Dopo
la seconda guerra mondiale numerosi sindacalisti siciliani furono assassinati
dalla mafia, tra loro Placido Rizzotto, ma non tutti sanno che il giovane
corleonese fece parte della Resistenza e che è stato insignito della medaglia d’oro
al merito civile
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
25 aprile
1945 – I partigiani sfilano per le strade
di Milano (foto da wikipedia.org)
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L’8
settembre del 1943
si trova nel Nord Italia. Da tesserato clandestino del Psi si unì ai partigiani
delle Brigate Garibaldi. L’esperienza nella Resistenza lo cambiò. Matura nel giovane contadino corleonese una coscienza sociale che lo fa riflettere
sulle ingiustizie sociali che i siciliani devono subire quotidianamente.
Alla
fine della guerra torna in Sicilia,
dove ricopre la carica di presidente dell’Anpi di Palermo e quella di
segretario della Camera del lavoro di Corleone. Milita nel Partito socialista
italiano diventando segretario della sezione locale.
Occupazione delle terre a Corleone – 1949/1950
(foto da medea.provincia.venezia.it)
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La
sera del 10 marzo del 1948,
mentre si recava da alcuni compagni di partito venne rapito ed ucciso dalla
mafia (tra loro c’era Luciano Liggio). Aveva appena trentaquattro anni. Il
giovane pastore Giuseppe Letizia assistette all’omicidio e vide in faccia gli
assassini. Per questo motivo fu ucciso anch’egli con un’iniezione letale dal
boss e medico Michele Navarra.
Il
corpo di Rizzotto è stato ritrovato solo il 7 settembre del 2009 nelle foibe di Rocca Busambra,
presso Corleone, ed identificato con l’esame del Dna il 9 marzo del 2012. Le
esequie solenni si sono svolte ben sessantaquattro anni dopo la sua morte, il 15
maggio del 2012.
Scrisse
Antonio Gramsci: ‘odio chi non parteggia, odio gli indifferenti’. Il giovane segretario della Camera
del lavoro di Corleone è stato assassinato proprio perché era un partigiano, ‘un
esempio di rettitudine e coraggio’, un uomo libero che ha dedicato la sua breve
vita a difendere i più deboli e gli ultimi.
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