Mario Draghi boccia la proposta del segretario del Partito democratico di tassare le successioni dei grandi patrimoni
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Mario Draghi e Enrico Letta (foto da theitaliantimes.it) |
Un'imposta del 20% sulle successione oltre i 5 milioni di euro per finanziare
progetti per l’occupazione dei giovani. Questa è in sintesi la sua proposta. Il
presupposto di Enrico Letta è semplice. Molti neodiplomati o neolaureati fanno
fatica a trovare lavoro e spesso sono costretti ad emigrare o peggio ancora a
non trovare una occupazione stabile.
Lo Stato deve invertire questa tendenza. Occorre dare un'opportunità di impiego a
chi intende restare nel nostro paese. Ecco alcune proposte concrete. Portare l’obbligo
scolastico a 18 anni. Finanziare gli studi universitari a chi non può permetterselo.
Investire nella ricerca e nelle startup. E così via.
Tutto
questo ha un costo e, secondo il segretario democratico, non può e non deve essere
coperto ricorrendo ad altro debito pubblico. Finirebbe per gravare sul futuro
dei giovani che si vogliono aiutare. Una tassazione sulle successione dei ‘ricchì’
sarebbe la soluzione. Non solo. Sarebbe anche giusta da un punto di vista
etico. Le eredità milionarie servono a garantire un privilegio. Ad accrescere cioè
disuguaglianze ed ingiustizie. Sarebbero, inoltre, la principale causa delle
migrazioni di giovani verso città e paesi che invece sono felici di accogliere italiani
capaci e preparati che nel nostro paese non trovano lavoro.
La
proposta di Enrico Letta è una goccia in un oceano di ingiustizie, eppure Mario Draghi ha detto di no. Che non è il momento di chiedere ma di dare. Strano modo
di ragionare quello del presidente del Consiglio. Di cosa ha bisogno uno che ha
ereditato un patrimonio milionario o addirittura miliardario?
Gli
oltre 43 mila euro di debito pubblico che gravano su ogni italiano
non fanno nessuna differenza tra il disoccupato ed il ricco, quello è un ‘fardello’
uguale per tutti, non distingue cioè tra il benestante ed il povero, tra l’anziano
ed il giovane, è una ‘montagna’ che pesa indifferentemente su tutti, neonati compresi.
Oggi
è un debito sostenibile perché i tassi di interesse che dobbiamo pagare ogni anno sono ‘insignificanti’, si fa per dire, ma quando questi
torneranno a crescere chi dovrà sopportarne le conseguenze? Non c’è bisogno di essere
un indovino per capire che saranno soprattutto i giovani, in particolare quelli
che hanno un lavoro precario e malpagato, ma per il nostro premier non è il
momento di chiedere ma di dare.
Quando c’è da prendere siamo tutti uguali, quando c’è da pagare emergono le differenze.
Tutto, ovviamente, senza se e senza ma.
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