POLITICA

venerdì 22 marzo 2024

Divisi si perde. E' matematico

Divisi si perde. È matematico. Le ambizioni personali sono legittime, ma senza un minimo di umiltà creare un’alternativa coesa alla Destra è impossibile

di Giovanni Pulvino

Giuseppe Conte

Il M5s sostiene con convinzione i candidati del cosiddetto ‘campo largo’ solo se questi sono grillini, come è avvenuto in Sardegna. Invece, nicchia se è un indipendente o un democratico, come è avvenuto in Abruzzo. O addirittura minaccia di andare da solo se il Pd non accetta le condizioni grilline, come potrebbe avvenire in Piemonte.

Il Movimento pretende dalle altre forze del Centrosinistra un sostegno incondizionato, ma non è altrettanto generoso con i suoi alleati, perché?

Cosa teme Giuseppe Conte? Il M5s non ha una base territoriale solida. Non solo. Il suo elettorato ha un orientamento ideale indistinto a detta degli stessi grillini. Non siamo né di Destra, né di Centro, né di Sinistra. Questo modus operandi funziona solo se si è da soli e se si è all’opposizione, ma quando si devono fare le scelte concrete o quando si deve aderire ad una coalizione inevitabilmente si perdono consensi.

Per il M5s, con Ely Schlein alla guida del Partito democratico, il pericolo di perdere ‘voti’ è concreto. Da qui i distinguo, le precisazioni, i veti al cosiddetto campo largo.

Divisi si perde. È matematico. Le ambizioni personali sono legittime, ma senza un minimo di umiltà creare un’alternativa coesa alla Destra è impossibile.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono divisi su temi importanti come la guerra tra Russia ed Ucraina, sulle politiche europee, sulla coesione nazionale, eppure ad ogni elezione sono compatti, come mai?

Gli elettori progressisti non si accontentano di un patto elettorale, occorre altro. I contenuti ci sarebbero, quella che manca è la volontà politica.

Per superare i timori di una perdita di consensi occorre una visione strategica. La prospettiva deve essere quella del medio e lungo periodo. Ed è necessario mettere da parte le ambizioni personali. 

Ma i leader del Centrosinistra sapranno essere umili e lungimiranti? 

sabato 16 marzo 2024

Elezioni Basilicata: Lacerenza rinunzia

In Sardegna ha prevalso il centrosinistra con Todde, in Abruzzo la Destra con Marsilio, come mai?

di Giovanni Pulvino

Ely Schlein, Giuseppe Conte, Carlo Calenda,
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni

Nelle elezioni amministrative il voto è spesso determinato da dinamiche locali. Di certo incide il sistema elettorale che è diverso per ogni regione. Decisive sono le candidature e come queste vengono individuate.

In Sardegna ha prevalso il Centrosinistra con Todde, in Abruzzo la Destra con Marsilio, come mai?

Nel primo caso il 'campo largo' era ‘ristretto’ a Pd, M5s e AVS ed ha vinto, nel secondo invece era sostenuto da tutte le forze politiche di opposizione ed ha perso, perché?

La Destra ad ogni elezione conferma i suoi voti anche se c’è un travaso da un partito all’altro. Prima prevaleva Forza Italia con Silvio Berlusconi, poi la Lega con Matteo Salvini ed ora Fratelli D’Italia con Giorgia Meloni, ma qualunque sia il leader restano sempre compatti quando si tratta di elezioni o di gestione del potere.

Il Centrosinistra invece ha un comportamento quasi ‘schizofrenico’. Le ultime due elezioni lo dimostrano. Quando il candidato è un grillino questi è sostenuto con convinzione dalle forze politiche, anche se non da tutte. Quando invece occorre sostenere un moderato o un indipendente come D’Amico una parte della coalizione e degli elettori non mostra lo stesso entusiasmo. Vengono a mancare una parte dei consensi dei grillini e quelli dei partitini del cosiddetto Centro (Azione e Italia Viva). Spesso queste forze politiche mettono veti sui nomi e sulle possibili coalizioni creando uno stato di confusione e scoramento tra gli elettori.

La prossima tornata elettorale che si terrà tra poche settimane in Basilicata parte in salita. La leader del Partito democratico per evitare di rompere con il M5s ha dovuto dire sì ad un candidato che non ha mai fatto politica e che è praticamente sconosciuto agli elettori. Si tratta di Domenico Lecerenza medico oculista che lavora in Basilicata, ma è pugliese.

La candidatura è durata poche ore. Ecco cosa ha dichiarato dopo una notte di riflessione il medico lucano in mail inviata ad un quotidiano locale: ‘Dopo un'attenta riflessione voglio comunicare la mia rinuncia alla candidatura a Presidente della Regione Basilicata’.

L’indicazione voluta fortemente dal M5s non ha rinsaldato la coalizione, anzi ha creato ulteriori frizioni tra i partiti di opposizione e confusione tra gli elettori. Per il Centrosinistra è notte fonda.

Stando così le cose creare un'alternativa credibile da opporre alla Destra è assai difficile. Il compito che si è proposta di portare avanti Ely Schlein non solo è ingrato, ma è anche al limite del possibile. 


giovedì 8 febbraio 2024

La marcia su Roma

'Mala tempora currunt sed peiora parantur', ovvero 'corrono tempi brutti ma se ne preparano di peggiori', Marco Tullio Cicerone

di Giovanni Pulvino

La marcia su Roma dei trattori assomiglia per certi aspetti ad una farsa, ma una farsa non è. Le difficoltà economiche in cui si trovano numerose imprese del settore agricolo non sono nuove. Oggi esso rappresenta circa il 3% del Pil, eppure ha il sostegno incondizionato dei governi nazionali e dell'UE. Gli incentivi comunitari sono consistenti e costituiscono un terzo del bilancio dell'Unione. Ogni anno oltre 400 miliardi di euro sono destinati a sostenere l'attività agricola nonostante essa continui a perdere addetti e quote di mercato. 

Non solo. La produzione si fonda sull'uso intensivo delle risorse e dei diserbanti chimici. La riduzione dei tempi di lavorazione e dei costi avviene sempre più a scapito della salvaguardia dell'ambiente. Ed ogni tentativo di porvi rimedio trova l'opposizione di questa o quella categoria.

L'oggetto del contendere è insieme europeo e nazionale. La direttiva della Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen che imponeva di ridurre l'uso dei pesticidi e quello intensivo dei terreni è già stata ritirata. L'Europa chiedeva agli agricoltori una maggiore attenzione nelle tecniche produttive per salvaguardare l'ambiente. Il Governo nazionale, quello presieduto da Giorgia Meloni e dal suo vice Matteo Salvini, è contestato perchè ha depennato l'esenzione Irpef per il terreni agricoli. 

In sintesi si chiede agli agricoltori di produrre di meno e di pagare più tasse. La reazione era inevitabile anche se non era attesa in queste proporzioni. 

Le ragioni sono diverse.

Le medesime limitazioni sulle coltivazioni non sono richieste ai prodotti importati dai paesi extra Ue. In particolare quelli provenienti dall'Ucraina finanziata pochi giorni fa con altri 50 miliardi di euro.

La contestazione è anche verso Confagricoltura e Confesercenti. Sindacati molto vicini ai partiti di governo. La rivolta, partita dal basso, rinnega gli accordi di categoria che penalizzano soprattutto la imprese di piccole dimensioni. 

Poi c'è la grande distribuzione. La distanza tra i prezzi praticati ai produttori agricoli e quelli che poi troviamo sugli scaffali dei supermercati è in alcuni casi sproporzionata e ingiustificabile. Forse il Governo dovrebbe intervenire per ridurre questa sperequazione prima di chiedere ulteriori sacrifici alle imprese agricole. 

Ed è paradossale che i partiti che hanno approvato questi provvedimenti sono gli stessi che a parole dicono di stare dalla parte degli agricoltori. E' il segno dei tempi, o come disse Cicerone: 'Mala tempora currunt sed peiora parantur', ovvero 'corrono tempi brutti ma se ne preparano di peggiori'.




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sabato 6 gennaio 2024

Giorgia Meloni: ’C’è chi vuol dare le carte, io non sono ricattabile’

Difficile immaginare che qualcuno abbia ricattato la PdC. È plausibile invece un tentativo di condizionamento, ma questo sarebbe un sintomo di debolezza del Governo e di chi lo guida

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni
Nella conferenza stampa del 4 gennaio scorso la PdC ha dichiarato: ‘C’è chi vuol dare le carte, io non sono ricattabile’. La domanda sorge spontanea: chi vuole ricattare la Presidente del Consiglio? Chi 'vuole dare le carte'? A chi e a che cosa si riferisce Giorgia Meloni?

La segretaria di Fratelli d’Italia non ha fatto nomi, non ha citato circostanze, ha solo paventato un ‘condizionamento’ a cui Lei non è disposta a sottostare.

Le spiegazioni possibili sono due.

La prima ipotesi è che c’è o c’è stato qualcuno che ha tentato, senza riuscirvi, di condizionare l’operato della Presidente del Consiglio. In questo caso sarebbe interessante sapere di chi si tratta e in che cosa consisterebbe il ricatto, ma la Premier non dice nulla, allude soltanto.

La seconda interpretazione è l’ennesimo tentativo di passare per vittima. Ci sarebbe qualcuno che vuole impedirle di governare, ma Lei non si fa intimorire e va per la sua strada. Anzi opererà per rafforzare il suo ruolo. Ed è perentoria nel suo ragionamento: qualcuno ‘pensa di spaventarci, ma io non mi spavento: preferisco cento volte andare a casa piuttosto che cedere a condizionamenti’. C’è un capovolgimento dei ruoli. O si fa come dice Lei o se ne va. La minaccia è rivolta ai suoi alleati di Governo? A Forza Italia? Alla Lega di Matteo Salvini?

Oppure ai cosiddetti poteri forti. Il solito Soros? L’Unione Europea? O chissà chi altro?

Difficile immaginare che qualcuno abbia ricattato la PdC. È plausibile invece un tentativo di condizionamento, ma questo sarebbe un sintomo di debolezza del Governo e di chi lo guida

Sui contenuti, dopo tre ore di conferenza stampa, ha detto poco o nulla. L’azione dell'Esecutivo sembra determinata dalla preoccupazione di mantenere i consensi elettorali.

Quello che emerge con chiarezza è la distanza tra quanto affermato in campagna elettorale e quanto la Destra sta realizzando stando alla guida del Paese. L’incoerenza tra i propostiti e gli atti concreti è evidente. Ed è altrettanto palese la scarsa professionalità della classe dirigente ed il tentativo di 'rivincita' che emerge in tanti atti e propositi 'nostalgici' nonostante i tentativi di mantenere un contegno moderato ed istituzionale. 


sabato 30 dicembre 2023

Giorgia Meloni, ‘Non sono Mosè'

‘Uomo dell’anno’ titola il quotidiano Libero su una foto di Giorgia Meloni. Uomo? I tentativi della Destra di tornare al passato sono evidenti, ma spesso essi scadono nel paradosso

di Giovanni Pulvino

Prima pagina del quotidiano Libero del 
29 dicembre 2023
Quante Giorgia Meloni ci sono? Dopo un anno e mezzo di governo possiamo affermare con certezza che ne esistono almeno due. La prima è quella che non le mandava a dire e che prometteva di stravolgere la politica italiana. La seconda è quella governativa, europeista e atlantista così come lo sono stati i Presidenti del Consiglio che l’hanno preceduta.

Quando un partito o un leader accede al potere di solito diventa più moderato nei propositi e rinnega quanto aveva promesso in campagna elettorale.

Il caso di Giorgia Meloni e di FdI è emblematico.

In occasione del comizio di chiusura della campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Catania trasmesso in diretta su Rainews24 (23 maggio 2023) la PDC ha affermato: ‘Lotta all’evasione contro piccoli commercianti è pizzo di Stato’.

Per ricordare le vittime delle Fosse Ardeatine (24 marzo 2023) ha dichiarato: ’335 innocenti massacrati perché italiani’. La replica dell’Anpi: ‘Uccisi perché antifascisti’.

Sui cambiamenti climatici la risposta all’interrogazione del deputato Bonelli (22 marzo 2023) è stata paradossale: ‘Non ho prosciugato io l’Adige, non sono Mosè’.

In occasione del cinquantesimo compleanno del leader leghista (9 marzo 2023) e pochi giorni dopo la strage di Cutro Giorgia Meloni Matteo Salvini cantarono la canzone di Marinella scritta da Fabrizio de André per ricordare la morte di una giovane fanciulla annegata in un fiume.

