sabato 25 maggio 2019

La metamorfosi politica di Matteo Salvini


'Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?', A. Depretis, 8 ottobre 1882 

La metamorfosi - (copertina del libro da it.wikipedia.org)
L'Italia è il paese del trasformismo politico, ma quello realizzato da Matteo Salvini è qualcosa di più: è una vera e propria metamorfosi kafkiana. La coerenza politica ed ideale non è nel Dna del vicepremier e ministro degli Interni del governo 'Pentaleghista'. 'Qualunque cosa accada voglio mantenere la parola data' o 'rispetteremo tutti gli impegni presi con gli italiani', ripete spesso il leader leghista ai suoi alleati e soprattutto ai suoi elettori. 'Non guardo ai sondaggi, il governo durerà 5 anni', aggiunge nelle interviste e nei frequenti comizi.
Eppure, il vicepremier non è un uomo coerente, almeno negli ideali e nella linea politica. All'inizio della sua carriera era un giovane frequentatore del Centro sociale Leoncavallo, poi è diventato 'comunista padano' e secessionista, oggi è un fautore inflessibile della linea politica dei ‘porti chiusi’, nonchè sdoganatore dei fascisti e scrittore per una casa editrice vicina a CasaPound. Il percorso ideale compiuto da Matteo Salvini è una metamorfosi che, per certi aspetti, è unica nella storia recente del nostro Paese.
Fino al 2014 la Lega Nord ed il suo leader erano indipendentisti. Ma, quando Matteo Salvini diventa il segretario del partito ne cambia repentinamente il nome, eliminando la parola ‘Nord’ ed i simboli secessionisti e ne adatta la linea politica: da autonomista padano a sovranista e a ‘prima gli italiani’. L’obiettivo è raccogliere consensi elettorali in tutto il Paese, anche al Sud. Il boom di voti ottenuti il quattro marzo 2018 ed i sondaggi degli ultimi mesi sembrano dare ragione al mutamento genetico attuato dei sostenitori di Albert de Giussan
La convenienza politica per la Lega è evidente anche nella stipula del cosiddetto ‘contratto di governo’ con i grillini. Se Matteo Salvini vuole mantenere e consolidare la leadership nella Destra italiana deve impedire un ritorno al potere dei moderati di Forza Italia e soprattutto di Silvio Berlusconi.  
'Il fine giustifica i mezzi', sosteneva nel lontano 1532 ne 'Il Principe' il filosofo fiorentino Niccolò Machiavelli, ed il leader leghista lo applica senza se e senza ma. Il ‘fine’, ovviamente, è il potere.


