lunedì 28 settembre 2020

‘Mammà, nun mi aspettà, tornerò quann Napl sarà libera’

Gennarino aveva appena 12 anni quando una granata ‘lo sfracellò sul posto di combattimento insieme al mitragliere che gli era al fianco’, era il 29 settembre del 1943

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Napoli, giovani combattenti, 28 settembre 1943
(foto da facebook.com)
Il 28 settembre del 1943 Gennaro Capuozzo uscì di casa come faceva sempre per andare al lavoro. Sì, perché a quei tempi i bambini andavano al lavoro. Quando fu per strada sentì ‘gli spari di una pistola, si girò e vide i corpi di una giovane donna, un uomo ed un bambino, più in là una camionetta con alcuni soldati tedeschi che si allontanava’. Gennarino non esitò. Tornò a casa, 'prese una pagnotta', diede un bacio alla madre e gli disse: Mammà, nun mi aspettà, tornerò quann Napl sarà libera’.
Aveva l’entusiasmo e l’ingenuità che hanno i bambini. Si sentiva invincibile e con lui tanti altri scugnizzi. Tutti insieme andarono a fare la guerra come se fosse un gioco, come se fossero imbattibili. La notizia si sparse subito in città: un gruppo di ragazzini stava combattendo l’occupante nazista.
Dopo tre giorni di duri scontri ‘giunse la voce che erano state fucilate dieci persone, tra cui tre donne e tre bambini. Il pensiero degli insorti fu quello di reagire, di vendicare quei martiri. Ovviamente, tra loro c’erano anche Gennarino ed il suo gruppo. Armati con le mitragliatrici raccolte per strade, i giovani combattenti, bloccarono un automezzo tedesco. Fu allora che Gennarino lanciò una bomba a mano ed intimò ai soldati la resa. Il comandante, che poco prima aveva ordinato la strage, l’autista ed il mitragliere furono costretti a scendere dal camion con le mani alzate e fatti prigionieri. 
Non era un gioco, non era una guerra tra guardie e ladri o agli indiani ed i cow boy come alcuni decenni più tardi tanti ragazzini avrebbero fatto per imitare i pistoleri del Far West. No, era la guerra e dietro l’angolo c’era la morte o la vita. Ma Gennarino ormai era un eroe e non ci pensava proprio, si limitava a scansare le pallottole e ad evitare le granate.
Non c’era tempo da perdere, bisognava cacciare i tedeschi dalla città per porre fine a tanta distruzione e morte. Si armò con un mitragliere, 'si riempì le tasche di bombe a mano ed impavido corse verso un carrarmato tedesco'. Ma proprio mentre stava per lanciare una bomba, una granata lo centrò in pieno. Il ragazzino combattente ora giaceva a terra con il volto sfigurato e con la bomba ancora stretta in mano. Era il 29 settembre, il giorno dopo le truppe tedesche lasciarono la città.
No, non era come a guardie e ladri, dove alla fine ci si rialza e si torna a scherzare con i compagni. No, nel 1943 a Napoli c’era la guerra, si uccideva e si moriva per ridare dignità alla città ed al popolo italiano e tu, Gennarino, nella tua innocenza e spavalderia, rimarrai per sempre un simbolo ed un martire di quella Lotta e di quella Liberazione.






lunedì 21 settembre 2020

Eurostat, cresce il divario tra il sud Italia ed il resto d’Europa

L’annuario regionale 2020 pubblicato da Eurostat evidenzia il crescente divario tra le regione del sud Italia e il resto d’Europa, ecco alcuni dati significativi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Eurostat, annuario regionale 2020
(Foto da ec.europa.eu)

L’Eurostat ha pubblicato l’annuario regionale 2020. Le informazioni statistiche evidenziano alcuni dati significativi. Tra questi le regioni dell’Unione europea dove più alto è il rischio di cadere in povertà. Tra le prime dieci ci sono la Sicilia con una quota del 40,7%, la Calabria con il 32,7% e, al primo posto, la Campania con il 41,4%. La media europea è del 16,8%. Tra le aree dell’Europa in cui più marcata è la differenza tra il livello di occupazione degli uomini e delle donne ci sono la Campania, la Sicilia, la Calabria, la Puglia e la Basilicata. In media il divario supera il 25%. Il tasso di occupazione femminile in Europa è del 67%. Il più alto è a Stoccolma con l’83,3%. 