Durante il discorso per l’insediamento del suo Governo (25 ottobre 2022) si rivolse al deputato di Asv, Soumahoro, dandogli del tu: ‘Al collega Soumahoro mi sento di dire, tutti ci sentiamo scolari della storia, sai, altrimenti saremmo ignoranti del presente, senza futuro’.

Poi ci sono le promesse fatte e non mantenute.

Il 6 luglio 2019 ecco cosa intimava: ‘Le navi delle Organizzazioni non governative che violano i confini italiani, si, vanno affondate e vanno demolite bisogna dare un segnale chiaro di forza’.

In un’intervista dichiarò la sua avversione verso i corruttori: ‘Per noi chi ruba è un traditore, perché vedete la corruzione è una tassa sui poveri, è una tassa sui più deboli, sulla povera gente, ed è il motivo per il quale noi vogliamo proporre per i reati di corruzione nell’esercizio delle funzioni pubbliche siano inseriti tra i reati di tradimento ... cioè reati per i quali nel nostro ordinamento è prevista anche la pena dell’ergastolo, così vediamo’. Quest’affermazione evidentemente non vale per la vicepresidente della Commissione di vigilanza della Rai di FdI Montaruli, condannata in via definitiva per peculato.

Ed ancora. ‘Il nostro primo provvedimento sarà 1.000 euro subito su ogni conto corrente con un click’, prometteva in campagna elettoraleInvece il governo Meloni ha cancellato il Rdc e ha introdotto una card di poche centinaia di euro all’anno e non per tutti i poveri e solo per alcuni beni di prima necessità.

Le incoerenze sono tante.

Dall'Italia ritiri immediatamente il proprio sostegno alle sanzioni contro la Russia’ all’invio di armi all’Ucraina; dal ‘Blocco navale subito’, a ‘L’Italia e l’Europa hanno bisogno di immigrazione.’; dall’abolizione della Fornero all’ipotesi 103, ma solo per una parte dei lavoratori; dalla cancellazione delle accise sui carburanti, al taglio degli sgravi introdotti dal governo Draghi.

Vareremo un grande piano di prevenzione idrogeologica annunciava il 27 luglio scorso, il giorno dopo il ministro Fitto nella bozza di rimodulazione del PNRR stralcia alcuni progetti per ‘la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico’.

L’elenco è lungo ed ogni giorno se ne aggiunge uno nuovo.  

E non ci sono solo gli strafalcioni e le marce indietro, c’è anche una più grave idiosincrasia alle domande dei giornalisti. Se può evita le conferenze stampa o reagisce in modo 'scomposto' alle interrogazioni delle opposizioni, perchè?

Sfugge al confronto per mantenere i consensi elettorali? Ma stia tranquilla o come scrive Libero stia tranquillo 'l'uomo dell'anno', chi vota a Destra continuerà a farlo qualunque cosa dica o possa fare. E continuerà a farlo non perché aderisce ad un ideale, ma solo perché è intollerante verso la Sinistra, qualunque essa sia.

sabato 18 novembre 2023

Elly Schlein, una leader in jeans

La manifestazione indetta dal Pd è stata particolarmente importante per consolidare la leadership di Elly Schlein e per dare una prospettiva nuova alla Sinistra italiana

di Giovanni Pulvino

Elly Schlein
Nel suo intervento alla manifestazione del 17 novembre scorso la leader del Partito democratico ha ribadito l'impegno a creare un’alternativa per ‘tutti coloro che vogliono un futuro più giusto, difendere la pace e i diritti civili e sociali, la sanità pubblica, il diritto alla casa, che chiedono un salario minimo e la salvaguardia del pianeta’.

Divenuta segretaria del Pd il 26 febbraio 2023, Elly Schlein sta tentando di dare al Centrosinistra una linea politica credibile ed una prospettiva vincente.

Il compito è complicato. Il maggiore partito della Sinistra paga le politiche centriste attuate da Matteo Renzi, l’incapacità di aggregazione di Nicola Zingaretti e l’appiattimento di Enrico Letta al governo di Mario Draghi.

Fare i salvatori della patria o i presunti tali, ha penalizzato i progressisti e non è la prima volta che succede.

Il governo di Lamberto Dini nacque per evitare i disastri del pentapartito, quello di Romano Prodi per fare entrare il Paese nell’Unione monetaria, il governo di Mario Monti per impedire il fallimento dell'Italia.

Non solo.

Le divisioni interne e l’inconsistenza dei partiti di Sinistra stanno complicando il tentativo di costruire una valida alternativa alla destra destra di Giorgia Meloni, che governa, è bene ricordarlo, pur essendo minoranza nel paese.

Manifestazione Pd del 17/11/2023 (foto da facebook.com)

Cosa può e cosa deve fare Elly Schlein?

Innanzitutto, non deve lasciarsi intimidire da quelli che Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania, chiama ‘capibastone’. Quindi deve essere sé stessa, senza se e senza ma. Deve essere cauta, ma ferma nelle sue idee e nel suo modo di essere ed agire. Non deve snaturare la sua personalità e le sue idee. Il Pd e la Sinistra italiana hanno bisogno della sua 'gioventù', della sua perspicacia, della sua intelligenza.

Rimanga una leader in jeans, rigorosa nei principi, ma gentile nei toni e nell’azione politica.

Ci vorrà tempo, ma il ‘noi’ è l’unica via da seguire per mettere un freno all’individualismo e al consumismo. 

Lottare sempre contro le diseguaglianze e le ingiustizie per non lasciare indietro nessuno deve essere il suo 'mantra'. 

La vita è breve per tutti e tutti devono viverla dignitosamente.

E, a proposito dell’invito alla festa di Atreju, si ricordi le parole di Gian Carlo Pajetta: Noi con i fascisti abbiamo finito di parlare il 25 aprile del 1945’.

sabato 4 novembre 2023

Premierato, ennesima riforma ‘monstre’

La riforma costituzionale proposta dal governo di Giorgia Meloni riduce i poteri del presidente della Repubblica, limita le prerogative del Parlamento e non è in vigore in nessun altro paese al mondo

di Giovanni Pulvino

Maria Elisabetta Alberti Casellati e Giorgia Meloni

Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale, definita dalla premier, Giorgia Meloni, la ‘madre di tutte le riforme’.

Il testo prevede la modifica o la sostituzione degli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione.

L’articolo 1 del Ddl abroga il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione. Con questa modifica il Capo dello Stato non potrà più nominare i senatori a vita. Lo saranno, salva rinunzia, solo gli ex presidenti della Repubblica.

L’articolo 2 abroga una frase del primo comma dell’articolo 88 della Costituzione. Con questa modifica il presidente della Repubblica non potrà più sciogliere una sola Camera.

L’articolo 3 sostituisce l’articolo 92 della Costituzione. La nuova disposizione prevede ‘l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del consiglio’. Inoltre, la coalizione o il partito che lo sostiene ottiene ‘un premio assegnato su base nazionale’ che garantisce ‘ai candidati e alle liste collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere’.

Con i risultati delle ultime elezioniGiorgia Meloni sarebbe diventata PdC per 5 anni senza la nomina del PdR ed avrebbe ottenuto un’ampia maggioranza parlamentare pur avendo conquistato solo il consenso di un italiano su sette.

L’articolo 4 modifica il terzo comma dell’articolo 94 della Costituzione. Se il PdC non ottiene la fiducia del Parlamento il Presidente della Repubblica sarà obbligato a sciogliere le Camere. La riforma aggiunge all’articolo un sesto comma che prevede: ’In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al Presidente eletto ..’ 

In campagna elettorale la Destra proponeva l’elezione diretta del presidente della Repubblica, ora ha ripiegato su quella del presidente del Consiglio, chissà perché?

La riforma scritta da Maria Elisabetta Alberti Casellati e proposta dal Governo riduce i poteri del presidente della Repubblica, limita le prerogative del Parlamento e non è in vigore in nessun altro paese al mondo. 

Ed è evidente che c’è molta nostalgia di un tempo che fu. 

Non solo.

L’obiettivo principale della leader di FdI è quello di impedire i cosiddetti ‘governi tecnici’, quelli presieduti e composti da non parlamentari.

La necessità di questi governi ha caratterizzato la cosiddetta ‘seconda Repubblica’. L’introduzione, nel 1993, del sistema elettorale prevalentemente maggioritario ha accentuato il ‘trasformismo’. Inoltre, l’instabilità finanziaria ha reso necessari interventi impopolari che la classe politica al governo non è stata in grado di prendere. Gli esecutivi tecnici sostenuti da ampie maggioranze sono serviti ad evitare la bancarotta dello Stato.

Se sarà approvata la riforma di Giorgia Meloni, cosa succederà alla prossima crisi finanziaria? Senza un governo tecnico sostenuto da una coalizione di volenterosi chi si assumerà la responsabilità di approvare un provvedimento come la ‘legge Fornero’?

Ed è bene ricordare che i sostenitori dei governi che ci hanno portato sull’orlo del fallimento finanziario sono gli stessi che ora propongono questa riforma e non è un caso.

Fonte senato.it

sabato 28 ottobre 2023

Separazione di fatto

Lo slogan ‘Dio, patria e famiglia’ è una presa in giro o sono valori che valgono solo per gli altri, per quelli di Sinistra? 

di Giovanni Pulvino

Maurizio Crozza che imita Giorgia Meloni e Andrea Giambruno
(foto da open.it)
La mia relazione con Andrea Giambruno, durata quasi dieci anni, finisce qui. Lo ringrazio per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato, e per avermi regalato la cosa più importante della mia vita, che è nostra figlia Ginevra. Le nostre strade si sono divise da tempo, ed è arrivato il momento di prenderne atto. Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia, e difenderò, a ogni costo, una bambina di sette anni che ama la madre e ama il padre, come io non ho potuto amare il mio. Non ho altro da dire su questo. Ps. tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa sappiano che, per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua’. Con questo tweet del 20 ottobre scorso Giorgia Meloni ha annunciato la separazione di fatto dopo dieci anni di convivenza con il suo compagno Andrea Giambruno.

Sì, perché si è trattato di una separazione di fatto. Non di una separazione legale, quella omologata dal tribunale, necessaria per la richiesta di divorzio.

Per essere più chiari, non è quella che deriva dalla cosiddetta famiglia tradizionale, vale a dire quella fondata sul matrimonio. Separazione prevista tra l’altro solo per quello celebrato con il rito civile. Come si sa il legame coniugale che nasce con quello religioso è praticamente indissolubile.

Quella di Giorgia Meloni non era una famiglia tradizionale e neanche una famiglia allargata, era una famiglia di fatto. La Presidente del Consiglio, infatti, non era sposata con il giornalista di Mediaset, la sua era una convivenza. Tutto legittimo.

Qualche mese fa arringò con molta enfasi in un comizio di Vox che era ‘madre, donna, italiana’ ma non disse moglie o compagna. Ed ha fatto bene, la sua era una relazione di fatto, ora è una separazione di fatto.

Quello che stupisce, ma non tanto, è l’incoerenza di tanti leader della Destra. Spesso c’è un abisso tra quanto propugnano nei comizi e nei programmi elettorali e quanto praticano nella loro vita quotidiana.

Ma allora lo slogan ‘Dio, patria e famiglia’ è una presa in giro o sono valori che valgono solo per gli altri, per quelli di Sinistra? 

Fonte twitter.com


domenica 1 ottobre 2023

Governo Meloni: un anno di fallimenti

Ad un anno di distanza dall’insediamento del governo di Giorgia Meloni è possibile fare un bilancio del suo operato

di Giovanni Pulvino

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Se torniamo indietro e guardiamo al replay gli ultimi dodici mesi non troviamo nessun provvedimento che abbia inciso positivamente sui problemi del Paese.

La prima impressione è che la Presidente del Consiglio stia evitando di agire per durare e che gran parte delle sue iniziative siano state adottate per pura e semplice propaganda politica.

Sul fenomeno dei migranti Giorgia Meloni non ha le idee chiare.

La leader di Fratelli d’Italia è passata dal ‘blocco navale subito’ al decreto che limita gli interventi delle navi delle Ong, poi ha chiesto l’aiuto dell’Unione Europea ma nello stesso tempo ha giustificato i veti posti dai suoi alleati polacchi e ungheresi. Intanto gli sbarchi sono triplicati, l’hotspot di Lampedusa è quasi sempre stracolmo ed i presunti accordi con la Tunisia sono carta straccia. Ora si vuole porre rimedio con i Centri di permanenza per i rimpatri e con l’introduzione di un obolo da chiedere ai migranti per non essere segregati.

