venerdì 10 gennaio 2025

Da che parte saresti stato dopo l’8 settembre 1943?

La domanda che lo scrittore ed ex senatore Gianrico Carofiglio vorrebbe fare alla premier Giorgia Meloni, ai membri di FdI ed ai nostalgici del fascismo è legittima e la risposta dovrebbe essere ovvia, ma così non è

di Giovanni Pulvino

Foto da @BimbePeppe

L’8 settembre del 1943 il presidente del Consiglio Pietro Badoglio annunciò per radio l’armistizio con gli angloamericani. Il governo Mussolini, sfiduciato dal Gran consiglio del fascismo, era caduto e il premier arrestato su ordine del Re Vittorio Emanuele III.

I militari dell’esercito italiano, i giovani e in genere gli italiani dovettero fare una scelta: arruolarsi nella Repubblica di Salò fondata dal Duce che intanto era stato liberato dai tedeschi, iniziare la lotta di Liberazione dall’occupazione nazifascista o rimanere indifferenti.

Seguirono 19 mesi di massacri, assassini, fucilazioni, torture, soldati mandati al fronte con le scarpe di pezza, città distrutte e popolazione ridotta alla fame. Per fortuna a vincere quella guerra furono coloro che stavano dalla parte giusta: i partigiani e tutti coloro che li sostennero a rischio della vita.

Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero la Repubblica come forma di Governo ed elessero l’Assemblea costituente che scrisse ed approvò la Costituzione. Ovviamente i padri e le madri costituenti erano antifascisti.

La disposizione transitoria numero XII della Costituzione italiana sancisce: ‘È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista’.

La domanda che oggi vorrebbe porre lo scrittore Carofoglio ai nostri attuali governanti è quindi legittima.

Da che parte saresti stato dopo l’8 settembre 1943? Con i fascisti e i nazisti o avresti lottato per liberare l’Italia dall’occupazione e dalla dittatura?

La risposta dovrebbe essere ovvia, ma così non è.

Giovani ascoltatemi se non volete Voi scavarvi la fossa, se non volete che il Vostro domani sia un domani di servitù e di abiezione. Noi vogliamo difendere questa Repubblica, perché non c’è stata donata su un piatto d’argento. Questa Repubblica è costata vent’anni di lotta contro il fascismo, … due anni di guerra di Liberazione. ….  Quanti compagni di lotta hanno consumato la loro giovinezza in carcere, al confino, quanti giovani compagni sono caduti lungo il cammino della Resistenza. Quindi è una nostra conquista è una conquista Vostra. Lavoratori che mi ascoltate dovete difenderla, costi quel che costi’, Sandro Pertini.

Fonte: Associazione Nazionale Sandro Pertini

giovedì 2 gennaio 2025

Migranti: nel 2024 oltre 2200 i dispersi nel Mediterraneo

A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi

di Giovanni Pulvino

Foto da unicef.it

‘ll bilancio delle vittime e il numero dei dispersi nel Mediterraneo nel 2024 hanno superato i 2.200, con quasi 1.700 vite perse solo sulla rotta del Mediterraneo centrale. Tra questi ci sono centinaia di bambine, bambini e adolescenti’. A sostenerlo è l’Unicef. Uno su cinque sono minorenni che fuggono ‘da conflitti violenti e dalla povertà’.

Regina De Dominicis, Direttore dell’ufficio regionale dell’agenza Onu, ‘chiede ai Governi di utilizzare il Patto sulla migrazione e l'asilo’ per garantire percorsi ‘sicuri e legali’. Gli Stati, ‘devono sostenere l’integrazione, assicurando che i minori siano protetti in ogni fase del loro viaggio’. E' necessario proteggere e garantire il ricongiungimento familiare di bambine e bambini e facilitare il salvataggio, l’accoglienza e l’accesso ai servizi di asilo. 

L'ennesima denuncia non sembra scuotere i Governi, anzi. 

Intanto continuano gli sbarchi e i naufragi.

I migranti giunti in Italia nel 2024, secondo i dati del ministero dell’Interno, sono stati 66.615. Sono in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma sono il doppio se facciamo riferimento al 2020.

