Per decine di migliaia
di docenti precari storici del Sud è il tempo delle decisioni ‘irreversibili’: trasferirsi al Nord pur di essere
immessi in ruolo o rinunciare è diventare esodati invisibili?
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Flash mob dei docenti della Sardegna |
Tra
l’1 ed il 2 settembre
il sistema informativo del Miur comunicherà a migliaia di docenti la provincia dove
saranno immessi in ruolo. L’incrocio tra le preferenze espresse dagli insegnanti
con la domanda inviata online poche settimane fa ed i posti disponibili in
tutta Italia sarà elaborata del ‘cervellone’ elettronico del Ministero.
Il
sistema individuerà tra 71mila precari
coloro a cui verrà assegnata una delle 19mlia cattedre rimaste libere dopo la
prima fase di assunzioni. Successivamente, pochi giorni prima dell’inizio
dell’anno scolastico, i singoli provveditorati assegneranno la scuola di
destinazione a coloro che, entro dieci giorni, avranno
accettato la proposta di assunzione.
Ad essere obbligati al trasferimento saranno solo i docenti del Sud. Tuttavia coloro che otterranno prima dell’inizio dell’anno scolastico una supplenza nella propria provincia potranno evitare per un anno quella che tanti insegnanti considerano una ‘deportazione’, vale a dire un vero e proprio trasferimento ‘forzato’. Anche nella fase C, quella che servirà a creare il cosiddetto ‘organico funzionale’, molti docenti meridionali dovranno accettare il trasferimento al Nord.
Ad essere obbligati al trasferimento saranno solo i docenti del Sud. Tuttavia coloro che otterranno prima dell’inizio dell’anno scolastico una supplenza nella propria provincia potranno evitare per un anno quella che tanti insegnanti considerano una ‘deportazione’, vale a dire un vero e proprio trasferimento ‘forzato’. Anche nella fase C, quella che servirà a creare il cosiddetto ‘organico funzionale’, molti docenti meridionali dovranno accettare il trasferimento al Nord.
Intanto,
in quest’ultima settimana di agosto, molti professori precari sono stati
riassunti per uno o due giorni,
quelli necessari per svolgere gli esami di riparazione dei debiti scolastici e
per partecipare agli scrutini.
Poi
sarà il tempo dell’attesa e delle decisioni irreversibili. Il dilemma a cui dovranno
rispondere migliaia di docenti meridionali sarà: accettare la ‘deportazione’ o rinunciare e rimanere esodati
invisibili? Rifiutare la nomina significherà, infatti, restare senza lavoro
e senza aver ancora maturato i requisiti per andare in pensione.
Negli
anni Sessanta e Settanta del secolo scorso a partire con la valigia di cartone erano i giovani contadini
semianalfabeti, oggi, a distanza di cinquant’anni, ad emigrare, con tanti
titoli di studio nel trolley, saranno circa 20mila professori
ultracinquantenni. Lo faranno tutti o quasi per coronare l’immissione in ruolo dopo
decenni di precariato nelle sedi più disagiate e con gli alunni più
problematici della scuola italiana. Saranno
costretti a lasciare famiglie ed affetti, ma per i lavoratori del Sud questa
non è una novità.
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