4.938 euro. È questa la cifra che dovrà versare all’Erario chi arriva con i barconi per evitare di essere rinchiuso nei Cpr. I migranti prima sono costretti a pagare tra i 600 e i 1.000 euro i trafficanti di uomini, poi, se riescono ad arrivare sulle nostre coste, dovranno darne quasi 5.000 euro allo Stato italiano.

Ma come potrà farlo chi non ha nulla o è un minorenne o una donna incinta? E che fine ha fatto la misericordia cristiana che dicono di praticare i nostri attuali governanti?

Inoltre, è una norma in contrasto con la Costituzione italiana e la normativa europea come ha già stabilito una sentenza del tribunale di Catania. Un provvedimento scritto male che non produrrà nessun effetto concreto.

L’obiettivo è scoraggiare le partenze minacciando 18 mesi di detenzione, ma è solo propaganda politica così come lo era il blocco navale.

Avevano promesso di tagliare le tasse, ma anche questa è una meteora. A parte il limitato e temporaneo taglio del cuneo fiscale e la prospettiva della flat tax, non c’è altro se non qualche condono fiscale e ora sembra quello edilizio.

Non è stato emesso nessun provvedimento per favorire la crescita economica. Anzi, il taglio degli incentivi alle ristrutturazioni edilizie avrà un effetto negativo nei prossimi anni.

Non c’è nessun provvedimento per combattere gli effetti dell’inflazione e dell’incremento dei tassi di interesse. I Btp sono ai massimi degli ultimi dieci anni. Lo spread è a 200. E dal prossimo anno dovremo pagare quasi 85 miliardi di interessi sul debito pubblico ed il Pil nell’ultimo trimestre ha subito un calo preoccupante. 

Nel frattempo, la Presidente del Consiglio scappa di fronte ai giornalisti, non dà risposte sui ministri indagati, traccheggia sulle dichiarazioni imbarazzanti dei suoi alleati, ma trova il tempo di esprimere un parere su uno spot pubblicitario.

mercoledì 20 settembre 2023

Biancofiore: ‘Costruire un’isola artificiale in acque internazionali’

Continuano le dichiarazioni ed i comportamenti tra il serio ed il faceto, ma tutti rigorosamente veri, degli esponenti della Destra 

di Giovanni Pulvino

La senatrice Michaela Biancofiore
(foto da camera.it)

20 settembre 2023. La senatrice Michaela Biancofiore del gruppo parlamentare Civici d'Italia - Noi Moderati ha una ‘brillante’ ci spiega come risolvere il ‘problema’ dei migranti: Costruire un’isola artificiale in acque internazionali’.

14 settembre 2023. Giorgia Meloni ospite di Viktor Orban, primo ministro dell'Ungheria, nella conferenza stampa ha dichiarato: ‘Combattiamo per difendere le famiglie e Dio’.

9 settembre 2023. Il compagno della presidente del Consiglio, Andrea Giambruno, ha detto: ‘Io non faccio l’educatore, ma il divulgatore’.

6 settembre 2023. Matteo Salvini, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: ‘Sembra che Gentiloni giochi con la maglia di un'altra nazionale’.

31 agosto 2023. Joe Formaggio consigliere regionale di Fratelli d’Italia: Voglio vedere la maggioranza dei cittadini veneti di pelle bianca. Posso dirlo o no? E anche la gente la pensa così. Oggi sono andato in viale Milano a Vicenza, ero l'unico bianco. Non mi piaceva e non piace nemmeno alla maggioranza delle persone. Non possiamo fare diventare l'Italia la seconda Africa, non voglio vedere il Veneto con la maggioranza di cittadini di colore scuro’.

29 agosto 2023. Stupro di Caivano, Giorgia Meloni risponde a don Patriciello:’ Presto andrò lì, dobbiamo bonificare l’area’.

29 agosto 2023. Andrea Giambruno, a proposito delle donne stuprate a Palermo ed a Caivano: ‘Certo se tu vai a ballare hai tutto il diritto di ubriacarti. Certamente, però se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche e poi rischi effettivamente che il lupo lo trovi’.

24 agosto 2023. Il ministro Francesco Lollobrigida nonché cognato della Premier al meeting di Rimini Comunione e Liberazione ha dichiarato: ‘Spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo comprano qualità’.

24 agosto 2023. Loris Corradi vicesindaco leghista di Roverè Veronese sul palco della Festa Grande Santa Viola a proposito delle violenze sulle donne indossa una maglietta con la seguente scritta: ‘Se non puoi sedurla, puoi sedarla.

24 agosto 2023. Il ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani per far fronte al deficit di bilancio ha proposto: ‘Per fare cassa vendiamo i nostri porti’.

23 agosto 2023. ‘Ebrei una razza di mercanti che stuprano donne. Canzone shock di Marcello De Angelis ex membro del gruppo eversivo Terza Posizione, condannato a 5 anni (ne ha scontati 3, è uscito dal carcere nel 1992), è stato responsabile della comunicazione per la regione Lazio.

23 agosto 2023. Dall'inizio dell'anno gli sbarchi di migranti sono già oltre 105mila, ma per Giovanni Donzelli deputato di Fratelli d’Italia il blocco navale con la Tunisia sta funzionando’.

16 agosto 2023. Adolfo Urso: Il prezzo industriale della benzina depurato dalle accise è inferiore rispetto ad altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania’. ‘Taglio delle accise? No, costa troppo e servirebbero altre tasse. Meglio tagliare il cuneo’.

06 luglio 2019Ecco cosa intimava Giorgia Meloni alle navi delle Ong a cui oggi chiede l’aiuto per soccorrere i migranti: ‘Le navi delle Organizzazioni non governative che violano i confini italiani, si, vanno affondate e vanno demolite bisogna dare un segnale chiaro di forza’.


domenica 6 agosto 2023

Reddito di ‘giornalanza’

La maggior parte dei giornali propugna il liberismo, ma nessuno di essi rinuncia agli ‘aiuti’ di Stato

di Giovanni Pulvino

La maggior parte dei giornali italiani usufruiscono di agevolazioni e finanziamenti da parte dello Stato, ma non tutti lo sanno. Una specie di reddito di ‘giornalanza’. Senza queste risorse diversi quotidiani fallirebbero.

Il capitalismo, come ci spiegano gli economisti classici, si fonda sulla libera concorrenza e non prevede l’intervento pubblico. Ma così non è, almeno per gran parte della nostra editoria.

Si propugna il liberismo, ma nessuno rinuncia agli ‘aiuti’ di Stato.

In modo diretto o indiretto ne usufruiscono tutti.

La giustificazione è sempre la stessa: il pluralismo nell’informazione è il sale della democrazia. Questo è vero, ma solo quando i giornali fanno bene il loro mestiere.

Invece, spesso essi sono strumenti di propaganda politica o di partito. Una pratica legittima purché non avvenga con i finanziamenti pubblici, che per definizione sono di tutti. Si invoca la libertà di espressione, ma a spese della collettività. Un po' come avviene con l’istruzione privata. L’articolo 33 della Costituzione stabilisce: ‘Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato’. Ma come sappiamo così non è. E non lo è neanche per i giornali.

Sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri c’è l’elenco completo dei quotidiani che usufruiscono dei finanziamenti diretti. I contributi assegnati nel 2021 sono stati 30 milioni di euro, di questi 2,5 milioni sono andati a pubblicazione diffuse all’estero. Le testate beneficiarie sono state 180.

6,2 milioni di euro sono andati al Dolomiten, quotidiano di lingua tedesca. Seguono Famiglia cristiana con 6 milioni di euro e Avvenire con 5,6 milioni di euro, 4 milioni a testa sono stati erogati a Italia oggi e alla Gazzetta del Sud. A Libero quasi 3,9 milioni e 3,3 al Manifesto. Il Foglio quasi 1,9 milioni di euro.  E così via.

18 milioni di euro su 30 sono andati ai primi tre, chissà perché? Altro che liberismo e libera iniziativa, questi giornali chiuderebbero senza gli aiuti di Stato. E dire che la linea editoriale della maggior parte di essi è antistatalista, ma come si vede è un principio con deroga che avvantaggia gli stessi propugnatori.

Poi ci sono gli aiuti indiretti.

Tutti i quotidiani, anche quelli a maggiore diffusione, usufruisco di agevolazione per l’acquisto della carta per la stampa. In nome del pluralismo lo Stato tiene in piedi decine di giornali anche se vendono poche copie e si limitano alla propaganda politica, perché?

Fonte senato.it

sabato 29 luglio 2023

Giorgia Meloni e l’incoerenza al governo

Quante Giorgia Meloni ci sono? Dopo quasi un anno di governo possiamo affermare con certezza che ne esistono almeno due

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni

Quante Giorgia Meloni ci sono? Dopo quasi un anno di governo possiamo affermare con certezza che ne esistono almeno due. La prima è quella che non le mandava a dire e che prometteva di stravolgere la politica italiana. La seconda è quella  governativa, europeista e atlantista.

Quando un partito o un leader accede al potere di solito diventa più moderato nei propositi e rinnega quanto aveva promesso in campagna elettorale.

Il caso di Giorgia Meloni è emblematico.

In un’intervista la leader di Fratelli d'Italia dichiarò la sua avversione verso i corruttori: ‘Per noi chi ruba è un traditore, perché vedete la corruzione è una tassa sui poveri, è una tassa sui più deboli, sulla povera gente, ed è il motivo per il quale noi vogliamo proporre per i reati di corruzione nell’esercizio delle funzioni pubbliche siano inseriti tra i reati di tradimento, cioè all’interno del nostro codice penale siano individuati come reati contro la personalità dello Stato, cioè reati per i quali nel nostro ordinamento è prevista anche la pena dell’ergastolo, così vediamo’. Quest’affermazione evidentemente non vale per la deputata e vicepresidente della commissione parlamentare di vigilanza della Rai di FdI Augusta Montaruli, condannata in via definitiva a 1 anno e sei mesi di reclusione per peculato. La regola vale solo per gli altri. Non solo. Uno dei primi provvedimenti del Governo è stato l’abolizione dell’abuso d’ufficio. Altro che ergastolo agli approfittatori della cosa pubblica.

Il nostro primo provvedimento sarà 1.000 euro subito su ogni conto corrente con un click’, promise in campagna elettoraleInvece il governo Meloni ha 'cancellato' il Reddito di cittadinanza ed ha introdotto una card di poche centinaia di euro all’anno e non per tutti i poveri e solo per alcuni beni di prima necessità.

Le incoerenze sono tante.

Dall'Italia ritiri immediatamente il proprio sostegno alle sanzioni contro la Russia’ all’invio di armi ed al sostegno senza se senza ma all’Ucraina.

Dal ‘Blocco navale subito a ‘L’Italia e l’Europa hanno bisogno di immigrazione. È doveroso aiutare anche chi scappa dalla fame e da catastrofi naturali’.

Dall’abolizione della legge Fornero all’ipotesi 103, ma solo per una parte dei lavoratori.

Dalla cancellazione delle accise sui carburanti all’eliminazione degli sgravi introdotti dal governo Draghi. Dal sovranismo all’europeismo, dal non al Mes al probabile sì nei prossimi mesi.  

L’elenco è lungo ed ogni giorno se ne aggiunge un altro.

Vareremo un grande piano di prevenzione idrogeologica’ annuncia il 27 luglio la Premer, il giorno dopo il ministro Raffaele Fitto nella bozza di rimodulazione del PNRR stralcia alcuni progetti per ‘la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico’.

L’incoerenza al governo.

Giorgia Meloni è nostalgica nei toni, ma conservatrice e atlantista nei fatti. Coerente quando si rivolge ai propri elettori, ma 'democristiana' quando deve confrontarsi con la realtà quotidiana.

Questa duplicità di comportamenti è evidente anche nel rapporto con i giornalisti.

Quando può evita le conferenze stampa, almeno in Italia, forse teme che venga fuori la Meloni sovranista? O è semplicemente una tecnica per mantenere i consensi elettorali acquisiti? Spesso si limita a messaggi preconfezionati e registrati, teme che venga fuori l’incoerenza? 

