lunedì 25 gennaio 2021

La vera storia di Eva Schloss, ‘sorella’ di Anna Frank (dall’arrivo ad Auschwitz-Birkenau alla liberazione)


'Quando scendemmo dal treno quel giorno ad Auschwitz – terrorizzati, stupiti e confusi – 
ci ritrovammo direttamente nella sala macchine dell’Olocausto', Eva Schloss 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La copertina del libro
'Sopravvissuta ad Auschwitz'

Questa è la seconda parte della storia di Eva Schloss (la prima è nel post precedente), raccontata con le parole del libro che lei stessa ha scritto ad oltre quarant’anni di distanza dalla sua liberazione, avvenuta il 27 gennaio 1945 nel ’campo di sterminio’ di Auschwitz. Il suo destino è legato a quello di Anna Frank. Compagne di giochi ad Amsterdam, entrambe hanno vissuto la clandestinità e successivamente la deportazione nei ‘campi di sterminio’ ma soltanto Eva è sopravvissuta. Nel dopoguerra sua mamma Fritzi (il padre ed il fratello Heinz morirono ad Auschwitz) sposerà Otto Frank (unico superstite della sua famiglia), divenendo in tal modo 'sorellastra postuma' di Anne.

L’arrivo ad Auschwitz-Birkenau(22 maggio 1944):  'Il treno ci condusse lentamente attraverso l’Europa per tre giorni e tre notti. Eravamo stipati al buio come animali portati al macello, con un piccolo secchio fetido per i bisogni e un altro per l’acqua (…). A volte facevamo delle lunghe soste (…) in qualche punto di quello che avrebbe dovuto essere il continente più civile al mondo (…). Quando scendemmo dal treno quel giorno ad Auschwitz – terrorizzati, stupiti e confusi – ci ritrovammo direttamente nella sala macchine dell’Olocausto (…). Le scene sul binario erano strazianti e rimasi sconvolta dal chiasso delle persone che gemevano, piangevano e urlavano addii disperati. C’erano centinaia di persone: anziani, madri con neonati in braccio e bambini piccoli, tutti in uno stato di totale agitazione e di una sorta di primitiva disperazione; imperturbabili, le ss cominciarono a smistarci come fossimo abiti su una rastrelliera, finché non fummo divisi in uomini e donne, e poi in file di cinque (…). Salimmo lentamente la rampa finché non vedemmo in cima le ss che indirizzavano le persone in due colonne, una a destra e una a sinistra. Una donna davanti a noi cominciò a urlare quando capì che sarebbe stata costretta a consegnare il bambino all’altra colonna (…). Allora non sapevo che avevamo appena superato la nostra prima selezione da parte del celebre dottore del campo, Josef Mengele, o che il cappotto e il cappello mi avevano salvato la vita (…). Tutti i ragazzini sotto i quindici anni venivano automaticamente  mandati a destra – la fila che conduceva direttamente alla camera a gas – e su 168 bambini del nostro trasporto io fui una dei sette sopravvissuti (…). Nell’aria c’era un odore acre che non avevo mai sentito.'

'Ero la prigioniera A/5272, inserita in un processo volto a privarmi dell’orgoglio e dell’identità. Allontanandomi dalla stazione di Auschwitz, mi ero lasciata alle spalle la piccola Eva Geiringer e i suoi sogni. Avevo trascorso gli ultimi momenti insieme alla mia famiglia al completo e non avrei più rivisto mio fratello.'

Vita nel campo: 'Auschwitz era un mondo di sporcizia, fame, depravazione, e pochi gesti di solidarietà (…). Mi resi ben presto conto che la civiltà è una patina molto sottile che viene via facilmente e compresi le vere necessità della vita, come avere una ciotola per bere e mangiare in modo da poter sempre ricevere la propria razione (…). Non tutti riuscivano ad adattarsi. Coloro che non si adeguavano alla vita del campo, avevano uno sguardo vuoto, perdevano la speranza e morivano. Nel gergo del campo venivano chiamati ‘Muselmann’ perché la posizione curva ed inerte li faceva somigliare a musulmani chini per la preghiera. Sono sopravvissuta in gran parte per pura fortuna, tuttavia giurai di non unirmi mai alle schiere dei ‘Muselmann’.'