Poi ci sono i rischi ambientali. Otto regioni italiane sono al vertice della classifica per erosione del suolo. Al primo posto ci sono le Marche con una quota del 47,6%. Seguono la Sicilia (43,9%), la Calabria (40,2%), la Campania (37,4%), il Molise (37,2%), la Valle d’Aosta 33,9%), la Basilicata (32,1%) e l’Umbria (32%). La media europea è del 5,3%. 

Se invece prendiamo in considerazione l’aspettativa di vita nei primi sei posti ci sono le Provincie di Trento (82,7) e Bolzano, l’Umbria, le Marche, e la Toscana. La media europea è di 78,2. 

L’indagine di Eurostat è impietosa per il Meridione. Rischio povertà ed emergenze ambientali, gap occupazionali, aspettative di vita e non solo, il divario tra il Sud ed il resto d’Italia e d’Europa continua a crescere. Certo ci sono ragioni ‘strutturali’ e territoriali, ma ci sono anche e soprattutto le responsabilità dei governanti nazionali ed europei che si sommano a quelle degli amministratori locali. 

Il Recovery fund e, eventualmente il Mes, predisposti dall’Unione europea per far fronte alla crisi determinata dal Covid-19 serviranno a ridurre queste distanze o continueranno ad accrescerle? Una risposta certa non ci può essere, ma qualche preoccupazione su come i finanziamenti saranno utilizzati i cittadini del sud Europa dovrebbero averla.

Fonte Eurostat


giovedì 17 settembre 2020

Il referendum costituzionale e la ‘demagogia’ grillina

La riforma voluta dai grillini è incompleta e ‘demagogica’ così come era ‘pasticciata’ quella del Partito democratico di Matteo Renzi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da interno.gov.it

I fautori del Si sostengono che la riforma costituzionale oggetto del referendum ridurrà i costi della politica e favorirà una razionalizzazione del sistema politico-istituzionale. Il risparmio sarebbe di circa 80 milioni di euro all’anno. La cifra è irrisoria se consideriamo l’entità del bilancio statale. Essa rappresenterebbe appena lo 0,009% della spesa pubblica. Ogni italiano risparmierebbe in valori assoluti 1,33 centesimi all’anno. La motivazione della riduzione dei costi della politica è, quindi, risibile.

Per i sostenitori del No la riforma sarebbe pericolosa per la democrazia. L’attività legislativa diventerebbe più complicata. Pochi parlamentari potrebbero condizionare l’operato della maggioranza e del Governo. La nuova legge non differenzia i compiti delle due Camere. Il Senato, con appena 200 seggi, sarebbe in balia di pochi senatori che potrebbero condizionarne l’operatività.

Allora, il quesito a cui dovremo rispondere il 20 ed il 21 prossimi non sarà il taglio dei costi della politica, ma il seguente: mantenere una classe politica numericamente ampia, in parte incapace ed opportunista, per evitare derive autoritarie o rischiare l’uomo solo al comando per tagliare una parte irrisoria dei costi della politica? Conoscendo la storia dell’Italia la risposta dovrebbe essere No.

I numeri sono importanti, ma lo sono ancora di più la serietà e la competenza di chi è chiamato a guidare una comunità. Eleggere 945 parlamentari o 600 non cambierebbe le ‘qualità personali’ degli eletti. Il trasformismo, alimentato dal numero elevato di parlamentari, è, da sempre, un argine alle derive populiste, ma è anche un limite delle democrazie. L’inefficienza o, semplicemente, il malfunzionamento dell’attività parlamentare potrebbe favorire un sistema politico autoritario, cioè con un solo uomo al comando.

