accesso a farmaci essenziali, 120 milioni di bambine e bambini non possono andare a scuola.Entro il 2030 sessantanove milioni di bambini con meno di 5 anni rischieranno di morire, a denunciarlo è l’Unicef. I più poveri hanno il doppio delle possibilità di perdere la vita rispetto a quelli più ricchi e 750 milioni di donne si sposeranno da bambine. Un neonato in Sierra Leone ha una probabilità di morire 30 volte superiore a quella di uno nato nel Regno Unito. Nell’Africa Sub Sahariana due bambini su tre vivono in condizioni di povertà estrema.
Siamo nel 2022 e le disuguaglianze anziché diminuire crescono. Cosa stiamo sbagliando? Dove abbiamo sbagliato?
'Investire sui più svantaggiati può dare benefici nell'immediato e nel lungo periodo'. Tutti dovrebbero poter accedere ‘all’acqua, al cibo, all’istruzione, all’assistenza sanitaria’.
Eppure, non è così. Il sistema economico capitalista ha fallito. Il principio secondo cui le economie ricche avrebbero dovuto trainare quelle povere per ‘emulazione’ si è dimostrato inadeguato. Le distanze tra ricchi e poveri aumentano. Il sistema crea privilegi ed ingiustizie. Non concede a tutti le stesse opportunità.
Nondimeno, una distribuzione equa delle risorse, l’eliminazione dello sfruttamento minorile e non solo, la riduzione dell’orario di lavoro e del precariato e non ultima la lotta ai cambiamenti climatici che stanno provocando desertificazione ambientale e povertà, sono possibili. Se si vuole si può. Ma si vuole?
La diseguaglianza non è permanente o insormontabile, basta volerlo ed agire.
Fonte oxfamitalia.org e unicef.it
Povertà e disuguaglianza non sono inevitabili. Sono il risultato di precise scelte politiche
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Foto da unicef.it |
Entro il 2030 sessantanove milioni di bambini con meno di 5 anni rischieranno di morire, a denunciarlo è l’Unicef. I più poveri hanno il doppio delle possibilità di perdere la vita rispetto a quelli più ricchi e 750 milioni di donne si sposeranno da bambine. Un neonato in Sierra Leone ha una probabilità di morire 30 volte superiore a quella di uno nato nel Regno Unito. Nell’Africa Sub Sahariana due bambini su tre vivono in condizioni di povertà estrema.
Siamo nel 2022 e le disuguaglianze anziché diminuire crescono. Cosa stiamo sbagliando? Dove abbiamo sbagliato?
'Investire sui più svantaggiati può dare benefici nell'immediato e nel lungo periodo'. Tutti dovrebbero poter accedere ‘all’acqua, al cibo, all’istruzione, all’assistenza sanitaria’.
Eppure, non è così. Il sistema economico capitalista ha fallito. Il principio secondo cui le economie ricche avrebbero dovuto trainare quelle povere per ‘emulazione’ si è dimostrato inadeguato. Le distanze tra ricchi e poveri aumentano. Il sistema crea privilegi ed ingiustizie. Non concede a tutti le stesse opportunità.
Nondimeno, una distribuzione equa delle risorse, l’eliminazione dello sfruttamento minorile e non solo, la riduzione dell’orario di lavoro e del precariato e non ultima la lotta ai cambiamenti climatici che stanno provocando desertificazione ambientale e povertà, sono possibili. Se si vuole si può. Ma si vuole?
La diseguaglianza non è permanente o insormontabile, basta volerlo ed agire.
Fonte oxfamitalia.org e unicef.it
sabato 19 febbraio 2022
‘DISUGUITALIA’
‘La disuguaglianza è risultato di precise scelte politiche’ ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International

Foto da oxfamitalia.org
La pandemia dovuta al Covid-19 ha peggiorato le condizioni economiche delle famiglie italiane e ‘rischia di ampliare a breve e medio termine i divari economici e sociali preesistenti’. A sostenerlo è Oxfam nel nuovo rapporto ‘La pandemia delle disuguaglianze’ pubblicato pochi giorni fa.‘Il 5% più ricco degli italiani - si legge nel report - deteneva a fine 2020 una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero’.
Tra marzo 2020 e novembre 2021 ‘il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre.’ Ed ancora. ‘I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte)’.
Sergio Mattarella in occasione del suo secondo giuramento come presidente della Repubblica ha dichiarato: ‘Il persistere di diseguaglianze che abbracciano la sfera politica, economica e sociale contraddice il principio di equità e genera intollerabili discriminazioni. La crisi pandemica, inoltre, ha ulteriormente ampliato i divari esistenti, esacerbando la condizione di coloro che si trovano in situazioni di maggiore vulnerabilità’.
Fonte oxfamitalia.org
‘La disuguaglianza è risultato di precise scelte politiche’ ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International
Foto da oxfamitalia.org |
‘Il 5% più ricco degli italiani - si legge nel report - deteneva a fine 2020 una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero’.
Tra marzo 2020 e novembre 2021 ‘il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre.’ Ed ancora. ‘I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte)’.
Sergio Mattarella in occasione del suo secondo giuramento come presidente della Repubblica ha dichiarato: ‘Il persistere di diseguaglianze che abbracciano la sfera politica, economica e sociale contraddice il principio di equità e genera intollerabili discriminazioni. La crisi pandemica, inoltre, ha ulteriormente ampliato i divari esistenti, esacerbando la condizione di coloro che si trovano in situazioni di maggiore vulnerabilità’.
Fonte oxfamitalia.org
mercoledì 19 gennaio 2022
‘La pandemia della disuguaglianza’
‘La disuguaglianza non è una fatalità, ma il risultato di precise scelte politiche’ ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International

Agenda 2030, obiettivo 10: ridurre le disuguaglianze
(foto da wikipedia.it)
‘La pandemia della disuguaglianza’ è il titolo del nuovo rapporto pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del World Economic Forum che si tiene a Davos in forma virtuale.Secondo l’organizzazione non profit dall'inizio 2020 alla fine del 2021 i 10 uomini più ricchi al mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni. La loro ricchezza è aumentata di ‘15.000 dollari al secondo, di 1,3 miliardi al giorno’. E' passata da 700 a 1.500 miliardi. Essi ‘detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione, cioè 3,1 miliardi di persone’
Il solo Jeff Bezos (Amazon) ha guadagnato 81,5 miliardi di dollari, somma sufficiente per vaccinare tre volte l’intera popolazione mondiale con due dosi e booster.
Nello stesso tempo ‘163 milioni di persone sono cadute in povertà a causa della pandemia’.
Secondo Oxfam ‘ogni 4 secondi 1 persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere. Fenomeni connotati da elevati livelli di disuguaglianza’.
Mentre le grandi aziende farmaceutiche (Pfizer, BioNTech e Moderna) hanno realizzato utili per 1.000 dollari al secondo meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi più poveri e solo il 4,81% della loro popolazione è stata vaccinata.
‘Le banche centrali hanno pompato miliardi di dollari nei mercati finanziari per salvare l’economia, ma gran parte di queste risorse sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario’ ha detto Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International.
Fonte oxfamitalia.org
‘La disuguaglianza non è una fatalità, ma il risultato di precise scelte politiche’ ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International
Agenda 2030, obiettivo 10: ridurre le disuguaglianze (foto da wikipedia.it) |
Secondo l’organizzazione non profit dall'inizio 2020 alla fine del 2021 i 10 uomini più ricchi al mondo hanno raddoppiato i loro patrimoni. La loro ricchezza è aumentata di ‘15.000 dollari al secondo, di 1,3 miliardi al giorno’. E' passata da 700 a 1.500 miliardi. Essi ‘detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione, cioè 3,1 miliardi di persone’
Il solo Jeff Bezos (Amazon) ha guadagnato 81,5 miliardi di dollari, somma sufficiente per vaccinare tre volte l’intera popolazione mondiale con due dosi e booster.
Nello stesso tempo ‘163 milioni di persone sono cadute in povertà a causa della pandemia’.
Secondo Oxfam ‘ogni 4 secondi 1 persona muore per mancanza di accesso alle cure, per gli impatti della crisi climatica, per fame, per violenza di genere. Fenomeni connotati da elevati livelli di disuguaglianza’.
Mentre le grandi aziende farmaceutiche (Pfizer, BioNTech e Moderna) hanno realizzato utili per 1.000 dollari al secondo meno dell’1% dei loro vaccini ha raggiunto le persone nei Paesi più poveri e solo il 4,81% della loro popolazione è stata vaccinata.
‘Le banche centrali hanno pompato miliardi di dollari nei mercati finanziari per salvare l’economia, ma gran parte di queste risorse sono finite nelle tasche dei miliardari che cavalcano il boom del mercato azionario’ ha detto Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International.
Fonte oxfamitalia.org
sabato 23 ottobre 2021
In Italia anche chi lavora è povero
Negli ultimi trent’anni i salari sono aumentati in tutti i paesi europei, ma non in Italia, a certificarlo sono i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico

L'incremento dei salari medi in Europa negli ultimi trent'anni
Foto da openpolis.it
Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro la pandemia ha causato una riduzione della ‘massa salariale’ del 6,5%. Il taglio delle ore lavorative è stato compensato in parte con le misure di salvaguardia prese a livello nazionale dai singoli governi.
Nel nostro Paese il calo dei salari non é stato determinato solo al Coronavirus.
Nel 2020 le retribuzioni medie più alte sono state rilevate nei paesi dell’Europa nord-occidentale, mentre quelle più basse in quelli dell’Europa centrale e meridionale. Secondo i dati Ocse in Estonia, Lettonia e Lituania (+276,3%) i salari sono triplicati. In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia sono raddoppiati. Aumenti modesti, invece, sono stati rilevati in Spagna, Portogallo e Grecia.
Nello stesso periodo in Francia ed in Germania i salari medi sono cresciuti di oltre il 30%, negli Stati Uniti quasi del 50%. In Italia invece, rispetto al 1990, sono diminuiti del 2,9%. Allora eravamo al settimo posto nella classifica per livello di salari, oggi il nostro Paese è tredicesimo.
Eppure, il Pil medio italiano delle persone occupate negli ultimi trent’anni è cresciuto. È passato da 83 mila a circa 85 mila dollari. Allora perché i salari medi sono diminuiti?
Le spiegazioni sono diverse. Le delocalizzazioni iniziate alla fine del secolo scorso hanno diminuito le opportunità occupazionali. Un incremento dell’offerta di lavoro rispetto alla domanda determina un calo dei salari, almeno per quelli più bassi. La necessità di contenere i deficit del bilancio statale ha ridotto gli investimenti pubblici, questo ha causato una riduzione delle opportunità di lavoro qualificate e ben retribuite. Le riforme del sistema pensionistico e quelle del mercato del lavoro hanno fatto il resto. In particolare, quelle introdotte all’inizio del secolo hanno aumentato i tipi di contratto di lavoro a termine dove le retribuzioni sono più basse e le tutele spesso inesistenti.
La ricchezza prodotta negli ultimi tre decenni è stata distribuita in modo diseguale, almeno in Italia. Nel nostro Paese anche chi lavora è povero. L'incremento dei profitti delle imprese non ha determinato un aumento dell'occupazione, ma solo precarietà e disuguaglianze.
È una visione miope, ma questo è.
E non è un caso che la tendenza sia cominciata all’inizio degli anni Novanta, da quando, cioè, la 'Sinistra' non fa più la ‘Sinistra’ e quando questo succede a pagare sono sempre i lavoratori e gli ultimi.
Fonte Ocse
Negli ultimi trent’anni i salari sono aumentati in tutti i paesi europei, ma non in Italia, a certificarlo sono i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
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L'incremento dei salari medi in Europa negli ultimi trent'anni Foto da openpolis.it |
Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro la pandemia ha causato una riduzione della ‘massa salariale’ del 6,5%. Il taglio delle ore lavorative è stato compensato in parte con le misure di salvaguardia prese a livello nazionale dai singoli governi.
Nel nostro Paese il calo dei salari non é stato determinato solo al Coronavirus.
Nel 2020 le retribuzioni medie più alte sono state rilevate nei paesi dell’Europa nord-occidentale, mentre quelle più basse in quelli dell’Europa centrale e meridionale. Secondo i dati Ocse in Estonia, Lettonia e Lituania (+276,3%) i salari sono triplicati. In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia sono raddoppiati. Aumenti modesti, invece, sono stati rilevati in Spagna, Portogallo e Grecia.
Nello stesso periodo in Francia ed in Germania i salari medi sono cresciuti di oltre il 30%, negli Stati Uniti quasi del 50%. In Italia invece, rispetto al 1990, sono diminuiti del 2,9%. Allora eravamo al settimo posto nella classifica per livello di salari, oggi il nostro Paese è tredicesimo.
Eppure, il Pil medio italiano delle persone occupate negli ultimi trent’anni è cresciuto. È passato da 83 mila a circa 85 mila dollari. Allora perché i salari medi sono diminuiti?
Le spiegazioni sono diverse. Le delocalizzazioni iniziate alla fine del secolo scorso hanno diminuito le opportunità occupazionali. Un incremento dell’offerta di lavoro rispetto alla domanda determina un calo dei salari, almeno per quelli più bassi. La necessità di contenere i deficit del bilancio statale ha ridotto gli investimenti pubblici, questo ha causato una riduzione delle opportunità di lavoro qualificate e ben retribuite. Le riforme del sistema pensionistico e quelle del mercato del lavoro hanno fatto il resto. In particolare, quelle introdotte all’inizio del secolo hanno aumentato i tipi di contratto di lavoro a termine dove le retribuzioni sono più basse e le tutele spesso inesistenti.
La ricchezza prodotta negli ultimi tre decenni è stata distribuita in modo diseguale, almeno in Italia. Nel nostro Paese anche chi lavora è povero. L'incremento dei profitti delle imprese non ha determinato un aumento dell'occupazione, ma solo precarietà e disuguaglianze.
È una visione miope, ma questo è.
E non è un caso che la tendenza sia cominciata all’inizio degli anni Novanta, da quando, cioè, la 'Sinistra' non fa più la ‘Sinistra’ e quando questo succede a pagare sono sempre i lavoratori e gli ultimi.
Fonte Ocse
sabato 2 ottobre 2021
In Prefettura ‘mi chiamavano San Lucano’
‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’. Sofocle (497 a.C. – 406 a.C.)