Stia tranquilla e serena come direbbe Matteo Renzi, chi vota a Destra continuerà a farlo qualunque cosa possa dire o fare. Una parte degli italiani vota FdI a prescindere perché è intollerante verso la Sinistra, qualunque essa sia.


venerdì 2 giugno 2023

Dichiarazioni ‘a 360 gradi’

Ecco un breve elenco di dichiarazioni tra il serio ed il faceto, ma tutte rigorosamente vere, degli esponenti della Destra da quando Giorgia Meloni è presidente del Consiglio

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni

27 maggio 2023. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha dichiarato: ‘Mi sono autoimposto di leggere un libro al mese. Un fatto di disciplina, come andare a messa’. 

26 maggio 2023. In occasione del comizio di chiusura della campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Catania trasmesso in diretta su Rainews24 la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha affermato: ‘Lotta all’evasione contro piccoli commercianti è pizzo di Stato’.

24 maggio 2023. Matteo Salviniministro delle Infrastrutture, si paragona ai maestri del Rinascimento: ‘Se a tempi del Rinascimento ci fossero stato i partiti e i comitati del NO, allora Raffaello, Leonardo da Vinci e Michelangelo non avrebbero potuto realizzare i capolavori che ancora oggi, dopo secoli, vengono studiati e ammirati. Bisogna avere il coraggio di OSARE: il Ponte sullo Stretto e tutte le opere che stiamo portando avanti vanno in quella direzione’.

23 maggio 2023. Francesco Lollobrigida ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste nonché cognato della Premier ha affermato: ‘Manzoni era un patriota e difendeva la famiglia’. Il giorno prima aveva dichiarato: ‘Invertire il calo demografico, invertire su quella cultura, su quella tradizione, su quel ceppo al quale noi apparteniamo come italiani e del quale volenti o nolenti ci sentiamo particolarmente orgogliosi ed è per questo che la persona e la famiglia sono il nostro modello di civiltà che vanno difesi’.

18 maggio 2023. Gennaro Sangiuliano in occasione dell'apertura del Salone del libro di Torino ha affermato: ‘Il libro è un grande strumento di libertà, ne ho 15.000 a casa’. Chissà come avrà fatto a leggerli tutti visto che si è 'autoimposto a leggerne uno al mese'.

17 maggio 2023. Il primo cittadino di Venezia, Luigi Brugnaro, ad uno studente universitario che protestava perché era costretto a pagare 700 euro al mese di affitto per una stanza ha risposto: ‘Tu non meriti di diventare laureato, perché se ti fai fregare 700 euro per un posto letto non meriti di diventar classe dirigente'.

17 maggio 2023. Matteo Salvini, il giorno dell’esondazione dei fiumi in Emilia-Romagna che ha causato diversi morti, ha pubblicato e poi cancellato su Twitter il seguente messaggio: ‘Cuore e impegno (e telefono che squilla di continuo) dedicati ai cittadini di Emilia e Romagna che lottano con acqua e fango. Un Milan senza cuore, grinta e idee non merito neanche un pensiero’.

17 maggio 2023. Il ministro dell'Ambiente, Gilberto PichettoFratin, ha affermato: ‘C'è una situazione drammatica, anche il mare Adriatico sta giocando contro e fa da muro nei confronti dei fiumi’.

12 maggio 2023. Francesco Lollobrigida ha dichiarato: ‘Non esiste una razza italiana ma un’etnia che è quella che noi vogliamo tutelare’.

10 maggio 2023. Il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara a proposito del caro affitti ha dichiarato a Sky: ‘Io credo che il problema del caro affitti è grave ma tocca le città governate dal centrosinistra’.

21 aprile 2023. Il presidente del Senato Ignazio La Russa, intervistato da Repubblica, ha commentato le mozioni sul 25 aprile: Non c’è alcun riferimento all’antifascismo nella Costituzione, il Pci e la sinistra si sono appropriati dei valori della Resistenza’.

18 aprile 2023. Francesco Lollobrigida ha dichiarato: ‘No alla sostituzione etnica, incentiviamo le nascite’.

18 aprile 2023. Ignazio La Russa: ‘Meloni non parla più di blocco navale? Quando lo diceva era all’opposizione e l’opposizione può essere teorica.

11 aprile 2023. Il ministero dell’Interno Matteo Piantedosi ordina ai poliziotti di Lecce di partecipare ai corsi per l’abilitazione alla guida delle moto d’acqua d’ordinanza. Ma intanto gli acquascooter inviati alla questura nel 2016 se ne vanno a Gaeta. Perché devono finire nelle mani della questura di Latina. Come ha deciso sempre il Viminale. Che però chiede intanto ai poliziotti leccesi di frequentare il diciottesimo e il diciannovesimo corso per conducente di idromoto.

04 aprile 2023. Luca Zaia governatore del Veneto al Vinitaly ha dichiarato: ‘La classifica mondiale nelle esportazioni ci dice che al 1° posto c'è la Francia, al 2° l'Italia, al 3° la Spagna...al 4° il Veneto.

01 aprile 2023. Fabio Rampelli (FdI), vicepresidente della Camera dei deputati, ha affermato: ‘Multa fino a 100.000 euro per chi usa termini inglesi’ e ‘ a chi si macchia di forestierismo’.

Lo stesso giorno Gennaro Sangiuliano ha sottolineato: ’Usare parole straniere è snobismo radical scic. Consacrazione della lingua nazionale è in molte Costituzioni’. Chissà cosa ne pensa Adolfo Urso Ministro delle Imprese e del Made in Italy.

30 marzo 2023. Il bullismo? ‘Conseguenza degli eccessi ideologici del Sessantotto’, ha sostenuto Giuseppe Valditara.

24 marzo 2023. Giorgia Meloni per ricordare le vitte delle Fosse Ardeatine ha dichiarato:’ 335 innocenti massacrati perché italiani’. La replica dell’Anpi: ‘Uccisi perché antifascisti’.

22 marzo 2023. Giorgia Meloni così ha risposto in aula al deputato Bonelli: ‘Non ho prosciugato io l’Adige, non sono Mosè’.

sabato 15 aprile 2023

Giorgia Meloni: ‘lo Stato di emergenza vi serve per consolidare il potere’

Lo Stato di emergenza vi serve per consolidare il potere, perché lo Stato di emergenza vi consente di fare quello che volete senza regole e controlli’, sosteneva Giorgia Meloni nel 2020

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni

Io non posso credere che Lei lo pensi davvero. Quello che io devo credere è che non Le interessa e che è un prezzo che Lei è disposto a pagare, perché quella della quale vi state occupando non è la salute degli italiani ma è la salute del vostro Governo, perché lo Stato di emergenza vi serve per consolidare il potere, perché lo Stato di emergenza vi consente di fare quello che volete senza regole e controlli. Questo è quello che state chiedendo al Parlamento della Repubblica italiana e non si può fare finta che sia un’altra cosa ... Avete imparato la lezione. La lezione è che lo Stato di emergenza consolida il Governo ..’.

Questa dichiarazione è stata fatta alla Camera dei deputati il 29 luglio del 2020, cioè in piena pandemia da Covid-19 ed era rivolta al Presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte, il Governo era sostenuto dal M5s e dal Pd. L’autore dell'invettiva non era un pericoloso rivoluzionario, ma la deputata Giorgia Meloni. Il tono aggressivo ed esacerbato che ha utilizzato è quello che la leader di FdI usava spesso quando era all’opposizione. Ora, invece, appare pacata ed ironica, almeno in apparenza.

Migliaia di morti e contagiati al giorno non erano una motivazione sufficiente per chiedere misure straordinarie. Oggi invece l’arrivo di poche migliaia di migranti giustificano lo Stato di emergenza. È l’ennesima incongruenza della Destra al Governo o come al solito è propaganda ed incapacità ad affrontare i problemi? 

Nei primi tre mesi del 2021 i migranti che sono arrivati sulle nostre coste sono stati 8.505, nel 2022 7.928, nel 2023 31.292, cioè quattro volte di più. 

L’incremento è notevole, ma giustifica lo Stato di emergenza? Per anni la Destra ed in particolare gli esponenti di FdI hanno denunciato l’inadeguatezza del Centrosinistra ad affrontare il ‘problema’ dei flussi migratori e che una volta al Governo loro lo avrebbero risolto. 

Il blocco navale, i respingimenti, i rimpatri, ma che fine hanno fatto? La risposta è semplice: erano e sono propaganda.

Nonostante questa incoerenza i consensi a FdI e alla Destra non scendono, perché? Anche in questo caso la risposta è ovvia: gli elettori non hanno votato FdI per fermare gli sbarchi, ma solo perché volevano essere rassicurati sulla ‘presunta invasione’.

Il fenomeno dell'emigrazione non si affronta con slogan ed invettive.

È nella natura dell’uomo spostarsi dove ritiene di poter vivere in modo dignitoso. E nessuno ha il diritto di impedirglielo. Noi italiani lo sappiamo bene. Ma lo sa anche la nostra presidente del Consiglio. Si inventano provvedimenti che servono solo a mantenere il consenso.

Anzi, vari ministri dell’attuale Esecutivo riconoscono la necessità dell’arrivo dei migranti per continuare a garantire la crescita economica e per assicurare le pensioni agli italiani. Poi, quest'ultimi, magari fanno finta di trasferirsi nei paradisi fiscali per non pagare le tasse, ma questo, come si sa, è lecito e permesso. 

Fonte cameradeideputati.it


mercoledì 15 marzo 2023

Dichiarazioni ‘a 360 gradi’

Ecco un elenco di dichiarazioni e di comportamenti tra il serio ed il faceto, ma tutti rigorosamente veri, degli esponenti della Destra da quando Giorgia Meloni è presidente del Consiglio

di Giovanni Pulvino 

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi festeggiano
il compleanno del leader leghista ( foto da @ElisabettaGall7) 

Le dichiarazioni e gli atti che seguono sono tutti veri o come direbbe la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sono veri a 360 gradi.

14 marzo 2023. Claudio Anastasio, manager di un’azienda pubblica nominato dalla Presidente del Consiglio, in una mail inviata al suo Cda ha riportato il discorso sul delitto Matteotti fatto dal Duce nel 1925.

13 marzo 2023. Guido Crosetto, ministro della Difesa, per giustificare l’aumento dell’arrivo dei migranti ha dichiarato: ‘Credo si possa affermare che l’aumento esponenziale del fenomeno migratorio dalle coste africane sia parte di una strategia di guerra ibrida che la divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia, sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni Paesi Africani ’.

9 marzo 2023. Giorgia Meloni Matteo Salvini in occasione del cinquantesimo compleanno del leader leghista cantano la canzone di Marinella scritta da Fabrizio de André per ricordare la morte di una giovane fanciulla annegata in un fiume. Tutto mentre a Cutro continuano a ritrovare cadaveri di migranti, molti dei quali bambine e bambini, annegati a cento metri dalla nostra costa.

28 febbraio 2023. Francesco Lollobrigida ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste nonché cognato della Premier, ha dichiarato: ‘Noi quest'anno lavoreremo per far entrare legalmente quasi 500.000 immigrati legali’.

26 febbraio 2023. Dopo la strage di Cutro Giovanni Donzelli, deputato di FdI, ha proposto: ‘Bisogna selezionare gli immigrati’.

23 febbraio 2023. Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito, censura la lettera della preside di un liceo fiorentino scritta per difendere i ragazzi che hanno subito un attacco squadrista e fascista: Francamente di queste lettere non so che farmene, sono ridicole. Se l'atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure.

4 febbraio 2023. Giovanni Donzelli, deputato di FdI, ha definito l’anarchico Cospito ‘influencer del 41 bis’ e, riferendosi alla visita in carcere del 12 gennaio fatta da quattro deputati democratici, ha accusato la Sinistra di ‘stare con i terroristi’.

20 gennaio 2023. Matteo Piantedosi, ministro degli Interni, ha commentato così la cattura di Matteo Messina Denaro: ‘Il livello politico della Mafia è storia passata’.

26 dicembre 2022. Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, le politiche di Coesione e il PNRR, alla domanda se la povertà fosse una priorità posta da Lucia Annunziata durante la trasmissione ‘in Mezz’ora’ ha risposto: ‘No, la priorità è quella di dare una risposta dal punto di vista della ripresa economica del nostro Paese’.

23 dicembre 2022. Claudio Durigon, sottosegretario di Stato al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, a proposito del Rdc e delle proposte di lavoro ha dichiarato: ‘Giusto che un laureato accetti un posto da cameriere. Ed ancora: ‘Se uno prende soldi pubblici non può essere schizzinoso, non può rifiutare nessuna tipologia di offerta che riguardi in contratto collettivo nazionale’.