Forse è meglio tenerci la Costituzione così com’è. Ridurre il numero di parlamentari non risolverà i problemi di governabilità, anzi al Senato potrebbe accentuarli. E non risolverà i problemi del bilancio pubblico. La riforma ha un solo scopo: fare gli interessi elettorali di un partito: il M5s. La riforma voluta dai grillini è incompleta e ‘demagogica’ così come era ‘pasticciata’ quella del Partito democratico di Matteo Renzi.

Una modifica del testo costituzionale forse è necessaria, ma solo se a farlo sono persone competenti come lo erano i costituenti che scrissero la Carta nel 1947.

Fonte soldionline.it

mercoledì 16 settembre 2020

Referendum, ogni italiano risparmierà 1,33 centesimi all’anno

Tra pochi giorni saremo chiamati a votare per il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma siamo sicuri che questa sia la riforma giusta per il nostro Paese?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Fax-simile della scheda sul Referendum confermativo del 20 e 21 settembre - (foto da interno.it)

La legge di revisione costituzionale prevede la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. La riforma entrerà in vigore con la prossima legislatura se sarà confermata dagli elettori i prossimi 20 e 21 settembre.

I fautori del Si sostengono che essa ridurrà i costi della politica e favorirà una razionalizzazione del sistema politico-istituzionale. Il risparmio sarebbe di circa 80 milioni di euro all’anno. La cifra è irrisoria se consideriamo l’entità del bilancio statale. I soli interessi sul debito pubblico ci costano circa 70 miliardi di euro all’anno. Il taglio dei costi della politica rispetto alla spese per interessi sarebbe dello 0,11%. Se poi facciamo riferimento alla spesa corrente (circa 500 miliardi all’anno) sarebbe dello 0,016%. La percentuale è ancora più insignificante rispetto a tutta la spesa pubblica, cioè circa 850 miliardi di euro. Il taglio inciderebbe per lo 0,009%. La spesa che ogni italiano risparmierebbe sarebbe di un euro e trentatré centesimi all’anno, il costo di un caffè.

Il presunto taglio dei costi della politica, quindi, non è una motivazione valida. È solo ‘demagogia’ o come si dice oggi ‘populismo’. E' la conseguenza dell'interesse elettorale di un solo partito: il M5s. La riforma riduce in modo irrisorio i costi della politica e non abbrevia i tempi di approvazione delle leggi, anzi potrebbe bloccarne il funzionamento. Pochi senatori potrebbero incidere sulle decisioni della maggioranza o far venir meno la fiducia al Governo. Già oggi è così, ma con la modifica costituzionale oggetto del referendum il problema si acuirebbe e di molto.  

I limiti del nostro sistema politico-istituzionale non sono i politici ed il loro numero, ma gli italiani che li eleggono. Ridurre il numero di parlamentari è inutile. Un vero cambiamento ci potrà essere solo con la crescita culturale e civile dei cittadini, ma questo richiederà tempo e pazienza che i politici di oggi non hanno.

Fonte blog.soldionline.it


sabato 12 settembre 2020

‘Chi è causa del suo mal pianga sé stesso’

Credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa’, Dante Alighieri, tratto dal canto XXIX dell’Inferno

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

                                         Matteo Salvini in coro con i suoi fan (video da youtube.com)

Chissà se Matteo Salvini ha mai letto Dante Alighieri, ma di certo conosce il proverbio: ‘Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso’. Il senso è quello ‘di ammonire colui che ha prodotto la causa del suo danno: costui dovrà prendersela esclusivamente con sé stesso, e non addossare la responsabilità ad altri’.

Il leader padano è stato contestato a Torre del Greco e non è la prima volta che accade. Un migliaio di cittadini durante un comizio lo hanno sommerso di fischi, invettive ed hanno intonato il coro di ‘Bella ciao’. Il segretario della Lega viene 'fischiato' regolarmente nei comizi che tiene nel Sud del Paese. La motivazione non è solo contingente, cioè legata alla campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative.

