di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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L'incendio nella miniera di Marcunelle, 8 agosto 1956 (foto da wikipedia.org) |
Alle ore 8:11 dell’8 agosto 1956 uno dei due ascensori della miniera di Marcinelle per
una manovra errata dovuta ad un disguido tra gli operatori ‘risalì bruscamente con
due vagoncini sporgenti che urtarono una putrella del sistema di invio. A sua
volta questa tranciò una condotta d’olio, i fili telefonici e due cavi in
tensione (525 Volt)’. Il fumo provocato dall’incendio ‘raggiunse ogni angolo
della miniera causando la morte dei minatori’. Il caposquadra Bohen prima di
morire annotò sul suo taccuino: ’je reviens de l’enfer’ (ritorno
dall’inferno). L’allarme fu dato alle ore 8:25. Tutti i tentavi di soccorso
furono vani. Il 22 agosto alle ore 3:00 uno dei soccorritori, che da due
settimane tentavano il salvataggio, disse in italiano: ‘tutti cadaveri’.
Persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani e 95 belgi. Si salvarono solo
in 13.
Erano
partiti dalle campagne e dalla miseria, avevano le valigie di cartone e nel
cuore la speranza di vivere una vita dignitosa. Trattati come una merce di
scambio, sono stati mandati in quell’inferno per un sacco di
carbone, per assicurare al Bel Paese la ricostruzione ed il boom economico. Vissero il disagio e la sofferenza degli ultimi, quelle dei migranti che sono disposti a tutto pur di fuggire dalla povertà e dalla guerra. Ora sono per sempre nella nostra memoria, ma con il rimpianto
per averli traditi due volte, prima per averli illusi e, poi, per averli
lasciati morire nelle viscere di una terra sconosciuta e lontana.
Fonti
wikipedia.org e vbtv.it
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