domenica 27 ottobre 2019

Non si può morire così

Francesco, quarantasettenne disoccupato cosentino, voleva vivere una vita dignitosa, avere una famiglia, un lavoro, ma, vittima di truffatori senza scrupoli, ha ceduto alla disperazione ed ha deciso di farla finita

di Giovanni Pulvino (@GiovanniPulvino)

Opera attribuita a Banksy - (foto da lexpresse.fr)
Vittima due volte. Francesco, quarantasettenne lavoratore cosentino, non ha retto all'ultima umiliazione. La sua unica colpa è stata quella di non riuscire a trovare un'occupazione stabile. Disoccupato da diversi anni, si era illuso ancora una volta, l'ultima. Quando gli si è presentata l’opportunità di partecipare ad un corso per Oss (Operatore socio-sanitario) con la prospettiva di essere assunto, non ha esitato. Per iscriversi aveva messo assieme i duemila euro chiesti dai falsi formatori. Quando si è reso conto che il titolo che aveva conseguito non valeva nulla e che era stato vittima, insieme ad altri, di una truffa, ha perso ogni speranza ed ha deciso di farla finita. Un gesto definitivo ed irreparabile, un atto contro le ingiustizie che aveva dovuto subire e contro la povertà in cui era costretto a vivere.
A far scattare l’inchiesta erano state le denunce fatte da coloro che avevano partecipato ai corsi svolti tra il 2015 ed il 2017. L'indagine ha aperto le porte del carcere a due dipendenti dell'Asp di Cosenza ed a quattro imprenditori, responsabili delle scuole di formazione Sud Europa con sede in Calabria e la Sa.dra e Check up formazione con sede in Campania. Gli aspiranti operatori sanitari venivano reclutati in Calabria. Il corso si limitava ad un paio di incontri, nello studio dei quiz ed in una simulazione prima dell'esame di abilitazione che si svolgeva in Campania. In tutto sarebbero stati distribuiti 291 titoli ed incassati dai truffatori oltre 570 mila euro.
Vittima di criminali senza scrupoli e della mancanza di lavoro, il disoccupato cosentino non ce l'ha fatta. Ad un certo punto della sua vita ha rinunciato a lottare. Oggi come ieri, in Calabria, al Sud ed in tutti i Sud del mondo si continua a morire, così, per sfiducia e per egoismo altrui. Questo siamo: una società diseguale ed ingiusta. Il trascorrere del tempo, le lotte, la crescita culturale e civile, la modernità e l'informatizzazione dei mezzi di produzione e della società, di cui ci vantiamo ed andiamo fieri, non sono ancora sufficienti per garantire a tutti una vita dignitosa. Tutto inutile, almeno tutto è stato inutile per questo lavoratore meridionale.



