giovedì 7 settembre 2023

Era rossa, piccola, era la Fiat 126 ...

Faceva pochi passi e scoppiava a ridere, e noi dietro a Lui. Una risatina stridula, contagiosa. Altri tre passi e rideva di nuovo e noi di nuovo appresso a Lui. Era ubriaco? Brillo? Fingeva? Che importava .....

di Giovanni Pulvino

Torremuzza (Sicilia) - (Foto di Antonino Ciccia)

Sembrava grande, ma era una minicar, come diremmo oggi. Era rossa, piccola, era la Fiat 126, che tristezza averla rottamata per la Fiat Panda anch’essa rossa, anch’essa piccola, anch’essa rottamata. 

In settembre non mancava mai alla processione ra Maronna che si svolge ancora oggi ad inizio settembre a Santo Stefano di Camastra. Prima ci andava a passaggi, poi usò il motorino, il Garelli. È stato l’unico mezzo di locomozione che ha guidato.

Andavamo u Paisi per prendere le lezioni per la patente con quel motorino ed un altro: il Ciao. Imparammo con una certa rapidità al punto che il nostro istruttore ridusse le ore di lezione, ovviamente ne pretese ugualmente il pagamento. Anche l’esaminatore rimase sorpreso dalla nostra abilità.

L’errore ed i pericoli sono dietro l’angolo.

All’altezza di una curva la macchina sbandò, la strada era bagnata, avevamo appena incrociato un rimorchio. Il paraurti posteriore della Fiat 126 ci protesse e tutto finì con pochi danni.

Mettemmo presto un’autoradio con le musicassette. Era un Pioneer. Allora non erano di serie. Ed erano costose. Ed erano oggetto di furto. Quando si scendeva dall’auto era consuetudine staccarla e portarsela dietro. 

Vasco Rossi, Simon e Garfunkel, Joan Baez, Bob Dylan e tanti altri a tutto volume e via, ma questo non significò che potevamo prendere l'auto per andare a divertirci. No, l'auto serviva per la famiglia.

Spesso di notte aprivamo il cancello in silenzio e di nascosto, si di nascosto, la spingevamo sulla strada a motore spento per andare a Villa Margi.

Fu tutto inutile mia nonna se ne accorse subito e ci richiamò.

A volte andavamo a piedi dal 'Farmacista' per mangiare la pizza o per fare un ‘giro di birra’.

Quest’ultima fu un’abitudine che durò poco. Era un modo per stare insieme

Non tutti erano provetti giocatori du patruni e sutta. Si distribuivano le carte e ad ogni mano c’era un patruni che aveva a disposizione una bottiglia di birra Dreher o di birra Messina ed invitava a bere, nella quantità che stabiliva Lui, uno dei giocatori che non poteva rifiutarsi e un sutta che doveva avvallare l’indicazione. In caso contrario doveva bere ‘u padruni’, ma poteva farlo anche di sua iniziativa e lo faceva pi accucchiari a tutti e per dimostrare che era un gran bevitore.

Dopo diversi giri c’era chi rimaneva asciuttu, ma c’era cu si mmirachiava.

Qualcuno faceva finta di bere ed al momento giusto versava la birra sul vaso della pianta che aveva accanto. Del resto, aveva scelto quel posto proprio per quello, ma lo capimmo dopo.

Al ritorno inevitabilmente non mancava chi era brillo o ubriaco, ma non c’era pericolo, eravamo a piedi e si smaltiva quasi subito. L’aria fresca e la camminata erano un rimedio naturale molto efficace.

Faceva pochi passi e scoppiava a ridere, e noi dietro a Lui. Una risatina stridula, contagiosa. Altri tre passi e rideva di nuovo e noi di nuovo appresso a Lui. Era ubriaco? Brillo? Fingeva? Che importava, era spensieratezza ed un attimo dopo era già memoria, ma questo lo comprendi dopo, quando ti rendi conto che non puoi più tornare indietro.

Sti cosi strani le faceva sempre un nostro compagno: u L. 

La bici su cui siamo saliti per la prima volta era la sua, ovviamente cademmo più volte nel tratto di strada che c'è tra la Chiesa e la Torre, ma presto imparammo a stare in equilibrio. Poi disponemmo di una Graziella che utilizzò anche un nostro cugino.

Una sera, tornando da un Patruni e sutta fu Lui, sempre u L., a salire sulla montagna di pietre e brecciolino che c’era accanto alla strada appena fuori da Villa Margi. Furono in pochi a seguirlo.

Un pomeriggio di luglio andammo in escursione lungo la spiaggia. Non lo facevamo spesso, quella volta eravamo in tre o quattro. Giunti dopo Maccarruni all’altezza del casello della ferrovia vedemmo delle angurie mature. Il nostro compagno, sempre u stissu, ne prese una, ma il padrone se ne accorse e scappammo di corsa, ovviamente il ‘ladro’ butto l’anguria che si ridusse in pezzi.

Quel signore era lo stesso a cui in un’altra occasione uno di noi tirò una pietruzza dalla Torre mentre passava con la sua macchina e che, avendo capito da dove era partito il sassolino, riparti a razzo per venirci a rimproverare. Anche quella volta scappammo a gambe levate. 

Non eravamo cattivi, ma a volte qualcuno di noi esagerava, non so spiegarmi il perché.

Del resto non avevamo altro che la nostra fantasia ... il mare ... la piazzetta ...lo spiazzale della scuola elementare ... Sant’Antonino ... il Super Santos bucato e poco altro. 

Ed era tutto. Sì, era tutto ….e bastava.

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