Nasce la Super League, ossia una competizione destinata solo ad alcuni tra i club europei più ricchi e potenti e che ha come fine solo quello di aumentare gli incassi e tutelare le squadre fondatrici da eventuali défaillance sportive
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Il Grande Torino - (foto di @bolognari) |
Non
ci sono squadre della Germania, della Francia, dell’Olanda, del Portogallo, etc.
Alcuni grandi giocatori ed allenatori hanno già detto che lasceranno i club che
hanno aderito al nuovo torneo. Contro l’iniziativa si sono
espresse la Uefa, l’Eca e la Fifa.
La
nuova competizione è stata voluta fortemente dal presidente della Juventus
Andrea Agnelli. Il suo è il ragionamento di un uomo che è nato ricco e che non
accetta la possibilità che si possa essere bravi anche se non si dispone di
risorse finanziarie illimitate. Chissà cosa avrebbe detto l’avvocato Gianni Agnelli e cosa
ne pensano Silvio Berlusconi e Massimo Moratti.
Prima i soldi, poi lo sport. Il potere nel Calcio non può essere dei 'poveri'. Solidarietà e
meritocrazia sono parole obsolete per i grandi club di Spagna, Italia e
Inghilterra. Solo chi ha più tifosi e risorse conta. La ridistribuzione equa
degli introiti miliardari derivanti dai diritti televisivi è, per loro, un peso
insopportabile. È la legge del più forte o, almeno, di chi si sente tale.
Lo sport come inclusività e solidarietà è, per questi ‘paperoni’, un valore superato.
È l’addio al calcio dilettantistico ed a quello amatoriale, quello dei campetti di
provincia o di periferia che praticavamo da adolescenti e che ci ha fatto amare questo gioco. Oggi
contano solo i club dei più ricchi. Tutto il resto è ‘inutile’ e superfluo. È il
passato.
Il paradosso è che si tratta di società che dispongono già di ingenti risorse finanziare. Club che continuano a spendere di più di quanto incassano e che, spesso, lo fanno a debito. Non solo. Esse hanno il supporto di grandi multinazionali pronte a coprire le ingenti perdite accumulate.
C’è
un’altra stranezza. Alcuni di questi club sono di proprietà di miliardari stranieri.
Il loro scopo è fare speculazioni finanziarie. Utilizzano lo sport per ottenere
riconoscimenti e fama e per continuare ad accumulare ricchezza.
Ma
tutto questo ai ricchi non basta.
La nuova Super League è la sublimazione del capitalismo e delle sue disuguaglianze. E
non è un caso che a volerla siano pochi miliardari privilegiati che, tra l’altro,
non hanno nessun merito sull’accumulazione spropositata della loro ricchezza.
Ma forse è proprio questo che li spinge ad essere egoisti. Chi non ha mai
vissuto nella privazione non può capire né tantomeno accettare i principi di solidarietà
ed altruismo.
A noi
bastava poco. La strada o il cortile erano il campo da gioco, due sassi i pali
delle porte, un super Santos sgonfio o bucato era il pallone. Nient’altro. Era
allegria e spensieratezza. Era poesia, era il gioco del calcio. Chi non ha
vissuto l'adolescenza nei campetti di periferia non può capire.
Se lo
sport perde la sua essenza, allora resteranno solo i soldi. Diventerà uno sport
di élite, per pochi come il golf o il Polo.
Se la Super League sarà questo, allora sarà meglio passare ad altro.
Nessun commento:
Posta un commento