lunedì 21 ottobre 2019

Ecco cos’era la Mafia nel 1962

Per chi non avesse ancora compreso cos’è stata e cos’è la Mafia e cosa hanno dovuto subire e cosa devono sopportare ancora oggi molti siciliani, basta ascoltare l’intervista rilasciata a Rai 3 dall’attivista e scrittrice Vera Pegna 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ilcarrettinonews.it
Nata nel 1934 ad Alessandria d’Egitto, Vera Pegna è una traduttrice, attivista e scrittrice. Negli anni Cinquanta, dopo aver conosciuto Danilo Dolce, decide di fermarsi in Sicilia per dedicarsi alla lotta contro la Mafia. Ieri sera su Rai 3 è andata in onda, nella trasmissione ‘Le Ragazze’, un’intervista in cui racconta alcuni episodi vissuti in quegli anni. In uno di questi descrive le angherie e le violenze fisiche e non che i siciliani hanno dovuto subire. Ecco la trascrizione della parte più significativa della sua intervista.
Nel 1962 c’erano le elezioni. Noi facevamo delle assemblee per far capire che c’erano le elezioni, che magari avremmo fatto una lista, anche se i compagni mi dicevano: ma no, come fare una lista? Che lo sai che le due volte che abbiamo cercato di fare una lista è finita male. La seconda volta il nostro compagno che voleva essere capolista è stato tagliato in due con un’accetta.
Questo era il livello della mafia. Queste erano le cose che mi riempivano di una indignazione, non so come chiamarla diversamente per cui dovevo agire. Un giorno, non l’ho mai deciso, ma è venuto per caso, eravamo in campagna elettorale per le elezioni comunali e mi è venuto in mente semplicemente di prendere il microfono, di affacciarmi e di vedere se c’era, come c’era ogni volta che organizzavamo un’assemblea don Peppino (Panzeca, boss di Caccamo) seduto dall’altra parte della strada, una strada di pochi metri, si metteva lì per cui le persone che dovevano entrare non venivano perché avevano paura di farsi vedere mentre entravano nella sezione del PCI. 
Allora ho preso il megafono, mi sono affacciata dal balcone e gli ho detto: Don Peppino, se è vero che è un mafioso, alzi la testa e mi faccia un sorriso che le scatto una fotografia. La piazza si è vuotata subito perché guai a poter essere testimoni di un tale insulto a don Peppino e lui se n’è andato. Questo ha cambiato in modo tangibile l’umore dei compagni che erano nella sezione. In sezione: ‘Cosa hai fatto? Cos’ho fatto? Ma facciamolo ogni giorno’.




martedì 15 ottobre 2019

Neet, Italia prima in Europa, ma è tutto 'merito' del Sud

Secondo gli ultimi dati Istat in Italia i giovani Neet sono oltre due milioni, di questi oltre uno su tre è residente al Sud, ma per i media nazionali non è una 'notizia' 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da cooperativaprogettazione.it
Neet è l’acronimo di Not in Educaction, Employment or Training, esso definisce i giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Nel 2018 quelli presenti sul territorio nazionale erano il 23,4% del totale dei residenti che hanno un’età compresa tra i 15 ed i 29 anni. L’Italia è al primo posto nella graduatoria europea, seguono la Grecia con il 19,5%, la Bulgaria con il 18,1%, la Romania con il 17% e la Croazia con il 15,6%. Gli Stati con il tasso più basso sono i Paesi Bassi con il 5,75%, la Svezia con 7% e Malta con il 7,4%. La media europea è del 12,9%. Il 49% dei Neet italiani ha conseguito il diploma di scuola secondaria superiore, il 40% ha un livello di istruzione inferiore, mentre l’11% sono laureati. Il 41% di essi è in cerca di prima occupazione, mentre il 25% aspetta una ‘opportunità’ ed il restante 14,5% sono ‘disimpegnati’.
Foto da ildenaro.it
A livello territoriale il 34% degli inattivi sono residenti nel Sud, il 19,5% nel Centro ed il 15,5% nel Nord Italia. Particolarmente elevata è la presenza dei Neet in Sicilia (38,65), in Calabria (35,9%), in Puglia (30,5%) ed in Sardegna (27,5%). Gli stranieri sono il 14,5%. Questi dati certificano ancora una volta il dramma della disoccupazione nel nostro Paese, in particolare tra i giovani e nel Meridione. Non sorprende, invece, la scarsa risonanza riscontrata sui media nazionali. Fino a quando il lavoro e le condizioni di sottosviluppo rimarranno localizzate nel Mezzogiorno per essi non sarà un vero problema e, pertanto, non vale la pena parlarne, anzi è un argomento che ha stancato. Chi ha voglia di fare e di lavorare faccia la valigia ed emigri, chi, invece, non vuole impegnarsi ed è un Neet rimanga pure nella sua terra e si accontenti delle briciole e del poco di ‘assistenza’ che ancora lo Stato italiano è in grado di garantire.


venerdì 11 ottobre 2019

Miracolato

Pochi giorni fa Luigi Di Maio ha ricevuto il Segretario di Stato americano Michael Richard Pompeo, al termine della conferenza stampa ha fatto l’ennesimo lapsus ed il Segretario Pompeo si è trasformato in Segretario ‘Ross’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)