'Percepii che uno dei soldati mi osservava attentamente e poi lo udii dire:’Questa qui può andare al Canada’ (…). Lo scopo del Canada era depredare gli ebrei fino all’ultimo bene, per mandare poi tutto in Germania, dove sarebbe stato distribuito ai soldati, alle loro famiglie e alla gente comune. Gli uomini tedeschi si rasavano con rasoi ebrei, mentre bravi madri tedesche spingevano carrozzine ebree e i nonni indossavano occhiali ebrei per leggere sul giornale gli articoli sullo sforzo bellico (…). Si trattava di una rapina e un saccheggio su scala davvero enorme (…). Nei forni crematori, una squadra estraeva i denti d’oro alle vittime. I denti venivano poi immersi in un acido per rimuovere nervi e tessuti, fusi in lingotti d’oro e spediti in Germania (…). A volte i tesori non erano altro che foto piegate o rifilate con cura, la minuscola immagine di un bambino sorridente, o una vecchia foto di genitori inserite nella cucitura della giacca. Rimasi a fissare la foto di una madre e di un padre con in braccio un bambino e mi resi conto con orrore che quella era stata l’unica cosa importante per la persona che l’aveva nascosta, e che nessuno di loro si sarebbe mai rivisto. Erano tutti morti.'

L’inverno più triste: 'Solo una cosa mi faceva andare avanti e rendeva più sopportabili quelle notti: avere Mutti (la mamma di Eva) al mio fianco e dormire tra le sue braccia. Immaginate anche la fame. Le nostre razioni ufficiali di cibo consistevano di una minestra tiepida a colazione, o di alcune sorsate di un granuloso succedaneo del caffè, seguite da un pasto serale a base di una fetta di pane nero (…). lo scopo era farci morire lentamente di fame (…). Immaginate la sporcizia. Una volta, una Kapò ci punì per qualche infrazione gettandoci addosso il secchio dei bisogni ed ebbi per giorni i vestiti e la pelle ricoperti di escrementi prima di avere finalmente il permesso di lavarmi (…). Senza Mutti, pensando che anche Pappy (il papà di Eva) era probabilmente morto e non avendo idea se Heinz (il fratello di Eva) fosse vivo o meno, mi sentii precipitare in un buco nero (…). Che importanza aveva la vita? Che importava se una persona era buona o cattiva? Che conforto si poteva trovare in ‘Dio’?'

La liberazione: 'A ottobre avevano ordinato la fine della soppressione degli ebrei e a novembre aveva deciso di far saltare in aria le camere a gas e i forni crematori di Auschwitz, con l’intenzione di eliminare ogni traccia di ciò che vi era accaduto (…). Potevano avere la tentazione di ammazzarci tutti piuttosto che lasciare qualcuno a raccontare i fatti (…). Dormimmo tutta la notte e mi svegliai al mattino del 19 gennaio 1945 con una stranissima sensazione di calma assoluta. Aprii gli occhi e mi guardai intorno: la baracca pareva quasi vuota e non c’era nessuna delle solite attività mattutine. Scesi dal letto e uscii in esplorazione. Non si vedeva nessuno (…). Era rimasto solo un piccolo gruppo di prigionieri dalla salute precaria, come noi. Eravamo pelle e ossa, ma cominciammo immediatamente a organizzarci per sopravvivere fino all’arrivo dei sovietici. Era un grandissimo senso di liberazione sapere che se n’erano andati i tedeschi – quanto avevo desiderato quel giorno – ma sapevamo che ci aspettavano ancora enormi difficoltà' (…).

'La cosa peggiore che abbia mai fatto in vita mia fu portare fuori i corpi rigidi di donne che avevo imparato a conoscere. Reggendole, sentivo che si erano ridotte al lumicino, guardavo i loro occhi sbarrati e le bocche spalancate e sapevo che avevano resistito tanto a lungo e piene di speranza fin quasi alla fine. Vidi più persone morire in quei pochi giorni che in tutta la mia permanenza a Birkenau' (…).