Foto da Twitter, @Lucrezi97533276
‘Quando parlano di associazione a delinquere dovevano mettere insieme a me anche il ministero degli Interni e la Prefettura di Reggio Calabria perché allora mi chiamavano <San Lucano> in Prefettura perché gli risolvevo i problemi degli sbarchi. Perché a Riace c'era un'organizzazione dell'accoglienza, c'erano le associazioni, le coop e alla fine lo Stato mi ripaga dicendo che ho fatto l'associazione. Allora se ho fatto l'associazione anche loro sono partecipi perché mi chiedevano numeri altissimi per un piccolo borgo ai quali dicevo sì per la mia missione. E lo Stato come mi ripaga? Dandomi 13 anni e 2 mesi’. A dirlo a lastampa.it è Domenico Lucano.Il 24 marzo scorso Luca Traini che girava armato con l’intenzione di uccidere i migranti che avrebbe incontrato per strada è stato condannato per strage a 12 anni di reclusione. Per la giustizia italiana è più grave accogliere chi ha bisogno commettendo qualche illecito amministrativo, sempreché ci sia stato veramente, che il tentativo ripetuto di omicidio per odio razziale. Qualunque sia la motivazione della sentenza una cosa è certa: la Giustizia in Italia non funziona.
Mimmo Lucano è colpevole di aver usato illecitamente gli asini per la raccolta differenziata? Per aver favorito il matrimonio delle giovani donne immigrate con i vecchi del paesino calabro al solo scopo di evitarne l’espulsione? Tutti gli atti dell'ex sindaco di Riace erano diretti a salvare vite umane e a ridare dignità alla piccola comunità in continuo spopolamento. Dov’è il reato?
Un esempio di accoglienza per l’Europa, si diceva e si ripeteva. Invece per il Tribunale di Locri quello che è avvenuto nel piccolo paesino della provincia di Reggio Calabria è un crimine. Adoperarsi per salvare e dare dignità a chi fugge dal proprio paese con la speranza di una vita migliore è un illecito penale oltreché amministrativo.
'Trattare' con la Mafia non è illegale, mentre salvare vite è associazione a delinquere, ma che paese è il nostro? I successivi gradi di giudizio probabilmente cambieranno tutto, non sarebbe la prima volta che accade, ma intanto resta questa incredibile sentenza.
Non sappiamo se Mimmo Lucano ha commesso degli illeciti amministrativi e penali, di certo se lo ha fatto non è stato per arricchirsi o per un tornaconto personale. La sua unica ‘colpa’ è stata quella di essere stato utile al prossimo, nient’altro.
Resta il fatto che la solidarietà degli amministratori e degli abitanti di questa piccola comunità meridionale è stata ritenuta un reato. Se è così, e siamo certi che è così, allora siamo in tanti ad aver commesso questo crimine. E siamo pronti a commetterlo ancora e poi ancora ed ancora, perché, lo sappiano tutti i procuratori ed i magistrati di questo Paese, non potremo cambiare mai la nostra predisposizione naturale alla solidarietà e all’amore per il prossimo.
Fonte lastampa.it
‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’. Sofocle (497 a.C. – 406 a.C.)
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Foto da Twitter, @Lucrezi97533276 |
Il 24 marzo scorso Luca Traini che girava armato con l’intenzione di uccidere i migranti che avrebbe incontrato per strada è stato condannato per strage a 12 anni di reclusione. Per la giustizia italiana è più grave accogliere chi ha bisogno commettendo qualche illecito amministrativo, sempreché ci sia stato veramente, che il tentativo ripetuto di omicidio per odio razziale. Qualunque sia la motivazione della sentenza una cosa è certa: la Giustizia in Italia non funziona.
Mimmo Lucano è colpevole di aver usato illecitamente gli asini per la raccolta differenziata? Per aver favorito il matrimonio delle giovani donne immigrate con i vecchi del paesino calabro al solo scopo di evitarne l’espulsione? Tutti gli atti dell'ex sindaco di Riace erano diretti a salvare vite umane e a ridare dignità alla piccola comunità in continuo spopolamento. Dov’è il reato?
Un esempio di accoglienza per l’Europa, si diceva e si ripeteva. Invece per il Tribunale di Locri quello che è avvenuto nel piccolo paesino della provincia di Reggio Calabria è un crimine. Adoperarsi per salvare e dare dignità a chi fugge dal proprio paese con la speranza di una vita migliore è un illecito penale oltreché amministrativo.
'Trattare' con la Mafia non è illegale, mentre salvare vite è associazione a delinquere, ma che paese è il nostro? I successivi gradi di giudizio probabilmente cambieranno tutto, non sarebbe la prima volta che accade, ma intanto resta questa incredibile sentenza.
Non sappiamo se Mimmo Lucano ha commesso degli illeciti amministrativi e penali, di certo se lo ha fatto non è stato per arricchirsi o per un tornaconto personale. La sua unica ‘colpa’ è stata quella di essere stato utile al prossimo, nient’altro.
Resta il fatto che la solidarietà degli amministratori e degli abitanti di questa piccola comunità meridionale è stata ritenuta un reato. Se è così, e siamo certi che è così, allora siamo in tanti ad aver commesso questo crimine. E siamo pronti a commetterlo ancora e poi ancora ed ancora, perché, lo sappiano tutti i procuratori ed i magistrati di questo Paese, non potremo cambiare mai la nostra predisposizione naturale alla solidarietà e all’amore per il prossimo.
Fonte lastampa.it
martedì 20 luglio 2021
I poveri finanziano le pensioni dei ricchi
La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica gli squilibri del sistema pensionistico e propone modifiche sostanziali

