‘La
lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di
repressione, ma un movimento culturale e morale, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del
compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della
complicità’,
Paolo Borsellino
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (foto da centrostudiborsellino.it) |
Fu
attimo, solo un attimo ed una forte esplosione echeggiò per le strade della
città. Il pensiero di molti corse al Giudice e alla sua scorta. Una
notizia che nessuno avrebbe voluto sentire, ma che in tanti temevano potesse
arrivare da un giorno all’altro. Fumo, fiamme, pompieri che andavano e venivano,
militari, curiosi, l’asfalto bagnato dagli idranti e tanta confusione. Le auto sventrate
dall’esplosione stavano bruciando e, anche se attraverso lo schermo l’odore non
si poteva sentire, chi stava guardando potè immaginare l’orrore che i primi soccorritori devono aver provato davanti a tale scempio di corpi e di vite. Duecento
chili di tritolo erano deflagrati e sei eroi, sei servitori dello Stato italiano,
non c’erano più. Oltre al Giudice, sull’asfalto rimasero i corpi di Agostino
Catalano, Emanuela Loi (la prima donna a far parte di una scorta), Vincenzo Li
Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e l’unico sopravvissuto l’agente
Antonino Vullo.
Perché
nessuno aveva provveduto a far sgomberare le auto parcheggiate in quella
strada? Tutti sapevano che prima o poi Paolo Borsellino sarebbe andato in via
d’Amelio a trovare la madre, tutti sapevano che sarebbe passato da quel
portone. I mafiosi conoscevano le sue abitudini. ‘Pi stuppagghiari’ è stato
relativamente facile organizzare l’attentato. Ma i funzionari addetti alla
sicurezza del Giudice come facevano a non sapere e se sapevano perché non hanno
provveduto allo sgombero? Paolo Borsellino era nel mirino da anni e lo era
ancora di più dopo l’assassinio di Giovanni Falcone. Era chiaro a tutti che ‘i
corleonesi’ avrebbero continuato nelle loro stragi e nell’attacco allo Stato. Le
condanne definitive inflitte agli esponenti della Cupola con il maxiprocesso mettevano
in pericolo l’incolumità di quanti avevano operato con professionalità e senso
del dovere nell’istruire e nel portare a conclusione e con successo quel
processo.
Oggi
sappiamo che ci furono dei depistaggi, che l’attentato non fu opera solo dei mafiosi,
che il Giudice dava fastidio e come spesso, troppo spesso è successo in questo
triste ed ingiusto Paese, c’è sempre qualcuno che traffica e trama ai danni
del popolo italiano e di chi, ligio al dovere e con un innato senso della giustizia,
non si piega e non rinuncia alla propria libertà e dignità, proprio come fecero
Paolo Borsellino e Giovanni Falcone’. Due eroi siciliani che erano abituati 'a
sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo
del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità’
a cui, purtroppo, in tanti continuano ad adeguarsi ed adattarsi.
Fonti: centrostudiborsellino.it e wikipedia.org
Nessun commento:
Posta un commento