L’arrivo dei soldati sovietici: 'Ci dirigemmo nervose all’ingresso per osservare quella insolita scena. E in effetti c’era un ‘orso’. Un uomo grosso ricoperto da una pelle d’orso che ci fissava con la medesima espressione sbigottita. Forse avrei dovuto essere più cauta, ma in quel momento provai solo una gioia irrefrenabile. Gli corsi incontro e lo abbracciai. Era il 27 gennaio 1945 e le forze sovietiche erano venute a liberarci (…). Furono giorni incerti e disperati, e il fatto che fossimo così prossime alla libertà rendeva la morte ancora più crudele. E’ duro accettare che molte donne fossero decedute non per mano dei nazisti, ma per aver mangiato il buon cibo caldo fornito dai nostri liberatori. Dopo aver fatto la fame tanto a lungo, i loro corpi non erano riusciti a sopportare il repentino cambio di dieta (…). Passai sotto l’insegna in metallo, forgiata da un prigioniero su istruzione dei nazisti, che recitava menzognera ‘Arbeit macht frei’ (il lavoro rende liberi). Ricordo di aver pensato che era una ben piccola e misera riproduzione dell’ideologia più malvagia che il mondo abbai mai conosciuto.'

'Più di un milione di ebrei venne assassinato ad Auschtwitz-Birkenau e, al momento della liberazione, eravamo in vita solo in seimila (…). Io e Mutti avevamo resistito per pura fortuna, grazie alla forza di volontà e alla protezione di Minni (una conoscente anch’essa deportata). Eravamo sopravvissute alla più perversa ideologia di pulizia etnica della storia. I nazisti ci avevano braccati per tutta Europa, guidati da una folle ossessione e dalla determinazione a non fermarsi fino all’eliminazione dell’ultimo ebreo. Ero viva, ma avrei dovuto imparare di nuovo a vivere e trovare il mio posto in un mondo che spesso non voleva conoscere gli orrori a cui avevo assistito.'

Fonte: 'Sopravvissuta ad Auschwitz' di Eva SchlossKaren Bartlett. Newton Compton Editori

sabato 23 gennaio 2021

La vera storia di Eva Schloss, ‘sorella’ di Anna Frank (dalla fuga da Vienna alla deportazione)

'Quando i miei nipoti mi hanno chiesto del tatuaggio sul braccio con cui ero stata marchiata ad Auschwitz, avevo risposto che era solo il mio numero di telefono. Non parlavo del passato', Eva Schloss

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Eva Schloss e Anna Frank (foto da amazon.it)

Questa è la storia di Eva Schloss raccontata con le parole del libro che lei stessa ha scritto ad oltre quarant’anni di distanza dalla sua liberazione avvenuta il 27 gennaio 1945 nel ’campo di sterminio’ di Auschwitz. La sua vicenda umana è legata a quella di Anna Frank. E’ stata sua compagna di giochi ad Amsterdam e nel dopoguerra sua madre Fritzi, anch’essa sopravvissuta allo sterminio (il papà ed il fratello morirono ad Auschwitz), sposerà Otto Frank, a sua volta unico superstite della sua famiglia.

Il nove marzo 1938 a Vienna, città natale di Eva Schloss, arrivano i nazisti accolti con entusiasmo dalla popolazione: 'Gli ebrei austriaci cominciarono a correre da un’ambasciata all’altra alla disperata ricerca di un visto che consentisse loro di scappare. Purtroppo, però, molti Paesi non li concedevano.'

La fuga a Bruxelles (1938): 'Eravamo degli apolidi e la nostra presenza non era gradita in nessun posto.' 