Michael Richard Pompeo e Luigi Di Maio
Foto da wikipedia.org
Probabilmente non sapremo mai cosa ha pensato il Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America Michael Richard Pompeo quando il nostro ministro degli Esteri lo ha indicato con il nome di 'Segretario Ross'. Questo è stato solo l’ultimo strafalcione con cui di tanto in tanto ci diletta il capo del M5s. Il politico campano a volte si cimenta in dichiarazioni a dir poco azzardate o inverosimili. La vicenda di Bibbiano, abbiamo abolito la povertà, mai con il Pd, il governo durerà cinque anni, sono solo alcuni esempi. Improvvisazione, faciloneria, peccati di gioventù o narcisismo? Quello che è certo è che Luigi Di Maio è un ‘miracolato’. Un leader che ha fondato la sua carriera sull’antipolitica, ma che è egli stesso un professionista della politica.
Nato ad Avellino, cresciuto a Pomigliano d’Arco, è diventato, ad appena 26 anni, vicepresidente della Camera dei deputati. Ruolo mantenuto per tutta la passata legislatura, cioè dal 21 marzo 2013 al 22 marzo 2018. Ma questo è stato solo l’inizio di una folgorante ascesa politica ed istituzionale. Dal 23 settembre 2017 è il capo politico del M5s. Lo scorso anno con il Governo giallo-verde ha assunto la carica di vicepremier e Ministro dello sviluppo economico e Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il 5 settembre 2019 è stato nominato Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel nuovo esecutivo, Conte bis.
Nessuno nella storia repubblicana è stato capace di ricoprire tante e tali cariche in così poco tempo. Inoltre, l’apprendistato politico di Luigi Di Maio è stato brevissimo, anzi non si può dire che ci sia stato. Figlio di un piccolo imprenditore edile, che è stato un dirigente del Movimento sociale italiano prima e successivamente di Alleanza nazionale, il giovane politico grillino ha frequentato l’università ma non si è mai laureato. Prima di entrare in politica ha fatto piccoli lavoretti, tra questi quello di steward allo stadio San Paolo di Napoli. Nel 2007 apre il Meetup di Pomigliano, aderendo così all’iniziativa di Beppe Grillo. Nel 2010 si candida al consiglio comunale della sua città, ma i 59 voti ottenuti non sono stati sufficienti per essere eletto. Con le ‘parlamentarie’ del M5s gli bastano 189 preferenze per essere candidato alla Camera dei deputati nelle elezioni politiche del 2013. E’ il trampolino di lancio per una carriera fulminante.
Da mancato consigliere comunale di Pomigliano (2010) a deputato (2013), a vicepresidente della Camera dei deputati (2013), a leader del M5s (2017), a vicepremier (2018), a ministro (2018 e 2019). Niente male per un giovane che sbaglia i nomi dei suoi interlocutori e che cambia continuamente opinione. Senza considerare che ha sostenuto un governo caduto dopo appena 15 mesi e che ha dimezzato i consensi del suo gruppo politico senza perdere ruoli e potere. 
Come Luigi Di Maio, nessuno. Complimenti.




lunedì 7 ottobre 2019

Generazione ‘Working poor’