Foto da inps.it
‘A parità di coefficienti di trasformazione e di età di pensionamento, i cittadini con le pensioni più basse e che vivono meno a lungo finanziano i cittadini con le pensioni più alte che vivono più a lungo’. Questo è quanto si legge nella relazione annuale del presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Ed ancora: ‘E’ chiaramente auspicabile intervenire per attenuare le differenze attuariali. Ad esempio, modulando l’età di pensionamento, correggendo i coefficienti di trasformazione, individuando le condizioni di lavoro usuranti e/o gravose e riconoscendo i territori a maggior rischio ambientale’.Il sistema pensionistico è un coacervo di ingiustizie. L’indennità di quiescenza è stata introdotta per garantire un reddito minimo a chi non è in grado di svolgere un‘attività lavorativa. Le pensioni d’oro non dovrebbero esistere e neanche le differenze di età o di emolumento, ma così non è.
I pensionati erano e sono un importante bacino elettorale. Molte agevolazioni sono state introdotte per carpirne il consenso. Le pensioni baby, quelle di anzianità, i prepensionamenti, la reversibilità e persino i vitalizi dei parlamentari sono solo alcuni esempi di questa babele. I ‘politicanti’ hanno creato un sistema squilibrato che ha determinato continui disavanzi di bilancio. Non si poteva andare avanti così, occorreva porvi rimedio.
Il sistema che abbiamo oggi è il frutto di questa esigenza.
Le numerose riforme approvate dal Parlamento a partire dagli anni Novanta hanno creato un sistema complicato e pieno di ingiustizie.
La prima riguarda l’età. Fino al 1993 si poteva maturare il diritto alla quiescenza prima di compiere cinquant’anni. Ci sono cittadini che hanno o stanno percependo la pensione da oltre 40 anni. Oggi alcuni vanno a sessant’anni, altri a sessantadue, altri ancora a 64, poi ci sono quelli che ci andranno oltre i 67 anni. In tanti non ci andranno mai, è una ingiustizia insopportabile.
La seconda iniquità riguarda l’ammontare dell’assegno. Si sa c’è un'enorme differenza tra il sistema retributivo e quello contributivo. Con il secondo l’assegno percepito dipende dai contributi versati. Ed è ovvio che ad esserne favoriti sono coloro che nel corso della loro vita hanno avuto un lavoro stabile e ben retribuito, mentre chi ha avuto lavori precari o è stato spesso disoccupato, si ritroverà con una pensione da ‘fame’. Poveri durante l’età lavorative e ‘poveracci’ durante il periodo di quiescenza.
La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica questa situazione e popone delle modifiche. E di certo queste non possono essere quota 100 e ne potrà essere quota 102. Il limite di età dovrebbe essere uguali per tutti. Come uguale o quasi dovrebbe essere l’indennità pensionistica. Non è accettabile che ci siano pensionati che incassano ogni mese decine di migliaia di euro ed altri che percepiscono poco più di 500 euro. L’articolo 53 della Costituzione sulla capacità contributiva è chiaro, ma è disatteso.
Per i nostri ‘politicanti’ non dovrebbe essere difficile approvare questo tipo di riforme, quando c’è da elargire e concedere sono sempre rapidissimi, mentre quando è necessario imporre sacrifici e rigore arrivano i governi tecnici, sostenuti quasi sempre, chissà perché, dalla Sinistra.
Ma non accadrà nulla. Come dice il proverbio: ‘Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato’. Tanto a pagare per tutti sono sempre gli stessi.
Fonte inps.it
La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica gli squilibri del sistema pensionistico e propone modifiche sostanziali
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Foto da inps.it |
Il sistema pensionistico è un coacervo di ingiustizie. L’indennità di quiescenza è stata introdotta per garantire un reddito minimo a chi non è in grado di svolgere un‘attività lavorativa. Le pensioni d’oro non dovrebbero esistere e neanche le differenze di età o di emolumento, ma così non è.
I pensionati erano e sono un importante bacino elettorale. Molte agevolazioni sono state introdotte per carpirne il consenso. Le pensioni baby, quelle di anzianità, i prepensionamenti, la reversibilità e persino i vitalizi dei parlamentari sono solo alcuni esempi di questa babele. I ‘politicanti’ hanno creato un sistema squilibrato che ha determinato continui disavanzi di bilancio. Non si poteva andare avanti così, occorreva porvi rimedio.
Il sistema che abbiamo oggi è il frutto di questa esigenza.
Le numerose riforme approvate dal Parlamento a partire dagli anni Novanta hanno creato un sistema complicato e pieno di ingiustizie.
La prima riguarda l’età. Fino al 1993 si poteva maturare il diritto alla quiescenza prima di compiere cinquant’anni. Ci sono cittadini che hanno o stanno percependo la pensione da oltre 40 anni. Oggi alcuni vanno a sessant’anni, altri a sessantadue, altri ancora a 64, poi ci sono quelli che ci andranno oltre i 67 anni. In tanti non ci andranno mai, è una ingiustizia insopportabile.
La seconda iniquità riguarda l’ammontare dell’assegno. Si sa c’è un'enorme differenza tra il sistema retributivo e quello contributivo. Con il secondo l’assegno percepito dipende dai contributi versati. Ed è ovvio che ad esserne favoriti sono coloro che nel corso della loro vita hanno avuto un lavoro stabile e ben retribuito, mentre chi ha avuto lavori precari o è stato spesso disoccupato, si ritroverà con una pensione da ‘fame’. Poveri durante l’età lavorative e ‘poveracci’ durante il periodo di quiescenza.
La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica questa situazione e popone delle modifiche. E di certo queste non possono essere quota 100 e ne potrà essere quota 102. Il limite di età dovrebbe essere uguali per tutti. Come uguale o quasi dovrebbe essere l’indennità pensionistica. Non è accettabile che ci siano pensionati che incassano ogni mese decine di migliaia di euro ed altri che percepiscono poco più di 500 euro. L’articolo 53 della Costituzione sulla capacità contributiva è chiaro, ma è disatteso.
Per i nostri ‘politicanti’ non dovrebbe essere difficile approvare questo tipo di riforme, quando c’è da elargire e concedere sono sempre rapidissimi, mentre quando è necessario imporre sacrifici e rigore arrivano i governi tecnici, sostenuti quasi sempre, chissà perché, dalla Sinistra.
Ma non accadrà nulla. Come dice il proverbio: ‘Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato’. Tanto a pagare per tutti sono sempre gli stessi.
Fonte inps.it
sabato 19 giugno 2021
La guerra tra poveri la vincono i ricchi
Immigrati e minori sono i poveri tra i poveri. A sostenerlo è il rapporto pubblicato dall’Istat
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da identitainsorgenti.it
Secondo le stime dell’Istat nel 2020 un milione 337mila minori viveva in povertà assoluta. Dato che corrisponde al 13,5% del totale, mentre quello degli individui a livello nazionale è al 9,4%. La situazione è peggiorata rispetto al 2019 (11,4%). L’incremento maggiore è stato registrato al Nord (da 10,7% a 14,4%). Nel Centro la percentuale è aumentata da 7,2% a 9,5%. Ovviamente quella più alta è sempre nel Mezzogiorno con il 14,5%.Molto elevata è la povertà assoluta tra gli stranieri. Secondo il rapporto dell’Istituto di statistica sarebbero oltre un milione e 500mila individui. L’incidenza è del 29,3%, mentre per gli italiani è del 7,5%.
Le famiglie con stranieri in condizioni di estrema indigenza sono il 28,3%, cioè oltre 568mila. Ed è del 26,7% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri (nel 2019 era del 24,4%).
Il Reddito di cittadinanza e le misure economiche adottate dal Governo negli ultimi 15 mesi come il Reddito di emergenza non sono stati sufficienti a porre rimedio ad un dramma sociale vissuto da milioni di persone.
I sostegni ed i ristori hanno raggiunto, secondo l’osservatorio dell'Inps, circa quattro milioni di individui. A maggio 1,3 milioni di famiglie hanno beneficiato del Reddito o Pensione di Cittadinanza (+16% sul 2020). L’importo che hanno percepito è stato in media di 552 euro mensili. 433mila sono le famiglie che hanno ricevuto almeno un pagamento per il Reddito di Emergenza previsto nel Dl Sostegni. La Campania è la Regione con il numero più alto di nuclei che hanno riscosso il Rdc (255.245), quasi come l’intero Nord.
‘Non può esserci libertà senza giustizia sociale’, ripeteva sempre Sandro Pertini. Come dargli torto. Siamo nel 2021 ma le disuguaglianze anziché diminuire crescono. Cosa stiamo sbagliando? Dove abbiamo sbagliato? I lavoratori hanno bisogno di un’occupazione stabile e pagata adeguatamente, non di impieghi precari o di assistenza.
La dignità umana, almeno per la maggioranza degli individui, non può prescindere dal lavoro. Ed è altrettanto certo che la guerra tra poveri la vincono i ricchi, sempre.
Immigrati e minori sono i poveri tra i poveri. A sostenerlo è il rapporto pubblicato dall’Istat
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da identitainsorgenti.it |
Molto elevata è la povertà assoluta tra gli stranieri. Secondo il rapporto dell’Istituto di statistica sarebbero oltre un milione e 500mila individui. L’incidenza è del 29,3%, mentre per gli italiani è del 7,5%.
Le famiglie con stranieri in condizioni di estrema indigenza sono il 28,3%, cioè oltre 568mila. Ed è del 26,7% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri (nel 2019 era del 24,4%).
Il Reddito di cittadinanza e le misure economiche adottate dal Governo negli ultimi 15 mesi come il Reddito di emergenza non sono stati sufficienti a porre rimedio ad un dramma sociale vissuto da milioni di persone.
I sostegni ed i ristori hanno raggiunto, secondo l’osservatorio dell'Inps, circa quattro milioni di individui. A maggio 1,3 milioni di famiglie hanno beneficiato del Reddito o Pensione di Cittadinanza (+16% sul 2020). L’importo che hanno percepito è stato in media di 552 euro mensili. 433mila sono le famiglie che hanno ricevuto almeno un pagamento per il Reddito di Emergenza previsto nel Dl Sostegni. La Campania è la Regione con il numero più alto di nuclei che hanno riscosso il Rdc (255.245), quasi come l’intero Nord.
‘Non può esserci libertà senza giustizia sociale’, ripeteva sempre Sandro Pertini. Come dargli torto. Siamo nel 2021 ma le disuguaglianze anziché diminuire crescono. Cosa stiamo sbagliando? Dove abbiamo sbagliato? I lavoratori hanno bisogno di un’occupazione stabile e pagata adeguatamente, non di impieghi precari o di assistenza.
La dignità umana, almeno per la maggioranza degli individui, non può prescindere dal lavoro. Ed è altrettanto certo che la guerra tra poveri la vincono i ricchi, sempre.
mercoledì 16 giugno 2021
Istat: famiglie ‘sicuramente povere’ soprattutto nel Mezzogiorno
L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da istat.it
Torna a salire la povertà assoluta. A sostenerlo è il rapporto pubblicato dall’ISTAT. Secondo le stime dell’Istituto di ricerca pubblico nel 2020 erano oltre due milioni le famiglie in povertà assoluta (7,7% del totale). Si tratta di 5,6 milioni di individui, cioè il 9,4% dei residenti nel nostro paese. In aumento dell’1,6% rispetto al 2019.Nel Mezzogiorno l’incidenza si conferma più alta, lo scorso anno è passata dall’8,6% del 2019 al 9,4%. Mentre nel Nord è salita al 7,6% dal 5,8%.
Cala anche se di poco il tasso di povertà relativa. Le famiglie in tali condizioni sono circa 2,6 milioni (10,1%). Si tratta di oltre 8 milioni di individui (13,5%).
A livello territoriale l’incidenza più alta si registra al Sud con il 18,3%, mentre nel Nord si attesta al 6,3% ed al Centro al 6,4%.
Le regioni con i tassi di povertà relativa più alti sono la Basilicata (23,4%), la Campania e la Calabria (20,8%), mentre le percentuali più basse sono state registrati in Trentino-Alto Adige (4,3%), in Emilia-Romagna (5,3%) e in Valle d’Aosta (5,4%).
Le famiglie ‘sicuramente povere’ cioè con livelli di spesa mensile sotto la media standard di oltre il 20% sono il 4,5%, nel Mezzogiorno sono l’8,6%.
I nuclei familiari ‘appena poveri’ cioè con una media di spesa mensile non oltre il 20% rispetto al livello medio sono il 5,6%, al Sud il 9,8%. Mentre è ‘quasi povero’, cioè con una spesa mensile superiore alla media ma non oltre il 20%, il 7,3% del totale, al Sud è il 5,3%.
Le famiglie ‘sicuramente non povere’ sono l’82,6% del totale, nel 2019 erano l’81,4%.
Fonte istat.it
L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%, da 8,6%), ma la crescita più ampia si registra nel Nord dove la povertà familiare sale al 7,6% dal 5,8% del 2019
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da istat.it |
Nel Mezzogiorno l’incidenza si conferma più alta, lo scorso anno è passata dall’8,6% del 2019 al 9,4%. Mentre nel Nord è salita al 7,6% dal 5,8%.
Cala anche se di poco il tasso di povertà relativa. Le famiglie in tali condizioni sono circa 2,6 milioni (10,1%). Si tratta di oltre 8 milioni di individui (13,5%).
A livello territoriale l’incidenza più alta si registra al Sud con il 18,3%, mentre nel Nord si attesta al 6,3% ed al Centro al 6,4%.
Le regioni con i tassi di povertà relativa più alti sono la Basilicata (23,4%), la Campania e la Calabria (20,8%), mentre le percentuali più basse sono state registrati in Trentino-Alto Adige (4,3%), in Emilia-Romagna (5,3%) e in Valle d’Aosta (5,4%).
Le famiglie ‘sicuramente povere’ cioè con livelli di spesa mensile sotto la media standard di oltre il 20% sono il 4,5%, nel Mezzogiorno sono l’8,6%.
I nuclei familiari ‘appena poveri’ cioè con una media di spesa mensile non oltre il 20% rispetto al livello medio sono il 5,6%, al Sud il 9,8%. Mentre è ‘quasi povero’, cioè con una spesa mensile superiore alla media ma non oltre il 20%, il 7,3% del totale, al Sud è il 5,3%.
Le famiglie ‘sicuramente non povere’ sono l’82,6% del totale, nel 2019 erano l’81,4%.
Fonte istat.it
martedì 31 marzo 2020
Bonus una tantum di 600 euro al via, ecco come richiederlo
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Foto da inps.it |
sabato 29 giugno 2019
Aurelio De Laurentis: ‘Gli operai della Fiat venivano importati dal Sud’
Questa frase pronunciata pochi giorni fa dal presidente della Ssc Napoli, Aurelio De Laurentis, fotografa la storia economica e sociale del nostro Paese
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tiscali.it
‘La nostra competitor di sempre, per un fatto di tifo, è la Juventus che, ovviamente, avendo un altro tipo di fatturato ed essendo nata oltre 100 anni fa, ha consolidato sotto la stessa proprietà una capacità di avere un numero di tifosi d’Italia che raggruppa tutti gli insoddisfatti del Sud. Gli operai della Fiat, ad esempio, venivano importati dal Sud, i veri torinesi per la maggior parte tifano Torino e non Juventus. Questo movimento creato dalla famiglia Agnelli è difficile da sradicare e poi nessuno vuole sconfiggere nessuno, lo sport è bello per questo. La Juventus è difficile da sradicare ma il Napoli ha fatto passi da gigante professionale, con grande rispetto per i valori della maglia. Siamo l’unica squadra in Italia che da dieci anni compete in Europa, ciò vuol dire che abbiamo fatto passi da gigante’.
Questa dichiarazione è stata rilasciata pochi giorni fa dal presidente della Ssc Napoli Aurelio De Laurentis. In Serie A ci sono venti squadre, di queste solo due sono club del Sud (Napoli e Cagliari) e soltanto uno dei due è in grado di competere con quelli del Nord. Quel che è peggio è che la stragrande maggioranza dei meridionali tifa Juventus, Inter e Milan. Lo sport ed il calcio in particolare sono l’emblema del divario economico e sociale che si è creato nel nostro Paese.
Le differenze strutturali tra Nord e Sud sono il risultato di un lungo processo storico. La lontananza dai mercati di sbocco e l’incapacità dei meridionali di incidere sulle decisioni politiche ed economiche del Paese hanno determinato un dualismo difficilmente risolvibile. Le responsabilità sono tante. La prima è dei meridionali che si 'accontentano' e che non sono capaci di emanciparsi dalla condizione di sudditanza sociale ed economica in cui si trovano da sempre. La situazione si è aggravata negli ultimi tre decenni, da quando cioè dall’attuazione di politiche meridionaliste si è passati al cosiddetto ‘federalismo fiscale’. Nell’era dell'informatizzazione e della globalizzazione il Nord opulento non ha più bisogno delle ‘cattedrali nel deserto’ erette negli anni Sessanta e Settanta, il Sud è diventato un peso da utilizzare solo in campagna elettorale e come mercato di sbocco per i prodotti delle imprese 'padane'. Ma non è finita.
Il governo ‘gialloverde’ intende sancire l’accordo sulle autonomie regionali di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, le aree più ricche del Paese. Se qualcuno, soprattutto meridionali, non avesse ancora capito di cosa si tratta è opportuno precisare che questa sarebbe la ‘mazzata’ definitiva per il futuro del Mezzogiorno. Il divario economico già ampio diventerebbe incolmabile, ma forse è questa la volontà politica di gran parte delle forze politiche presenti oggi in Parlamento ed è quello che, va detto, molti meridionali si meritano.
Fonti: vesuviolive.it e tiscali.it
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Foto da tiscali.it |
giovedì 27 giugno 2019
Incidenti sul lavoro, nel 2018 oltre tre morti al giorno
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Foto da portaleconsulenti.it |
domenica 7 gennaio
Il Reddito di inclusione creerà disuguaglianze anche tra i poveri
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Foto da sinistrainrete.info |
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Foto da possibile.com |
Fonte: inps.it
lunedì 18 dicembre 2017
Vitalizi e pensioni d’oro, simboli di ingiustizie e disuguaglianze
Il sistema capitalistico favorisce lo sviluppo economico, ma comporta anche privilegi ed iniquità, ne sono due esempi i vitalizi e le pensioni d’oro
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Ex parlamentari che percepiscono il vitalizio
(foto da espresso.repubblica.it)
Le disuguaglianze tra le categorie sociali stanno crescendo per la diseguale distribuzione del reddito, ma anche per le modalità di erogazione e calcolo delle indennità previdenziali. La mancata approvazione da parte del Parlamento della legge che intendeva limitare l’ammontare dei vitalizi degli ex parlamentari è un esempio di come il sistema non sappia autoregolarsi per correggere le iniquità. Ci sono ex deputati ed ex senatori che godono da decenni di indennità per oltre 5 mila euro netti al mese, mentre ci sono persone che sono costrette a vivere con pensioni di circa 500 euro al mese. Per non parlare dei futuri pensionati che andranno in quiescenza a quasi 70 anni e con indennità irrisorie. Inoltre, migliaia di ex dipendenti pubblici o ex manager di aziende private incassano ogni mesepensioni d’oro di oltre 10 mila euro. Il record spetta all’ex dirigente della Telecom, Mauro Sentinelli, che percepisce 91.337 euro al mese.