Le molestie di Dubois (coinquilino di Eva, di sua madre e del fratello Heinz nella pensione di madame Le Blanc): 'Cercavo di evitarlo a tutti i costi, ma alcuni giorni dopo, ero sola e lui mi bloccò nel corridoio (…). Mi fece entrare in camera sua, dicendomi che voleva mostrarmi delle fotografie del Congo (…). Riluttante, gli rimasi accanto mentre sedeva alla scrivania e sfogliava album color seppia (…). Con il passare delle settimane, cominciò a prendermi sulle ginocchia mentre sfogliava le pagine dell’album (…). Ben presto Dubois pretese che (…). Ero talmente inorridita e imbarazzata che corsi fuori dalla stanza e incappai dritta in mia madre. Vedendomi tanto sconvolta, mi costrinse a parlare finché non crollai e le dissi tutta la verità (…) erano tutti scioccati (…). Ma non potevano farci niente. Eravamo in un Paese straniero, in attesa dei visti grazie a cui avremmo potuto tornare ad essere una famiglia. Mutti (la madre di Eva) mi disse di non rivolgere mai più la parola a Dubois e fece di tutto per proteggermi (…). Solo poco tempo prima ero stata una bimba vivace e felice (…) ora vedevo che (…) i miei genitori non potevano proteggermi dalle cattiverie del mondo. Non avevano potuto salvarci dai nazisti ed eravamo dovuti scappare da casa nostra. E ora non riuscivano nemmeno a proteggermi da un uomo che mi aveva fatto così tanto male.'

L’arrivo di Eva ad Amsterdam (febbraio 1940) dove fa amicizia con Anna Frank: 'Parlava talmente tanto che la chiamavamo la Signora Qua Qua e nei miei ricordi era sempre circondata da un gruppo di ragazzine pronte a ridacchiare per le sue ultime esperienze e osservazioni. Mentre io giocavo a campana, Anne leggeva riviste di cinema e andava con le amiche nei caffè a mangiare gelati e a discorrere come le signore di mondo che avrebbero voluto diventare (…). Alla fine del suo diario, poco prima di essere catturata, Anne Frank ha scritto di credere ancora che la gente fosse fondamentalmente buona; chissà cosa avrebbe pensato se fosse sopravvissuta ai campi di concentramento di Auschwitz e Bergen-Belsen. La mia esperienza ha dimostrato che le persone possono essere di eccezionale crudeltà, brutalità e totale indifferenza verso la sofferenza umana. E’ facile dire che il bene e il male esistono in ognuno di noi, ma ho potuto toccare con mano questa poco edificante realtà ed è una vita che mi interrogo sull’animo umano.'

I nazisti occupano l’Olanda: 'I nostri peggiori timori si erano avverati: il 15 maggio 1940 vivevamo sotto l’occupazione nazista e non sapevamo dove andare (…). Corremmo affannati da un posto all’altro per ore, sempre più stanchi, esausti e sconvolti, mentre Pappy (il papà di Eva) tentava di prenotare un posto su una qualsiasi nave in partenza. Fu impossibile. L’ultima era partita, e non avremmo mai potuto salirci.'

La soluzione finale: 'Alla conferenza di Wannsee, il 20 gennaio 1942, il tenente generale delle ss, Reinhard Heydrich, capo dell’ufficio centrale per la sicurezza del Reich, presento la soluzione finale della questione ebraica: tutti gli ebrei d’Europa dovevano essere trasportati in campi a est e lì fatti lavorare fino allo stremo o assassinati.'

La clandestinità: 'C’è l’ho fatta perché dovevo farcela. La scelta era netta: nascondersi o morire. E ce l’ho fatta perché quando stai nascosto ti dici che non sarà per sempre (…) aspetti un altro giorno perché pensi che quello seguente sicuramente arriverà la libertà (…). C’era gente che aiutava le famiglie di ebrei a nascondersi solo per buon cuore (…) ma c’era chi lo faceva esclusivamente per denaro (…). A volte, i bambini mandati in fattorie di campagna venivano sfruttati, e le donne e le ragazze violentate o costrette ad avere rapporti con l’uomo di casa per poter restare nascoste.'