domenica 12 maggio 2019

Il lavoro che non c’è, almeno che non c’è per tutti. Ecco come porvi rimedio

Le previsioni sul mercato del lavoro per i prossimi decenni sono inequivocabili: milioni di posti di lavoro saranno svolti dai robot e, di conseguenza, molti lavoratori rimarranno senza occupazione. Ecco come porvi rimedio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Banksy, murales - Foto da diggita.it
Agli albori della rivoluzione industriale (inizio XIX secolo) nacque il movimento ‘luddista’. Nelle fabbriche con i nuovi macchinari si produceva di più, ma si riducevano i posti di lavoro. Per alcuni anni i lavoratori, capeggiati da Ned Lud, protestarono distruggendo i macchinari, ritenuti responsabili della perdita del posto di lavoro. Poi essi capirono che il problema non erano le nuove tecniche produttive, ma la diseguale distribuzione della ricchezza prodotta. Oggi sta avvenendo la stessa cosa. Innovazione tecnologica ed informatizzazione stanno riducendo i posti di lavoro e la disoccupazione sta diventando sempre più strutturale, cioè permanente. Nel nostro Paese la situazione è già grave. Il tasso di disoccupazione stimato dall’Istat è del 10,2%. Nel 2018 il tasso di occupazione era del 58,9%, ma se nel Nord era del 67,3% e nel Centro del 63,2%, nel Mezzogiorno era del 44,5%. Inoltre, molti contratti sono a temine, cioè sono lavori precari e, spesso, mal pagati. La situazione è particolarmente difficile nel Meridione, dove sommerso e lavoro nero sono la prassi per molte attività imprenditoriali. 
La mancanza di investimenti adeguati in queste regioni non è frutto solo dell’atavica incapacità d’iniziativa imprenditoriale dei meridionali, ma è la conseguenza di precise scelte di politica economica. Il federalismo fiscale attuato dai governi nazionali negli ultimi tre decenni ha impoverito il Sud. Inoltre, la presenza della criminalità organizzata e la distanza dai mercati di sbocco hanno limitano gli investimenti esteri e quelli pubblici. Insomma, il lavoro non c’è, almeno non c’è per tutti, e non c’è soprattutto in alcune aree geografiche del Paese. Non solo ma in futuro, con le nuove tecnologie i disoccupati aumenteranno e con essi i poveri, e, comunque, coloro che sono a rischio di esclusione sociale. Si può porre rimedio a tutto questo? La soluzione c’è ed è semplice, ma è difficile da applicare. Occorre ridurre le disuguaglianze con una equa redistribuzione della ricchezza prodotta. Questo può avvenire in diversi modi. 
Innanzitutto, introducendo nuove imposte, ma è difficile farlo in un mercato globalizzato, dove basta un clic sul computer per spostare masse ingenti di risorse finanziarie. La delocalizzazione non è solo produttiva ma anche di capitali ed è un fenomeno destinato a durare nel tempo. Le imprese si spostano dove maggiori sono i profitti e dove la tassazione è minore. È la logica del capitalismo. Una misura di questo genere potrebbe essere efficace solo con un provvedimento di riforma fiscale emanato dell’Unione europea. Oppure sotto la spinta di un grande movimento sindacale e politico come quelli che si sono affermati nel secolo scorso.
Un altro modo è intervenire direttamente sul mercato del lavoro. Poiché le ore disponibili non sono sufficienti a garantire a tutti un reddito ed una vita dignitosa, l’unica soluzione possibile è ridurre l’orario di lavoro mantenendo e, possibilmente, incrementando i livelli retributivi attuali. Meno ore di lavoro, più occupazione e retribuzioni più alte. Un'altra possibilità è un reddito minimo garantito a tutti, ricchi compresi. Del resto, il sistema ad economia mista si fonda sui consumi, ma questi non possono crescere sempre a debito, è più logico redistribuire la ricchezza e dare a tutti la possibilità di vivere in modo dignitoso. 
Le soluzioni ci sono e se si vuole sono semplici da attuare, ma perché non si mettono in pratica? La risposta è ovvia: chi ha tanto vuole ancora di più e non è disposto a cedere una parte della sua ricchezza a chi non ha nulla o quasi. È un fatto culturale e di giustizia sociale. Occorre vincere gli egoismi e ridurre le disuguaglianze sociali. Ci vuole tempo, ma prima o poi lo capiranno anche coloro che governano gli Stati e l’economia, almeno così dovrebbe essere.

Fonte istat.it

mercoledì 8 maggio 2019

Peppino Impastato: ‘Passeggio per i campi con il cuore sospeso nel sole’

‘Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio, negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare, aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato, si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un ideale ti porterà dolore', Modena City Ramblers 

di GiovanniPulvino(@PulvinoGiovanni)

