venerdì 24 dicembre 2021

Al Sud uno sviluppo equo e sostenibile è possibile, ma occorre volerlo

Le risorse ci sono, i piani di investimento anche, allora perché lo Stato italiano non si adopera per ridurre il divario socioeconomico tra il Sud ed il Nord del Paese?

di Giovanni Pulvino

Foto da lasorgentecaposele.it

Il divario economico tra Nord e Sud del nostro Paese, in termini di pil e di reddito pro-capite, si è ampliato, in questi ultimi due anni, a causa dei devastanti effetti della pandemia, specie sulle piccole e medie imprese. Un divario storico, mai attenuato, a partire dall''unificazione nazionale, salvo una significativa riduzione, nel secondo dopoguerra, per gli interventi straordinari della Cassa per il Mezzogiorno. Questo è quanto sostiene il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro.

Non solo. Nonostante i piani di investimenti previsti con il Pnrrquesto divario sembra destinato ad accentuarsi per un concorso di cause negative’. Alla mancanza di una ‘mirata’ politica industriale e tecnologica si aggiungono il ‘mancato utilizzo dei fondi Ue a disposizione e l’inerzia realizzativa’ degli enti locali.

L’inevitabile incremento del divario tra il Nord ed il Sud ‘peserà - secondo il segretario di Unimpresa - sul prossimo futuro, anche sociale, dell'Italia’.

Il ruolo a cui il Mezzogiorno è destinato sembra irreversibile, ma così non è. Uno sviluppo equo e sostenibile è possibile, ma occorre volerlo.

Fare annunci e promettere risorse non è sufficiente. È necessario l’intervento diretto dello Stato. L’assenza nel dibattito politico nazionale della Questione meridionale è emblematica. Basti pensare ai ritardi nella realizzazione delle infrastrutture. Ecco qualche esempio concreto. L’alta velocità è ancora un’ipotesi, la fibra ottica non è una priorità, specie nelle piccole comunità, i servizi sociali ed amministrativi sono inefficienti e poi c'è l’esclusione sistematica dai grandi eventi economici e sportivi, l'elenco è lungo. Questi problemi si aggiungono a quelli strutturali accumulati dall’Unità d’Italia ad oggi.

E non è vero che non ci sono le intelligenze e le capacità imprenditoriali. Quelle che scarseggiano sono le 'opportunità socioeconomiche' per poter intraprendere attività produttive legate al territorio e al capitale umano disponibile. Nel Mezzogiorno non ci sono cioè le condizioni minime per favorire gli investimenti nazionali ed esteri.

Quella che manca è la volontà politica. Il Sud per la nostra classe dirigente continua a non essere una priorità.

Fonte unimpresa

mercoledì 15 dicembre 2021

Sciopero generale

La Cgil e la Uil hanno indetto lo sciopero generale, ecco quali sono le loro motivazioni

di Giovanni Pulvino

Foto da cgil.it

La riforma dell’Irpef prevede la riduzione degli scaglioni da cinque a quattro ed una rimodulazione delle aliquote. Per i redditi da o a 15.000 euro  l’aliquota rimane del 23%. Per gli scaglioni da 15.000 a 28.000 e 28.001 a 50.000 euro le aliquota si riducono di due punti, cioè passano rispettivamente al 25% e al 35%.

Per i redditi oltre i 50.000 euro l’aliquota sarà del 43%, aumenta cioè di due punti. Lo scaglione oltre i 75.000 euro sarà cancellato. Ai redditi fino a 35.000 euro si applica una riduzione sui contributi ogni 10.000 euro di retribuzione, ma è prevista solo per un anno.

Secondo la simulazione fatta dal Sole 24 ore i soggetti che beneficeranno di più da questa riforma sono i redditi sopra i 40.000 euro. Mediamente risparmieranno 950 euro di imposte, cifra che si riduce a 100 euro per chi percepisce un reddito di 24.000 euro. Nulla andrà a chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro. La no tax area prevista è di 8.174 euro per i dipendenti, 5.550 (700 euro in più di prima) euro per i lavoratori autonomi e 8.500 euro per i pensionati.

