sabato 19 febbraio 2022

‘DISUGUITALIA’

La disuguaglianza è risultato di precise scelte politiche’ ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International

di Giovanni Pulvino

Foto da oxfamitalia.org

La pandemia dovuta al Covid-19 ha peggiorato le condizioni economiche delle famiglie italiane e ‘rischia di ampliare a breve e medio termine i divari economici e sociali preesistenti’. A sostenerlo è Oxfam nel nuovo rapporto ‘La pandemia delle disuguaglianze’ pubblicato pochi giorni fa.

‘Il 5% più ricco degli italiani - si legge nel report - deteneva a fine 2020 una ricchezza superiore a quella dell’80% più povero’.

Tra marzo 2020 e novembre 2021 ‘il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre.’ Ed ancora. ‘I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte)’.

Sergio Mattarella in occasione del suo secondo giuramento come presidente della Repubblica ha dichiarato: ‘Il persistere di diseguaglianze che abbracciano la sfera politica, economica e sociale contraddice il principio di equità e genera intollerabili discriminazioni. La crisi pandemica, inoltre, ha ulteriormente ampliato i divari esistenti, esacerbando la condizione di coloro che si trovano in situazioni di maggiore vulnerabilità’.

Come dargli torto.

Fonte oxfamitalia.org

venerdì 11 febbraio 2022

Gli zii e le zie di Torremuzza (parte sesta)

Per una questione di privacy i nomi ed i soprannomi sono indicati con le iniziali. Chi li ha conosciuti o li conosce certamente capirà di chi si tratta

di Giovanni Pulvino

Torremuzza, piazza Marina
La gentilezza e la pazienza sono rare

A za B. non ha mai perso il suo accento calabrese. Riservata e di poche parole come suo marito, era una delle mamme a cui non dava fastidio il fatto che giocassimo in piazza Marina.

Anche a za R. non ebbe mai a lamentarsi, anzi apprezzava la nostra presenza. Sento spesso la mancanza del suo sorriso bonario e sincero, era una mamma allegra, che ha saputo gestire con parsimonia e leggerezza una famiglia numerosa. Era una presenza rassicurante. Le nostre zie e zii ci proteggevano, non correvamo pericoli se non quelli dovuti alla nostra presunzione ed esuberanza, l’infanzia dei giovani torremuzzari è stata felice, ma di questo ti rendi conto dopo.

A za C. d’estate ci faceva alzare alle sette del mattino con la scusa di offrirci la granita nel bar/tabacchino, poi ci portava a ‘Maccarruni’ dove c’era un altro ‘stazuni’, lì mio padre svolgeva uno dei suoi tanti lavori. ‘Giocando’ con il tornio di legno imparammo a fare i ‘tivuli’. Nelle fosse pestavamo l’argilla per renderla idonea alla lavorazione, allora non si comprava, si estraeva dalle cave che si trovavano in prossimità dei laboratori. Eravamo bambini, per noi era quasi un gioco, ma lì capimmo l’importanza del lavoro e dell’impegno che, dopo, non sono mai venuti meno

I doveri fanno parte della vita della maggior parte delle persone. Solo ‘i figli di papà’ non vivono queste necessità e non acquisiscono queste conoscenze di vita

All’inizio dell’autunno iniziava la raccolta delle olive. Ovviamente i proprietari si limitavano a vendere la ‘raccolta’ con le ‘gabelle’; un contratto basato sulla parola e sancito con una stretta di mano. Di solito un’oliva su tre andava al latifondista, la seconda al frantoio e quella che rimaneva a chi effettivamente si spaccava la schiena e le mani a raccoglierle. Tra i ‘gabelloti’ più bravi c’era u zu P., mio nonno. Quindi, ogni autunno ed inizio inverno, tutta la famiglia era impegnata in questa attività. Passavamo due volte: prima prendevamo quelle che c’erano a terra e, dopo, quelle che ancora erano sugli alberi. Per un certo periodo c’erano anche gli stagionali, anzi le stagionali che mio nonno ingaggiava nei paesi vicini. Coordinava e dirigeva, non faceva altro, ma era bravo in quel ruolo.

Ci sono ricordi senza nome, solo immagini in bianco e nero che non hanno un titolo, ma sono lì, come gli altri non vanno via, aspettano il loro turno per essere ridestati, ancora una volta, l’ultima

A za N. della Marina era una presenza continua. Una vicina di casa sempre attenta e rigorosa non mancava mai di rimproverarti quando c’era qualcosa che secondo Lei non andava bene. Nella sua casa, dove accedevo raramente, si entrava o usciva dalla ‘Vanedra’ e si poteva farlo anche dal lato opposto, salendo e scendendo una scala ‘ripida’ che dà sul cortile Marina.

I pensieri a volte riemergono per circostanze bizzarre, inconsuete, ma ci aiutano a fare memoria, a mantenere vivi certi visi e certi ricordi

C’era una zia che aveva una strana abitudine, scriveva i suoi pensierini ovunque le capitasse, almeno così si diceva. Non ne ho mai visti e, pertanto, non ne conosco il contenuto, ma di certo quella signora era gentile ed esprimeva un forte desiderio di comunicare. Non c’era nulla di male, oggi quella strana ‘mania’ è la fonte del ricordo. Forse era questo il suo modo di lasciare una testimonianza, un modo semplice per farsi ricordare.