Mauro Sentinelli, ex manager Telecom, percepisce una pensione
d'oro di 91.337 euro al mese - (foto da ilsole24ore.com)
Eppure, per rendere il sistema più ‘giusto’, basterebbero poche e semplici regole. Innanzitutto mettere un limite alle indennità previdenziali.Inoltre, se un soggetto continua a lavorare ed ha un reddito adeguato perché deve percepire anche la pensione? Ci sono tanti lavoratori delle istituzioni, della politica, della televisione, dei giornali, etc... che continuano a svolgere la loro attività anche se sono in età avanzata e che, nonostante non abbiano bisogno di un sostegno economico, percepiscono, oltre alle indennità da lavoro, una o più pensioni. E’ una grande ingiustizia se confrontiamo queste situazioni con quelle di chi vive in condizioni di povertà assoluta, in Italia essi sono, secondo l’Istat, oltre quattro milioni e 598 mila individui. Non si tratterebbe di impedire, a chi vuole, di continuare a lavorare, ma di evitare che la pensione o le pensioni percepite diventino uno strumento di arricchimento, mentre quelle stesse risorse pubbliche potrebbero essere utilizzate per garantire una vita dignitosa a chi non lavora più o non può lavorare. La redistribuzione della ricchezza non è solo un atto ‘etico’, ma anche una necessità del sistema economico. Se si vogliono evitare le crisi economiche occorre ridurre le disuguaglianze e le ingiustizie, ma questo ai nostri politici ed alla nostra classe dirigente interessa poco.
Fonti: espresso.repubblica.it e ilsole24ore.com
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Ex parlamentari che percepiscono il vitalizio (foto da espresso.repubblica.it) |
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Mauro Sentinelli, ex manager Telecom, percepisce una pensione d'oro di 91.337 euro al mese - (foto da ilsole24ore.com) |
mercoledì 6 dicembre 2017
Il 30% delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale
Con la ripresa economica cresce il reddito disponibile ed il potere d’acquisto delle famiglie, ma aumentano anche la disuguaglianza economica ed il rischio povertà o esclusione sociale
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da dire.it
I dati dell’indagine condotta dall’Istat sulle condizioni di vita, reddito e carico fiscale relativi al 2016 mostrano una ‘significativa’ crescita del reddito ‘associata ad un aumento della disuguaglianza economica’. Insomma i ricchi sono sempre più ricchi, mentre cresce il numero di coloro che vivono o rischiano di cadere in povertà. Il reddito netto medio annuo per famiglia è pari a 29.988 euro, circa 2.500 euro al mese, con un incremento percentuale del +1,8 in termini nominali e del +1,4 in termini di valore d’acquisto. Circa metà delle famiglie percepisce un reddito annuo di 24.522 euro, mentre nel Sud rimane, nonostante la crescita del +2,8%, a 20.557 euro, circa 1.713 euro mensili.

Matteo Renzi - (foto da agora24.it)
La crescita del reddito è diversa tra le categorie sociali.Per il 20% più ricco della popolazione l’incremento è maggiore, in particolare per i redditi derivanti da lavoro autonomo. Il rapporto ‘equivalente‘ tra quello percepito dal 20% della popolazione più ricca e il corrispondente più povero è aumentato da 5,8 a 6,3.L’Istat stima che il 30% delle persone residenti in Italia, vale a dire circa 18 milioni di individui, è a rischio povertà o esclusione sociale, percentuale in aumento rispetto al 2015 quando era pari al 28,7%. Nel Mezzogiorno la probabilità di cadere in una condizione d’indigenza e bisogno è del 46,9%, in crescita dal 46,4% del 2015, ed è in aumento anche nel Nord-ovest (21,0% da 18,5%) e nel Nord-est (17,1% da 15,9%), mentre è stabile nel Centro (25,1%). A rischio povertà o esclusione sociale sono soprattutto le famiglie numerose con cinque o più elementi (43,7%), la situazione peggiora anche per quelle con uno o due componenti. Quando si annunciano con enfasi i risultati positivi sull’incremento del Pil e dei posti di lavoro occorrerebbe ricordarsi anche di questi dati e del fatto che milioni d’italiani vivono in condizioni sociali difficili e che la ripresa economica anziché ridurre sta aumentando le disuguaglianze ed incrementando il divario economico e sociale tra il Centro-nord sempre più ricco ed il Sud sempre più povero ed assistito. I nostri politici invece di parlare di taglio delle tasse e di banche dovrebbero occuparsi di chi è disoccupato o vive con la pensione al minimo e fa fatica ad arrivare a fine a mese, mentre c’è chi continua ad arricchirsi e non sa che farsene del ‘superfluo’ che ha a disposizione.
Fonte: istat.it
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Foto da dire.it |
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Matteo Renzi - (foto da agora24.it) |
venerdì 24 novembre 2017
Ipazia d’Alessandria, donna ‘martire della libertà di pensiero’
‘Ipazia rappresentava il simbolo dell'amore per la verità, per la ragione, per la scienza che aveva fatto grande la civiltà ellenica. Con il suo sacrificio cominciò quel lungo periodo oscuro in cui il fondamentalismo religioso tentò di soffocare la ragione’, Margherita Hack
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Ipazia d'Alessandria, illustrazione del 1908
(Foto da wikipedia.org)
Gli atti di femminicidio hanno origini nella società patriarcale ed ancora oggi decine di migliaia di donne vengono assassinate o maltrattate dagli uomini. Ecco la storia di Ipazia, una donna che ebbe il torto di rivendicare la sua libertà e la sua indipendenza. Era l’otto marzo del 415 d.C. quando un gruppo di cristiani, i cosiddetti parabalani seguaci del vescovo d’Egitto Cirillo, ‘dall'animo surriscaldato, guidati da un predicatore di nome Pietro, si misero d'accordo e si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa. Tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brandelli del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli. Questo procurò non poco biasimo al patriarca e alla chiesa di Alessandria. Infatti stragi, lotte e azioni simili a queste sono del tutto estranee a coloro che meditano le parole di Cristo’. Matematica, astronoma e filosofa, Ipazia apparteneva all’aristocrazia intellettuale ed aveva tutti i requisiti per succedere al padre nell’insegnamento nella comunità di Alessandria. Titolare di una cattedra pubblica, impartiva lezioni ’a chiunque volesse ascoltarla sul pensiero di Platone e di Aristotele e di altri filosofi’. Inoltre, com’era usanza in quei tempi, teneva riunioni ‘private’ nella sua dimora. La rabbia di Cirillo scoppiò proprio con la scoperta di questi incontri. Ipazia non anticipò, come sostengono alcuni storici, la rivoluzione copernicana, ma pagò con la morte il fatto che era una donna carismatica e popolare che 'osò' vivere al centro della vita culturale di Alessandria. Una persona colta assassinata per la sua intelligenza, il suo prestigio, la sua moralità e coerenza, per la sua capacità di influire sulla vita politica e sociale. E per gli 'ominicchi' non c’è un pericolo più grande di una donna che rivendica la sua libertà e la sua indipendenza.
Fonti: wikipedia.org e aforismi.meglio.it
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Ipazia d'Alessandria, illustrazione del 1908 (Foto da wikipedia.org) |
sabato 21 ottobre 2017
Ius soli, Delrio e lo #scioperodellafame
Lo Ius soli è una legge necessaria e di civiltà, ma rischia di diventare un’altra occasione per produrre ingiustizie e disuguaglianze
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da rischiocalcolato.it
Il ministro delle Infrastrutture ed altri esponenti del Partito democratico hanno aderito allo sciopero della fame per sensibilizzare i parlamentari sulla necessità di approvare la nuova legge sulla cittadinanza. L’iniziativa della ‘staffetta’ è partita nelle settimane scorse a seguito delle difficoltà che sta incontrando l’iter legislativo del disegno di legge sullo Ius Soli.Attualmente in Italia vige il principio del diritto di sangue, la cittadinanza si acquisisce cioè solo se si è figli di cittadini italiani ovunque essi siano nati, mentre non la si ottiene per diritto di suolo. Questo significa che i figli d’immigrati che nascono in Italia sono stranieri anche se i loro genitori vivono e lavorano regolarmente nel nostro Paese. Questi ‘non italiani’ che sono cresciuti ed hanno studiato o studiano nelle nostre scuole e sono a tutti gli effetti emiliani, veneti, siciliani, ecc.. possono ottenere lo status di cittadini solo al compimento del diciottesimo anno di età. La nuova legge, che difficilmente sarà approvata dal Parlamento in questa legislatura, ridurrebbe i tempi per acquisire il diritto (Ius soli temperato) e consentirebbe ai bambini sotto i 12 anni giunti in Italia di ottenerlo anche se non sono nati nel nostro Paese (Ius soli culturae). La prima disposizione prevede, infatti, l’acquisizione della cittadinanza per diritto di suolo, ma solo dopo che i nati nel nostro Paese hanno compiuto un ciclo completo di studi e su richiesta del genitore o del tutore e con la possibilità di rinunciarvi al compimento della maggiore età. Nella seconda ipotesi invece è sufficiente che i bambini con età inferiore ai dodici anni svolgano un ciclo di studi completo, anche se essi non sono nati nel nostro Paese. Questa parte del disegno di legge è per certi aspetti incomprensibile. La cittadinanza potrà essere richiesta solo dopo un ciclo di studi completo, in pratica ad un’età vicina ai diciotto anni o poco prima, in sostanza è una procedura simile alla legge già in vigore. Allora non se ne comprende l’utilità, serve solo a complicare la normativa, a renderla facinorosa ed a dare una motivazione a coloro che sono contrari al disegno di legge.

Graziano Delrio (foto da liberoquotidiano.it)
I legislatori italiani hanno la cattiva abitudine di complicare le regole con distinguo e mediazioni che, spesso, rendono l’ordinamento giuridico astruso e di difficile interpretazione. Il risultato è una normativa ‘manipolabile’ che favorisce le ingiustizie e le disuguaglianze. Chi fa parte del Governo anziché fare scioperi di un giorno potrebbe impegnarsi di più e proporre una legge che introduca lo Ius soli (diritto di suolo) senza se e senza ma. Invece no, si preferisce compattare la maggioranza parlamentare con irragionevoli mediazioni politiche, il cui risultato finale è quello di complicare le regole con contorte elaborazioni giuridiche e linguistiche. Il rischio, in questo caso, è di mettere nelle mani di persone senza scrupoli decine di migliaia di disperati disposti a tutto pur di ottenere un diploma o una certificazione professionale. Chi non ha la memoria corta ricorderà le inchieste sui ‘diplomifici’ e sulle malefatte di tante scuole private e regionali, forse è il caso di non ripeterci.
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Foto da rischiocalcolato.it |
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Graziano Delrio (foto da liberoquotidiano.it) |
sabato 14 ottobre 2017
‘Nel mondo 6 milioni di bambini muoiono ogni anno per cause facilmente curabili o prevedibili’
Ogni trentotto secondi un bambino sotto i cinque anni muore per malnutrizione, a sostenerlo è Save The Children
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da savethechildren.it
Nel mondo ogni anno muoiono di fame circa tre milioni di bambini, uno ogni trentotto secondi, ad affermarlo è l'associazione Save The Children. Circa cinquantadue milioni di minori soffrono della carenza di cibo, mentre 155 milioni sono ‘malnutriti cronici’ e rischiano gravi conseguenze fisiche e cognitive. Due minori su cinque vivono in stato di ‘povertà multidimensionale’, cioè sono esclusi dall’accesso al cibo, ai servizi igienico-sanitari e all’educazione. Nel Corno d’Africa e in Kenya sette milioni di bambini soffrono per la carenza d’acqua e di sostanze nutritive. Le principali cause della malnutrizione sono i conflitti ed i cambiamenti climatici. Nel 2016 le guerre e la fame hanno determinato la fuga di 65,6 milioni di persone e 122 milioni di bambini, che soffrono di denutrizione, vivono in zone di conflitti. Dal 1990 sono stati fatti importanti passi in avanti riducendo il numero di bambini che soffrono di malnutrizione cronica a 155 milioni, erano 254 milioni. Ma - sottolinea il comunicato dell’Onlus - l’obiettivo di eliminare il fenomeno entro il 2030 difficilmente potrà essere raggiunto. Ed è per questo che Save the Children ha lanciato, tramite i principali operatori telefonici, una campagna di raccolta fondi per sostenere i progetti dell’Associazione in Egitto, Etiopia, India, Malawi, Mozambico, Nepal e Somalia. Dal 12 ottobre al 5 novembre chiunque potrà contribuire inviando dai cellulari un SMS al numero 45544 dal valore di 2 euro o da 2 a 5 euro da rete fissa.
Fonte: savethecildren.it
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Foto da savethechildren.it |
sabato 16 settembre 2017
Fao, cresce la fame nel mondo
Se qualcuno ancora non avesse compreso il motivo per cui milioni di persone emigrano, il rapporto pubblicato dall’Onu lo spiega in modo chiaro ed inequivocabile
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da fao.org
La fame nel mondo è in aumento, essa colpisce l’11% della popolazione mondiale, cioè 815 milioni di individui, 38 milioni in più rispetto al 2015. Ad affermarlo è la relazione annuale delle Nazioni Unite sul mondo, la sicurezza alimentare e l’alimentazione pubblica. L’aumento è dovuto – sottolinea il rapporto - alla proliferazione dei conflitti ed ai cambiamenti climatici. Inoltre, diverse forme di malnutrizione minacciano la salute di milioni di persone in tutto il mondo. 155 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni sono sottosviluppati ed altri 52 milioni soffrono di deperimento cronico.

