‘I bergamaschi con una
grande prestazione sportiva hanno avuto accesso diretto alla Champions. Giusto
o meno, penso poi alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere
il ranking dell'Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori. Bisogna proteggere gli investimenti’, questo è quanto ha dichiarato nei giorni
scorsi Andrea Agnelli
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Per il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, nel calcio non contano i meriti, ma i soldi. Il suo ragionamento è semplice
ed arrogante nello stesso tempo: i ‘poveracci’ non devono scalfire il ‘suo potere’
economico e di decisione. Quest’argomentazione è tipica di un individuo che
deve la sua ricchezza ad altri. In particolare, al capitale accumulato durante
il fascismo da uno dei fondatori della Fiat: Giovanni Agnelli, bisnonno di
Andrea. L’azienda automobilistica torinese ha fatto ‘fortuna’ in quegli anni. Successivamente,
nel dopoguerra, essa si è affermata in Italia con gli aiuti di Stato che
governi di ogni colore politico gli hanno garantito. Situazione che è
continuata con l’inizio del nuovo secolo. L’accordo siglato con il presidente
degli Usa Barak Obama ha consentito alla famiglia Agnelli l’acquisizione della
Chrysler. Oggi è una multinazionale in grado di condizionare le scelte di
politica economica di diversi governi nazionali.
Altro che libera iniziativa privata, la Fca è un impero economico creato e cresciuto
grazie agli aiuti di Stato. Il principio fondante del sistema economico capitalistico
dovrebbe essere la meritocrazia, almeno a parole. Tutti sanno, invece, che il
sistema non funziona così. Le idee di Andrea Agnelli sul calcio lo dimostrano.
La creazione di una Superlega che comprenda solo le squadre che dispongono di
maggiori risorse finanziarie, non sorprende. Per il presidente della Juventus
non contano le abilità di chi riesce a vincere e primeggiare anche se dispone
di risorse limitate. I ‘poveracci’ devono stare al loro posto. Il potere nel
calcio e non solo spetta a chi ha i soldi, anche se questi sono stati ereditati e sui
quali i ‘fortunati’ non possono vantare alcun
merito.
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