A za F. la vedevamo ogni tanto affacciata sulla ringhiera della sua abitazione. Poi un giorno non la vedemmo più, visse gli ultimi anni della sua vita a letto. Tutti i giorni uno dei figli andava a portare il pranzo o la cena, fu assistita fino all’ultimo. Allora i genitori ed i nonni nell’ultima fase della loro esistenza si accudivano in famiglia.

U zu N. aveva una disabilità importante ma, nonostante ciò, tutti i giorni si recava con la sua vespa a Villa Margi, lì gestiva il rifornimento di benzina ed un piccolo bar ed era bravo anche nelle piccole riparazioni. Allora non c’erano le pensioni di invalidità o di accompagnamento, occorreva darsi da fare. È Lui non si tirò mai indietro.

A signorina B. la vedevamo ogni tanto seduta sul balconcino di casa che dà sulla Vanedra’. Stava seduta a godersi la brezza estiva del primo pomeriggio. Era raro vederla, ma sapevi che c’era. Una volta entrai in casa sua, era un ambiente di stile antico, con i colori tenui e con gli odori di stoffe vecchie e di mobili impolverati, per un attimo mi sembrò di essere trasportato ad inizio secolo. Era una signora gentile, ma teneva le distanze, ‘noblesse obblige’, ma noi che vivevamo proprio di fronte, per Lei eravamo tutto o quasi, eravamo uno dei pochi contatti con il mondo esterno.

A proposito della signorina B. ci sono alcuni ricordi di due mie coetanee. Ecco quello di R.. A proposito del gelato... Il mio preferito era il fortunello! E se la signorina B. malauguratamente mi avesse beccato sarebbero stati guai, cominciava a farmi l'interrogatorio di terzo grado, e cominciava a toccare il mio fortunello... dicendo: "viremu chi gelatu t'accattasti” e lo palpava tutto con le sue mani. Ma io mi vergognavo a dire di non toccarlo, e lo mangiavo lo stesso schifata e arrabbiata. Un'altra volta si ripeté la stessa storia, ma stavolta ero in compagnia di mia sorella S. e strappandomi nuovamente il fortunello dalle mani... Mia sorella rispose irritata ... “adesso se lo mangia lei!”. Da allora in poi si tolse il vizio di toccarlo! Grazie a mia sorella che ebbe il coraggio di rispondere!’. Ed ancora: ‘La signorina B., mi regalava sempre delle bellissime immaginette sacre, stampate su una carta elegante che oggi non viene più usata. Le conservavo gelosamente’.

Ecco quello di L. ‘Il mio gelato preferito era tutto al cioccolato. Costava 20 Lire. Lo acquistavo nella “putia" da za' P. Era un locale vicino alla vanedda’.

Il mio ricordo ra putia è sfocato, ma è lì

C’erano degli scalini se non sbaglio ed il locale era spoglio, o comunque poco accogliente. Sì, lì comperavamo il gelato che era al cioccolato, ma non ricordo il nome, era uno dei nostri preferiti, ma forse lo era solo perché c’erano solo quelli e poco altro.

I pensieri degli zii e delle zie per ora si fermano qui, almeno fino a quando non ne verranno altri e non sentirò il bisogno di condividerli con chi li ha conosciuti

Grazie zii e zie, sarete con noi fino a quando noi saremo


sabato 5 febbraio 2022

Perché la Destra non riesce ad eleggere il PdR?

Nessun esponente politico della Destra sembra adatto a ricoprire la carica di presidente della Repubblica, perché?

di Giovanni Pulvino

Giovanni Leone e Sandro Pertini - (foto da it.wikipedia.org)
I principali esponenti della Destra italiana hanno ripetuto in questi giorni che un esponente del loro schieramento può ricoprire la carica di presidente della Repubblica come e meglio di un candidato del Centrosinistra. Insomma, ogni esclusione ideologica sarebbe pretestuosa. Nelle ultime elezioni, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi erano certi di farcela, ma ancora una volta è prevalso un esponente del Centrosinistra, perché?

Se guardiamo i presidenti eletti dal dopoguerra ad oggi è facile constatare che quelli più popolari appartengono all’area progressista. Tra questi Sandro Pertini, Carlo Azelio Ciampi ed ora Sergio Mattarella. Invece, i più discussi sono stati i democristiani ‘di destra’, come Antonio Segni, coinvolto nelle vicende del cosiddetto Piano Solo, Francesco Cossiga, che non ha fatto altro che attaccare e criticare i parlamentari che lo hanno eletto e soprattutto Giovanni Leone, dimessosi per le vicende legate allo scandalo Lockheed.

Il capo dello Stato deve rappresentare l’unità nazionale, sancisce l’articolo 87 della Costituzione. Deve avere cioè un alto senso del bene comune e soprattutto deve possedere una moralità al di sopra della media. Ed ancora. Deve essere rigoroso nei comportamenti, ma non deve essere autoritario. Deve saper ascoltare e decidere senza condizionamenti ideologici o di parte.

Nell’area politica cosiddetta 'moderata' e 'liberale' mancano personalità che abbiano queste caratteristiche e che, nello stesso tempo, siano inclusive ed altruiste, che sappiano rappresentare tutti, ma proprio tutti.

Per loro eleggere la massima carica dello Stato è sempre stato difficile ma lo è ancora di più se non hanno i numeri per farlo da soli. E quando ci sono riusciti quasi sempre hanno eletto leader scomodi o di parte.

Allora, se non si riesce ad eleggere un Presidente 'superpartes', è meglio forzare il dettato costituzionale e riconfermare quello uscente.