Il rancore di molti campani è nelle parole pronunciate più volte dallo stesso Salvini. In Rete ci sono diversi video ed interviste in cui il politico padano ‘insulta’ i cittadini del Sud, in particolare i napoletani. In uno di questi, siamo nel 2009, come un qualsiasi capo ultrà di una qualunque squadra di calcio del Nord Italia, invita i suoi fan a cantare: ‘Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani o colerosi, terremotati voi con il sapone non vi siete mai lavati, sanno di m…’.

Ora, vuole i voti dei meridionali. Da secessionista a sovranista, il passaggio è stato relativamente facile. Ma in tanti non hanno dimenticato. L’incoerenza non sempre paga. Che ci sia qualcuno a contestare nei suoi comizi è inevitabile. Del resto, la sua carriera politica è fatta di denigrazione dell’altro, del Sud, dei migranti, dell’Europa e così via.

Aver trasformato la Lega Nord in Lega per Salvini, non è sufficiente. Fino al 2014 l’ex ministro degli Interni è stato secessionista ed antimeridionalista, ora, da quando è diventato il segretario della Lega, è nazionalista e populistaEssere contemporaneamente padano, sardo, siciliano, campano e così via, per Matteo Salvini è indifferente. Nello stesso tempo, però, non ha rinnegato il suo percorso politico leghista e non dimentica mai di esibire la spilletta di Albert de Giussan, supposto eroe indipendentista del Lombardo-Veneto. 

È una tecnica propagandistica che si rivolge, in particolare, ai cittadini del Sud, a quelli a cui non interessa questo o quel partito politico, ma solo ciò che possono ricavarne. Questi meridionali in un certo senso sono coerenti, per loro conta solo il tornaconto personale. Pertanto, essi hanno convenienza ad essere leghisti, come ieri erano fascisti, democristiani e forzisti. Non sono solo ‘tafazzisti’ per predisposizione caratteriale, sono anche e soprattutto furbi o almeno così credono di essere.  

Fonti it.wikipedia.org e youtube.com


mercoledì 9 settembre 2020

Lucia Azzolina: ’Il rischio zero non esiste’

Tra studenti asintomatici e flop dei test sierologici, il rientro a scuola non sarà senza rischi, a dirlo è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La Ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina - ( foto dal profilo facebook)

Oltre il 40% dei docenti e del personale Ata sono ultracinquantacinquenni. A quell’età soffrire di qualche patologia è naturale. Sono quasi tutti soggetti a rischio. Il ministero dell’Istruzione per evitare defezioni di massa ha previsto regole stringenti per chi farà richiesta di esonero. Quello che è certo è che tutto il personale della scuola sarà costretto ad operare in un ambiente di lavoro non sicuro ed in condizioni precarie. Ma la tutela della salute dei lavoratori non era prevista nei contratti collettivi? Questo diritto non è sancito, tra l’altro, dall’art. 32 della Costituzione? Facciamo finta che non ci sia? I sindacati cosa ne pensano?

Il virologo Andrea Crisanti pochi giorni fa ha affermato: Su 8 milioni di studenti, il 2-3% potrebbe essere positivo. Questo significa che circa 240 mila giovani studenti potrebbero essere asintomatici, cioè portatori inconsapevoli del virus. Evitare i focolai sarà impossibile o quasi. Inoltre, nell’immediato è inutile sperare nel vaccino, a sostenerlo è sempre Crisanti: 'Vaccino anti-Covid entro fine anno? Impossibile. Scorciatoie aumentano rischi effetti indesiderati'. La notizia dello stop alla sperimentazione del vaccino AstraZeneca-Oxford ne è la conferma.