Un flusso che continua nonostante i provvedimenti presi dal Governo Meloni ed intesi a scoraggiare le partenze e ad impedire alle Ong di eseguire i salvataggi.

Costruiamo centri inutili in Albania, mentre si ripetono con continuità le tragedie nel cuore del Mediterraneo.

A poche ore dall’inizio dell’anno è naufragata una piccola imbarcazione al largo delle coste di Lampedusa. Tra i sette sopravvissuti c’è un bambino, la madre è tra i venti dispersi.

Stamane al largo della Tunisia c'è stato un altro naufragio. I corpi di ventisette migranti di diverse nazionalità sono stati recuperati davanti alle coste di Kerkennah, volevano raggiungere l'Italia. Tra loro anche un neonato. I superstiti sono ottantatré, di questi 17 sono donne e sette sono minori.

Ma che importa se quattro disperati muoiono annegati, dobbiamo salvaguardare l’italianità o quella che alcuni continuano a chiamare così.

Fonte unicef.it e interno.it

venerdì 27 dicembre 2024

Anche quest’anno non c’è molto da festeggiare

Chissà quanti tra coloro che stanno festeggiando il Natale ed il Capodanno hanno trovato un momento per ricordare chi non potrà gioire e non potrà dimenticarsi

di Giovanni Pulvino

Gaza - Foto da @Lucrezi97533276

A Natale, Sila, una neonata palestinese, è deceduta per il freddo, è la quarta in tre giorni secondo l’Unicef. Il bombardamento dell’esercito israeliano vicino ad un ospedale ha provocato 50 morti, cinque erano sanitari.

A Gaza dall’inizio dell’occupazione ci sono stati oltre cinquantamila civili uccisi, la maggior parte erano donne e bambini. Altri vivranno la loro vita nel disagio e nella sofferenza. E non si contano più gli orfani ed i menomati. 

Distruggono tutto: scuole, ospedali, campi profughi, ambulanze, vetture con la scritta press.

No, questa non è una guerra di difesa, è un massacro calcolato, è pulizia etnica.

Ed ancora.

Le famiglie ucraine vivono l’incubo di un altro fine anno sotto le bombe e quelle dei soldati russi non vedranno tornare i loro figli inviati ad uccidere e magari non sanno neanche il perché lo hanno fatto.

A cosa servono le guerre? La vita è breve per tutti.

Natale in coda al Pane Quotidiano. Non siamo in un paese del terzo mondo, no, siamo a Milano la capitale economica di una delle economie più sviluppate al mondo.  

Quasi sei milioni di poveri assoluti, di questi oltre un milione sono bambini. Centinaia di migliaia di operai ed operaie in cassa integrazione o in mobilità. Giovani e disoccupati costretti ad emigrare. Anziani che rinunciano alle cure mediche. Tutto nell'indifferenza dei tanti che sono intenti a festeggiare il Natale o il Capodanno. 

Migranti lasciati morire nel Mediterraneo o che devono subire l’umiliazione di essere ‘stranieri’, clandestini per bisogno, clandestini per l’egoismo di chi vuole vivere sicuro nella sua casa riscaldata dal freddo e dal gelo. Ma sicuro da chi? da cosa?

Le diseguaglianze crescono ed anziché combatterle si giustificano, com’è possibile?

Sono giorni di festa e tutti si sentono più buoni, ma non tutti lo sono.

Chissà quanti tra coloro che stanno festeggiando hanno trovato un momento per ricordare chi non potrà gioire e non potrà dimenticarsi. Per loro sarà solo dolore e morte.

No, anche quest’anno non c’è molto da festeggiare. 

sabato 21 dicembre 2024

Al Nord buste paga più alte del 50%

Nel settentrione si guadagnano mediamente 8.450 euro lordi in più all’anno rispetto al Sud del Paese, a sancirlo è l’analisi condotta dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre

di Giovanni Pulvino

I salari in Italia nel 2023 
Foto da sito Cgia Mestre
L’abolizione avvenuta nel 1972, cioè oltre 50 anni fa, delle cosiddette gabbie salariali avrebbero dovuto ridurre le distanze retributive tra le diverse aree del Paese, invece così non è.

