venerdì 28 agosto 2015

‘Deportati o esodati’? È questo il dilemma per i docenti precari del Sud

Per decine di migliaia di docenti precari storici del Sud è il tempo delle decisioni ‘irreversibili’: trasferirsi al Nord pur di essere immessi in ruolo o rinunciare è diventare esodati invisibili?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Flash mob dei docenti della Sardegna
Il piano di assunzioni straordinario previsto dalla riforma della scuola entrata in vigore il sedici luglio scorso è arrivato alla fase B a cui seguirà la fase C.
Tra l’1 ed il 2 settembre il sistema informativo del Miur comunicherà a migliaia di docenti la provincia dove saranno immessi in ruolo. L’incrocio tra le preferenze espresse dagli insegnanti con la domanda inviata online poche settimane fa ed i posti disponibili in tutta Italia sarà elaborata del ‘cervellone’ elettronico del Ministero.
Il sistema individuerà tra 71mila precari coloro a cui verrà assegnata una delle 19mlia cattedre rimaste libere dopo la prima fase di assunzioni. Successivamente, pochi giorni prima dell’inizio dell’anno scolastico, i singoli provveditorati assegneranno la scuola di destinazione a coloro che, entro dieci giorni, avranno accettato la proposta di assunzione. 
Ad essere obbligati al trasferimento saranno solo i docenti del Sud. Tuttavia coloro che otterranno prima dell’inizio dell’anno scolastico una supplenza nella propria provincia potranno evitare per un anno quella che tanti insegnanti considerano una ‘deportazione’, vale a dire un vero e proprio trasferimento ‘forzato’. Anche nella fase C, quella che servirà a creare il cosiddetto ‘organico funzionale’, molti docenti meridionali dovranno accettare il trasferimento al Nord.
Intanto, in quest’ultima settimana di agosto, molti professori precari sono stati riassunti per uno o due giorni, quelli necessari per svolgere gli esami di riparazione dei debiti scolastici e per partecipare agli scrutini.
Poi sarà il tempo dell’attesa e delle decisioni irreversibili. Il dilemma a cui dovranno rispondere migliaia di docenti meridionali sarà: accettare la ‘deportazione’ o rinunciare e rimanere esodati invisibili? Rifiutare la nomina significherà, infatti, restare senza lavoro e senza aver ancora maturato i requisiti per andare in pensione. 
Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso a partire con la valigia di cartone erano i giovani contadini semianalfabeti, oggi, a distanza di cinquant’anni, ad emigrare, con tanti titoli di studio nel trolley, saranno circa 20mila professori ultracinquantenni. Lo faranno tutti o quasi per coronare l’immissione in ruolo dopo decenni di precariato nelle sedi più disagiate e con gli alunni più problematici della scuola italiana. Saranno costretti a lasciare famiglie ed affetti, ma per i lavoratori del Sud questa non è una novità.

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