Le distribuzioni di seme della Fao aiutano gli abitanti della
Nigeria a recuperare i loro mezzi di sussistenza
(foto da fao.org)
La più alta percentuale di bambini insicuri e malnutriti sono concentrati nelle zone di conflitto. ‘Ciò ha spinto le campane di allarme che non possiamo permetterci di ignorare: non finiremo la fame e tutte le forme di malnutrizione entro il 2030 a meno che non affrontiamo tutti i fattori che minano la sicurezza alimentare e l'alimentazione. La protezione delle società pacifiche e inclusive è una condizione necessaria a tal fine’, hanno dichiarato nella loro prefazione comune alla relazione i capi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e dell'agricoltura (FAO), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), il Fondo per i bambini delle Nazioni (UNICEF), il Programma alimentare mondiale (WFP) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Fonte fao.org
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Foto da fao.org |
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Le distribuzioni di seme della Fao aiutano gli abitanti della Nigeria a recuperare i loro mezzi di sussistenza (foto da fao.org) |
giovedì 14 settembre 2017
La generazione tradita
Altro che i bamboccioni nati negli anni Ottanta, la generazione che ha avuto meno di quello che ha dato è quella dei baby boom degli anni Cinquanta e Sessanta
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Anni Settanta - Manifestazione politica
(foto da it.wikipedia.org)
Tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Sessanta c’è stato in Italia il boom economico che è coinciso con un notevole incremento demografico. Il picco c’è stato nel 1964 con oltre un milione di nuove nascite. L’incremento demografico, come sanno bene gli economisti, è una causa e, nello stesso tempo, una conseguenza dello sviluppo economico. Quegli anni sono stati caratterizzati dalla ricostruzione, dalle famiglie numerose, dalla diffusione degli elettrodomestici e delle utilitarie, dalle aule delle scuole elementari piene di bambini italiani, dagli adolescenti impegnati a conseguire un ‘pezzo di carta’ e dai giovani che, dopo aver fatto il servizio militare, hanno continuato gli studi per conseguire la laurea, unica condizione questa per poter accedere a ruoli sociali fino ad allora appannaggio solo della classi medio - alte.

Anni Settanta - Manifestazione femminista
(foto da milanoartexpo.com)
Una generazione combattiva che ha contribuito in modo determinante alla modernizzazione del Paese.Le lotte studentesche ed operaie degli anni Settanta hanno obbligato la classe dirigente di allora ad approvare importanti riforme come lo Statuto dei lavoratori, la legge sul divorzio, il nuovo diritto di famiglia, i decreti delegati sulla scuola, la scala mobile, ecc. Cambiamenti che hanno favorito il diffondersi di una condizione di benessere anche tra le classi medio - basse nonostante l’iperinflazione ed il terrorismo. Gli studenti, i contadini meridionali e gli operai delle fabbriche del Nord (in gran parte anch’essi del Sud) hanno cambiato l’Italia agricola e bigotta del secondo dopoguerra e, riducendo le distanze sociali tra le classi, hanno reso la società più giusta ed equa. Esaurita quella spinta ideale in politica e propulsiva nel sistema economico sono iniziati i problemi. Il consumismo ha cristallizzato la società e le ingiustizie sono tornate ad aumentare. Per quelli che allora erano giovani sono iniziati gli anni delle incertezze e per molti di essi gli anni dei lavori precari. Il flusso migratorio dal Sud verso il Nord è tornato ad aumentare, ma stavolta i nuovi lavoratori non hanno le valige di cartone ma viaggiano in aereo e con il trolley. In gran parte sono laureati, in particolare sono insegnanti delle scuole superiori che pur di avere un’occupazione certa sono emigrati lasciando, nonostante siano in gran parte ultracinquantenni, famiglie ed amici.

Anni Settanta - Manifestazione sindacale
(foto da lavocedinomas.org)
La condizione sociale delle classi meno abbienti è peggiorata con la crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2007. Il rigore nei conti pubblici è stato una necessità ineludibile e la riforma del sistema pensionistico pur essendo ingiusta è stata inevitabile. L’obiettivo era ed è quello di rimediare ai privilegi concessi nei decenni precedenti. La legge Fornero ha allungato a sessantasei anni e sette mesi l’età minima per andare in pensione, una delle più alte in Europa. Con il passare degli anni questa soglia continuerà a crescere automaticamente. Inoltre, l’indennità sarà calcolata in base ai contributi versati in tutta la carriera lavorativa. In sostanza, in violazione dell’articolo 53 della Costituzione, quello sulla capacità contributiva, chi ha avuto un lavoro continuo ed un reddito adeguato percepirà una pensione altrettanto adeguata, chi invece avrà lavorato con discontinuità e con indennità misere continuerà a rimanere un ‘poveraccio’. Le distinzioni di classe non solo si accentueranno ma rimarranno fino all’ultimo giorno di vita. A pagare il conto della ‘cattiva politica’ degli anni Ottanta e Novanta e delle distorsioni del sistema capitalistico saranno soprattutto i baby boom che hanno fatto l’Italia moderna, quelli dello sviluppo economico, della lotta al terrorismo, delle buone riforme del sistema giuridico e sociale. Quelli che oggi stanno mantenendo in equilibrio il sistema previdenziale ma che in cambio avranno pensioni misere e per giunta ad un’età avanzata. Insomma, una generazione tradita ancora una volta per la sua generosità ed il suo impegno sociale.
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Anni Settanta - Manifestazione politica (foto da it.wikipedia.org) |
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Anni Settanta - Manifestazione femminista
(foto da milanoartexpo.com)
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Anni Settanta - Manifestazione sindacale
(foto da lavocedinomas.org)
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mercoledì 30 agosto 2017
Discorso dell' ex presidente Uruguay José Pepe Mujica - Human 2015 italiano
venerdì 28 luglio 2017
Dieci meridionali su cento vivono in condizioni di povertà assoluta
Le anticipazioni sul Rapporto Svimez 2017 segnalano un rischio povertà in Campania, Calabria e Sicilia triplo rispetto al resto del Paese
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da orizzonte48.blogspot.com
Nel 2016 il Prodotto interno lordo nelle regioni meridionali è cresciuto dell’1%, in misura superiore rispetto al Centro-Nord (+0,8%), tuttavia, segnala lo Svimez, con questi ritmi il Mezzogiorno tornerà ai livelli pre-crisi solamente nel 2028, vale a dire dieci anni dopo al resto del Paese. Tra il 2001 ed il 2016 il Pil è diminuito al Sud del -7,2%, mentre è cresciuto nell’aria Ue a 28 del 23,2%. Il divario tornerà a crescere nei prossimi due anni, nel 2017 il Pil dovrebbe aumentare dell’1,1% al Sud e dell’1,4% nel Centro-Nord, mentre nel 2018 si prevede un aumento dello 0,9% al Sud e dell’1,2% al Centro-Nord. Lo scorso anno gli occupati sono cresciutinel Mezzogiorno di 101mila unità, ma restano inferiori di 308mila unità rispetto al 2008 e circa dieci meridionali su cento vivono in condizioni di povertà assoluta.

Foto da quotidianodelsud.it
Negli ultimi quindici anni la popolazione del Sud è diminuita di 393mila unità, mentre nel Nord è aumentata di 274mila unità. Nello stesso periodo sono emigrati dal Mezzogiorno 1,7 milioni di persone, i rientri sono stati circa un milione, con una perdita netta di 716mila persone, di questi il 72,4% sono giovani con meno di 34 anni e 198mila sono laureati.
Le ragioni di questo divario economico e sociale sono indicate nel Rapporto: bassi salari, scarsa produttività, carente competitività e una limitata accumulazione della ricchezza. Inoltre, nel 2016 la spesa pubblica in conto capitale nel Sud ha toccato il punto più basso della sua storia, pari a tredici miliardi di euro, cioè lo 0,8% del Pil.
Per lo Svimez occorre flessibilità nel bilancio statale per rilanciare gli investimenti pubblici e porre il Mediterraneo al centro delle politiche nazionali. Il problema è lo sviluppo economico per il quale il Mezzogiorno non deve essere visto come un peso, ma come un’opportunità di crescita. Negli ultimi anni diversi interventi sono stati fatti dal Governo, ma, rileva lo Svimez, solo le ZES (Zone Economiche Speciali), attraendo investimenti esterni nell’area, possono favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale e ridurre il divario economico e sociale tra le diverse aree del Paese.
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Foto da orizzonte48.blogspot.com |
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Foto da quotidianodelsud.it |
martedì 11 luglio 2017
L’1% delle famiglie possiede il 45% della ricchezza globale
Il rapporto pubblicato dal Boston Consulting Group sulla ricchezza finanziaria conferma la crescita delle disuguaglianze e del divario economico tra le classi sociali
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Flavio Briatore
(foto da notizie.virgilio.it)
Il numero di famiglie milionarie è cresciuto del 7%, a sostenerlo è la società di consulenza finanziaria BCG che ha pubblicato la 17esima edizione del report ‘Global Wealth 2017: Transforming the Client Experience’. Secondo il rapporto sono 18 milioni i nuclei familiari, cioè l’1% del totale, che posseggono il 45% della ricchezza globale. In Italia sono 307mila le famiglieche hanno investimenti in titoli di Stato, azioni, depositi e altri strumenti finanziari superiori ad un milione di dollari. L’1,2% delle famiglie possiede il 20,9% della ricchezza finanziaria, cioè 4.500 miliardi di dollari. Questa somma è destinata ad aumentare nei prossimi anni, nel 2021 il numero delle famiglie dovrebbe crescere fino a 433mila unità, con un percentuale che salirà all’1,6 e che possiederà una ricchezza del 23,9%, vale a dire quasi un quarto del totale.

Foto da fanpage.it
Insomma, cresce la concentrazione della ricchezza ed aumentano le disuguaglianze economiche e sociali.Nel mondo ci sono persone e famiglie che utilizzano per i loro bisogni solo una piccolissima parte della loro ricchezza ed altre che invece non posseggono nulla e che vivono con meno di un dollaro al giorno o addirittura muoiono di fame. Basterebbe impiegare il ‘superfluo’ della risorse finanziarie a disposizione dei super ricchi per consentire una vita dignitosa a miliardi di persone, invece si perpetuano le ingiustizie e le disuguaglianze.
In Italia sarebbe sufficiente un prelievo una tantum sui grandi patrimoni per risolvere i problemi di finanza pubblica che, negli ultimi anni, i vari governi di Centrosinistra si sono affannati a tenere sotto controllo, senza peraltro riuscirvi. Il debito pubblico continua a crescere ed oggi è di circa 2.200 miliardi di euro. Sarebbe sufficiente una piccola parte del ‘troppo’ che i nostri Peperoni posseggono per risanare il bilancio pubblico e consentire allo Stato politiche di investimenti che diano lavoro e dignità a chi oggi è disoccupato, precario o è un pensionato al minimo.
L’ingiustizia è anche nelle opportunità. Le possibilità di ascesa sociale non sono uguali per tutti, anzi oggi sono quasi del tutto inesistenti per i ceti meno abbienti. E’ assai probabile, infatti, che il figlio di un operaio diventi egli stesso un operaio o che il figlio di un disoccupato non riesca a trovare lavoro o diventi un precario, mentre il figlio di un magnate non si pone neanche il problema, l’unica sua preoccupazione è quella di spendere 'a piene mani' il patrimonio famigliare, ma per quanto possa sperperare sarà sempre una piccola parte del totale.
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Silvio Berlusconi e Flavio Briatore (foto da notizie.virgilio.it) |
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Foto da fanpage.it |
sabato 8 luglio 2017
Voucher o libretto di famiglia?
Lunedì prossimo l’Inps attiverà la procedura per i nuovi contratti a prestazione occasionale e per i cosiddetti libretti di famiglia che sostituiranno i vecchi voucher, ma per la Cgil ad essere cambiato è solo il nome
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da quifinanza.it
Il Governo per impedire l’abuso dei voucher e soprattutto per evitare il referendum abrogativo proposto dalla Cgil li ha aboliti sostituendoli con il cosiddetto libretto di famiglia e con i nuovi contratti a prestazione occasionale, ma, realmente, quanto sono nuovi questi strumenti e quanto invece sono un semplice maquillage? Per capire meglio vediamo quali sono le principali novità.
Il libretto di famiglia è destinato alle persone fisiche ‘non nell’esercizio di un’impresa o di una libera professione’ e potrà essere utilizzato per retribuire i piccoli lavori domestici, l’assistenza domiciliare a bambini, persone anziane o ammalate o affette da disabilità e per l’insegnamento privato supplementare. All’inizio del 2018 saranno inclusi anche i servizi di baby sitting. Il compenso sarà corrisposto tramite un titolo simile ai voucher. L’importo di 10 euro l’ora comprenderà 8 euro di compenso al lavoratore, 1,65 euro di contributi Inps, 0,25 centesimi per l’assicurazione all’Inail e 0,10 centesimi di oneri gestionali.

Foto da lavoroediritti.com
Il contratto di prestazione occasionale riguarda invece la pubblica amministrazione, i liberi professionisti, le imprese, le associazioni ed altri enti di natura privata. Il datore di lavoro dovrà registrare se stesso ed il lavoratore, versare a titolo di anticipo quanto dovuto con il modello F24 o altra modalità di pagamento elettronico e comunicare l’avvenuta prestazione. A pagare il lavoratore, il quindicesimo giorno del mese successivo allo svolgimento della prestazione, provvederà l’Inps accreditando la somma netta sul conto corrente del lavoratore, sulla sua carta di credito o tramite bonifico domiciliato presso tutti gli uffici della Poste Italiane.
Il compenso minimo giornaliero non potrà essere inferiore a trentasei euro che corrispondono a quattro ore di lavoro. Per eventuali ore aggiuntive l’indennità non potrà essere inferiore a 9 euro l’ora, a cui si aggiungono 2,97 euro di contributi Inps, 0,32 centesimi per l'assicurazione all’Inail e l’1% come oneri di gestione.
Il tetto annuo per ciascun lavoratore, anche cumulando più datori di lavoro, è di 5.000 euro che si riducono a 2.500 euro se il prestatore lavora per lo stesso utilizzatore. Un altro limite è quello orario, infatti, la durata annua massima è di 280 ore. Inoltre, i lavoratori hanno diritto al riposo giornaliero e settimanale secondo quanto previsto in generale dall’ordinamento. I compensi non sono soggetti a tassazione Irpef e non incidono sullo stato di disoccupazione o inoccupazione. Nel settore agricolo possono essere utilizzati solo i titolari di pensione di vecchiaia o d’invalidità, i giovani con meno di 25 anni, i disoccupati o i percettori di reddito di inclusione o di altra prestazione di sostegno al reddito.
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Foto da quifinanza.it |
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Foto da lavoroediritti.com |
martedì 4 luglio 2017
Boeri: ‘Chiudere le porte agli immigrati ci costerebbe 38 miliardi’
‘I lavoratori che arrivano in Italia bilanciano in parte il calo delle nascite’, a sostenerlo è il presidente dell’Inps Tito Boeri nella ‘Relazione Annuale’ presentata stamane a Montecitorio
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tito Boeri - (foto da lapresse.it)
‘Chiudere le porte ci costerebbe 38 miliardi per i prossimi 22 anni’. Si avrebbero, infatti, trentacinque miliardi in meno di uscite, ma nello stesso tempo settantatre in meno di entrate. Insomma, gli immigrati non solo non ci rubano il lavoro, ma producono ricchezza e pagano tasse e contributi indispensabili per mantenere l’attuale sistema di previdenza sociale. ‘I lavoratori che arrivano in Italia – sottolinea Boeri - sono sempre più giovani, la quota degli under 25 è passata dal 27,5% del 1996 al 35% del 2015, e pertanto si tratta di 150.000 contribuenti in più l’anno, che bilanciano in parte il calo delle nascite’.

