di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Stazione di Santo Stefano di Camastra (Me) |
La
tratta che il convoglio ferroviario sta percorrendo si snoda lungo la costa
nord della Sicilia.
Alla sua sinistra è un continuo susseguirsi di colline frastagliate da alberi
di ulivo o da terreni scoscesi e pieni di arbusti, interrotte di tanto in tanto
dalle case dei piccoli paesini e dalle loro stazioni deserte ravvivate solo di
primo mattino dalla presenza dei pendolari. Alla sua destra s’infrangono sugli
scogli, a pochi metri dai vagoni, le onde del mare, il Tirreno, e dal
finestrino è possibile scorgere l’orizzonte, la cui linea è spezzata dalla
sagoma di una delle sette isole dell’arcipelago delle Eolie, sarà Alicudi o
Filicudi? Chissà, da questa parte della Sicilia è difficile distinguerle, ma
del resto cosa importa, a quest’ora del mattino una vale l’altra. Ad est sta
albeggiando e ad ovest, dove nel tardo pomeriggio si poggia quotidianamente il
Sole con i suoi ultimi raggi, sta tramontando la Luna, ha un colore difficile
da definire è una specie di rosso tenue quasi arancione, di certo è uno
spettacolo straordinario, ma solo chi è mattiniero come i lavoratori pendolari
può godere di questo miracolo della natura.
Siamo
a metà del percorso eppure le carrozze sono già piene e non si comprende perché non sia
stato predisposto da Trenitalia un numero maggiore di vetture, dalla prossima
fermata sarà difficile trovare posto a sedere. I vagoni sono in buone
condizioni ma sono di seconda mano, di certo già utilizzati in altre tratte,
probabilmente nel nord del Paese. Alcuni di questi treni (es. il Minuetto) sono
stati progettati con un numero limitato di posti ed erano destinati,
inizialmente, per corse brevi ora invece sono utilizzati per percorsi più
lunghi. L’affollamento è inevitabile, ma a chi importa dei lavoratori, degli
studenti e di chi non può permettersi o non ha voglia di viaggiare in auto o in
pullman?
I
volti che s’incontrano sono quasi sempre gli stessi, dopo un po’ ci si riconosce,
qualcuno accenna un saluto, altri sono solo preoccupati di trovare un posto a
sedere. Durante il viaggio sono pochi coloro che hanno voglia di chiacchierare,
c’è chi tira fuori un tablet o uno smartpfone ed inizia subito a smanettare sul touchscreen per chattare, lavorare o
giocare, di certo si estranea da ciò che lo circonda. Se poi qualcuno risponde
al cellulare o fa una chiamata vorresti evitare di ascoltare ma come si fa?
Sono
quasi le otto, siamo a Bagheria o Baarìa come il titolo del film diretto nel
2009 da Giuseppe Tornatore ed ambientato nella caotica cittadina siciliana che
è famosa per i suoi palazzi settecenteschi e per le sue magnifiche ville, oggi
purtroppo quasi tutte chiuse o inaccessibili. E’ la penultima fermata prima di
arrivare a Palermo e per i pendolari
che scendono la giornata inizia solo adesso, anche se per loro sono già
trascorse almeno tre ore dal suono della sveglia. Ed è così per ogni giorno lavorativo, per tutto l’anno.
In questi tempi
difficili e nonostante i sacrifici ‘aggiuntivi’ che questi lavoratori devono
sostenere essi non hanno il diritto a lamentarsi ma al contrario devono tenersi
stretto il posto di lavoro perché, nonostante tutto, gli consente di vivere una
vita dignitosa. Ed è per questa ragione che in questo inizio d’anno chi ha un’occupazione precaria o è un
lavoratore pendolare non può non pensare a chi sta peggio e per il 2014 non può
non fare un in bocca al lupo a chi non ha neanche questo.
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