Il tradimento: 'Nessuno di noi sospettava che la simpatica infermiera olandese e la calorosa famiglia fossero tutti agenti nazisti (…). Venni catturata il giorno del mio quindicesimo compleanno. Era l’11 maggio 1944 (…). Floris (un amico) mi porse un regalo (…) aprilo dopo colazione (…). Erano le otto e mezza e stavamo per cominciare a mangiare, quando si udì un deciso scampanellio alla porta (…). Di colpo si scatenò la baraonda. Dei soldati salirono rumorosamente le scale. I nazisti puntarono le canne delle armi dritte sulle nostre facce stupite e paralizzate (…). Non apri mai il mio regalo (…). Ero una ragazzina di soli quindici anni ed ero stata braccata dai nazisti di Paese in Paese, costretta a lasciare la mia casa e a nascondermi e ora mi trovavo in carcere. Ero sopraffatta dalla rabbia e dall’amarezza, ma in fondo sentivo un gran vuoto (…). Le baracche di legno e le condizioni di vita erano primordiali e la gente aveva l’aria tesa e preoccupata, ma non disperata.'

Il viaggio per Auschwitz-Birkenau: 'Eravamo a Westerbork da soli due giorni quando ricevemmo la terribile notizia: i nostri nomi erano sulla lista per il prossimo trasporto (…). Come mi avvicinavo al treno, vidi che molte persone dei primi carri bestiame erano zingari. Il trasporto in cui fummo ammassati partì il 19 maggio 1944 e portò 699 persone in diciotto vagoni. Dei 453 ebrei a bordo, 41 erano bambini. I bambini costituivano anche metà dei 246 zingari. Rimanemmo lì per più di un’ora. In seguito, scoprì che in quella carrozza c’erano più di cento persone, ma in quel momento sapevo solo che eravamo tutti schiacciati gli uni contro gli altri senza alcuno spazio per sedersi o muoversi. Alzando lo sguardo, vidi due finestrelle con le inferriate vicino al soffitto e due secchi di ferro in un angolo (…). Con un lungo e lento scossone, il treno cominciò a muoversi ed ebbi la sensazione di iniziare un viaggio all’inferno.'

Continua....

Fonte 'Sopravvissuta ad Auschwitz' di Eva SchlossKaren Bartlett. Newton Compton Editori

mercoledì 20 gennaio 2021

Conte 'uno e trino', ma stavolta sarà dura restare in sella

Giuseppe Conte diventato presidente del Consiglio per l’inadeguatezza dei leader politici del M5s ad assumere quell’incarico sta dimostrando una capacità di resistenza senza precedenti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giuseppe Conte

Quando nel giugno 2018 nacque l’esecutivo ‘pentaleghista’ ad essere chiamato alla guida del Governo è stato Giuseppe Conte. Il suo nome è stato fatto al Capo dello Stato dall’allora leader del M5s, Luigi Di Maio. Avvocato e professore universitario ha dichiarato di essere stato sempre un elettore del Centrosinistra. Non è stato eletto in Parlamento e non è stato mai candidato a nessuna carica elettiva per le amministrative. Non è iscritto e non è un esponente di partito. Dal punto di vista politico era fino ad allora uno sconosciuto.

Un democristiano di sinistra, lo ha definito qualcuno. Capace di mediare e di sapersi adeguare ad ogni situazione. La sua presidenza alla guida del Governo giallo-verde si è dimostrata da subito coriacea, anche se in certi passaggi è apparso subalterno al ministro degli Interni, Matteo Salvini.

La nuova maggioranza che si è formata in Parlamento nel 2019 avrebbe dovuto comportare un cambio alla guida del Governo, invece no, ‘l’avvocato del popolo’, come si è definito, è riuscito a resistere.

Ora il terzo tentativo. In questi giorni ha dovuto confrontarsi con Matteo Renzi, il leader di Italia Viva che lo ha voluto alla guida del Conte 2 e che adesso, paradossalmente ma non troppo, ha aperto la crisi.

