venerdì 8 ottobre 2021

Gli zii e le zie di Torremuzza (parte quarta)

Per una questione di privacy i nomi ed i soprannomi sono indicati con le iniziali. Chi li ha conosciuti o li conosce certamente capirà di chi si tratta

di Giovanni Pulvino


Nzusu - (foto di Giovanni Pulvino)

Sembrerà strano, ma pur essendo un Borgo marinaro c’era chi viveva in e di ‘campagna

U zu C. era uno dei pochi torremuzzari che sapesse fare il ‘malocchio’. Gli bastava poggiare sopra la testa dell’infermo, si fa per dire, un piatto riempito di acqua macchiata con qualche goccia di olio e ripetere sottovoce qualche preghiera. Il rimedio era ‘miracoloso’, faceva passare il mal di testa o almeno così ci si illudeva che fosse. Lui, insieme a za N. di Nzusu, vivevano in ‘campagna’ che per noi era la parte alta della frazione. I loro figli, nostri coetanei, non li vedevamo quasi mai, anche quando si facevano iniziative collettive come quella del gruppo folcloristico. Una volta un nostro amico, sempre quello che mi faceva vincere le partite anche se giocavo da solo, si recò nella loro abitazione, non ricordo il perché, ma non importa. Fu morso dal cane che avevano addestrato per fare la guardia e che per questo era legato, ma non bastò per evitare l’aggressione. Non ci andò mai più.

Per una questione di sicurezza ne avevano sempre uno davanti casa. Per un certo periodo adottarono un pastore tedesco, stava davanti all’uscio, quando ti vedeva arrivare ti ‘osservava’ con diffidenza, non so quante volte ho rischiato di essere azzannato, ma per loro era innocuo.

'Noblesse oblige', ma non per noi, la loro indifferenza era anche la nostra

I fratelli F. erano i proprietari della Torre. Acquistarono la struttura insieme al latifondo dagli eredi del principe di Torremuzza diventato dopo l’unità d’Italia senatore del Regno. Erano i latifondisti del Borgo. Ogni tanto li vedevamo passare, ma non davano confidenza a nessuno o quasi. Si comportavano da ‘nobili’, almeno questa era la nostra impressione. Nonostante ciò, un nostro coetaneo si invaghi della figlia di uno di questi proprietari. Una volta eravamo in spiaggia e notai che non distoglieva mai lo sguardo in direzione della Torre. Non credo che successe mai ‘nulla’, la distanza tra i borgatari e i presunti ‘nobili’ era tanta. Fu un amore platonico, uno dei tanti.

Allora quel che c’era bastava

A za R. e suo marito non li vedevamo quasi mai. Vivevano anche loro di e in ‘campagna. Una volta entrai nella loro casa, non so perché lo feci, era una dimora modesta, un unico ambiente, ma pulito ed accogliente come una reggia. La dignità e la serietà delle persone si misurano da queste piccole cose, il denaro conta, facilita la nostra breve esistenza, ma non è tutto.

La musica ed i balli sono una fonte infinita di ricordi, uno di questi è il Fox, ma non sono sicuro che sia questo il nome giusto

C’è stato un periodo in cui organizzavamo le serate del cenone nella sede dell’Associazione culturale di Torremuzza. In una di queste decidemmo di comprare dei piccoli regali per i membri più anziani. Spendemmo poche Lire, ma quel pensierino Li colse di sorpresa. Tra loro c’era u zu V.. Stava seduto a capotavola e, come tutti gli altri, stava trascorrendo un fine anno tra i più belli della sua vita. Raramente lo vedevi per le strade del Borgo, ma quando si organizzava un’attività di gruppo era sempre presente. Era bravo a ballare il Fox. Ovviamente ci insegnò le figure più significative. Quel ballo, poi, lo ripetemmo tante volte. Ed era uno di quelli messi in scena con il gruppo folcloristico. Imparavamo dalle persone più grandi.

La cultura di un popolo si trasmette così, oggi è solo memoria a perdere, come tutto

Nel 1970 non avevamo ancora la televisione, ma questo non ci impedì di vedere la semifinale dei mondiali del Messico. Eravamo in casa ru zu C. che allora abitava nel cortile Marina. La partita Italia - Germania federale fu trasmessa di sera tardi e, ad un certo punto, ci addormentammo. Rimangono solo alcune immagini scolorite,  ma sono lì e non vanno via, non per me almeno. Il gol del pareggio ad oltre due minuti dal termine dei tempi regolamentari del milanista Schnellinger con Gianni Rivera che abbraccia il palo in segno di disperazione e nel secondo tempo supplementare la rete decisiva del 4 a 3 che sembra un calcio di rigore in movimento realizzato dallo stesso campione del Milan sono impresse nella mia memoria. Quante emozioni quella sera e ogni volta che vediamo le repliche della partita considerata da molti come la più bella di tutti i tempi.  