Barcone di immigrati - (foto da tg24.sky.it)
Con le ultime riforme la copertura degli ammortizzatori sociali è aumentata, ma la strada per garantire una vita dignitosa ai più deboli è ancora lunga. ‘Manca in Italia – sostiene il presidente dell’Inps – uno strumento universalistico per chi non ce la fa comunque a trovare lavoro al termine della durata massima dei sussidi di disoccupazione e, più in generale, per tutti coloro che finiscono in condizioni di indigenza’.
Nella relazione si evidenzia anche un uso distorto della Cig. Delle 350mila imprese che hanno usufruito della Cassa integrazione durante la crisi 2008 – 2016 hanno utilizzato questo strumento per più di un anno e un quinto di esse per cinque anni. ‘Difficile pensare – rileva Boeri – che si tratti di problemi temporanei, indubbio che siamo di fronte a un sussidio prolungato che riduce in modo continuativo il costo del lavoro di alcune imprese. Tutto questo ci dice che utilizziamo per periodi molto lunghi strumenti concepiti per affrontare crisi temporanee’.
Infine Boeri, oltre a rivendicare la gestione virtuosa dell’Istituto: ’Nel 2016 è costata 3.660 milioni di euro contro i 4.531 del 2012, all’indomani dell’incorporazione di Inpdap ed Enpals’ e poiché delle 440 prestazioni erogate dall’Istituto solo 150 di natura pensionistica, propone di cambiare nome all’Ente in: ‘Istituto nazionale della protezione sociale’.
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Tito Boeri - (foto da lapresse.it) |
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Barcone di immigrati - (foto da tg24.sky.it) |
mercoledì 28 giugno 2017
Papa Francesco: ‘Le pensioni d’oro sono un’offesa al lavoro’
Le frasi pronunciate da Papa Francesco davanti ai delegati al congresso della Cisl sono un programma politico che la classe dirigente italiana dovrebbe prendere seriamente in considerazione. Ecco le più significative
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Papa Francesco - (foto da repubblica.it)
‘Le pensioni d`oro sono un`offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni’.
‘E' una società stolta e miopequella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga un’intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti’.
'Un nuovo patto sociale, che riduca le ore di lavoro di chi è nell'ultima stagione lavorativa, per permettere ai giovani, che ne hanno il diritto-dovere, di lavorare’.
‘Sindacato è una bella parola che proviene dal greco syn-dike, cioè giustizia insieme. Non c'è giustizia insieme se non è insieme agli esclusi. Il buon sindacato rinasce ogni giorno nelle periferie, trasforma le pietre scartate dell'economia in pietre angolari’.
‘Il capitalismo del nostro tempo non comprende il valore del sindacato, perché ha dimenticato la natura sociale dell'economia, dell'impresa. Ma forse la nostra società non capisce il sindacato perché non lo vede abbastanza lottare nelle periferie esistenziali. Non lo vede lottare tra gli immigrati, i poveri, oppure perché la corruzione è entrata nel cuore di alcuni sindacalisti. Ma col passare del tempo ha finito per somigliare troppo ai partiti politici, al loro stile. E invece, se manca questa tipica e diversa dimensione, anche l'azione dentro le imprese perde forza ed efficacia’.
‘Dobbiamo pensare anche alla sana cultura dell'ozio, di saper riposare. Questo non è pigrizia, è un bisogno umano. Per questo, insieme con il lavoro deve andare anche l'altra cultura. Perché la persona non è solo lavoro. Da bambini non si lavora, e non si deve lavorare. Non lavoriamo quando siamo malati, non lavoriamo da vecchi’.
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Papa Francesco - (foto da repubblica.it) |
‘E' una società stolta e miopequella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga un’intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti’.
‘Dobbiamo pensare anche alla sana cultura dell'ozio, di saper riposare. Questo non è pigrizia, è un bisogno umano. Per questo, insieme con il lavoro deve andare anche l'altra cultura. Perché la persona non è solo lavoro. Da bambini non si lavora, e non si deve lavorare. Non lavoriamo quando siamo malati, non lavoriamo da vecchi’.
lunedì 19 giugno 2017
Nati e cresciuti in Italia, ma per la legge sono stranieri
‘Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, poniamo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno’, Paulo Coelho
di Pulvino Giovanni (@PulvinoGiovanni)

Foto da associazionecittadinidelmondo.it
Sono nati in Italia, frequentano le scuole italiane, parlano l’italiano, vivono regolarmente in Italia da almeno 5 anni, insomma sono italiani eppure per il nostro ordinamento giuridico sono stranieri. Hanno la pelle scura, gli occhi a mandorla, una religione diversa da quella cattolica ed i nonni all’estero, ma si sentono e sono a tutti gli effetti italiani anche se per la nostra legge sono solo immigrati con un regolare permesso di soggiorno.Nei secoli passati anche noi, da stranieri, ci siamo sentiti americani, tedeschi, belgi, argentini, ed ancora oggi quando emigriamo ci sentiamo inglesi, francesi o spagnoli. Siamo cittadini del mondo, ma non accettiamo che ‘altri’ siano cittadini italiani, perché?

Foto da sestodailynews.net
La legge n. 91 del 5 febbraio 1992 prevede lo ‘ius sanguinis’, la cittadinanza è trasmessa, cioè, solo dai genitori ai figli. Gli stranieri nati in Italia hanno diritto alla cittadinanza solo se, raggiunta la maggiore età, dichiarino entro un anno di volerla acquisire e se, nello stesso tempo, abbiano risieduto nel nostro Paese ininterrottamente e legalmente fino ad allora.
Il disegno di legge in discussione in Parlamento introduce due nuove modalità per ottenere la cittadinanza: lo ‘ius soli temperato’ (diritto legato al territorio) e lo ‘ius culturae’ (diritto legato all’istruzione). La prima procedura stabilisce che almeno uno dei genitori stranieri dei nati in Italia abbia un permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e, in secondo luogo, che sia residente legalmente nel territorio nazionale da almeno 5 anni. Con lo ‘ius culturae’ possono ottenere la cittadinanza i minori stranieri nati in Italia o entrati nel nostro territorio entro il 12esimo anno di età e che abbiano ‘frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali’. Anche i ragazzi arrivati in Italia tra i 12 ed i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza, ma solo dopo aver risieduto nel nostro Paese per almeno 6 anni e che, nello stesso tempo, abbiano frequentato un ‘ciclo scolastico, con il conseguimento del titolo conclusivo’. In entrambe le due nuove modalità deve essere fatta una dichiarazione di volontà del genitore o tutore del minore. In assenza potrà farlo il diretto interessato entro il suo 20esimo compleanno. Inoltre, è prevista la possibilità di rinunciare alla cittadinanza entro 20 anni.
In Italia ci sono attualmente un milione di minori stranieri, di questi634.592 potrebbero avere la cittadinanza dopo l’approvazione del disegno di legge grazie allo ‘ius soli temperato’ e 166.008 grazie allo ‘ius culturae’. Ogni anno potrebbero beneficiarne circa 58.500, di questi circa 50mila nati in Italia ed altri 10mila nati all’estero.
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Foto da associazionecittadinidelmondo.it |
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Foto da sestodailynews.net |
venerdì 14 aprile 2017
Reddito di inclusione sociale per metà dei poveri e gli altri?
Firmato a Palazzo Chigi il Memorandum d’intesa sul Reddito di inclusione. I decreti attuativi saranno approvati entro aprile e riguarderanno circa due milioni di persone, ma gli italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta sono molti di più
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da secondowelfare.it
‘Oggi è un primo risultato ma è la prima volta che l'Italia si dota di uno strumento universale’, ha dichiarato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. ‘La crisi – ha sottolineato il Premier - che abbiamo attraversato, la più grave dal dopo-guerra, ci ha lasciato un incremento della povertà, ci sono 1,5 milioni di famiglie povere. Chi governa deve riconoscere il problema e tra i meriti dell'Alleanza c'è il merito di aver alimentato un atteggiamento esigente verso questo problema’.
Per Susanna Camusso, segretaria della Cgil, il reddito di inclusione è ‘un passo importante anche sul piano del metodo: quello di riconoscere l’Alleanza contro la povertà che da anni sta proponendo una scelta sul tema inclusione e non solo sussidi. Si tratta di una scelta per uscire davvero dalla trappola della povertà, per costruire processi di inclusione e di lavoro che sono poi quelli fondamentali per avere una prospettiva di vita. Certo, le risorse sono ancora insufficienti (2 miliardi di euro) a determinare che questo sia un processo universale, ma intanto pensiamo di aver messo la prima pietra’.

Mensa dei poveri (Foto da cislbrescia.it)
Secondo l’Istat gli italiani poveri sono oltre 4 milioni e 598 mila individui. La misura prevista dal Governo riguarderà meno della metà delle famiglie indigenti. Pertanto, se non ci sarà un incremento delle risorse finanziarie una parte consistente di bisognosi continuerà a vivere in condizioni di povertà assoluta. Il risultato sarà paradossale: anche tra gli ‘ultimi’ si creerà una condizione di disuguaglianza. Poveri che beneficeranno del Reis (Reddito d’inclusione sociale) e poveri che, invece, continueranno a vivere in una condizione d’indigenza economica e sociale.
Per accedere al beneficio monetario bisognerà non avere un reddito ISEE (Indicatore di situazione economica equivalente) superiore ai 6 mila euro, maggiore a quello previsto per il Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) stabilito a 3 mila euro. L’importo del Reis sarà calcolato sulla differenza tra il reddito disponibile e la soglia di riferimento ISR (indicatore della situazione reddituale) che è la parte reddituale dell’Isee. Ad esso verranno sottratte le somme delle altre misure assistenziali percepite dal nucleo familiare, ad eccezione dell’indennità di accompagnamento. Nel decreto legislativo sarà prevista una struttura nazionale permanente di affiancamento alle amministrazioni territoriali per garantire un’applicazione uniforme del Reis.
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Foto da secondowelfare.it |
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Mensa dei poveri (Foto da cislbrescia.it) |
lunedì 20 marzo 2017
Il vescovo di Locri: ‘il lavoro non lo vogliamo dalla ndrangheta’
Le scritte apparse sul muro del vescovado della cittadina calabrese dimostrano che il fenomeno mafioso è ancora fortemente radicato sul territorio e che la strada da fare per estirparlo è ancora lunga e piena di ostacoli
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il manifesto della Giornata in ricordo delle vittime della mafia
(da libera.it)
Dopo la visita di ieri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sono apparse due scritte sul muro del vescovado di Locri, dove risiede il vescovo Francesco Oliva: ‘Più lavoro meno sbirri’ e ‘Don Ciotti sbirro’. Entrambe le frasi sono state cancellate stamani dagli operai del Comune.

Sergio Mattarella e Don Ciotti
(foto da quotidiano.net)
‘L’arroganza’ mafiosa ‘si coglie in ripetuti comportamenti di chi si pone al di sopra della legge. Lo Stato si faccia sentire e tuteli sempre di più chi ha il coraggio di denunciare’ ha dichiarato al Corriere della Sera il vescovo Oliva. Ed ha aggiunto: ‘Da queste parti il bisogno di lavoro è fondamentale, su questo problema vogliamo richiamare l’attenzione per il bene di tutti, ma noi il lavoro non lo vogliamo dalla ‘ndrangheta’, vogliamo un lavoro degno che rispetti i diritti degli operai non il lavoro per il qual si ricorre al capo pastore, al capo cantiere o al boss di turno’.