I margini per un Conte-ter ci sono, ma sono stretti. Un ritorno alle urne sarebbe incomprensibile per gli elettori e per i leader politici nazionali e dell'Unione europea. Giuseppe Conte resisterà ancora una volta o è lecito prospettare un suo passo indietro?

La legislature dovrebbe concludersi nel 2023 ed il prossimo anno dovrà essere eletto il nuovo capo dello Stato. Di certo, gran parte dei deputati e dei senatori di Italia Viva, del M5s e non solo sanno che con le elezioni politiche anticipate per loro sarebbe difficile un ritorno in Parlamento.

Il Conte 2 è nato anche per questi motivi e non è escluso che il Conte 3 si formi per le stesse ragioni. 

domenica 17 gennaio 2021

Tesori di Sicilia: arcobaleni d’inverno

Tutto è protetto dai colori tenui e sfocati di due arcobaleni, sembrano un’estensione del mare, che tutto avvolge, come una mamma ed un papà che proteggono i loro figli, tutto senza sapere che tra poco sarà già passato

di Pulvino Elena

Torremuzza, 16 gennaio 2021 - (Foto di Pulvino Elena)

   Al centro, quasi nascosta, la fontanella di Sant'Antonino da dove una volta  arrivava l’acqua da Maccarruni, i torremuzzari nei giorni di siccità ci andavano con i bidoni, le bacinelle o i secchi a fare approvvigionamento e non importava se essa fosse controllata oppure no, la necessità, si sa, fa superare le precauzioni e le prevenzioni, la scelta era obbligata ed era consuetudine di chi tornava dalla spiaggia di usare quell'unica sorgete per togliersi di dosso un po’ di sale e di sabbia,

   lì inizia ‘a vanedra’, una stradina che scende fino quasi a chiudersi, per aprirsi, infine, sulla piazza, di fronte ai ponti della ferrovia con i suoi tre archi da cui è possibile scorgere il mare,

   dall’altro lato la cabina Telecom divelta dal vento di libeccio ed ora chiusa con lo scotch, chissà per quanto tempo resterà così, ma qui siamo nel profondo Sud, tutto è incerto ed aleatorio

   accanto due panchine in pietra, occasione per una breve sosta o per incontri tra giovani innamorati che a volte non sanno di esserlo, ma che importa,

  in primo piano l’ombra creata dalla luce del sole che, come ogni pomeriggio di ogni giorno non coperto dalle nuvole, disegna la sagoma di un altro edificio 'invisibile', ma che c’è, con le sue finestre, la sua scala scoperta, i suoi balconi, anch’essi intrisi di ricordi lontani, che vanno, tornano, ripartono quando e come vogliono, senza possibilità di fermarli, senza possibilità di impedirli,

  tutto è protetto dai colori tenui e sfocati di due arcobaleni, sembrano un’estensione del mare, che tutto avvolge, come una mamma ed un papà che proteggono i loro figli, tutto senza sapere che tra poco sarà già passato,

  è trascorso quasi un anno, tutto continua ad essere, come che se non fosse successo nulla, un tempo rubato, un tempo che non doveva esserci, non così almeno,

  ora, anche questi colori di gennaio sono già passato, sono solo un ricordo a tempo determinato, destinato a rimanere intrappolato in questa immagine scolorita come lo è la nostra breve ed incerta esistenza.



lunedì 11 gennaio 2021

‘Agli occhi del bambino siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’

'Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare', Giovanni Falcone

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giuseppe Di Matteo in una foto scattata durante la prigionia
(ilsicilia.it)

Tra le tante vittime innocenti della Mafia c’è quella di Giuseppe Di Matteo ucciso per ‘tappare’ la bocca al padre Santino che aveva fatto i nomi degli autori della strage di Capaci. Il piccolo Giuseppe fu rapito il 23 novembre del 1993 mentre si trovava al maneggio di Altofonte. Secondo le deposizioni fatte da Gaspare Spatuzza, che prese parte al rapimento, i sequestratori travestiti da carabinieri convinsero il piccolo Giuseppe a seguirli con la promessa che avrebbe rivisto il padre che, per la sua collaborazione, era sotto protezione. ‘Agli occhi del bambino – ha dichiarato il pentito - siamo apparsi degli angeli, ma in realtà eravamo dei lupi’.

