Tra
i sei milioni di deportati sterminati nei campi di concentramento c’erano i
Muselmann, gli ultimi tra gli ultimi, uomini e donne rassegnati alla sorte a cui i nazisti li avevano destinati: le camere
a gas
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo. Che lavora nel fango, che non
conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no. Considerate
se questa è una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di
ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo, come una rana d’inverno. Meditate
che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore,
stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi, ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il
viso da voi”.
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Primo Levi |
ARBEITMACHT FREI (il lavoro rende liberi): “Siamo
scesi, ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente
riscaldata. Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell’acqua dei radiatori ci
rende feroci: sono quattro giorni che non beviamo. Eppure c’è un rubinetto:
sopra un cartello, che dice che è proibito bere perché l’acqua è inquinata.
Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è una beffa, “essi” sanno che noi
moriamo di sete, e ci mettono in una camera e c’è un rubinetto, e Wassertrinken
verboten. Io bevo, e incito i compagni a farlo; ma devo sputare, l’acqua è
tiepida e dolciastra, ha odore di palude. Questo
è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno deve essere così, una camera
grande e vuota, e noi stanchi di stare in piedi, e c’è un rubinetto che
gocciola e l’acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente
terribile e non succede niente e continua a non succedere niente. Come pensare?
Non si può pensare, è come essere già
morti. Qualcuno si siede per terra. Il tempo passa goccia a goccia”.
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Deportati ad Auschwitz |
La
selezione: “Il
Blockältester ha chiuso la porta Tagesraum-dormitorio e ha aperto le altre due
che dal Tagestraum e dal dormitorio danno all’esterno. Qui, davanti alle due
porte, sta l’arbitro del nostro destino, che è un sottoufficiale delle SS. Ha a
destra il Blockältester, a sinistra il furiere della baracca. Ognuno di noi,
che esce nudo dal Tagesraum nel freddo dell’aria di ottobre, deve fare di corsa
i pochi passi fra le due porte davanti ai tre, consegnare la scheda alla SS e
rientrare per la porta del dormitorio. La SS, nella frazione di secondo fra i due passaggi successivi, con uno sguardo di faccia e di scheda all’uomo alla sua destra e all’uomo alla sua sinistra, e questo è la vita o la morte di ciascuno di noi. In tre o quattro minuti una baracca di duecento uomini è
‘fatta’ e nel pomeriggio l’intero campo di dodicimila uomini. Io confitto nel
carnaio del Tagesraum, ho sentito gradualmente allentarsi la pressione umana
intorno a me, e in breve è stata la mia volta. Come tutti, sono passato con
passo energico ed elastico, cercando di tenere la testa alta, il petto in fuori
e i muscoli contratti e rilevati. Con la coda dell’occhio ho cercato di vedere
alle mie spalle, e mi è parso che la mia scheda sia finita a destra”.
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La copertina della prima edizione di 'Se questo è un uomo'. Ed. De Silva - Torino 1947 |
I Muselmann: ‘Esistono tra gli uomini due categorie particolarmente distinte: i salvati e i sommersi. Ma in Lager avviene altrimenti: qui
la lotta per sopravvivere è senza remissione, perché ognuno è disperatamente,
ferocemente solo. Se un qualunque Null Aschtzehn vacilla, non troverà chi gli
porga una mano; bensì qualcuno che lo abbatterà a lato, perché nessuno ha
interesse a che un ‘mussulmano’ di più si trascini ogni giorno; e se qualcuno,
con un miracolo di selvaggia pazienza e astuzia, troverà una nuova combinazione
per defilarsi dal lavoro più duro, una nuova arte che gli frutti qualche grammo
di pane, cercherà di tenerne segreto il modo, e di questo sarà stimato e
rispettato e ne trarrà un suo esclusivo personale giovamento; diventerà più
forte, e perciò sarà temuto, e chi è temuto è, ipso facto, un candidato a
sopravvivere. Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona “a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto”. Nel Lager, dove l’uomo è solo e lotta
per la vita si riduce al suo meccanismo primordiale, la legge iniqua è apertamente
in vigore, è riconosciuta da tutti. Con gli adatti, con gli individui forti e
astuti, i capi stessi mantengono volentieri contatti, talora quasi
camerateschi, perché sperano di poterne trarre forse più tardi qualche utilità.
Ma ai mussulmani, agli uomini in
dissolvimento, non vale la pena di rivolgere la parola, poiché già si sa
che si lamenterebbero, e racconterebbero quello che mangiavano a casa loro. E
infine, si sa che sono di passaggio, e
fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un
registro un numero di matricola spuntato. Benché inglobati e trascinati
senza requie dalla fila innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una poca intima solitudine, e in solitudine muoiono e scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno.’
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