I docenti che hanno fatto il test sierologico sono uno su quattro. Pochi. Nessuno degli otto milioni di ragazzi che tra poco riempiranno autobus ed aule scolastiche è stato sottoposto alla stessa analisi, perché? Ora Lucia Azzolina ha annunciato che saranno fatti a campione. Ed ancora, per cautelarsi, l’esponente grillina ha sottolineato: ‘Il rischio zero non esiste’. Se lo dice la Ministra noi chi siamo per non crederci? Tutti sanno che la riapertura della scuola potrebbe provocare una seconda ondata pandemica, ma non si deve dire, anzi occorre sottolineare che si sta facendo di tutto perché avvenga in sicurezza.

Dal 14 settembre circa dieci milioni di persone, tra studenti e lavoratori della scuola, usciranno da casa senza avere il Covid-19 e poi vi faranno ritorno pensando di non averlo contratto, ma non sarà così, non per tutti almeno.

I docenti, non è superfluo ricordarlo, sono stati assunti per fare gli insegnanti ed i formatori, non certo per fare gli ‘eroi’. 


mercoledì 2 settembre 2020

Covid-19, a scuola arrivano i ‘mostri’ con le mascherine trasparenti

Le mascherine trasparenti per i docenti sono l’ultima ‘brillante idea’ degli esperti per il rientro a scuola, ma anche questa misura di prevenzione, come tutte le altre, sarà solo un palliativo che non impedirà i focolai di Covid-19

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mascherine trasparenti - (foto da quotidianodipuglia.it)

Le stanno pensando tutte. I banchi monoposto innanzitutto. Tutti li aspettano come se fossero la soluzione del problema. Lo scopo è quello di garantire il distanziamento di un metro. Questa misura non eviterà i contatti. La distanza deve essere calcolata tra sedia e banco, e non tra banco e banco, altrimenti il metro sarà solo virtuale. Non solo, ma qualcuno pensa veramente che i ragazzi staranno 5 o 6 ore nella stessa aula evitando i contatti fisici?

Obbligo di mettere le mascherine nei corridoi e durante l’intervallo. Come dovrà comportarsi un docente o un collaboratore Ata se un ragazzo non metterà la mascherina? Farà un richiamo verbale? Farà un rapporto disciplinare? Chiamerà i genitori? Lo denuncerà alle forze dell’ordine?

Se un alunno manifesterà i sintomi influenzali verrà isolato? Si chiameranno i genitori? L’ambulanza? Il medico competente? Come ritornerà a casa? Di chi sarà la responsabilità civile e penale di eventuali contagi?

I ragazzi una volta fuori dalla scuola torneranno ad affollare i bar, i mezzi di trasporto e poi torneranno a casa, da genitori e nonni, chi garantirà loro che non contrarranno il virus? Chi glielo andrà a dire a papà e mamma che il figlio è stato contagiato a scuola?

Ora spuntano le mascherine trasparenti per i docenti. Ci mancavano solo queste per farla completa. Sembrano delle ‘bautte’ di Carnevale, quelle che si usano a Venezia, quelle dei 'mostri'. Lo scopo è di non coprire la bocca per permettere ai non udenti di leggere le labbra. Il fine è meritorio, ma farne un uso generalizzato fa un pò impressione. Ricordano quelle pubblicità che spesso ci sono in Rete e che riguardano la cura dei denti e dell’alitosi.

I contagi non si potranno evitare. Le misure previste sono solo palliativi che non impediranno il propagarsi del Covid-19. Tutti lo sanno o lo pensano, ma non si deve dire. I responsabili al ministero della Salute, di certo, sono consapevoli dei rischi che si stanno correndo. Il rientro a scuola è comunque un azzardo. L’ipotesi migliore è che ci siano pochi focolai. In tempi di guerra si parla di effetti collaterali, la differenza, non irrilevante, è che siamo in tempo di pace. Il profitto, prima di tutto, poi la salute.  

I lavoratori della scuola possono solo sperare nella ‘Provvidenza, ma occorre essere credenti ed avere fede, ma, è quasi certo, che neanche questo eviterà i contagi.