Secondo l’analisi dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre i dipendenti privati del Nord percepiscono mediamente una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, al Sud invece essa sfiora i 1.350 euro. 

Nel settentrione i lavoratori guadagnano circa il 50% in più.

Le diseguaglianze sarebbero determinate dal  'caro-vita' e dalla 'produttività’ che sarebbero ‘nettamente superiori al Nord rispetto al Sud’. I valori medi sarebbero condizionati anche dalla presenza dei ‘contratti a termine e alla concentrazione delle multinazionali nel settentrione’ che erogano stipendi non uniformi su tutte le regioni.

Fonte Ocse
La città dove le retribuzioni medie sono più alte è Milano (2.642 euro), seguita da Monza-Brianza (2.218 euro), Parma (2.144 euro) e Modena (2.129 euro).

Gli stipendi più bassi sono tutti nelle città del Sud. Trapani con 1.143 euro, Cosenza con 1.140 euro e Nuoro con 1.129 euro. Ultima Vibo Valenzia con soli 1.030 euro.

Non solo. Secondo la Cgia di Mestre continua a calare il potere d’acquisto dei lavoratori.

Nel 2023 le buste paga sono aumentate del 3,5%, meno dell’inflazione che è stata del 5,6%. Il calo è iniziato oltre trent'anni fa. Secondo l'Ocse dal 1990 al 2020 i salari sono cresciuti in tutta Europa tranne in Italia.

Nel nostro Paese anche chi lavora è povero, soprattutto se vive nel Sud.

Fonte cgiamestre.com


mercoledì 18 dicembre 2024

Sono zanzare che non pungono

 '… sono i ricordi del tempo che passa, sono indefinibili, sono indecifrabili, sono di quelli che non esistono, semplicemente non esistono …'

di Giovanni Pulvino 

Torremuzza, 20 settembre 2018 - (foto di Erina Barbera)

Sento ancora l’aroma del caffè che giunge dalla cucina. 

Sento la schiuma che sale lenta nella vecchia moka.
 
Allora non capivo come potesse avvenire questa magia, ora lo so, ma non posso tornare indietro ed anche potendo non vorrei.

Sento il tintinnio del cucchiaino che gira

Sento l’attesa prima di gustarne il sapore.

Manterrà quello che promette? Dolce o amaro, non importava. Era uno sprigionarsi di sensazioni, diverse per ognuno, oggi solo ricordi.

La brezza marina di quel pomeriggio di luglio torna come una carezza che non scompare, che ritorna ancora una volta. Vorresti che non andasse via, ma come si fa, è solo un tenue pensiero, come tutto, come tutti.

Maledette zanzare, prima non ci facevo caso, ora invece … ma a cosa servono le zanzare? Uno scopo devono averlo, ma qual è? Continuano a pungerti, a lasciarti quel prurito fastidioso che dura ore ed a volte, dopo un po', ritorna inesorabile. Non per tutti è così, siamo pochi i fortunati ad essere il loro cibo preferito. Anche questo è incomprensibile, perché alcuni si ed altri no? Perché io?

No, non sono pensieri vuoti, sono solo indefinibili, difficile da riportare, che non riporterò né qui né altrove. Sono di quelli che non vanno condivisi, sono di ciascuno di noi, sono solo di ciascuno di noi. Ci appartengono più di altri, sono la nostra essenza nascosta, il nostro io indecifrabile. Sono solo nostri. Quindi non esistono, non sono.

Eppure sono lì ed ogni tanto ritornano. Sono imprigionati nella nostra memoria, vorrebbero uscire, ma noi glielo impediamo, chissà perché. Dureranno meno degli altri, perché non sono anche d’altri. 

Non saranno quando noi non saremo più. 

Forse il loro scopo è solo quello di indurci a ricordarli, anche se non ha senso farlo.

Cerchiamo di allontanarli, ma non ci riusciamo, sono loro che decidono quando arrivare, quando sopirsi, quando ritornare.