È bene ricordare che in Francia l'aliquota per i redditi più bassi è dell’11%, in Germania del 14%, in Spagna del 19%, in UK del 20%, ma con una no tax area fino a 14.600 euro.

Questi dati spiegano perché la Cgil e la Uil hanno indetto lo sciopero generale. La riforma fiscale avvantaggia i ceti cosiddetti medi e non incide se non in minima parte sulle disuguaglianze. Non è prevista nessuna redistribuzione della ricchezza. Il tema dell’evasione fiscale è stato accantonato ancora una volta. Gran parte della manovra è a debito. Il conto sarà pagato dalle generazioni future, a cominciare da quelle che andranno in pensione non prima dei 67 anni di età. Non c’è nessun intervento significativo per il Sud. Il divario con il resto del Paese è destinato a crescere.

Sembra una manovra scritta ed approvata dal Centrodestra invece è quella di un Presidente del Consiglio ‘tecnico’ e di un’ampia maggioranza parlamentare, se non fosse vero ci sarebbe di ridere.

Fonte sole24ore.com

lunedì 6 dicembre 2021

Assegno unico per i figli anche a chi è milionario

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affermato più volte la necessità di ridurre le  disuguaglianze, ma allora qual è il senso di questa norma?

di Giovanni Pulvino

Il presidente del Consiglio Mario Draghi
Il decreto legislativo attuativo dell’assegno unico è stato approvato dal Consiglio dei ministri, ora dovrà passerà al vaglio delle commissioni competenti delle Camere. L’assegno unico sostituisce i ‘vecchi’ aiuti di famiglia come il bonus bebè e gli assegni familiari. La somma stanziata è di 15 miliardi che salirà progressivamente fino a 19 miliardi e mezzo dal 2029. L’importo mensile potrà raggiungere 175 euro, ma scenderà a 85 euro per i figli maggiorenni tra i 18 ed i 21 anni che studiano, facciano tirocini o il servizio civile universale.

L’indennità spetterà ad ogni figlio a carico e non ha limiti per quelli disabili. L’assegno sarà percepito dal genitore che fa domanda o a chi ne fa richiesta in misura pari tra i genitori. In caso di affidamento in mancanza di un accordo va al genitore affidatario o al tutore, in questo caso sarà riconosciuto nell’interesse del tutelato. La domanda potrà essere presentata anche dai figli maggiorenni che possono ‘richiedere la corresponsione diretta della quota di assegno spettante’.

L’importo pieno spetterà a chi ha un Isee fino a 15 mila euro. Poi diminuirà progressivamente fino a un minimo di 50 euro e 25 per i maggiorenni per Isee oltre 40 mila annui o per chi non allegherà l'attestazione reddituale e patrimoniale alla richiesta. Le domande potranno essere presentate all’Inps a partire dal primo gennaio ed avranno validità da marzo al febbraio dell’anno successivo.

Il nuovo assegno unico per i figli è un’indennità universale, potrà, cioè, essere percepito anche da chi è milionario. La nuova normativa non fa differenza tra chi è ricco e chi invece è indigente. Spetterà cioè anche a chi non ne ha alcun bisogno. L’importo si riduce al crescere del reddito e del patrimonio, ma, nonostante ciò, rimane una misura del tutto incomprensibile ed in contrasto con i principi costituzionali di equità e giustizia sociale.

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affermato più volte la necessità di ridurre le disuguaglianze, allora qual è il senso di questa norma? Ed è paradossale che sia la Sinistra o quella che continua a ritenersi tale, a proporre e sostenere queste riforme.

Non c’è da meravigliarsi quindi se i ‘progressisti’ raccolgono più consensi nei quartieri ‘bene’ delle città, anziché nelle periferie, dove i cittadini spesso votano per i sovranisti ed i populisti. 