25 ottobre 2022. Giorgia Meloni durante il suo discorso di insediamento si rivolge al collega Soumahoro dandogli del tu: ‘Al collega Soumahoro mi sento di dire, tutti ci sentiamo scolari della storia, sai, altrimenti saremmo ignoranti del presente, senza futuro’.

7 novembre 2022. Matteo Piantedosi, ministro degli Interni, a proposito dei migranti ha affermato: ‘Sono carico residuale. Ed ha parlato di ‘sbarco selettivo’.

15 novembre 2022. Il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato di FdI, non è certo dell'efficacia della campagna vaccinale anti-Covid: ‘Senza vaccini sarebbe stato peggio? Non c'è prova’.

21 novembre 2022. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in un impeto punitivo contro i giovani studenti indisciplinati ha proposto: Lavori sociali per chi non rispetta le regole in classe’. Ad inizio anno scolastico lo stesso ministro ha inviato a tutte le scuole una circolare in cui ordinava il divieto dell’uso dei cellulari senza considerare il fatto che si tratta di una disposizione già prevista dalla legge e che i docenti tentano di applicare da anni.

La Premier, a proposito di scafisti nella conferenza stampa di Cutro, ha annunciato: ‘Cercarli in tutto il globo terracqueo e condannarli fino a 30 anni di galera’. Una boutade come quella sul ‘blocco navale?

L’elenco potrebbe continuare.

Queste dichiarazioni e questi comportamenti sono solo strafalcioni? Difficile crederlo. Lo fanno per 'parlare' al loro elettorato o è incapacità a governare? Le due cose non si escludono.

Del resto, Benito Mussolini ci ha portato al disastro economico e sociale, ma in quanto a violenza verbale e non solo era bravo.

sabato 25 febbraio 2023

‘Blocco navale subito’, proponeva Giorgia Meloni

Blocco navale subito’ proponeva Giorgia Meloni quando era all’opposizione. Siamo ancora in attesa di vederlo, intanto rispetto allo scorso anno gli sbarchi sono raddoppiati

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni da @BimbePeppe (da Twitter)

Da inizio anno sono giunti sulle nostre coste 12.272 persone. Nello stesso periodo del 2022 sono state 4.701 e nel 2021 3.820. Nei primi 21 giorni di febbraio sono state 7.400. A certificarlo è il ministero degli Interni. Guinea, Costa d’Avorio, Pakistan, Tunisia, Egitto, Siria, Afghanistan, Camerun, Mali, Burkina Faso sono i principali paesi di provenienza.

L’hotspot di Lampedusa è sempre stracolmo.

Insomma, non è cambiato nulla.

L’unica vera novità del 2023 è che il flusso migratorio non è più una notizia per i nostri media nazionali, chissà perché.

Il decreto emanato dal Governo ha come scopo quello di ostacolare l’operato delle Organizzazioni non governative. Un solo salvataggio per volta, un porto sicuro lontano dalle coste africane, controlli ad ogni sbarco, blocchi nei porti. Nella sostanza è ’un atto ‘politico’ che non ha prodotto nessun risultato concreto. I dati del ministero degli Interni non ammettono dubbi. Il numero dei migranti arrivati nelle nostre coste è raddoppiato rispetto allo scorso anno. E quel che è peggio sono aumentate le notizie di naufragi con vittime e dispersi.

Ma che fine ha fatto il blocco navale chiesto con enfasi da Giorgia Meloni?

Averlo proposto per fermare barchette di pochi metri era a dir poco ridicolo. Solo averlo pensato era una stupidaggine. Era solo propaganda. Il vero obiettivo non era e non è fermare gli arrivi di migranti, ma demonizzare le Ong ed il loro operato a sostegno degli ultimi.

Ma a che cosa serve umiliare chi opera per salvare vite se non a fare una ‘becera’ propaganda? È una visione miope ed inutile. Nessuna frontiera di terra o di mare impedirà ad una madre o ad un padre di rischiare la vita per dare un futuro dignitoso ai propri figli o bloccherà un giovane del terzo mondo che vuole venire in Europa per avere accesso ad una esistenza dignitosa.

Il popolo dimentica o giustifica per 'opportunismo', si sa. Coloro che vogliono crederci per convinzione o per convenienza ci saranno sempre e comunque.

Quello che non è accettabile è una stampa servile e miope, che sta sempre dalla parte del ‘vincitore’. Ma anche questa non è una novità, la coerenza non è una virtù particolarmente apprezzata dal popolo italiano e dai suoi opinionisti.

Fonte interno.it

venerdì 17 febbraio 2023

Divisi si perde, è matematico

'Da giovane ho fatto una scelta di vita: stare dalla parte dei più deboli, degli sfruttati, dei diseredati, degli emarginati. E lo farò fino alla fine della mia vita', Enrico  Berlinguer 

di Giovanni Pulvino

Enrico Berlinguer - (foto da twitter.com)
Quando la Sinistra si presenta alle elezioni divisa perde, è matematico. Tutto ebbe inizio nel 2013 con l'elezione del Capo dello Stato. Chi ricorda i famosi 100 elettori o meglio i franchi tiratori che impedirono l’elezione del candidato indicato da Pier Luigi Bersani? Come spesso è successo ai leader della Sinistra, l’ex segretario anziché combattere quanti lo avevano ‘tradito’, si dimise. Fu un gesto di generosità e serietà.

Alla guida del Partito democratico arrivò Matteo RenziNon tutti compresero che l’ex sindaco di Firenze era un democristiano senza se e senza ma. In perfetto stile craxiano, il suo principale avversario non era la Destra ma la Sinistra del suo partito.

Dopo l’exploit alle elezioni europee, il Centrosinistra e in particolare il Pd hanno continuato a perdere consensi. Elettorato che adesso sostiene il M5s, il terzo polo di Calenda o si astiene.

Il sistema maggioritario e le divisioni tra le forze progressiste hanno spianato la strada alla Destra che oggi governa il Paese e la maggior parte delle Regioni e dei Comuni. Cosa ha determinato tutto questo?

Innanzitutto, la secolare contrapposizione tra la Sinistra radicale e quella riformista. Ma Matteo Renzi ha fatto di peggio: ha guidato il Pd come se fosse un partito di Centrodestra. Il disorientamento dell’elettorato progressista è stato inevitabile. Ma c’è di più. Il tentativo di creare una forza politica di Sinistra è naufragato miseramente. Le sigle che si rifanno a quell’area politica sono tantissime, troppe. Non solo, spesso a guidare quelle liste sono dirigenti che non sanno aggregare.

Chi è altruista non trova spazio, chi invece non lo è tende a dividere anziché unire. Una Sinistra che non sa fare la Sinistra e per giunta con una miriade di pseudo leader, è perdente. 

Il popolo progressista è lì che aspetta. E non è vero che il Paese è andato a Destra, i numeri dicono altro. In valori assoluti sono una minoranza.

La differenza tra i due schieramenti sta nella capacità di aggregazione.

Per la Destra è più facile essere compatti, in quell’area politica contano gli interessi del proprio ceto di riferimento. Moralità, serietà, senso del dovere e altruismo sono invece i valori progressisti. Ma gli ideali, si sa, dividono e lacerano le coscienze di eletti ed elettori. 

'Da giovane ho fatto una scelta di vita: stare dalla parte dei più deboli, degli sfruttati, dei diseredati, degli emarginati. E lo farò fino alla fine della mia vita'diceva Enrico Berlinguer. 

Ecco basterebbe questo, non è poi tanto difficile.

venerdì 30 dicembre 2022

Ora e sempre Resistenza

‘Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento, che si chiama, ora e sempre Resistenza’, Piero Calamandrei

di Giovanni Pulvino

Foto da articolo21.org

Nel 1952 il generale nazista Albert Kesserling, comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia fra il 1943 ed il 1945, dichiarò che gli italiani dovevano essergli grati e che avrebbero dovuto dedicargli un monumento. La risposta di Piero Calamandrei fu senza se e senza ma. Ecco che cosa ha scritto nell’ultimo verso del suo componimento ‘Lapide e ignominia': ‘Su queste strade se vorrai tornare, ai nostri posti ci ritroverai, morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento, che si chiama, ora e sempre Resistenza.

Sono trascorsi 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione italiana e ci ritroviamo con importanti esponenti delle istituzioni che si richiamano ai valori e ai principi del 'Ventennio', come è stato possibile?

Ecco quanto ha dichiarato il presidente del Senato Ignazio La Russa: ‘Nel ricordo di mio padre, che fu tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano in Sicilia e che scelse il Msi per tutta la vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana’.

Il Msi è stato fondato nel 1946 dai reduci della Rsi e si è ispirato a quei principi e a quei valori. Non solo. Tanti sostenitori di quell'area politica hanno fatto parte delle organizzazioni neofasciste che negli anni Sessanta e Settanta hanno dato vita alla ‘Strategia della tensione’ e al tentativo di colpo di Stato di Junio Valerio Borghese.

Celebrare la nascita di un movimento che si rifaceva ai valori del fascismo è quantomeno inopportuno soprattutto per chi ricopre la seconda carica dello Stato.

Tutto questo non sorprende. Del resto nel simbolo del partito della presidente del Consiglio, FdI, c’è la fiamma tricolore che si richiama proprio al Msi

Per i 'nostalgici' questa è una rivincita, ma per tanti altri è ‘ora e sempre Resistenza’.

Fonte articolo21.org


mercoledì 7 dicembre 2022

Tornano i voucher 'schiavitù'

Il governo di Giorgia Meloni da un lato strizza l’occhio ad evasori e no vax, dall’altro penalizza poveri e disoccupati. Come inizio non c’è male

di Giovanni Pulvino

Foto da quifinanza.it

I buoni del lavoro o voucher sono nati nel 2003 con la cosiddetta ‘riforma Biagi’, dal nome del giuslavorista Marco Biagi che ne aveva delineato l’impianto e che anche per questo motivo è stato ucciso nel 2002 dalle Brigate Rosse.

Sono entrati in vigore nel 2008 con l’intento di far emergere il lavoro nero. Nel 2012 la legge Fornero ne ha esteso l’uso a tutti i settori produttivi. Il governo di Paolo Gentiloni con il varo del Decreto-legge n. 25 del 17 marzo 2017 ne vietò l’acquisto dal primo gennaio del 2018. In seguito, vennero sostituiti con due nuovi strumenti, il Libretto di famiglia ed il Contratto di prestazione occasionale.

Ora il governo di Giorgia Meloni vuole reintrodurli. Il valore dei 'nuovi buoni' sarà di 10 euro lordi, al lavoratore andranno 7,50 euro netti. Il datore di lavoro che intende utilizzarli li acquisterà presso l’Inps, ma potrà farlo anche alle poste, in banca e in alcuni casi anche in tabaccheria. Il limite massimo annuo sarà alzato a 10.000 euro.

Utili e funzionali per gli imprenditori, i voucher sono la sublimazione del lavoro precario. Sono strumenti che non garantiscono coperture in caso di malattia, di maternità o quelle previste dalle altre forme contrattuali. Il bisogno e la necessità economica spingono i soggetti più poveri ad accettare questo tipo di rapporto di lavoro che qualche opinionista ha definito come una nuova forma di ‘schiavismo’.

Siamo il Paese con le retribuzioni più basse, dove anche chi lavora è a rischio di cadere in povertà ed il nuovo Governo anziché impegnarsi ad invertire questa tendenza che cosa fa? Reintroduce uno strumento che accentuerà ancora di più i divari economici e sociali.

La linea politica dell'esecutivo di Giorgia Meloni è chiara. Da un lato strizza l'occhio ad evasori e no vax, dall’altro penalizza poveri e disoccupati.

Come inizio non c’è male.

E cosa proporranno quando si tratterà di Giustizia, Istruzione e Sanità?

E come affronteranno il tema dell’autonomia differenziata richiesta dalle regioni più ricche e, soprattutto, come tenteranno di cambiare la Costituzione italiana, antifascista e parlamentare? 

Oggi non hanno i numeri e la forza politica per poterla stravolgere, ma domani nulla potrà essere escluso.

Questo è un governo di Destra, non dimentichiamolo mai.

lunedì 28 novembre 2022

Quota 103 e le ingiustizie del sistema pensionistico

62 anni d’età e 41 di contributi, questi sono i parametri previsti dalla legge di Bilancio per andare in pensione e per aggirare per la seconda volta la legge Fornero

di Giovanni Pulvino

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni
(foto da it.wikipedia.org)
Quota 100, Quota 102 ed ora Quota 103 sono misure che servono a ripristinare le cosiddette pensioni di anzianità abolite con la legge Fornero.