Il rapimento, durato 779 giorni, era finalizzato a spingere Santino Di Matteo a ritrattare le sue dichiarazioni. Il pentito non si piegò al ricatto e continuò la sua collaborazione con le autorità giudiziarie. L’11 gennaio del 1996, su ordine di Giovanni Brusca, il piccolo Di Matteo, che allora aveva appena 15 anni, fu ucciso e poi sciolto nell’acido.

'La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione', Giovanni Falcone.

Fonte wikipedia.org


sabato 9 gennaio 2021

Educazione civica, ossia ‘armiamoci e partite’

L’introduzione dell’Educazione civica è un altro provvedimento imposto alla scuola italiana da politici incompetenti e da dirigenti ministeriali accondiscendenti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da miur.gov.it
La legge numero 92 del 20 agosto 2019 ha introdotto una nuova disciplina: l’Educazione civica. Il presupposto è l’introduzione di una materia che si occupa di Costituzione, Economia e Cittadinanza digitale. L’obiettivo formativo sarebbe quello di educare i giovani alla legalità. Sono previste 33 ore curriculari in tutte le classi della scuola primaria e secondaria. A prima vista sembrerebbe un ottimo provvedimento, ma così non è.

I ‘nuovi’ obiettivi didattici indicati dalle linee guida del ministero sono già previsti come attività trasversali nelle programmazioni di tutte le discipline curriculari. Inoltre, i contenuti sono unità di apprendimento previste nella didattica di Scienze giuridiche ed economiche. E tanti progetti elaborati dagli insegnanti si occupano di legalità, ambiente e cittadinanza. Allora, perché al Miur hanno deciso di aggiungere una nuova disciplina i cui contenuti sono già previsti dal percorso formativo?

In realtà, l’esigenza curriculare della riforma è fondata solo per i Licei, cioè per gli indirizzi dove questa disciplina non si studia. Nel 2009 l’allora ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini tagliò le ore di Diritto ed Economia politica. Ma, consapevole dell’incongruenza didattica causata dal provvedimento, introdusse Cittadinanza e Costituzione. Lo fece sottraendo un’ora all’insegnamento di Storia. Lo scopo era ridurre i finanziamenti alla scuola pubblica senza intaccare i percorsi formativi.

Nel 2019, il governo ‘Pentaleghista’ ha fatto lo stesso ragionamento. Al ministero dell’Istruzione si rendono conto di questo ‘vuoto’ curriculare, soprattutto nei Licei. Per porvi rimedio hanno introdotto l’Educazione civica. Tutto bene allora? Per niente. La nuova disciplina è stata introdotta per tutte le classi, anche in quelle dove questi argomenti già sono previsti nei programmi delle discipline giuridiche ed economiche. Non solo. Le 33 ore di attività verranno sottratte alle discipline che già fanno parte del percorso formativo, in particole proprio alle materie di Diritto ed Economia. 

Insomma, è stata introdotta una nuova disciplina togliendo ore di attività alle altre, è progettata dai docenti ed è a costo zero. Come dire: ‘armiamoci e partite’.

Inoltre, a coordinare l’Uda saranno soprattutto gli insegnanti di Scienze giuridiche ed economiche, i docenti cioè che il Miur dovrebbe assumere per colmare la lacuna curriculare dei Licei. Ovviamente questo costa, quindi meglio farlo ‘a gratis’ con l’Educazione civica. Ancora una volta il problema è economico. Lo Stato italiano finanzia le scuole private violando il dettato costituzionale, mentre continua a risparmiare su quella pubblica.

Un’altra incongruenza della riforma riguarda l’insegnamento di Religione. Non si comprende se i docenti di questa disciplina possano contribuire oppure no a quest’attività. Le linee guida non specificano nulla. Quindi l’insegnante di una materia che sostanzialmente non incide sulla valutazione degli alunni teoricamente può farlo con l’Educazione civica. Poi c’è la questione di coloro che hanno chiesto l’esonero o un’ora alternativa, cosa faranno?

