giovedì 12 marzo 2020

Andrea Agnelli e l’arroganza del capitalismo italiano

‘I bergamaschi con una grande prestazione sportiva hanno avuto accesso diretto alla Champions. Giusto o meno, penso poi alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere il ranking dell'Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori. Bisogna proteggere gli investimenti’, questo è quanto ha dichiarato nei giorni scorsi Andrea Agnelli

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttosport.com
Per il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, nel calcio non contano i meriti, ma i soldi. Il suo ragionamento è semplice ed arrogante nello stesso tempo: i ‘poveracci’ non devono scalfire il ‘suo potere’ economico e di decisione. Quest’argomentazione è tipica di un individuo che deve la sua ricchezza ad altri. In particolare, al capitale accumulato durante il fascismo da uno dei fondatori della Fiat: Giovanni Agnelli, bisnonno di Andrea. L’azienda automobilistica torinese ha fatto ‘fortuna’ in quegli anni. Successivamente, nel dopoguerra, essa si è affermata in Italia con gli aiuti di Stato che governi di ogni colore politico gli hanno garantito. Situazione che è continuata con l’inizio del nuovo secolo. L’accordo siglato con il presidente degli Usa Barak Obama ha consentito alla famiglia Agnelli l’acquisizione della Chrysler. Oggi è una multinazionale in grado di condizionare le scelte di politica economica di diversi governi nazionali.
Altro che libera iniziativa privata, la Fca è un impero economico creato e cresciuto grazie agli aiuti di Stato. Il principio fondante del sistema economico capitalistico dovrebbe essere la meritocrazia, almeno a parole. Tutti sanno, invece, che il sistema non funziona così. Le idee di Andrea Agnelli sul calcio lo dimostrano. La creazione di una Superlega che comprenda solo le squadre che dispongono di maggiori risorse finanziarie, non sorprende. Per il presidente della Juventus non contano le abilità di chi riesce a vincere e primeggiare anche se dispone di risorse limitate. I ‘poveracci’ devono stare al loro posto. Il potere nel calcio e non solo spetta a chi ha i soldi, anche se questi sono stati ereditati e sui quali i ‘fortunati’ non possono vantare alcun merito.



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