È prevista anche la proroga per Ape Sociale, quella che prevede per le categorie professionali gravose un’età minima di 63 anni ed un contributivo minimo ridotto per il 2022 a 32 anni. Rinnovata altresì Opzione Donna che prevede 35 anni di contributi e 58 anni d’età per donne con due o più figli, 59 anni con un figlio e 60 negli altri casi.

L’obiettivo principale del provvedimento è quello di superare Quota 102 che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre.

Il sistema pensionistico italiano è una babele di norme. E' un sistema iniquo e diseguale.

Un quinto dei pensionati percepisce un’indennità che equivale ad oltre il 42% della spesa complessiva, mentre al 20% dei redditi pensionistici più bassi va poco più del 5%. Oltre un terzo dei pensionati riceve meno di 1.000 euro lordi al mese.

‘A livello territoriale più del 50% della spesa complessiva è erogata ai residenti nel Nord del Paese, il 27,8% nel Mezzogiorno e il 21,1% nel Centro. Questo significa che a maggiori opportunità occupazionali corrispondono ‘indennità pensionistiche altrettanto adeguate’, mentre sono penalizzati precari e disoccupati.

C’è chi è andato in pensione con meno di 40 anni di età e chi invece ci andrà a settant’anni e chi non ci andrà mai. Non solo. Con il sistema contributivo ‘le disuguaglianze e le ingiustizie cresceranno anche nell’importo dell’indennità, in particolare tra chi ha avuto un lavoro stabile e ben retribuito e chi invece ha svolto lavori saltuari e spesso mal pagati’.

Disoccupati e poveri non solo hanno dovuto vivere nella precarietà, ma percepiranno una pensione che li manterrà in una situazione di disagio sociale.

Tutto questo in contraddizione con il principio della ‘capacità contributiva’ sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana. 

Altro che 'pari dignità sociale'. Si continuano a proporre leggi che seppur necessarie per tutelare i lavoratori, contribuiscono a rendere il sistema pensionistico sempre più ingiusto.

Fonte REDNEWS

mercoledì 9 novembre 2022

Ministero dell’Istruzione o della ‘Propaganda’?

La comunicazione inviata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara alle scuole italiane in occasione della ‘Giornata della Libertà’ ‘è soltanto un dotto manifesto anticomunista’, ha dichiarato il Presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo

di Giovanni Pulvino

La notte dei Cristallo, 9 novembre 1938
(foto da it.wikipedia.org)

Il nuovo ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha inviato alle scuole una lettera per celebrare la ‘Giornata della Libertà’ istituita dal Parlamento italiano nel 2005 (governo Berlusconi) e per ricordare la caduta del muro di Berlino.

Nella missiva il ministro del ‘Merito’ si limita a spiegare quelle che secondo Lui sono le ragioni della fallimentare esperienza socialista dei paesi dell’ex blocco sovietico. Ecco un passaggio della lettera.

‘… il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della Rivoluzione russa: «L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia»’

Nessuna parola invece per la ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per ricordare la notte dei Cristalli e gli eccidi provocati dal fascismo e dal nazismo.

Non solo. Il ministro accomuna gli ideali di solidarietà e giustizia con il totalitarismo staliniano o cambogiano, considera, cioè, come ineluttabili l’avvento di regimi tirannici se si vogliono realizzare quegli ideali.

Una comunicazione a senso unico, con un chiaro intento 'propagandistico'. In pochi giorni siamo passati dal ministero dell’Istruzione a quello del Merito ed ora a quello della 'Propaganda'.

Ecco quanto ha dichiarato in un'intervista rilasciata al quotidiano Domani il Presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo.

Nella lettera si rimuove il fatto che il 9 novembre è la giornata mondiale contro il fascismo e l'antisemitismo proclamata dalle Nazioni Unite (…) Le parole del ministro sono un modo scorretto e unilaterale per affrontare errori ed orrori del cosiddetto socialismo reale che effettivamente ci sono stati e che meriterebbero ben altra e più obiettiva e imparziale riflessione. (…) Questa lettera è soltanto un dotto manifesto anticomunista, ma ciò che preoccupa è che nella misura delle sue rimozioni e della sua tendenziosità, diventa per gli studenti elemento de-formativo’.

Ed ancora: ‘È come se si dicesse che la via del liberalismo è lastricata dai cadaveri dei paesi colonizzati e delle guerre imperialiste…. Del governo preoccupano i silenzi sulla Resistenza, e sulla Marcia su Roma. Il passo successivo è la rilegittimazione del fascismo. L’Anpi ha chiesto incontri ufficiali a quattro ministri. Per ora, nessuna risposta. Ma attendiamo senza pregiudizi’.

Fonte anpi.it

domenica 6 novembre 2022

Cento anni dopo siamo ancora lì, ma come si fa ad essere fascisti

‘Il fascismo non è un’opinione, è un crimine’, Giacomo Matteotti

di Giovanni Pulvino

La marcia a Predappio 28 ottobre 2022
(foto da theguardian.com)

Che tristezza dover continuare a vedere persone che inneggiano al Duce. La convinzione con cui lo fanno non ammette dubbi: sono fascisti. Ma come si fa.

Il loro idolo è ancora Benito Mussolini, si proprio 'Lui', il 'Capo' che cento anni fa ha incitato gli italiani più ingenui alla cultura dell’odio, che ha fatto largo uso delle squadracce della morte, che ha fatto approvare le leggi liberticide, che ha fatto torturare ed uccidere Giacomo Matteotti e decine di migliaia di altri oppositori politici, che ha fatto approvare le leggi razziali, che ha portato l’Italia o come direbbe Giorgia Meloni la Nazione in guerra provocando la morte di milioni di italiani e la distruzione del Paese. 

Ma come si fa.

Che tristezza vedere quei bambini costretti a marciare con i loro genitori nel vano ed inutile tentativo di rinnovare in quegli adolescenti il sentimento di disprezzo verso tutto e tutti così come avvenne malauguratamente con i nostri nonni un secolo fa.

Oggi come allora la ‘marcia’ sembra una ‘buffonata’, una goliardica rimpatriata di fedelissimi, eppure sono di nuovo lì, ancora, uomini e donne senza logica, senza motivazioni, nell’illusione di tornare al passato, quello più buio, più nero, quello che non ha tempo e luogo, ma per fare cosa?

Che tristezza tanto risentimento verso l’altro, verso l’immigrato ma, s’intende, solo se è di colore, o semplicemente verso chi la pensa in modo diverso, come se quella del Duce fosse sempre e comunque la verità assoluta.

'Il fascismo non è un'opinione, è un crimine'.

Che tristezza vedere quel braccio teso. Cento anni di storia non ci hanno insegnato nulla? La vita non ci ha insegnato nulla?

E che tristezza questo popolo italiano immemore e volgare.

Sarebbe stato meglio non dover vedere ancora una volta tutto questo. 

Ma come si fa ad essere così, ad essere fascisti.

martedì 1 novembre 2022

Il governo Meloni ‘premia’ i sanitari no-vax

È la solita 'Italietta', il primo provvedimento del governo Meloni premia la ‘furbizia’ e penalizza la serietà

di Giovanni Pulvino

Infermiere e Giorgia Meloni - (Foto da it.wikipedia.org)

Il primo atto del nuovo Governo dà ragione ai medici che non si sono voluti vaccinare. Il loro reintegro è un paradosso tutto italiano. Quando nelle corsie dei nostri ospedali si moriva di Coronavirus questi sanitari hanno fatto di tutto per essere esentati. Non vaccinandosi non solo hanno rappresentato un cattivo esempio scoraggiando i cittadini ad immunizzarsi, ma hanno messo a rischio la vita dei loro pazienti ed hanno costretto i loro superiori a spostarli o a sospenderli, limitando così le probabilità di essere contagiati.

Ora non solo sono stati reintegrati, ma si chiede anche di non utilizzarli nei reparti ad alto rischio. Lo scopo sarebbe quello di non mettere in diretto contatto i pazienti fragili con i medici e gli infermieri non immunizzati al Covid-19. Nei reparti dove più alta è la possibilità di contagiarsi devono continuare ad andare i sanitari che invece si sono vaccinati. Quelli cioè che hanno un alto senso del dovere e che considerano la loro professione come una missione.

Curnuti e vastuniati’ si dice in Sicilia.

È la solita 'Italietta'. Questo provvedimento non sorprende. Si premia la ‘furbizia’ e si penalizza la serietà. Ancora una volta si irride chi ha il senso del bene comune e si gratifica, invece, chi pensa solo a sé stesso.

È la logica dell’individualismo e non sorprende che questo sia uno dei primi atti normati emanati dal nuovo Governo. È solo l’inizio. Si prendono provvedimenti immediati per impedire a poche centinaia di ragazzi di ascoltare musica in un capannone, ma non si interviene se in quei capannoni si muore di lavoro o se due mila cittadini sfilano pubblicamente inneggiando al Duce e al fascismo.

No, non è un buon inizio di legislatura, ma era tutto scontato. 


giovedì 13 ottobre 2022

Il discorso di Liliana Segre

Accorato discorso di apertura della XIX legislatura fatto dalla senatrice a vita Liliana Segre, ecco i passaggi più significativi

di Giovanni Pulvino

Liliana Segre 

'Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la Presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché - vedete - ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile, per me, non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare. E oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato....

Le elezioni del 25 settembre hanno visto - come è giusto che sia - una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. Il popolo ha deciso: è l'essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l'imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell'interesse del Paese e devono garantire tutte le parti....

In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l'unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana che - come dice Piero Calamandrei - è non un pezzo di carta, ma il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943, ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti ...

Il pensiero corre inevitabilmente all'articolo 3, nel quale i Padri e le Madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, che erano state l'essenza dell'ancien regime. Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Non è poesia e non è utopia. È la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere gli ostacoli....

il 25 aprile, Festa della liberazione, il 1° maggio, Festa del lavoro, il 2 giugno, Festa della Repubblica .... date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

Dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro'.

Fonte senato.it



venerdì 7 ottobre 2022

Elezioni: una minoranza deciderà per tutti

La leader della Destra, Giorgia Meloni, si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette, ma com'è possibile?

di Giovanni Pulvino

Seggi attribuiti nelle elezioni politiche del 25/09/2022 
(Foto da notizie.virgilio.it)

Nella 'prima Repubblica' quando alle urne si recava oltre l'ottanta per cento degli italiani per governare ed avere una maggioranza solida occorreva avere il consenso della metà più uno dei voti. 

Nella 'seconda Repubblica' invece basta avere la maggioranza relativa. Com'è possibile? 

All'inizio degli anni Novanta a seguito del referendum che ha abrogato il voto di preferenza fu introdotto il sistema elettorale maggioritario. Meccanismo modificato più volte nel vano tentativo di garantire governi stabili. 

Con le elezioni del 25 settembre scorso ci sono forze politiche che hanno ottenuto un numero di seggi simile a quello di altri schieramenti che hanno avuto un consenso elettorale inferiore.

La  Lega (8,7%) di Matteo Salvini pur avendo meno della metà dei voti del Pd (19,1%) ha ottenuto un numero di parlamentari quasi uguale. E' uno degli effetti paradossali del 'Rosatellum', la legge elettorale voluta da Matteo Renzi e che il Partito democratico e il M5s non hanno saputo o voluto cambiare quando avrebbero potuto farlo. 

Giorgia Meloni si considera la vincitrice delle elezioni con appena il 26% dei consensi. Se consideriamo tutti gli aventi diritto al voto la percentuale scende al 16,64% (26*64/100). La leader della Destra si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette. La coalizione di Centrodestra ha ottenuto il 44,1% dei voti che, in valori assoluti, corrisponde ad un italiano su tre.

Una minoranza deciderà per tutti.

Chi dobbiamo ringraziare per questo capolavoro giuridico-istituzionale? Quando non si hanno radici solide e strategie di lungo periodo si finisce per cercare una scorciatoia. Il trasformismo diventa la regola ed il sistema elettorale uno strumento per ottenere consensi 'effimeri e momentanei', oltreché minoritari. 

I sotterfugi e le ‘furberie’ della classe dirigente che ha governato il Paese negli ultimi tre decenni hanno alimentato l’antipolitica, soprattutto quella legata ai valori della solidarietà e della giustizia sociale.