Sono zanzare che non pungono, sono il dolce aroma del caffè che non si espande, sono il tintinnio del cucchiaino che non si sente, sono i ricordi del tempo che passa, di quelli che non esistono, semplicemente non esistono.

venerdì 6 dicembre 2024

Stellantis: arrivano le prime lettere di licenziamento

Questa mattina mentre i lavoratori della Trasnova presidiavano per il quinto giorno consecutivo i cancelli dello stabilimento Stellantis di Pomigliano d'Arco, sono arrivate le lettere di licenziamento per tutti i dipendenti. Oltre a Pomigliano, le lettere di licenziamento sono arrivate anche ai lavoratori di Melfi, Cassino e Torino’, Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil

di Giovanni Pulvino

Trasnova, Pomigliano d'Arco (foto da primacampania.it)

Nel 2023 Stellantis ha realizzato un margine operativo di quasi il 12%, superando i concorrenti Ford e GM. L’Amministratore delegato Carlos Tavares nello stesso esercizio ha incassato un compenso di 36,5 milioni di euro, che corrisponde ad oltre tre milioni di euro al mese ed a circa 101 mila euro al giorno.

Un operaio Fiat per guadagnare la stessa cifra ci metterebbe circa 1.521 anni.

Negli anni Sessanta l’Ad Vittorio Valletta guadagnava 12 volte il salario di un operaio. Nel 2017 Sergio Marchionne con poco meno di 10 milioni di euro all’anno era arrivato a guadagnare 437 volte lo stipendio di un metalmeccanico. Nel 2021 lo stesso Tavares aveva incassato poco meno di 20 milioni di euro, tra stipendi e bonus, cioè 758 volte il salario di un operaio, distanza che è raddoppiata nel 2023.

Pochi giorni fa il manager portoghese si è dimesso, lasciando una situazione aziendale ‘problematica’. Il disastro è ancora più evidente nel nostro Paese. Crollo delle vendite, lavoratori in cassa integrazione, salari fermi, produzioni trasferite all’estero e stabilimenti ‘chiave’ come Pomigliano, Cassino, Mirafiori e Melfi chiusi fino a gennaio 2025. Ed ora anche le prime lettere di licenziamento.

Tavares è stato bravo a far crescere il valore finanziario della società ed i guadagni dei soci, ma non ha fatto nulla per migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei dipendenti. Stellantis dal 2021 al 2024 ha distribuito circa 20 miliardi di dividendi. Il buon andamento dei ricavi degli ultimi anni non giustifica l’ingiustizia sociale che si è determinata, anzi ne aggrava le dimensioni.

Non solo. Nonostante i risultati deludenti degli ultimi mesi la società dovrà pagare al suo ex amministratore una buonuscita faraonica.

La logica del sistema capitalistico può apparire incomprensibile, ma così non è. La distanza tra chi lavora e chi dirige è ormai abissale e le diseguaglianze continuano a crescere. I ricchi sono sempre più ricchi, mentre anche chi lavora è povero. Il problema è che la ricchezza prodotta non è distribuita equamente. Il Capitale fa la parte del leone e solo le briciole vanno ai lavoratori. Non solo, ma in caso di crisi i primi ed i soli a pagare le ristrutturazioni sono i dipendenti.

Sembra di essere tornati agli inizi della rivoluzione industriale, quando al centro di tutto c’era l’accumulazione del Capitale ed i lavoratori venivano sfruttati per percepire un pezzo di pane.

domenica 1 dicembre 2024

In Sicilia è emergenza idrica

In questi giorni qualche temporale è arrivato, ma, nonostante ciò, l’emergenza idrica in Sicilia si sta aggravando

di Giovanni Pulvino


Nella provincia di Enna e in diversi comuni del messinese l’acqua è razionata da tempo, intanto le ultime riserve si stanno esaurendo.

Ed è guerra tra i Comuni.

La diga Ancipa dovrebbe servire esclusivamente le comunità di Troina, Gagliano Castelferrato, Cerami, Nicosia e Sperlinga; invece, continua a fornire acqua anche a Caltanissetta e San Cataldo.

La situazione è così grave che i primi cittadini dell’ennese hanno staccato la condotta dell'acqua lasciando molte comunità senza risorse idriche.

Persino nel capoluogo l’acqua è razionata. A Palermo sono coinvolte circa 250.000 utenze. Questo piano è stato esteso a partire dal 2 dicembre 2024 e riguarda principalmente i distretti centro-settentrionali della città, dove è prevista una sospensione dell'erogazione idrica per 24 ore alla settimana.