1968, comizio di Peppino Impastato nel cortile del palazzo
comunale di Cinisi - (foto da centroimpastato.com)
Peppino Impastato è nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948. Rompe presto i rapporti con il padre Luigi affiliato alla famiglia mafiosa di Cinisi. Nel 1965 fonda il giornalino L’idea socialista ed aderisce al Psiup. Dal 1968 partecipa alle lotte dei contadini, degli edili e dei disoccupati. Nel 1976 fonda il gruppo Musica e cultura e, l’anno successivo, Radio Aut, un’emittente radiofonica libera ed autofinanziata. Il programma più seguito fu Onda pazza a Mafiopoli, con cui il giovane Impastato insieme ad i suoi amici sbeffeggiava i politici ed i mafiosi di Cinisi e Terrasini. Tra loro c’era Gaetano Badalamenti, allora potentissimo boss della mafia siciliana. 
Nel 1978 si candida alle elezioni provinciali con la lista di Democrazia Proletaria, ma viene assassinato nella notte tra l’otto ed il nove maggio di quell’anno. Gli elettori di Cinisi, pochi giorni dopo, lo eleggono simbolicamente nel Consiglio comunale. Quella morte passò quasi inosservata perché in quelle stesse ore venne ritrovato in via Caetani a Roma il cadavere del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, che era stato rapito e successivamente ucciso dalle Brigate Rosse. All’inizio la stampa, le forze dell’ordine e la magistratura parlarono di un attentato terroristico. I depistaggi e le complicità mafiose non scoraggiarono la madre ed il fratello di Peppino Impastato che intrapresero una dura lotta per far emergere la verità sul suo assassinio. Nel maggio del 1984 gli inquirenti, allora guidati dal giudice Caponnetto, riconobbero la matrice mafiosa dell’omicidio. Il 5 marzo del 2001 la Corte d’assise di Palermo ha condannato a trent’anni di reclusione come mandante dell’omicidio Vito Palazzolo. L’11 aprile dell’anno dopo, per lo stesso motivo, fu emessa la sentenza di ergastolo per Gaetano Badalamenti. 
Peppino Impastato combatté e morì perché era uno spirito libero, un uomo che non sopportava le ingiustizie e le 'malefatte' delle famiglie mafiose. Ecco come dai microfoni di Radio Aut denunciava con fermezza ed ironia gli ‘affari’ perpetrati dai politici e mafiosi di Cinisi. 
Peppino: ‘E sì, siamo nei paraggi del Maficipio di Mafiopoli. È riunita la Commissione Edilizia. All’ordine del giorno l’approvazione del Progetto Z-11. Il grande capo, Tano Seduto, si aggira come uno sparviero nella piazza. Si aspetta il verdetto’. 
Salvo: ‘Ed ecco tutti i grandi capi delle grandi famiglie indiane tutti qua: c’è Mano cusuta, o Cusuta-mano, poi c’è Quarara Calante, eccolo là, con il suo bel pennacchio, c’è anche l’esploratore, il Pari, … deve essere un pari d’Inghilterra … e, infine, a presiedere questa seduta, veramente in tutta la sua maestosità …’. 
Peppino: ‘C’è il grande capo, i due grandi capi, Tano Seduto e Geronimo Stefanini, sindaco di Mafiopoli … Sì, i membri della Commissione discutono … c’è qualche divergenza ma sono fondamentalmente d’accordo. Sì, si stanno mettendo d’accordo sull’approvare il progetto Z-11 …’.
Faro: ‘Nuvolette discontinue verso il vice-capo Franco Maneschi. Gli comunicano che il progetto Z-11 è passato e che lui l’ha presa regolarmente nel culo… Sei miliardi… sei miliardi (spari)… Sì, sono sempre gli argomenti con i quali il grande capo Tano Seduto ha imposto la sua legge. 
Salvo: Ma che fa’ ti lamenti? Bada… bada…’. 
Peppino: ‘Bada a come ti lamenti, porco cane… (musica). È stato difficile, ma per don Tano non esistono ostacoli (spari)…’.  
Salvo: ‘Sì, avremo una terra anche per noi, miei prodi. Tutta nostra. Eccola là, con il mare che luccica, eccola là, con le onde che lambiscono dolcemente la riva… Avremo coperte… Viveri… ARMI’.  
Faro: ‘Non si muoverà foglia che Tano non voglia’.

Fonti: wikipedia.org e centroimpastato.com