In questi giorni si stanno per concludere, per decine di migliaia di docenti ed alunni, le prove degli esami di Stato, ma hanno ancora un senso?
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da lastampa.it |
E’ una calda ed afosa giornata di luglio e
decine di migliaia di professori,
candidati e collaboratori della scuola stanno svolgendo la loro mansione con
particolare attenzione, quella tipica di chi sa che sta eseguendo un compito
delicato, che inciderà per sempre nella vita e nella memoria di esaminatori ed
esaminati. Chi non ricorda i professori degli
esami di Stato, l’elaborazione delle prove, il voto finale e le presunte o
reali ingiustizie fatte dagli esaminatori?
Si
sa, la discussione sulle valutazioni
tra docenti ‘interni’, i professori
cioè che hanno seguito i ragazzi per tutto l’anno ed in alcuni casi per tutto
il percorso formativo della scuola superiore, e quelli ‘esterni’, che invece giudicano solo le prove dell’esame, è una circostanza che si ripete ogni volta.
L’opinione dei primi difficilmente coincide con quella dei secondi ma una
sintesi, anche se a volte è preceduta da estenuanti e spesso inutili discussioni,
si trova quasi sempre. Di certo, di quel giorno, oltre al voto finale rimarranno
le titubanze e le gaffe fatte dai ragazzi e le facili ed inopportune ironie di
chi, ormai adulto, non rammenta o fa finta di non rammentare gli errori commessi
quando si è trovato nella medesima situazione.
C’è
chi ritiene, tra i docenti, che questo sia un inutile tour de force, un ‘rituale’ a cui si devono
sottoporre alunni ed insegnanti delle scuole medie e di quelle superiori. Per
altri invece è un importante passaggio verso il mondo degli adulti, verso la
maturità. I cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni sulle sue modalità di
svolgimento di certo lo hanno reso più complicato e faticoso per i ragazzi ma nello
stesso tempo non sempre consente di evidenziare chi ha capacità e competenze
superiori alla media. E’ il risultato delle ultime riforme. Ed è la
dimostrazione che i politici ed i tecnici che si sono susseguiti al ministero della Pubblica istruzione non conoscono il ‘mondo della scuola’. La loro è stata una visione
ragionieristica, hanno solo operato per ridurre la spesa pubblica licenziando
una parte dei docenti, ovviamente quelli precari, cioè quei lavoratori che in
un altro post ho definito ‘esodati invisibili’, vale a dire gli unici precari che dopo decenni di lavoro sono diventati disoccupati nell’indifferenza di sindacati e politici. Si è
ritenuto e si continua a ritenere, infatti, che i problemi dl deficit del
bilancio statale si possano risolvere lasciando a casa decine di migliaia di
docenti e collaboratori della scuola. E’ una visione miope, ma chi ci governa
non sembra comprenderlo.
Intanto, migliaia di
giovani stanno per conseguire il diploma di scuola superiore, quello che una volta era considerato un importante ‘pezzo di carta’, ma prima dovranno rispondere all’ultima
fatidica domanda: cosa farai dopo aver conseguito il diploma? Questo quesito è posto per soddisfare la
curiosità dei professori, ma non è un 'obbligo' imposto dal ministero ed i docenti, in
questi tempi difficili in cui proseguire negli studi costa troppo e trovare un
lavoro è quasi un terno al lotto, farebbero bene a porlo sottovoce e senza
insistere troppo di fronte alle eventuali titubanze dei ragazzi.
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