Monsignor Francesco Oliva
(foto da corrierelocride.it)
Domani nella città calabrese si svolgerà la 22ª Giornata in ricordo delle vittime della mafia. ‘Non poteva esserci luogo più indicato che la Locride per questa giornata. Questa - aveva dichiarato monsignor Oliva alla conferenza stampa di presentazione della manifestazione - è una terra che ha sofferto e soffre. Questa terra è ancora bagnata di sangue e la Chiesa non può che stare vicino a chi soffre, ai familiari delle vittime innocenti. La Locride piange ancora i suoi figli’.
‘La città di Locri – ha detto Don Ennio Staminale, coordinatore regionale di Libera – è stata scelta per ricordare le vittime innocenti delle mafie non solo perché c’è stata una richiesta dai familiari, dal territorio e dal vescovo, ma anche perché ci è sembrato giusto che in un territorio che soffre in maniera particolare per la presenza della ndrangheta si dia un messaggio di speranza e si evidenzi che proprio in questo territorio si sta lavorando per il cambiamento’.
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Il manifesto della Giornata in ricordo delle vittime della mafia (da libera.it) |
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Sergio Mattarella e Don Ciotti (foto da quotidiano.net) |
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Monsignor Francesco Oliva (foto da corrierelocride.it) |
venerdì 10 marzo 2017
Approvato il Ddl, ma la povertà non dovrebbe esistere
‘Approvata la legge sulla #povertà. Un passo avanti per venire incontro alle famiglie in difficoltà. Impegno sociale priorità del Governo’ ha commentato su twitter il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ma la povertà non dovrebbe esistere
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da orizzonte48.blogspot.com
L’unico articolo del Ddl approvato in via definitiva dal Senato delega il Governo ad adottare entro sei mesi i relativi decreti legislativi per introdurre il reddito di inclusione, per riordinare le prestazioni assistenziali e per rafforzare gli interventi dei servizi sociali. I principi ed i criteri previsti dalla delega stabiliscono che il REI oltre ad essere unico in tutto il territorio nazionale è subordinato all’adesione ad un progetto personalizzato di inclusione. Sarà necessario anche il requisito di durata minima di residenza nel territorio nazionale. Inoltre, poiché le risorse finanziarie non saranno sufficienti per tutti i poveri, i beneficiari del provvedimento (circa 400.000) saranno individuati tenendo conto della composizione del nucleo familiare oppure deve trattarsi di donne in stato di gravidanza o di disoccupati con età superiore a 55 anni.

Foto da bin-italia.org
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha definito il provvedimento ‘un passo storico’ perché introduce una misura ‘universale’ che tiene conto del bisogno economico e non più soltanto l’appartenenza a singole categorie come disoccupati, anziani, ecc… Il REI, prosegue il ministro ‘rappresenta il pilastro fondamentale del Piano nazionale per la lotta alla povertà’. Esso si fonda ‘sul principio dell’inclusione attiva, ovvero sul vincolo di affiancare al sussidio misure di accompagnamento capaci di promuovere il reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di coloro che ne sono esclusi’.
Secondo gli ultimi dati Istat in Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione 582 mila famiglie, vale a dire 4,6 milioni di individui, il numero più alto dal 2005 ad oggi. In una società evoluta e sviluppata dove ci sono individui miliardari che posseggono gran parte del patrimonio (secondo il rapporto pubblicato da Oxfam sarebbero appena l’1% della popolazione mondiale), la povertà non dovrebbe esistere. Invece, da sempre convivono due categorie d’individui: una che vive in condizioni di miseria ed un’altra che ‘naviga’ nel benessere e spesso nel superfluo.
Il Ddl approvato dal Parlamento italiano è un ottimo provvedimento, ma di certo non è sufficiente ad eliminare la povertà. In futuro saranno necessari interventi ben più incisivi. L’obiettivo dovrà essere quello di garantire il diritto al lavoro ed un reddito adeguato, tale, cioè, da consentire a tutti un’esistenza dignitosa senza bisogno di ricevere assistenze o elemosine che di fatto mantengono lo status quo.
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Foto da orizzonte48.blogspot.com |
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Foto da bin-italia.org |
martedì 7 marzo 2017
Poesia di Madre Teresa di Calcutta dedicata alla festa della donna

Ritraoo di Madre Teresa di Calcutta
(wikipedia.org)
Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni…
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è a colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’è in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai!
(Fonte: investireoggi.it)
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Ritraoo di Madre Teresa di Calcutta (wikipedia.org) |
martedì 7 marzo 2017
Origini del ‘Woman’s day’
La giornata internazionale della donna si tenne per la prima volta negli Stati Uniti d'America nel 1909, in alcuni paesi europei nel 1911 ed in Italia nel 1922
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Manifestazione femminista - 1977
(foto da wikipedia.org)
Fu chiamata ‘Woman’s day (il giorno della donna) la conferenza tenutasi il 3 maggio 1908 a Chicago per discutere delle condizioni e dello sfruttamento delle donne nei luoghi di lavoro. Da allora il Partito socialista americano indicò di ‘riservare l’ultima domenica di febbraio all’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile’. Il Woman’s day è così diventato la giornata per manifestare le rivendicazioni sindacali e politiche delle donne.
In alcuni paesi europei la giornata della donna fu celebrata, per la prima volta, il 19 marzo 1911. Secondo Aleksandra Kollontaj quella data fu scelta perché in Germania ‘il 19 marzo 1848 durante la rivoluzione, il re di Prussia dovette per la prima volta riconoscere la potenza di un popolo armato e cedere alla minaccia di una rivolta proletaria. Tra le molte promesse che fece allora e che in seguito dimenticò, figurava il riconoscimento del diritto di voto delle donne’.

Foto da wikipedia.org
L’8 marzo del 1917 le donne di San Pietroburgo guidarono una grande manifestazione che chiedeva la fine della prima guerra mondiale. Quella protesta incoraggiò altre manifestazioni che portarono alla caduta dello zarismo. La seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenutasi a Mosca, fissò all’8 marzo la ‘Giornata internazionale dell’operaia’.
Secondo alcuni la data fu scelta invece per ricordare la morte di centinaia di operaie avvenuta nell’incendio scoppiato nel 1908 in una fabbrica di camicie a New York, ma in realtà quella tragedia avvenne il 25 marzo del 1911.
Nel 1977 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose a ciascun paese di dichiarare un giorno all’anno ‘Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e per la pace internazionale’. In Italia, con la fine della seconda guerra mondiale, l’8 marzo fu celebrato in tutto il Paese e vide la comparsa, per la prima vota, delle mimose, che fioriscono nei primi giorni di marzo e che da allora sono il simbolo della festa delle donne.
(Fonte: wikipedia.org)
Manifestazione femminista - 1977 (foto da wikipedia.org) |
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Foto da wikipedia.org |
lunedì 16 gennaio 2017
Oxfam: ‘I ricchi sono sempre più ricchi’
Il rapporto sulle disuguaglianze pubblicato da Oxfam mostra come ‘la metà più povera del pianeta è ancora più povera di quanto calcolato in passato’
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da oxfamitalia.org
In Italia l’1% della popolazione possiede il 26% della ricchezza nazionale, che è oltre 30 volte la ricchezza del 30% più povero. I primi 7 miliardari italiani possiedono più ricchezza del 30% più povero. Tra il 1998 ed il 2011, il 10% più ricco ha accumulato un incremento superiore a quello della metà più povera degli italiani. L’1% della popolazione mondiale possiede dal 2015 più ricchezza del restante 99%.Otto persone possiedono la stessa ricchezza netta (426 miliardi di dollari) dei 3,6 miliardi di persone più povere del mondo, mentre 1 persona su 10 vive con meno di 2 dollari al giorno. Secondo Oxfam ‘1/3 della ricchezza dei miliardari è dovuta a eredità, mentre il 43% a relazioni clientelari.’ Ed ancora: ‘Ovunque nel mondo i governi continuano a tagliare le tasse su corporation e individui abbienti’.

Foto da forexinfo.it
Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, ha dichiarato: “I servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione subiscono tagli, ma a multinazionali e super ricchi è permesso di eludere impunemente il fisco. La voce del 99% rimane inascoltata perché i governi mostrano di non essere in grado di combattere l’estrema disuguaglianza, continuando a fare gli interessi dell’1% più ricco: le grandi corporation e le élites più prospere”. Agire contro le disuguaglianze è difficile, ma non impossibile. Secondo Oxfam sono necessarie politiche occupazionali che garantiscono un salario dignitoso, un sistema di tassazione più progressivo, servizi pubblici di qualità, uno sviluppo che rispetti l’ambiente, un reale ascolto dei bisogni dei cittadini e non solo degli interessi di alcune élites privilegiate. Se si continuerà con queste politiche economiche nei prossimi 25 anni potremmo avere, conclude il rapporto, ‘il primo‘trillionaire’, vale a dire un individuo che possiederà più di 1000 miliardi di dollari, una cifra che si consuma solo spendendo un milioni di dollari al giorno per 2.738 anni’.
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da oxfamitalia.org |
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Foto da forexinfo.it |
martedì 6 dicembre 2016
Istat: nel 2015 sono aumentate la povertà e la distanza reddituale tra ricchi e poveri
Le stime pubblicate dall’Istat sulla povertà nel 2015 ed i livelli di reddito delle famiglie italiane nel 2014, evidenziano il crescente divario tra ricchi e poveri e tra Nord e Sud del Paese
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da dazabeonews.it
Secondo le stime dell’Istatgli italiani che sono a rischio di povertà (19,9%), grave deprivazione materiale (11,5%) o bassa intensità di lavoro (11,7%) sono il 28,7%. Il dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (28,3%), anche se è aumentato il rischio povertà, passato dal 19,4% al 19,9%. A livello territoriale la situazione più grave è nel Mezzogiorno. Le persone coinvolte nel Sud sono salite dal 45,6% al 46,4%. La quota è in aumento anche al Centro (dal 22,1% al 24%), mentre al Nord si registra un calo sia pure minimo (dal 17,9% al 17,4%).

da avantionline.it
Le persone più a rischio (43,7%) sono nelle famiglie con cinque o più componenti. Nel 2014 il reddito medio annuo per nucleo famigliare è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (29.472 euro ossia 2.546 euro mensili). Metà delle famiglie ha percepito un reddito netto non superiore a 24.190 euro (2.016 euro mensili), la media scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili) al Sud. Secondo le stime dell’Istat il 20% delle famiglie ha percepito il 37,3% del reddito totale, mentre il 20% più povero solo il 7,7%. Inoltre dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali è calato di più per le famiglie meno abbienti, ampliando così la distanza tra le famiglie più ricche, il cui reddito è passato dal 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere.
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Foto da dazabeonews.it |
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da avantionline.it |
martedì 25 ottobre 2016
Terroni, migranti o profughi, per i razzisti del Nord Italia non c’è differenza
Negli anni Sessanta e Settanta ad essere trattati con intolleranza erano i ‘terroni’, ora sono i migranti. Mentre nelle coste del Sud Italia gli arrivi sono continui, a Gorino, nel ferrarese, fanno le barricate per respingere 12 donne e otto bambini
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Gorino - (foto da lanuovaferrara.gelocal.it)
‘L'ipotesi di ospitare dei profughi a Gorino non è più in agenda’. A dirlo è stato Michele Tortora, prefetto di Ferrara, dopo le barricate antiprofughi, fatte dai residenti, che ieri hanno impedito l'arrivo di 12 donne profughe nel piccolo centro del ferrarese. ‘Ha prevalso la tranquillità dell'ordine pubblico – ha aggiunto il prefetto - non potevamo certo manganellare le persone. Questo fenomeno o si gestisce insieme con buonsenso oppure non si gestisce. Il mio primo pensiero dopo quello che è successo va alle 12 donne oggetto di contestazione.

Milano anni Settanta
(foto da mentecritica.net)
Non oso pensare a quello che hanno passato nella traversata del Mediterraneo, al viaggio in pullman fino a Bologna e poi fino a Gorino e posso immaginare cosa possono aver provato quando si sono trovate davanti quelle barricate. E' stato un episodio tristissimo.Mi avrebbe fatto piacere che i cittadini di Gorino avessero visto di cosa si trattava, se avessero avuto cognizione dei termini del problema forse le cose sarebbero andare diversamente’.

Ecco come i napoletani accolgono i migranti
(foto da repubblica.it)
Durissimo il commento delministro dell'Interno Angelino Alfano: ‘Di fronte a 12 donne, delle quali una incinta, organizzare blocchi stradali non fa onore al nostro Paese.Poi certo tutto può essere gestito meglio, possiamo trovare tutte le scuse che vogliamo, ma quella non è Italia. Quel che è accaduto non è lo specchio dell'Italia. Non m’interessa se la protesta sia stata organizzata o meno io sto a quello che vedo e quello che vedo è qualcosa che amareggia e che non è lo specchio dell'Italia’.
Ed ancora: ‘Il nostro Paese sono i ragazzi di Napoli che aiutano i soccorritori sul molo quando arrivano i migranti, o il medico di Lampedusa Pietro Bartolo che non guarda a orari’. Dopo la strage di Lampedusa ‘l'Italia poteva scegliere se girarsi dall'altra parte o essere un paese coraggioso. E noi - ha concluso Alfano - abbiamo scelto di essere l'Italia della fatica e del coraggio. anche sapendo che così facendo si sarebbero persi voti’.
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Gorino - (foto da lanuovaferrara.gelocal.it) |
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Milano anni Settanta (foto da mentecritica.net) |
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Ecco come i napoletani accolgono i migranti (foto da repubblica.it) |
lunedì 17 ottobre 2016
In Italia 4,6 milioni di poveri, al Sud gli italiani indigenti superano gli stranieri
Nel Mezzogiorno gli italiani che, nel 2015, si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas sono stati il 66,6 %, il doppio degli stranieri. Si è invertito anche il vecchio modello di povertà, oggi i più indigenti non sono gli anziani ma i giovani
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttosu.virgilio.it
Le persone costrette a lasciare le proprie case a cause di guerre, conflitti e persecuzioni sono state, nel 2015, oltre 65 milioni. In Europa il numero di profughi giunti via mare è stato quattro volte superiore a quello dell’anno precedente. I migranti sbarcati nelle nostre coste lo scorso anno sono stati 153.842. Le persone che hanno fatto domanda di asilo sono state 83.970. Di fronte a questa situazione la politica europea risulta ‘frammentata’ ed ‘inadeguata’. A sostenerlo è la Caritas nel suo ‘Rapporto 2016 su povertà ed esclusione sociale in Italia e alle porte dell’Europa’.