In Italia l’ascensore sociale è bloccato ed oltre mezzo milione di giovani negli ultimi quattro anni è emigrato all’estero, a sostenerlo è Oxfam Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da oxfamitalia.org
Lo  studio, il talento e le capacità individuali ‘sono sempre meno determinanti rispetto alle condizioni socio-economiche delle famiglie d’origine’. Un terzo dei figli dei genitori più poveri è destinato a non cambiare ‘status’ sociale, mentre il 58% di quelli che appartengono al 40% più ricco della popolazione manterrà la sua posizione sociale. Il 66% dei figli che hanno genitori con una istruzione bassa ha molte probabilità di rimanere nel medesimo livello reddituale.
Il sistema di istruzione, oggi, non garantisce l’emancipazione sociale. ‘Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato che ha lo stesso livello di istruzione’. Nel 2017 solo il 3,75% del Pil è stato destinato all’istruzione, nell’ultimo Dpef è previsto appena il 3,5%. Il nostro sistema scolastico è sotto finanziato. Non meraviglia quindi la carenza dell’offerta formativa e l’incremento degli abbandoni precoci, in particolare nel Mezzogiorno.
Il 25% dei giovani compresi in una fascia di età tra 15 ed i 29 anni è un Neet (Not in education, employment or training), cioè non studia e non lavora. Nel 2018 circa il 13% degli occupati in quella fascia di età era ‘working poor’, viveva cioè in una famiglia con un reddito inferiore del 60% rispetto alla media nazionale. Questa situazione è determinata dagli inadeguati livelli retributivi rispetto agli occupati più anziani. Le cause principali sono i contratti a tempo determinato ed il part-time involontario.
Tra i paesi del G7 l’Italia è quello con il maggior numero di laureati impiegati in mansioni inferiori al loro livello di studio. 1,8 milioni di persone in possesso della laurea svolgono un'attività lavorative che non richiede tale livello di studio. Negli ultimi quattro anni oltre mezzo milione di italiani ha deciso di trasferirsi all’estero, tra loro soprattutto giovani laureati residenti nel Meridione.
Un Paese immobile, dove l’unica cosa che aumenta è la disuguaglianza sociale e territoriale. Stiamo bruciando il futuro delle nuove generazioni, è ora di porvi rimedio.

mercoledì 2 ottobre 2019

‘Lega e fascisti li abbiamo legittimati noi' e 'Renzi non è mio figlio’, Silvio Berlusconi

Nonostante Matteo Renzi abbia rottamato la Sinistra del Pd ‘i moderati non lo votano’ ed ‘i sovranisti da soli non avrebbero la capacità di vincere e sicuramente sarebbero incapaci di governare’, a sostenerlo è Silvio Berlusconi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi
(foto da ilblogdellestelle.it)
Le affermazioni di Silvio Berlusconi non sono mai fatte a vanvera. Le sue dichiarazioni sono sempre motivate, anche se dal punto di vista politico ed ideale non sono condivisibili. Una Destra estremista come quella di Salvini difficilmente potrà consentire ai moderati il ritorno al Governo. Il cuore e la mente del Centrodestra è Forza Italia, ripete il Cavaliere nei sui comizi. Ecco che cosa ha detto: ‘Lega e fascisti li abbiamo fatti entrare noi al governo, li abbiamo legittimati noi, li abbiamo costituzionalizzati noi. Siamo nel centrodestra, di cui siamo il cuore, il cervello e la spina dorsale’. Ed ancora: ‘Siamo obbligati a stare nel centrodestra, se loro non avessero noi in coalizione non sarebbero centrodestra, sarebbero una destra estremista, non avrebbero la capacità di vincere e sicuramente sarebbero incapaci di governare’.
Anche sull’ex sindaco di Firenze il cavaliere è categorico: Renzi non è mio figlio, i moderati non lo votano’. Il leader di Italia Viva nei suoi quattro anni da segretario del Pd (dal 15 dicembre 2013 al 12 marzo 2018) e nei quasi tre anni di presidenza del Consiglio (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016) ha propugnato ed adottato il programma che Berlusconi non è riuscito a realizzare con i suoi governi. La comunanza ideale tra i due è evidente, così come lo è il tentativo del politico toscano di conquistare il consenso dell’elettorato moderato.
Matteo Renzi pur non avendo nulla o quasi delle idee progressiste tradizionali è considerato come appartenente a tale schieramento politico, per cui è difficile che un elettore della Destra possa dargli il suo consenso. Silvio Berlusconi gli riconosce il merito di aver rottamato la Sinistra all’interno del Pd, ma è consapevole che non può raccogliere la sua eredità, almeno per il momento.
Chi è vittima del suo mal pianga sé stesso. L'ex segretario del Pd si è precluso i voti della Sinistra e non riesce a convincere i moderati, ma allora chi voterà per Italia Viva?