E' tempo di tornare agli ideali. 

Per farlo occorre essere umili e seri. Trent'anni di berlusconismo e di edonismo reaganiano rendono tutto più complicato, ma non c'è e non ci può essere un'altra strada, almeno per la Sinistra italiana.  

 


giovedì 1 settembre 2022

L’Italia non è un Paese di Destra

La Destra essendo meno ideologica della Sinistra si coalizza sugli interessi e non sui principi, questo facilità le alleanze elettorali, ma non è vero che è maggioranza nel Paese

di Giovanni Pulvino

L’Italia è per i leader della Destra un Paese moderato o conservatore. A forza di ripeterlo ci credono veramente. Questa è una convinzione che non ha una base reale. Ribadirlo spesso lo rende quasi una certezza per l’opinione pubblica più ingenua e meno acculturata. Lo scopo è quello di convincere gli indecisi, soprattutto quelli che vanno a votare solo se ne possono trarre un tornaconto personale. 

Foto da ilmetropolitano.it
Ma cosa c’è di vero? Nulla.

Cosa vuol dire essere di sinistra o di destra, moderati o progressisti, radicali o liberali? Per gli economisti la discriminante principale tra le due ideologie è il ruolo dello Stato. Oggi è evidente che l’ente pubblico è funzionale anche per affrontare e risolvere le inefficienze del sistema economico.

Negli Usa, una delle più grandi aziende private, la Chrysler, è stata salvata dagli aiuti di Stato concessi dall’allora presidente Barak Obama. La Fiat oggi Fca deve il suo sviluppo e spesso il suo salvataggio agli aiuti dello Stato italiano. Incentivi alle vendite, cassa integrazione, agevolazioni creditizie e fiscali, fornitura di mezzi alle Forze dell’ordine, ect.. Ed ancora. Mediaset senza i decreti fatti dal Pentapartito negli anni Ottanta non esisterebbe. Gli aiuti ad Alitalia, oggi Ita, al Monte dei Paschi, l’elenco è lungo.

Interventi pubblici che hanno favorito l’arricchimento di poche famiglie di industriali ma che, nello stesso tempo, non hanno ridotto le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. 

Il ruolo dello Stato in economia non è più una discriminante ideologica, forse non lo è mai stata, allora, cosa differisce oggi la Destra dalla Sinistra?

Di certo gli interventi pubblici possono fare la differenza, ma solo se questi incidono sui privilegi. Essere progressisti vuol dire combattere le disuguaglianze, essere moderati vuol dire tutelare gli interessi dei ceti sociali benestanti.

Fino a quando ci saranno i poveri, i precari, i disoccupati, i ricchi esisteranno coloro che si batteranno per ridurre le differenze sociali e coloro che faranno di tutto per mantenerle.

I milionari sono una minoranza, questo è certo, com’è possibile allora che il nostro Paese sia di Destra? La risposta è semplice: non è vero. L'incongruenza è elettorale, non sociale.

Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da La7 il Centrodestra sarebbe al 45,9%, mentre il campo largo del Centrosinistra, formato dai democratici e progressisti di Enrico Letta, sarebbe al 29%, il M5s all'11,6% ed il cosiddetto Terzo polo di Carlo Calenda al 6,8%. Senza considerare i consensi che riuscirà ad ottenere l’Unione popolare di Luigi De Magistris, il campo largo del Centrosinistra potrebbe raggiungere il 40,6% e con il cosiddetto Terzo polo addirittura il 47,6%.

La Destra non è maggioranza in Italia, ma è meno ideologica della Sinistra, si coalizza sugli interessi e non sui principi, questa facilità le alleanze. Inoltre, una parte della popolazione preferisce affidarsi al potente di turno anziché combatterlo.

È una questione culturale o come avrebbero detto Karl Mark, Antonio Gramsci o Luigi Berlinguer di mancanza di consapevolezza della coscienza di classe che purtroppo è lontana dal divenire.

Fonte La7.tv

domenica 21 agosto 2022

La famiglia ‘tradizionale’ secondo i leader della Destra

‘Dio, patria e famiglia’ è uno slogan fascista che i leader del Centrodestra, in particolare Giorgia Meloni, ripetono spesso, ma nella loro vita privata essi agiscono in tutt’altro modo

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini 
(Foto da pt39.it)

La famiglia per Silvio BerlusconiMatteo Salvini e Giorgia Meloni è quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Tuttavia, i leader della Destra nella loro vita privata spesso non rispettano il principio dell’indissolubilità del vincolo coniugale. La contraddizione tra quanto propugnato e quanto praticato nella vita quotidiana è evidente. Le biografie dei tre politici non ammettono equivoci.

Convivono, hanno contratto più matrimoni, hanno avuto figli da più relazioni, non rispettano i principi affermati dal diritto canonico, eppure continuano a richiamarsi ai valori della famiglia tradizionale.

Una volta questa era composta da marito, moglie e figli. Fino all’introduzione del divorzio, avvenuta nel 1970, si poteva contrarre un secondo matrimonio solo dopo aver raggiunto lo status di vedovo/a.

Con l’entrata in vigore di quella legge si sono create sempre più le cosiddette ‘famiglie allargate’, quelle composte da nuovi partner e dai figli di quest’ultimi.

Secondo un’indagine Istat oggi in Italia ci sono circa mezzo milione di famiglie ‘ricomposte’, cioè con coppie in cui almeno uno dei due coniugi o partener ha avuto un matrimonio o una separazione.

Ognuno di noi può gestire la sua vita come meglio crede. I rapporti iniziano, magari finiscono, altri cominciano, non c’è nulla di straordinario o di illegittimo. Quello che è incomprensibile e paradossale è dire una cosa e farne un’altra. Propugnano la famiglia tradizionale declamandola continuamente come un valore fondamentale del popolo italiano, ma poi i leader della Destra agiscono come un ‘comunista’ qualsiasi.

Le regole ed i principi valgono solo per gli altri, soprattutto per gli avversari politici. L’intento di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi è ottenere consensi tra coloro che sono più sensibile a quei valori. E se qualcuno fa notare la loro mancanza di coerenza, pazienza.

Fonti wikipedia.org e REDNEWS

giovedì 18 agosto 2022

‘C’è un presidente un solo presidente’, cioè Silvio Berlusconi, chi altri

La linea politica di Silvino Berlusconi è fondata sul 'laissez faire' e sulla leadership, la sua ovviamente, nella sua vita non ha fatto altro e non potrà esserci altro. L’età non conta. I suoi emuli, e sono tanti, dovranno aspettare ancora

di Giovanni Pulvino

Il palazzo del Quirinale e Silvio Berlusconi
(foto da it.wikipedia.org)

L’inno di Forza Italia esprime meglio di qualunque analisi politica il pensiero del suo ideatore. Il partito non sarebbe nato senza l’azienda di proprietà e quest’ultima probabilmente sarebbe fallita senza il partito. FI non potrebbe esistere senza il fondatore della Fininvest. In tanti nel corso degli anni hanno tentato di prenderne il posto senza riuscirci. Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Angelino Alfano, Stefano Parisi, Giovanni Toti, ect… l’elenco è lungo.

C’è un presidente un solo presidente’, sottolinea il ritornello della canzone. Silvio Berlusconi è e si sente il presidente, ogni altra ipotesi è inaccettabile per i suoi dipendenti, per il suo elettorato e per sé stesso. Presidente di Mediaset, del Milan, di Forza Italia, del Popolo della libertà, del Consiglio dei ministri, persino del Monza calcio, ect…

Dopo l’accordo stipulato pochi giorni fa tra i tre leader della Destra, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e lo stesso Silvio Berlusconi, che prevede la presidenza del Consiglio per l’esponente di FdI, l’ex Cavaliere ha subito rilanciato. È chiaro che non accetta un ruolo di secondo piano. Dapprima ha paventato una sua non candidatura, dopo ci ha ripensato ed infine ha dichiarato che ‘non intende’ fare il presidente del Senato. Con la successiva dichiarazione abbiamo capito perché. Lui vuole fare il presidente della Repubblica, non il vice. E siccome non ci riesce con l’attuale sistema di elezione previsto dall’articolo 83 della Costituzione ha pensato bene di indicare come primo punto del programma della coalizione di Centrodestra l’elezione diretta del capo dello Stato.

La linea politica di Silvino Berlusconi è fondata sul laissez faire e sulla leadership, la sua ovviamente, nella sua vita non ha fatto altro e non potrà esserci altro. L’età non conta. I suoi emuli, e sono tanti, dovranno aspettare ancora.

Pochi mesi fa, in occasione dell'elezione del presidente della Repubblica, insistette con Matteo Salvini per sostenere la sua candidatura, quando capì che non sarebbe stato eletto rinunciò, a quel punto non gli rimase che mettere il suo imprimatur sulla rielezione di Sergio Mattarella. Ora, dopo le dimissioni nel 2011 da presidente del Consiglio (lo fece per salvare le sue aziende) e la mancata elezione a capo dello Stato, spera nella rivincita.

L’accordo elettorale tra i tre leader delle Destre è chiaro. A FdI andrà la presidenza del Consiglio, alla Lega il ministero dell’Interno, a Silvio Berlusconi la presidenza del Senato, ma solo in attesa della riforma costituzionale che dovrebbe introdurre l’elezione diretta del presidente della Repubblica. A quel punto le dimissioni di Sergio Mattarella diventerebbero, secondo il leader forzista, inevitabili. Quel posto spetta a Lui. 

Ovviamente tutto questo potrà realizzarsi solo se la Destra otterrà una larga maggioranza in Parlamento.



sabato 13 agosto 2022

La Destra perde il pelo ma non il vizio

Un presidente eletto da una minoranza non potrà mai rappresentare tutti gli italiani, allora perché i leader della Destra insistono con l’elezione diretta del capo dello Stato?

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi 
(foto da wikipedia.org)

L’elezione diretta del presidente della Repubblica è la principale proposta elettorale della Destra. Questa riforma comporterebbe la riscrittura della Costituzione e non importa se la Sinistra non è d’accordo, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni insistono. Vogliono fare da soli o è solo propaganda elettorale?

L’art. 83 della Costituzione italiana stabilisce: ‘Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta’.

Lo scopo della norma costituzionale è quello di impedire l’elezione del capo dello Stato da parte di una minoranza come invece accadrebbe con l’introduzione della nuova forma di governo propugnata dalla Destra, cioè la Repubblica presidenziale. In questo caso sarebbe sempre una figura di parte, non potrebbe in nessuno caso rappresentare tutto il Paese. Non solo, ricoprirebbe anche il ruolo di presidente del Consiglio e probabilmente disporrebbe di un'ampia maggioranza parlamentare. Si potrebbe determinare una concentrazione di poteri assai pericolosa per la democrazia, noi italiani lo sappiamo bene o, meglio, dovremmo saperlo, allora perché la Destra insite per l’elezione diretta del capo dello Stato?

La democrazia ed il confronto sarebbero una 'fatica inutile', meglio che sia il Capo ad assumersi la responsabilità di decide per tutti e non importa se tra questi tutti c'è chi non è d’accordo.

I disastri compiuti dal fascismo non sono bastati per togliere dalla mente e dai cuori di tanti, troppi nostalgici l’idea dell’uomo solo al comando.

Nel 1932 Emil Ludwig durante un’intervista domandò a Benito Mussolini: ‘Ma deve essere ben difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani’. La risposta del Duce fu: ‘Difficile? Ma per nulla. È semplicemente inutile’. Ed ancora: ‘I regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano.. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno’.

Oggi come allora le regole della democrazia costituirebbero un'inutile e costosa perdita di tempo. Troppi vincoli impedirebbero il governo del Paese. Il Presidente deve essere un Capo, non un mediatore. 

Se i presupposti sono questi, allora dobbiamo chiederci cosa succederà quando le Destre avranno le leve del potere in mano?

Per gli antifascisti non c’è tempo da perdere, tra poco potrebbe essere troppo tardi.

Fonti: senato.itfrasicelebri.it e le-citazioni.it

lunedì 8 agosto 2022

Il Generale senza truppe ha detto no

Pretendono, pongono veti, dettano la linea politica, mancano di umiltà, sono autoreferenziali, si sentono indispensabili, ma sono solo Generali senza truppe    

di Giovanni Pulvino

I partiti più piccoli pur non avendo un ampio consenso elettorale a volte riescono ad essere determinanti nella formazione delle maggioranze parlamentari. Succedeva nella Prima Repubblica e continua a ripetersi nella Seconda con la differenza che allora il sistema elettorale era quello proporzionale e per governare occorreva avere una maggioranza effettiva nel Paese.