Foto da caritas.it
Secondo i dati Istat in Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 1 milione 582 mila famiglie, vale a dire 4,6 milioni di individui, il numero più alto dal 2005 ad oggi. La condizione di povertà assoluta è quella di chi non riesce ad accedere ai beni e servizi necessari per una vita dignitosa. In questa situazione si trovano soprattutto le famiglie che vivono nel Mezzogiorno e quelle con due o più figli minori o nuclei familiari stranieri e quelli in cui il capofamiglia è in cerca di un’occupazione. Inoltre, oggi la povertà assoluta è inversamente proporzionale all’età, aumenta cioè al diminuire di quest’ultima. Penalizza soprattutto i giovani in cerca di prima occupazione. Il Rapporto cita anche i dati raccolti presso i Centri di Ascolto della Caritas o collegate con esse. Il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%), ma nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è stata, nel 2015, del 66,6%. Al Nord la media delle persone ascoltate è stata del 34,8%, al Centro del 36,2%. L’indagine della Caritas si conclude con una serie di proposte. Tra queste un piano pluriennale di contrasto alla povertà e di politiche tese a contrastare la disoccupazione, soprattutto giovanile, ed ancora, l'attivazione di politiche inclusive e di accoglienza dei migranti e l'apertura di canali legali di ingresso nell’UE.
‘La cifra totale di 4,6 milioni di poveri, più che raddoppiata rispetto all’inizio della crisi, 8 anni fa, non è compatibile con i doveri di un Paese tra i più sviluppati al mondo’. Così la presidente della Camera Laura Boldrini, nel messaggio per la Giornata contro la povertà. ‘La povertà è come una macchia scura che si allarga nella società italiana e resta ancora senza risposta la diffusa domanda di un reddito di dignità’, malgrado varie proposte di legge. ‘Mi auguro – conclude Laura Boldrini - che Governo e Parlamento trovino la strada’.
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da tuttosu.virgilio.it |
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Foto da caritas.it |
venerdì 14 ottobre 2016
Non ci può essere crescita economica senza ridurre le disuguaglianze
Eugenio Scalfari in un editoriale su repubblica.it sostiene la necessità della ‘patrimoniale’ perché essa ‘attenua le diseguaglianze ed incita occupazione e consumi’
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Eugenio Scalfari - (Foto da huffintonpost.it)
La crescita economica è determinata dall’incremento dei consumi e degli investimenti. I primi crescono aumentando le retribuzioni più basse o creando nuovi posti di lavoro. Questi ultimi dipendono dagli investimenti sia pubblici che privati. Lo Stato e gli enti locali possono farlo solo incrementando le entrate tributarie oppure il debito pubblico. Ovviamente il presupposto indispensabile per attuare politiche di ‘deficit spending’ è un debito sovrano sostenibile, eccessivi ed ulteriori disavanzi del bilancio sarebbero pericolosi e potrebbero provocare il default com’è avvenuto in Grecia, in Argentina, ecc..

Foto da wallstreetitalia.com
Dal 2011 in Italia l’unica alternativa ‘pubblica’ praticabile per favorire la crescita economica è la redistribuzione della ricchezza.L’ipotesi, non nuova, è stata formulata da Eugenio Scalfari in un suo editoriale su repubblica.it. Il ragionamento del giornalista romano è semplice ed è il seguente: sulle buste paga dei lavoratori gravano contributi previdenziali per il 9,19% e sui datori di lavoro per il 23,81%. L’ammontare totale del cosiddetto cuneo fiscale è di circa 300 miliardi di euro l’anno. Secondo Scalfari occorre ridurre questo prelievo di almeno il 30%, vale a dire di circa 80 miliardi che lo Stato dovrebbe fiscalizzare sui redditi superiori a 120 mila euro annui. Una sorta di patrimoniale che ‘attenua le diseguaglianze e incita occupazioni e consumi’.

Vignetta da documentazione.info
Poichè lo Stato italiano è obbligato a limitare la spesa pubblica (sia perché non può incrementare il suo debito sovrano, sia perché le sue politiche economiche spesso sono inefficienti o di natura assistenziale) non resta che incentivare gli investimenti dei privati. Con la globalizzazione molte imprese hanno delocalizzato all’estero, hanno cioè trasferito la produzione nei Paesi dove la pressione fiscale è minore e il costo del lavoro è più conveniente. Secondo Scalfari per indurre le aziende private ad investire, creare lavoro ed incrementare i consumi è indispensabile ridurre le tasse sul lavoro.L’argomentazione è logica, ma resta un dubbio: basterà la riduzione del cuneo fiscale per indurre le imprese italiane e straniere ad incrementare gli investimenti nel nostro Paese?
Inoltre, in questo ragionamento non c’è nessun riferimento alla Questione meridionale. La disoccupazione ed il sottosviluppo non sono in tutto il Paese, ma solo nelle regioni del Sud. Tornare ad investire nel Meridione non sarebbe proprio una cattiva idea. E’ solo una questione di scelte politiche e pertanto, se si vuole una ‘vera’ crescita Pil, è necessario che l’annosa questione delle disuguaglianze economiche tra le diverse aree del Paese torni al centro del dibattito politico.
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Eugenio Scalfari - (Foto da huffintonpost.it) |
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Foto da wallstreetitalia.com |
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Vignetta da documentazione.info |
lunedì 8 agosto 2016
#Nessunotocchicaino: nel 2015 eseguite almeno 4.040 condanne a morte, in aumento rispetto al 2014
I Paesi che hanno deciso di abolire la pena di morte sono oggi 160, ma le sentenze eseguite sono in aumento. A dirlo è il rapporto pubblicato dall’associazione Nessuno tocchi Caino
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da corriere.it
I Paesi o i territori che per legge o di fatto hanno abolito la pena di morte sono 160. Di questi 104 sono totalmente abolizionisti, sei solo per i crimini ordinari ed altrettanti sono quelli che attuano una moratoria, mentre sono 44 i Paesi che non eseguono sentenze da almeno 10 anni o che si sono impegnati ad abolire la pena di morte.

Foto da wikipedia.org
Al 30 giugno del 2016 i Paesi dov’è ancora in vigore la pena capitale sono diminuiti a 38 dai 54 del 2005. Nonostante ciò nel 2015 le esecuzioni sono aumentate a 4.040 rispetto alle 3.576 del 2014, ma sono diminuite rispetto alle 5.375 condanne eseguite nel 2008. L’aumento avvenuto nell’ultimo anno è dovuto al crescente numero di esecuzioni avvenute in Iran, Pakistan ed Arabia Saudita.
Il Nebraska nel maggio del 2015 è diventato il diciannovesimo Stato della federazione americana ad aver abolito la pena di morte, mentre in altri 4 Stati i Governatori hanno sospeso le esecuzioni. Lo scorso anno e nei primi sei mesi del 2016, altri 43 Paesi hanno abolito la pena di morte o hanno deciso la moratoria. Scriveva Cesare Beccaria nel 1764 nei Dei delitti e delle pene: ’Parmi un assurdo che le leggi, che sono l´espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall´assassinio, ordinino un pubblico assassinio’.
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Foto da corriere.it |
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Foto da wikipedia.org |
mercoledì 3 agosto 2016
Stalking e femminicidi, ormai è un ‘bollettino di guerra’
Dal 2015 ad oggi oltre novemila donne sono state vittime di violenze e 1260 di stalking, quest’anno gli omicidi sono già 61
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da libertaegiustizia.it
L’inasprimento delle pene non frena il reato di femminicidio. Rispetto al passato sempre più donne trovano il coraggio di denunciare, anche se si calcola che siano solo il 10% del totale. La maggior parte delle violenze, è bene precisarlo, avvengono all’interno della famiglia. Le nuove norme stanno facendo emergere un fenomeno che per tanto, troppo tempo è rimasto nascosto tra le mura domestiche, ma esse non sono sufficienti a fermare i maltrattamenti.
In genere i comportamenti violenti sono preceduti da minacce e molestie che si ripetono nel tempo sino a sfociare, in taluni casi, nell’assassinio. Gli omicidi avvengono con crudeltà ed è sempre più frequente l’uso dell’acido o di sostanze infiammabili.
Stamane Nicola Piscitelli, cinquantacinque anni, si è presentato alla stazione dei carabinieri di Santa Maria Capua Vetere per costituirsi. Ai militari ha confessato di aver ucciso a coltellate la sua compagna Rosaria Lentini.
Ieri l’assassino di Vania, quarantasei anni di Lucca, data alle fiamme dall’uomo con cui aveva avuto una relazione.
Nel febbraio scorso, Paolo Pietropaolo ha dato fuoco alla sua compagna perché aveva una relazione con un altro uomo. La giovane di Pozzuoli è stata ricoverata in gravissime condizioni.

Foto da ansa.it
Nel bresciano, il 20 novembre scorso, un uomo di origini indiane ha dato fuoco alla moglie solo perché non gli andava bene il modo con cui si vestiva.
Il 9 giugno di quest’anno Vincenzo Paduano ha strangolato e poi bruciato Sara Di Pietrotantonio studentessa di ventidue anni. La sua unica colpa è stata di essersi rifatta una vita con un altro uomo.
Il mese scorso, a Tuglie (Le), Alezandru Edec Ionuf, romeno di ventiquattro anni, ha dato fuoco alla sua compagna davanti ai figli di uno e tre anni. La donna ha riportato ustioni gravi su tutto il corpo.
Questi uomini non amano le loro donne, le vogliono possedere. Sono ‘ominicchi’ che non accettano di essere lasciati o di vederle felici con un altro compagno. In loro c’è una naturale predisposizione alla violenza, quello che provano non è amore, è odio verso un individuo che non possono più controllare. Ed è per questo che le leggi non bastano a fermare il fenomeno. E’ un fatto culturale che si combatte con l’educazione alla tolleranza, al rispetto della vita e della dignità di tutti gli esseri umani, senza distinzione alcuna.

Pietro Grasso - (foto da europaquotidiano.it)
Il presidente del senato Piero Grasso così ha commentatogli ultimi omicidi: ‘Da uomo fatico a spiegarmi cosa possa spingere ad usare una tale brutalità, a covare così tanto odio nascondendosi dietro presunti sentimenti quali l'amore, il dolore per una storia che finisce, la disperazione. Niente di tutto questo: spero che non si usino più, raccontando queste storie, termini ambigui e giustificatori come raptus, gelosia, disagio, rifiuto. Sono solo squallidi criminali e schifosi assassini’. Ed ancora: ‘C'è un grande lavoro da fare, tutti insieme, per sradicare i resti di una cultura maschilista e possessiva che ancora permea la nostra società. Stare insieme è una sfida quotidiana: uomini e donne non si appartengono, si scelgono ogni giorno. Liberamente’.
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Foto da libertaegiustizia.it |
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Foto da ansa.it |
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Pietro Grasso - (foto da europaquotidiano.it) |
martedì 28 giugno 2016
Unicef, 69 milioni di bambini rischiano di morire
Entro il 2030 sessantanove milioni di bambini con meno di 5 anni rischiano di morire, a denunciarlo è l’Unicef nel rapporto annuale sulla Condizione dell’infanzia nel mondo 2016
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da unicef.it
Il rapporto, pubblicato dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia ed intitolato ‘La giusta opportunità per ogni bambino’, evidenzia gli importanti progressi che sono stati fatti ma anche che il rischio di morte per milioni di bambini è ancora molo alto. I decessi avvenuti per diverse malattie come pertosse o Aids sono scesi da 5,4 milioni del 2000 a 2,5 milioni del 2015. Tra il 2000 ed il 2014 i morti per morbillo sono diminuiti dell’80% e, dal 1990, il numero di coloro che vivono in uno stato di assoluta povertà si è dimezzato. Tuttavia, questi progressi non sono ancora sufficienti. I bambini più poveri hanno il doppio delle possibilità di morire rispetto a quelli più ricchi e 750 milioni di donne si sposeranno da bambine. Un neonato in Sierra Leone ha una probabilità di morire 30 volte superiore a quella di uno nato nel Regno Unito.

Foto da commons.wikipedia.org
Nell’Africa Sub Sahariana due bambini su tre vivono in condizioni di povertà estrema. Se le cose non cambieranno, denuncia l’Unicef, entro il 2030 in quest’area del mondo si verificheranno metà dei morti dei 69 milioni ipotizzati dal rapporto, oltre 30 milioni di bambini non frequenterà le scuole e di essi nove su dieci vivranno in condizioni di povertà estrema.
Il quadro per il 2016 è, secondo l’organizzazione delle Nazioni Unite, preoccupante se ‘i governi, i donatori, le organizzazioni internazionali e del mondo economico non accelereranno i propri sforzi a favore dei bisogni di questi bambini. Investire sui più svantaggiati - sottolinea il rapporto - può dare benefici nell'immediato e nel lungo periodo. La diseguaglianza non è permanente o insormontabile’.
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Foto da unicef.it |
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Foto da commons.wikipedia.org |
sabato 19 dicembre 2015
Volontariato e Protezione civile fanno il pieno di consensi