È un problema strutturale. Condotte dell’acqua fatiscenti e cambiamenti climatici hanno aggravato la situazione. Ed ora è emergenza, ma era tutto prevedibile.

Il Presidente della Regione, Renato Schifani, ha annunciato interventi per l’estate, tra cui l’attivazione di dissalatori e l’individuazione di nuovi pozzi, per ridurre l’impatto di questa emergenza.

Se si esclude la parentesi di Rosario Crocetta che tra l’altro non aveva neanche una maggioranza stabile, il Centrodestra governa in Sicilia da sempre, ma non ha mai previsto interventi per affrontare e risolvere il problema idrico.

Ora il piano sembra esserci, darà i primi risultati la prossima estate, ma la Sicilia, o almeno una parte di essa, come farà ad arrivare a giungo con i pozzi e le dighe prosciugate? Saranno utilizzate le autobotti? E queste dove prendono l’acqua se l’acqua non c’è?

martedì 26 novembre 2024

Sinner vs Bagnaia ed i paradisi fiscali

'Pago le tasse come tutti, è normale. È giusto. Rispetto le regole. La vita mi ha dato più di quanto abbia dato ad altri. Non dimentico che c'è chi vive in condizioni difficili’, Pecco Bagnaia

di Giovanni Pulvino

Pecco Bagnaia e Jannik Sinner (foto da sportal.it)

Poche settimane fa il giovane tennista Jannik Sinner ha annunciato di voler fondare con i 6 milioni vinti al Six Kings Slam un’associazione benefica. Ecco cosa ha dichiarato: ‘Una Fondazione. Ancora non posso anticipare nulla perché stiamo perfezionando gli ultimi dettagli, ma tra poco la annunceremo e sono molto contento di poter essere utile per fare del bene. Ogni giocatore ha una visione un po’ diversa sul come aiutare persone, animali, natura. Ma è un punto molto importante per chi sta nella nostra posizione’.

Il numero uno al mondo del tennis ha trasferito la sua residenza nel principato di Monaco. La giustificazione sarebbe pratica, sarebbe cioè il luogo più adatto per allenarsi. Lì risiedono altri campioni del tennis e pertanto sarebbe più comodo prepararsi per le gare.

Il giovane altoatesino sorvola sul fatto che nel Principato non paga nessuna imposta sul reddito personale. Ovviamente non è il solo. Il sistema fiscale dei paesi dell'Unione europea lo permette. Ed è così che tanti miliardari o milionari e tante imprese, anche pubbliche, hanno trasferito la residenza nei cosiddetti paradisi fiscali, presenti anche nel Vecchio continente. La motivazione è per tutti solo ed esclusivamente fiscale.

Negli stessi giorni il motociclista Pecco Bagnaia ha dichiarato a la Repubblica: ‘Sto bene dove sto. Da noi la qualità di vita è altissima. In nessun'altra parte del mondo si vive come in Italia. Pago le tasse come tutti, è normale. È giusto. Rispetto le regole. La vita mi ha dato più di quanto abbia dato ad altri. Non dimentico che c'è chi vive in condizioni difficili’.

Due italiani, due campioni dello sport, uno paga le tasse in Italia, l’altro trasferisce la residenza nel principato di Monaco per non pagarle. Entrambi suscitano l’ammirazione dei tifosi italiani e non solo, di certo sono talenti come ce ne sono pochi, eppure sono diversi. Sinner pur non rinnegando, e come potrebbe, la sua italianità e mostrando attaccamento alla maglia azzurra, rimane un individualista, un leader dal cuore d’oro che sente il bisogno di fondare un’associazione benefica, ma che non intende contribuire alle spese dello Stato italiano.

L’altro non dimentica ‘chi vive in condizioni difficili e mostra fiducia nell’organizzazione pubblica, nella necessità dello Stato sociale e della redistribuzione della ricchezza.

Sono due campioni, ma non sono uguali, uno dei due è anche un uomo che pensa al bene comune. Da un lato la rivendicazione sia pure con modi garbati del privilegio della ricchezza, dall’altro il pensiero a chi resta indietro e non ce la fa da solo. 