Tutto era in bianco e nero, nulla era dovuto, era poco ma tutto era più vero

Le prime trasmissioni televisive i torremuzzari le hanno viste in un locale che probabilmente era di un’associazione, ‘a pignone’, ma non sono sicuro che sia questo il nome giusto (quello corretto è Pia Unione). È un ricordo scolorito, molto. Una volta ci andammo con mio padre, ma non riesco a rammentare quale trasmissione vedemmo. 

Durò poco. Presto in tutte le case trovò posto un televisore, eravamo in pieno boom economico e la vita degli italiani, anche dei meridionali, cambiò. Non era più il tempo della ‘parsimonia’ contadina e marinara, ma era iniziato quello del consumismo, del superfluo e dello spreco.

In quel luogo aprì poco tempo dopo l’ufficio postale, uno dei due locali pubblici che i borgatari frequentavano, l’altro era ‘u tabacchinu. Quest’ultimo fungeva anche da generi alimentari e da bar. A za R. e u zu V. lo gestivano anche a credito. Allora occorreva aspettare la paga mensile o settimanale anche per fare la spesa o per pagare il debito accumulato. D'estate lì compravamo il gelato. Una 'scaletta' (cremino) costava poche 'lire', aveva un sapore indefinibile, forse perché i nostri genitori non ci viziavano, era come il pranzo della domenica. Era un'abitudine settimanale, l'attesa accresceva il desiderio e il piacere di gustare lentamente il sapore della crema al latte ricoperta da un sottile strato di cioccolata. O semplicemente era un ghiacciolo, potevi scegliere il gusto che volevi, stando attento a godertelo prima che si sciogliesse. Oppure era un 'fortunello', metà biscotto e metà gelato. Il cornetto dell'Algida o il croccante dell'Eldorado vennero dopo, ma in un certo senso erano i gelati dei ricchi, perché costavano di più, ma a noi non importava, preferivamo sempre la 'scaletta', quella della nostra infanzia, degli anni perduti e del tempo andato, dei ricordi a perdere, come tutto.

Al posto della piazzetta che c'è davanti al tabacchino c’era una specie di viottolo in terra battuta. Prima di sbucare 'na Vanedra', girava ad angolo e c’era sempre il rischio di scivolare. Mi capitò di cadere, la suola degli zoccoli era di gomma dura e scivolare era quasi inevitabile, ma non mi feci nulla. Una volta su quello spiazzo assistetti ad una disputa ‘politica’ tra S. e G., durò poco ma fu molto accesa, allora si viveva di ideali e le opinioni erano inconciliabili. 

Chissà perché questo ricordo torna sempre ed altri invece no. La nostra mente è incomprensibile, non possiamo farci nulla, solo subire 

Una volta per comprare le sigarette lì, al tabacchino, si fermò un cantante famoso, fu semplice riconoscerlo, era Nicola di Bari. La voce si sparse subito. Per i pochi borgatari che accorsero nello spiazzo davanti all’entrata del tabacchino fu un momento di euforia e novità. 

Quante volte abbiamo cantato le sue canzoni e non solo, in quegli anni bastava una chitarra per fare gruppo. Quando andavo a Messina per gli esami universitari mi ritagliavo un momento per comprare uno spartito o le corde di ricambio. Lo percepivo come un impegno anche se nessuno mi obbligava. Per mesi ho strimpellato le tonalità del Re e del Sol fino a farmi venire i calli sui polpastrelli delle dita. Eravamo autodidatti, imparavamo in fretta. Lo facevamo per il desiderio di conoscenza e per acquisire competenze nuove. Nello stesso tempo ci serviva per socializzare. Per noi era una necessità ineludibile ed ineliminabile. Spesso suonavo da solo, ma ogni occasione era buona per condividere qualche canzone. In riva al mare, sulle panchine della piazzetta o quelle di via nazionale e in tutte le occasioni in cui c’era convivialità e voglia di cantare, bastava una chitarra e …  

'Questa di Marinella è la storia vera, che scivolò sul fiume a primavera, ma il vento che la vide così bella, dal fiume la portò sopra una stella' ...

Continua …


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