di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da oxfamitalia.org |
Il sistema di istruzione, oggi, non garantisce l’emancipazione sociale. ‘Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato che ha lo stesso livello di istruzione’. Nel 2017 solo il 3,75% del Pil è stato destinato all’istruzione, nell’ultimo Dpef è previsto appena il 3,5%. Il nostro sistema scolastico è sotto finanziato. Non meraviglia quindi la carenza dell’offerta formativa e l’incremento degli abbandoni precoci, in particolare nel Mezzogiorno.
Il 25% dei giovani compresi in una fascia di età tra 15 ed i 29 anni è un Neet (Not in education, employment or training), cioè non studia e non lavora. Nel 2018 circa il 13% degli occupati in quella fascia di età era ‘working poor’, viveva cioè in una famiglia con un reddito inferiore del 60% rispetto alla media nazionale. Questa situazione è determinata dagli inadeguati livelli retributivi rispetto agli occupati più anziani. Le cause principali sono i contratti a tempo determinato ed il part-time involontario.
Tra i paesi del G7 l’Italia è quello con il maggior numero di laureati impiegati in mansioni inferiori al loro livello di studio. 1,8 milioni di persone in possesso della laurea svolgono un'attività lavorative che non richiede tale livello di studio. Negli ultimi quattro anni oltre mezzo milione di italiani ha deciso di trasferirsi all’estero, tra loro soprattutto giovani laureati residenti nel Meridione.
Un Paese immobile, dove l’unica cosa che aumenta è la disuguaglianza sociale e territoriale. Stiamo bruciando il futuro delle nuove generazioni, è ora di porvi rimedio.
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