Gennarino aveva appena 12
anni quando una granata ‘lo sfracellò sul posto di combattimento insieme al
mitragliere che gli era al fianco’, era il 29 settembre del 1943
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Napoli, giovani combattenti, 28 settembre 1943 (foto da facebook.com) |
Il
28 settembre del 1943 Gennaro Capuozzo uscì di casa come faceva sempre per
andare al lavoro. Sì, perché a quei tempi i bambini andavano al lavoro. Quando
fu per strada sentì ‘gli spari di una pistola, si girò e vide i corpi di una
giovane donna, un uomo ed un bambino, più in là una camionetta con alcuni
soldati tedeschi che si allontanava’. Gennarino non esitò. Tornò a casa, 'prese una pagnotta', diede un bacio alla madre e gli disse: ‘Mammà, nun mi aspettà, tornerò quann Napl sarà libera’.
Aveva
l’entusiasmo e l’ingenuità che hanno i bambini. Si sentiva invincibile e con
lui tanti altri scugnizzi. Tutti insieme andarono a fare la guerra come se fosse un gioco, come se fossero imbattibili. La notizia si sparse subito in
città: un gruppo di ragazzini stava combattendo l’occupante nazista.
Dopo
tre giorni di duri scontri ‘giunse la voce che erano state fucilate dieci persone, tra cui tre donne e tre bambini’. Il pensiero degli insorti fu
quello di reagire, di vendicare quei martiri. Ovviamente, tra loro c’erano
anche Gennarino ed il suo gruppo. Armati con le mitragliatrici raccolte per
strade, i giovani combattenti, bloccarono un automezzo tedesco. Fu allora che Gennarino lanciò una bomba a mano ed intimò
ai soldati la resa. Il comandante, che poco prima aveva ordinato la strage, l’autista ed il mitragliere furono costretti a scendere dal camion con le mani
alzate e fatti prigionieri.
Non era un gioco, non era una guerra tra guardie e ladri o agli indiani ed i cow boy come alcuni decenni più tardi tanti ragazzini
avrebbero fatto per imitare i pistoleri del Far West. No, era la guerra e dietro
l’angolo c’era la morte o la vita. Ma Gennarino ormai era un eroe e non ci
pensava proprio, si limitava a scansare le pallottole e ad evitare le granate.
Non
c’era tempo da perdere, bisognava cacciare i tedeschi dalla città per porre
fine a tanta distruzione e morte. Si armò con un mitragliere, 'si riempì le tasche
di bombe a mano ed impavido corse verso un carrarmato tedesco'. Ma proprio mentre
stava per lanciare una bomba, una granata lo centrò in pieno. Il ragazzino combattente ora giaceva a terra con il volto sfigurato e con la bomba ancora
stretta in mano. Era il 29 settembre, il giorno dopo le truppe tedesche lasciarono la città.
No, non era come a guardie e ladri, dove alla fine ci si rialza e si
torna a scherzare con i compagni. No, nel 1943 a Napoli c’era la guerra, si uccideva e si moriva per ridare dignità alla città ed al popolo
italiano e tu, Gennarino, nella tua innocenza e spavalderia, rimarrai per sempre un
simbolo ed un martire di quella Lotta e di quella Liberazione.
Fonte wikipedia.org
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