L’unico aspetto positivo del provvedimento è la trasversalità dell’insegnamento. I professori sono costretti a lavorare insieme, cioè ad elaborare in condivisione una unità didattica che è parte integrante del processo formativo. Certo si poteva fare in un altro modo, ma a Roma spesso non si pensa a tutta la scuola italiane, ma solo ai Licei e alle necessità educative delle élite.

Ora, i docenti si stanno adoperando per trovare una soluzione alle incongruenze ‘pratiche’ che il nuovo insegnamento impone. Ed è certo che la maggior parte di essi si comporterà come un buon ‘soldatino’, cioè lavorerà come sempre con professionalità e porrà rimedio all’ennesima improvvisazione legislativa posta in essere da politici incompetenti e non solo.

Fonte miur.gov.it

sabato 2 gennaio 2021

Il bastone e la carota, ma senza esagerare

Nelle ultime settimane Matteo Renzi ha minacciato più volte il disimpegno dalla maggioranza di Governo. Ed è per questo che spesso usa il metodo del bastone e della carota, ma senza esagerare

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Giuseppe Conte

Per porre rimedio alle conseguenze economiche e sociali causate dalla pandemia del Covid-19 i 27 paesi membri dell’Unione europea hanno stanziato ingenti risorse che ogni singolo Stato potrà utilizzare per affrontare l’epidemia e per rilanciare l’economia. All’Italia spettano oltre 200 miliardi di euro, la maggior parte dei quali sono a fondo perduto. Insomma, i soldi ci sono, ora occorre spenderli. Ma come spesso succede è a questo punto che tutto si blocca o quasi. Perché?

Innanzitutto, ci sono i vincoli burocratici che non sono un capriccio del legislatore, ma la diretta conseguenza della dilagante corruzione e delle infiltrazioni mafiose in diversi settori della Pubblica amministrazione. Ad essi occorre aggiungere i limiti previsti dalla Commissione europea ed i controlli che essa effettuerà su come le risorse verranno utilizzate.

Poi ci sono le polemiche politiche. In particolare su come saranno spesi i finanziamenti. I quesiti a cui dare una risposta sono diversi. Concentrare i finanziamenti su alcuni settori produttivi o su alcune aree del Paese? Continuare ad incentivare le imprese private o tornare ad investire nel settore pubblico? Adottare politiche progressiste, liberiste o keynesiane? Le scelte da fare sono impegnative. Le fibrillazioni nella maggioranza di governo sono inevitabili.

Ogni partito della coalizione cerca di imporre le proprie idee. Si sa, quando c’è da spendere soldi tutti vogliono avere voce in capitolo, mentre quando ci sono sacrifici da imporre ai cittadini nessuno vuole assumerne le responsabilità. Tutto legittimo, ben inteso. Tuttavia, la minaccia di far dimettere le ministre di Italia Viva va al di là delle polemiche su come impostare il piano di investimenti del Recovery fund.

L’ultimatum dell’ex sindaco di Firenze è vero o è un bluff? Sta tirando la corda o fa sul serio? L’obiettivo del senatore fiorentino è certamente autoreferenziale. Nel senso che questo è un modo per essere al centro del dibattito politico. La forza del suo partito deriva dai numeri che ha in Parlamento, cioè dei deputati e dei senatori che è riuscito a far eleggere quando era segretario del Partito Democratico. Di certo è consapevole del fatto che un ritorno alle urne lo vedrebbe fortemente ridimensionato e, in tal caso, non potrebbe avere più un ruolo di primo piano. Quindi far cadere il Governo non è un obiettivo.

L’unico scopo è la visibilità politica. Differenziarsi dal governo ‘giallo-rosso’ senza cambiare maggioranza e soprattutto senza tornare alle urne. Ed è per questo che spesso usa il metodo del bastone e della carota, ma, ovviamente, senza esagerare.