 

mercoledì 1 dicembre 2021

La crisi finanziaria della Juventus non è casuale

Un manager che non sa dirigere l’azienda di cui è amministratore dovrebbe essere licenziato su due piedi, ma questa motivazione non basta alla proprietà della Juventus, chissà perché

di Giovanni Pulvino

Pavel Nedved e Andrea Agnelli
(foto da torinonews24.it)

La Juventus ha in corso un ingente aumento di capitale. La somma richiesta al mercato finanziario è di circa 400 milioni di euro. I ripetuti deficit di bilancio e il continuo incremento di debiti accumulati negli ultimi anni hanno reso inevitabile questa operazione di rifinanziamento. 255 milioni di euro, cioè il 63,8% del totale, saranno versati dalla società Exor, 'cassa' della famiglia Agnelli, il resto dai risparmiatori.

In questi giorni ai problemi patrimoniali si sono aggiunti quelli giudiziari. Le accuse oggetto dell’indagine della procura di Torino sono gravi. Scambio fittizio di calciatori e plusvalenze 'farlocche' sono un ‘modus operandi’ frequente nel mondo del calcio. In questo caso esse si sommano con una gestione amministrativa farraginosa ed ai limiti della legalità. 

Alla luce di questi sviluppi si comprende anche l’insistenza del presidente Andrea Agnelli nel voler creare la Superlega, una competizione che avrebbe garantito ingenti risorse finanziare solo ai club più prestigiosi come la Juventus.

Una società abituata a vincere, che dispone di notevoli risorse economiche come ha fatto a ritrovarsi in una situazione patrimoniale e sportiva così precaria?

Nel 2018 l'acquistò di Cristiano Ronaldo fu accolto dai mercati con entusiasmo. In Borsa la quotazione del titolo quintuplicò in pochi giorni. Allora non si tenne conto dell’aumento dei costi e dello squilibrio finanziario che quell’operazione avrebbe provocato negli anni successivi.

117 milioni di euro è stato l’esborso che la Juventus ha dovuto sostenere per acquistare il ‘cartellino’ del campione portoghese. 100 milioni di euro sono andati al Real Madrid, 5 milioni di euro per pagare il contributo di solidarietà previsto dalla Fifa ed i restanti 12 milioni di euro sono stati utilizzati per la commissione al procuratore Jorge Mendes. Al calciatore sono andati 124 milioni di euro netti per quattro anni. Per essere più chiari, a Cristiano Ronaldo è stata corrisposta un’indennità netta di 84.931,51 euro al giorno. La società bianconera ha dovuto sostenere anche oneri e tasse relativi all’ingaggio; pertanto, la cifra complessiva dell’operazione è stata quasi il doppio dell’indennità netta percepita dal calciatore (circa 248 milioni di euro).

L’acquisto di CR7 è stato un capolavoro dal punto di vista mediatico, ma è stata una scommessa ‘persa’ da quello finanziario. Voler vincere la Champions League a tutti i costi, tra l’altro senza riuscirci, non è stato un buon affare per le casse della società.  

Per raggiugere quell’obiettivo il club torinese aveva acquistato nel 2016 il centravanti argentino Gonzalo Gerardo Higuain per 90 milioni di euro e nel 2019 il cartellino del giovane difensore olandese Matthijs de Ligt per 75 milioni di euro. Tutte transazioni finanziare eccezionali ed ingiustificate che rivelano le enormi disuguaglianze generate dal ‘giocattolo del pallone’, che altro non è che la sublimazione del sistema economico capitalista.

Gli acquisti di questi calciatori sono stati eticamente inaccettabili, ma lo sono ancora di più oggi se consideriamo le perdite ed i debiti accumulati. Ora veniamo a sapere delle presunte plusvalenze per coprire i buchi di bilancio.

Un manager che combina tutti questi guai all’azienda che dirige sarebbe licenziato su due piedi, ma questo non basta alla proprietà della Juventus, chissà perché.

Il punto è che il sistema capitalistico non opera in base alla meritocrazia, ma si fonda sui privilegi acquisiti o ereditati. Del resto cosa volete che siano 400 milioni di euro per chi ha un patrimonio miliardario?

Fonte REDNEWS