Continueremo a tifare per entrambi, ma solo Pecco Bagnaia ci farà sentire orgogliosi di essere italiani e di essere cittadini del mondo. 


mercoledì 20 novembre 2024

La democrazia dei miliardari

Un dipendente o un operaio potrà mai ambire ad essere Presidente degli Usa? La domanda è retorica e la risposta è ovvia

di Giovanni Pulvino

Donald Trump e Elon Musk

Nel 2020 i candidati Biden e Trump spesero 15,1 miliardi di dollari, rapportati all’inflazione sarebbero 18,3 miliardi. Le stime per la tornata elettorale del 2024 sarebbero di 15,9 miliardi di dollari. Una cifra enorme rispetto ad otto anni fa quando la spesa superò di poco i 6,5 miliardi di dollari che con l’adeguamento all’inflazione sarebbero circa 8,5 miliardi.

È la democrazia dei miliardari.

Un dipendente o un operaio potrà mai ambire ad essere Presidente degli Usa? La domanda è retorica e la risposta è ovvia.

Non solo.

Aumentano i soldi spesi per la propaganda e diminuiscono i cittadini che si recano ai seggi elettorali. È un fenomeno di tutte le democrazie occidentali, perché?

Metà degli aventi diritto al voto non crede più nel sistema rappresentativo o semplicemente si adegua alle decisioni di una minoranza. Tanto che vinca l’uno o l’altro non cambierà nulla, pensano.

Questo fenomeno è iniziato alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. È coinciso con la fine della spinta propulsiva delle ideologie. È venuta meno cioè l’idea del cambiamento radicale della società.

Allora la domanda che dobbiamo porci oggi è: dovremo rassegnarci ai privilegi di pochi miliardari ed accontentarci di quel poco che il sistema distribuisce o nel futuro l’aumento delle diseguaglianze e delle ingiustizie farà rinascere uno spirito combattivo? 

Più semplicemente: è la vittoria definitiva del capitalismo o è solo una fase della storia?

I cicli sociali assomigliano ai cicli economici: così come ci sono fasi di espansione e di crisi ci sono altrettanti alti e bassi nella realizzazione di una società più giusta e comunitaria, di una società dove tutti possano vivere una vita dignitosa.

Tante conquiste sono state realizzate e tante altre si realizzeranno. Ci vorrà tanto tempo, ci vorrà tanta pazienza ma la direzione è tracciata.

La storia dell’uomo va verso un sistema economico, sociale e politico più giusto ed equo. È un cammino lento, ma è ineluttabile.

lunedì 4 novembre 2024

Torremuzzari, ‘nzusari, ….

 I pensieri corrono dove vogliono, come sempre. Solo la stanchezza può fermali, ma è solo un attimo, poi ripartono sempre senza volere

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni

                             La Torre vista dalla campagna. Proprio lì, sotto gli alberi, c'è la strada che porta a Maccarruni

Durante l’estate era nostra abitudine andare alla Torre per fumare di nascosto una sigaretta o semplicemente per ammirare il panorama. Da lì potevamo distinguere le sagome delle isole Eolie, a sinistra la Rocca di Cefalù e dal lato opposto le case di Porta Palermo a Santo Stefano di Camastra. Oltre la curva c’era la campagna. Un chilometro più in là c’era ‘Maccarruni’. Per arrivarci dovevamo percorrere un sentiero in terra battuta. Ci andavamo per giocare o per 'allenarci'. Passeggiando o correndo per quella strada avevi la sensazione di essere immerso nel verde, tra alberi di ulivo, di limoni ed aranci. C'erano diverse coltivazioni accudite con cura. I solchi dell’acqua erano ben in vista e ben allineati per assicurare l’irrigazione continua delle piante. Raramente vedevamo i proprietari e, per rispetto, mai avevamo la tentazione di cogliere un frutto. Eri in mezzo alla natura, si direbbe oggi. Respiravamo aria pura ed incontaminata. Un intenso profumo di zagara e di agrumi ti avvolgeva, anche se, essendo un posto isolato, avevi la sensazione di essere in un mondo nuovo, misterioso. In alcuni punti si vedeva il mare, che era cinquanta metri più in basso, ma anche se non si scorgeva sapevi che c’era. Questo bastava a consolarti.

