venerdì 5 agosto 2016

Per molti insegnanti del Sud la #buonascuola si sta trasformando in una tragedia greca

Il Miur sta comunicando l’esito dei trasferimenti degli insegnanti assunti lo scorso anno con la Buona scuola e molti insegnanti del Sud dovranno trasferirsi al Nord 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da professionistiscuola.it
Quanto si temeva si sta verificando. Molti insegnanti del Sud Italia per continuare a lavorare dovranno trasferirsi al Nord. La novità non è il flusso migratorio verso il Settentrione, è sempre stato così. Il problema è che si tratta, in molti casi, di docenti che hanno da uno a due decenni di precariato e che spesso sono ultracinquantenni, mentre, nello stesso tempo, molti giovani, idonei al concorso del 2012 (quello voluto dal ministro Francesco Profumo) od a quello che si sta svolgendo in queste settimane, resteranno nella provincia di residenza, anche se non hanno neanche un giorno di servizio. La ripartizione cioè non tiene conto del punteggio acquisito con gli anni di precariato nelle scuole e con  gli alunni più problematici.
Stefania Giannini, ministro dell'Istruzione, dell'università
e della ricerca - (foto da repubblica.it)
Sono i misteri della scuola pubblica italiana. Negli ultimi vent’anni sono state approvate diverse riforme della scuola. Il risultato è stato una continua modifica delle regole che, di volta in volta, hanno favorito questa o quella categoria d’insegnanti, ma a pagare per tutti sono stati sempre i precari storici. Questi docenti hanno lavorato per anni con contratti a tempo determinato ma non sono mai stati stabilizzati, come invece avveniva negli anni Settanta ed Ottanta e come stabilisce una recente sentenza della Corte di giustizia europea. Il cosiddetto ‘doppio canale’ rimane, infatti, il sistema di reclutamento degli insegnanti più corretto ed equo, ma non si sa bene perché non viene più preso in considerazione.
Ora il ‘vulnus’ è stato sanato con la Buona scuola, ma gli ex precari storici continuano ad essere considerati l’ultima ruota del carro e sono trattati quasi con ‘fastidio’ dai Sindacati e dai funzionari del ministero. Il risultato è a dir poco paradossale. Un giovane insegnante potrà lavorare nella sua città, mentre molti ultracinquantenni neoassunti nel 2015, se non vorranno diventare definitivamente degli esodati invisibili, dovranno emigrare. Lo faranno con il trolley, con una laurea in tasca e tanta esperienza lavorativa, ma come tutti i migranti dovranno lasciare famiglia ed affetti per assicurarsi uno stipendio da 1400 euro al mese che, di certo, non sarà sufficiente per garantirsi una vita dignitosa e senza, per questo, avere il diritto a lamentarsi, visto l’alto tasso di disoccupazione che c’è nel Meridione.

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