Eravamo un bel gruppetto di torremuzzari di tutte le età. Non ricordo bene chi ci fosse, ma non importa
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Foto di Nicolò Serraino |
La prima volta fu una scoperta, poi divenne un’abitudine, ma non duro a lungo. Era un appuntamento settembrino che non capivamo, ma che ripetevamo inconsapevoli. Per i nostri genitori, gli zii e i nonni era un 'Voto' al Letto Santo, per noi era solo una ‘sfida’ con noi stessi e con chi arrivava per primo.
Eravamo un bel gruppetto
di torremuzzari di tutte le età. Non ricordo bene chi ci fosse, ma non
importa. C’erano i nostri familiari, questo è sicuro.
Partivamo di notte, per
noi ragazzi era come vivere un’avventura. Subito si formavano piccoli gruppi.
Percorrevamo soprattutto strade di campagna. Tutte in salita. Attraversavamo i
cincu ponti, passavamo vicino al cimitero nuovo di Santo Stefano, accanto
al Collegio e poi ancora più su, tra alberi, arbusti e viottoli.
I più anziani rimanevano
indietro, ma questo era scontato. Non so come facevamo a riconoscere la strada, ma non perdemmo mai la direzione. A volte si sbucava sulla statale, poi sullo
sterrato, poi di nuovo un tratto sulla statale o in campagna e
così di seguito. Non provavamo stanchezza o paura. Era un ‘gioco’. Bevevamo
l’acqua fresca delle sorgenti che incontravamo e non ci chiedevamo se fosse potabile oppure no, lo davamo
per scontato.
Le prime luci dell’alba
indicavano che la meta era vicina. L’ultimo tratto era una vera e propria
salita che affrontavamo per accorciare, con la statale avremmo allungato.
Si respirava un’aria pura, di montagna. E non importava chi arrivava per primo. Le bancarelle lungo la strada e nella piccola piazzetta ci ricordavano che era un giorno di festa. I devoti che affluivano al Santuario erano intenti ad entrare in Chiesa. Le messe si susseguivano già di primo mattino. Non c'era tanta gente. Era un fresco mattino di settembre. Ed era già memoria.
Il ‘Voto’ era stato
adempiuto. Per i nostri genitori era importante, ma allora non lo capivamo. Non
so neanche perché questo luogo sacro si chiama Letto Santo.
C’è una chiesetta su un promontorio, nient’altro. Non ho mai indagato ed ora che potrei farlo preferisco non sapere, chissà perchè?
Una volta, circa tre
secoli fa, Santo Stefano di Camastra era situata in questa zona poi una frana
costrinse i residenti a ricostruire il paese più in basso, quasi in marina, ma i
stifanari non sono mai stati pescatori. Questo ci distingue. Portarono con loro
l’arte delle ceramiche, ma u Paisi non è mai stato un borgo marinaro.
U Lettu Santu era ed è la ricorrenza religiosa più importante per i 'cattolici' di Santo Stefano e non solo. Non è un caso che in tanti hanno la seconda casa attorno al Santuario. Nelle prime due settimane di settembre u Paisi si vuota, parte della popolazione si trasferisce in campagna. La Festa è diventata un'occasione per fare scampagnate. Ormai è un evento che unisce in modo innocente sacro e profano.
In una delle bancarelle c'era u Caliaru ...
Il sole alto e l'uscita dei pellegrini dalla chiesetta ci faceva capire che la messa era finita e che era giunto il momento di ritornare al Borgo. Non ricordo come facevamo. Sicuramente non a piedi. Prima di andare non dimenticavamo di compare a calia appena arrustuta, gli zuccherini colorati, gli arachidi, i salativi di cui non ricordo il nome, ect... . In Sicilia non c'è ricorrenza padronale senza queste bancarelle e queste piccole leccornie.
Con il passare del tempo il 'pellegrinaggio' settembrino finì, almeno pi torremuzzari. A Santo
Stefano c’è ancora una piccola comunità che mantiene la tradizione, ma il numero dei fedeli che ripete il 'Voto' sta diminuendo. È la
conseguenza della cosiddetta secolarizzazione della Chiesa ed è un evento
inevitabile.
Per i ragazzini del Borgo era un 'gioco' ed oggi rimane
questo flebile ricordo, null’altro.
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