Che belli questi pensieri, ti deviano per portarti altrove, ma ora è tempo di tornare al principio.

In due o tre stavamo seduti sul muretto in pietra ad ammirare il panorama. Subito sotto, quasi in verticale, vedevamo la strada statale, che curva in quel punto, in basso lo scoglio. Sembrava di starci sopra. Da lì potevamo distinguerne la forma, anzi nelle giornate di mare calmo si vedeva anche il fondale sabbioso o, com’era più spesso, pieno di pietre. Qualcuno o qualcuna aveva la cattiva abitudine di andare alla Torre in modo ‘furtivo’, cioè si nascondeva alla vista di chi stava sulla riva o in acqua. Lo scopo era quello di spiare chi andava a fare il bagno proprio lì sotto o nel tratto di mare subito oltre lo scoglio.

Cielo azzurro, mare piatto e là in fondo l'orizzonte che fa un tutt'uno con il cielo, nient'altro, ma questo bastava, e basta ancora oggi per non pensare, per dimenticarsi.

Una volta da quel punto uno di noi per gioco e per superficialità, quella tipica dei ragazzini, lanciò un sassolino per colpire un’auto che stava passando. Purtroppo per noi, il conducente si fermò. Sapevamo chi era. Non ci mise molto a capire da dove era arrivata la pietra e, conoscendo la strada, corse a velocità verso di noi. Scappammo via, ma richiamammo il nostro compagno: ‘sono cose che non si fanno’, gridammo. Quando si è giovani si è leggeri e ingenui. Quel giorno avremmo potuto fare un danno enorme al conducente, per fortuna fu solo paura e rabbia per Lui e per Noi che eravamo altrettanto sorpresi per quel gesto stupido e pericoloso.

Non solo i colori del cielo e del mare, ma anche leggerezza ed uno scorrere lento ed inconsapevole del tempo e della vita che in esso si manifesta e si dilegua. 

La Torre è un punto di osservazione perfetto, da lì si può vedere tutto il Borgo o quasi. La frazione è piccola, ma divisa in due dalla strada statale che un tempo non era asfaltata. Quelli che dimoravano nella parte bassa erano i 'torremuzzari', quelli che invece avevano l’abitazione nella parte alta erano i ‘nzusari’. Quando sei bambino anche piccole distanze ti sembrano enormi se non conosci i luoghi. Si sa, la consapevolezza abbatte i muri, sempre. Per noi era un altro paese, in realtà erano solo pochi metri, quelli necessari per attraversare la strada. Poi cresci e ti rendi conto che i ‘muntagnoli’ erano semplicemente coloro che raramente venivano al mare e che per questo avevano avuto qualche difficoltà ad imparare a nuotare, qualcuno di loro non ha mai imparato.

I ricordi seppur scoloriti non vanno via, restano lì in attesa di essere rivissuti ancora una volta, l'ultima.

Pochi passi ci separavano, ma le differenze sembravano tante. Noi 'torremuzzari' ci sentivamo privilegiati rispetto ai nostri coetanei ‘nzusari’. Due piazzette, un cortile, ‘a vanedra, i ponti della ferrovia, lo stabilimento, la spiaggia, il mare, e, ogni tanto, le escursioni in campagna, nient’altro. Era il nostro piccolo mondo. Non c'erano pericoli, le macchine erano poche ed eravamo liberi di muoverci, di giocare, di bisticciare, di fantasticare.  Quando si è piccoli si è innocenti e basta poco per essere felici. Ma il tempo non si può fermare, soprattutto quello delle piccole gioie. 

È un attimo, solo un attimo. Poi il nulla, ecco cosa resterà, il nulla. Vorresti tornare indietro, ma non puoi, sei inchiodato al presente. Ed anche quando vorresti afferrare la realtà non puoi, è già oltre, è già passato. Rimane solo il ricordo, ma solo di chi c’era e c’è ancora. E tra poco neanche quello. Siamo memoria effimera. Solo un mucchio di pensieri a termine. Nient’altro.