La quota di maggioritario (37%) prevista dal Rosatellum ha aumentato notevolmente il potere di condizionamento delle piccole formazioni politiche e le maggioranze che si formano in Parlamento spesso non corrispondono a quelle del Paese. La necessità di coalizzarsi non è più programmatica o ideale, ma è elettorale.

Il trasformismo ed i cambi di ‘casacca’ oltre ad essere poco etici sono inevitabili.

La legge voluta dal governo di Matteo Renzi riesce a riprodurre contemporaneamente gli aspetti più negativi del sistema proporzionale e di quello maggioritario. Non garantisce la governabilità e non consente ai partiti, sia grandi che piccoli, di essere autonomi. Tutte le formazioni politiche sono ‘costrette’ al compromesso prima delle elezioni, ma possono far saltare tutto subito dopo.

I generali senza truppe si moltiplicano, soprattutto nello schieramento di Centrosinistra. Il loro potere di contrattazione a volte è superiore alla loro forza elettorale. Il partito di Carlo Calenda, Azione, è l’esempio più evidente di questa tendenza.

Rappresenta un numero piuttosto limitato di cittadini, non ha un apparato adeguato per la formazione delle liste, eppure ha dimostrato di avere un potere di negoziazione elevatissimo. Nella trattativa con il Pd l’ex ministro dello sviluppo Economico ha imposto il numero dei seggi da garantire ai suoi candidati, ha messo veti e pretendeva di stabilire la linea politica a tutto il Centrosinistra come se fosse il leader.

Il passo indietro delle ultime ore è emblematico. Gli accordi si fondano sui compromessi, non possono essere frutto di imposizioni e veti. Ora, Enrico Letta può rimediare al suo errore inziale, quello di aver escluso il M5s e l’Unione popolare di Luigi de Magistris da ogni possibile accordo elettorale.

Rimanere inerti e andare al voto divisi è da irresponsabili.

Se si è umili si può, anzi si deve fare se non si vuole consegnare il Paese alle Destre.

giovedì 4 agosto 2022

I ‘tafazzisti’ del sistema elettorale

Proporzionale, maggioritario, uninominale, liste bloccate, soglia di sbarramento, liste di genere, ballottaggio, turno unico, è un guazzabuglio di regole e di sistemi elettorali, votare in Italia è una corsa ad ostacoli per candidati ed elettori, ma com’è possibile?

di Giovanni Pulvino

Tafazzi da 'Mai dire gol'
(Foto da it.wikipedia.org)

Nel nostro Paese è previsto un diverso sistema elettorale per ogni tipo di votazione. In linea di principio dovrebbero essere due: proporzionale e maggioritario. Il primo garantisce la rappresentanza, il secondo la governabilità. Ma a noi italiani le cose semplici non piacciono, dobbiamo accontentare tutti o favorire qualcuno e, inevitabilmente, finiamo per fare pasticci.

I nostri politici dal 1991, data del referendum che abolì le preferenze, continuano ad inventarsi sistemi elettorali nuovi. Ogni Regione per disposizione costituzionale ha il suo. Per i Comuni cambia in base al numero di abitanti. Per le Province è di secondo livello, lo stesso vale per le Città metropolitane.

Per eleggere i rappresentati al Parlamento europeo è previsto quello proporzionale, mentre per le elezioni politiche nazionali è misto e le modalità sono diverse per l’elettorato passivo. 

Il cosiddetto ‘Mattarellum’, dal nome del primo firmatario, Sergio Mattarella, era il sistema più equilibrato, ma il Centrodestra appena ha potuto ha approvato una legge elettorale a proprio uso e consumo. La Sinistra, invece, quando poteva farlo non vi ha posto rimedio, anzi ha peggiorato i meccanismi di selezione.

L’ultima versione, il ‘Rosatellum’, dal nome del primo firmatario della legge, Ettore Rosato, renziano doc, è un sistema misto. Prevede le liste bloccate come nel ‘Porcellum’ berlusconiano, vale a dire sono i segretari di partito a decidere chi verrà eletto. Prevede lo sbarramento al 3% se vai da solo ed al 10% per le coalizioni. Esclude le preferenze ed il voto disgiunto, ma prevede quello di genere e dei residenti all’estero e, soprattutto, il 37% dei seggi è assegnato nei collegi uninominali, cioè con il sistema maggioritario. I 147 deputati ed i 74 senatori che saranno eletti con questo sistema saranno decisivi per determinare le maggioranze parlamentari.

I numeri non sono un’opinione. Si vince solo se ci si presenta con un’ampia coalizione.

Gli ultimi sondaggi danno il Centrodestra al 45%, mentre il Centrosinistra (il Pd con Azione e + Europa e gli altri gruppi) potrà ambire al 30% dei consensi. Il M5s è dato intorno al 12%. Solo con un’ampia convergenza l'alleanza elettorale guidata da Enrico Letta potrà contendere la vittoria alla Destra, il resto sono solo sterili polemiche politiche di chi è abituato a fare opinione stando comodamente seduto nei salotti delle televisioni nazionali.

Se a questo aggiungiamo il ‘taglio del numero dei parlamentari’ (-200 alla Camera dei deputati e -100 al Senato) voluto dal Pd e dal M5s, la Destra alle prossime elezioni politiche potrebbe avere i numeri sufficienti per una modifica sostanziale della Costituzione e per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.

Nonostante questi pericoli per la nostra democrazia, i tanti leader, si fa per dire, del Centrosinistra anziché allearsi si fanno la guerra e vanno alle elezioni in ordine sparso, ovviamente per perdere.  

Non solo. Sarebbe bastata una legge elettorale di un solo articolo per tornare al sistema proporzionale e per impedire alla Destra di Giorgia Meloni di mettere un'ipoteca sulla presidenza del Consiglio con poco più del 20% dei voti. Una stortura della democrazia rappresentativa che già vediamo con l’elezione di governatori e sindaci. Da un lato aumenta il potere di chi ci governa e dall'altro diminuisce il consenso per ottenerlo.

I governi Conte uno e due e quello Draghi non sono stati capaci di fare questa semplice modifica al sistema elettorale. Il Pd e il M5s avevano i numeri per correggere quest'obbrobrio che è il 'Rosatellum', ma non è successo nulla. 

È l’ennesimo regalo alla DestreA Sinistra, purtroppo, i ‘tafazzisti’ ed i populisti imperversano, ma anche questa non è una novità.

 


martedì 2 agosto 2022

Il ‘riformismo moderato’ di Enrico Letta e l'armata Brancaleone

I presupposti per una vittoria della Destra alle prossime elezioni politiche ci sono tutti, ma si può evitare?

di Giovanni Pulvino

Enrico Letta e Carlo Calenda

Nel 2008 il Popolo delle libertà, insieme alla Lega e al Movimento per le autonomie, ottenne la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le Camere.

Cosa determinò quel risultato?

Il Partito democratico fondato il 14 ottobre del 2007 decise di presentarsi alla consultazione alleandosi solo con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Il segretario, Walter Veltroni, ed il gruppo dirigente di allora ritennero di poter vincere le elezioni escludendo dalla coalizione la Sinistra cosiddetta ‘radicale’. Quell’alleanza raggiunse il 37% dei voti, mentre la Destra superò il 46%.

Il Pd di Enrico Letta sembra intenzionato a seguire la stessa linea politica. Un’alleanza elettorale fatta di ex, tutti o quasi di Centro. Ex renziani come Carlo Calenda, ex grillini come Luigi Di Maio, ex radicali come Benedetto Della Vedova e Emma Bonino, socialisti come Riccardo Nencini, ex forzisti come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna ed ex Pd come Roberto Speranza e forse Matteo Renzi, si proprio quello che disse ‘stai sereno Enrico’. Leader o esponenti di piccoli gruppi in cerca di seggi blindati.

È un’armata Brancaleone che si dividerà subito dopo le elezioni. Un miscuglio che mette insieme tutte le forze politiche ‘moderate’ a sinistra ed a destra del Pd, ma esclude il M5s e la nascente Unione popolare dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, perché?

La motivazione è politica. E non ha nulla a che vedere con la caduta del governo Draghi. Il ragionamento è semplice. Il Centrosinistra non può vincere le elezioni, ma, limitando il ‘danno’, può, ad urne chiuse, creare le condizioni per un governo ‘moderato e riformista’, (una volta avremmo detto ‘democristiano’), magari con un ritorno dell'ex governatore della Bce alla presidenza del Consiglio.

La strada è in salita. Il sistema elettorale voluto dal Pd di Matteo Renzi e la riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari voluta dal M5s e votata dal Centrosinistra rendono il raggiungimento di questo obiettivo assai difficile. Solo il cosiddetto ‘campo largo’ potrebbe competere, ma allora perché rinunciarvi a priori?

Il 37% dei seggi sarà assegnato con il sistema maggioritario a turno unico. Le coalizioni hanno un notevole vantaggio sui singoli partiti. I sondaggi danno il Centrodestra al 45%. Il Centrosinistra (il Pd con Azione e + Europa e gli altri gruppi) può ambire al 30% dei consensi. Il M5s è dato intorno al 12%. I numeri non sono un’opinione. Ed è evidente che solo con un’ampia convergenza il Centrosinistra potrà contendere la vittoria alla Destra, il resto sono solo sterili polemiche politiche di chi è abituato a vivere nei quartieri Ztl ed a fare politica stando comodamente seduto nei salotti delle televisioni nazionali.

sabato 2 luglio 2022

Ecco perché il Centrosinistra è tornato a vincere

Le elezioni amministrative del 21 giugno scorso ed il successivo ballottaggio del 26 hanno riportato il Centrosinistra alla vittoria. Non accadeva da tempo, come mai?

di Giovanni Pulvino

Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio

Premesso che si è trattato di elezioni locali, che hanno coinvolto un numero limitato di elettori, che c’è stata un’alta percentuale di astensionismo e che il Centrodestra si è presentato spesso diviso, è comunque evidente la vittoria del Centrosinistra, almeno per il suo significato politico.

Dalla caduta del muro di Berlino con la fine della cosiddetta ‘Prima Repubblica’ e la nascita del berlusconismo non contano più i programmi e le ideologie, ma il carisma del leader. Una forma di populismo non nuova, ma che alla fine del secolo scorso è tornata ad essere dominante sulla scena politica. Ed ancora oggi è così, ma qualcosa sta cambiando.

La sua base economica è il consumismo. Promettere è la parola chiave. La coerenza non è necessaria. Contano l’immagine e la pubblicità. I comizi politici si fanno in tv o sui social, le interviste con il giornalista amico o, comunque, accondiscendente. Il confronto si fa solo se i sondaggi ci danno in svantaggio. Ed è fondamentale avere la proprietà delle televisioni e dei mass media o determinarne la direzione. Questo succedeva con Silvio Berlusconi, poi sono arrivati i suoi ‘emuli’: Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nati presenzialisti, hanno fondato la loro linea politica sui personalismi, sulle promesse e sulle repentine ‘giravolte’ di opinioni ed obiettivi. Passare dalla Sinistra alla Destra è, per loro, del tutto naturale. Cambiare linea politica è una questione di tempi e di convenienze. Se cadono restano comunque in piedi. I leader non perdono mai, casomai è responsabilità del partito, della tv, degli avversari interni ed esterni, del complotto giudiziario. Ora ci sta provando Giorgia Meloni, che, a differenza degli altri, ha due scheletri nell’armadio: il suo background politico e soprattutto i suoi compagni di viaggio. 

Premesso tutto questo, la mini vittoria del Centrosinistra alle ultime lezioni amministrative rappresenta un cambio di direzione?

Il carisma del leader non sembra bastare più, occorre anche un  gioco di squadra. In fondo è sempre stato così. Specie in un sistema tripolare come quello italiano. I problemi nascono quando ci si divide, quando non si è umili, quando non si fa gruppo, quando il leader non è ‘autorevole ‘ e, comunque, riconosciuto come tale.

Enrico Letta, segretario del Partito democratico, sembra una figura grigia, poco presenzialista, ma forse è propria questa la sua forza. L’apparire ‘debole’ stimola le iniziative e l'importanza del gruppo o come si diceva una volta del partito.

Il Centrosinistra è riuscito ad espugnare Verona perché ha dato spazio a chi vive il territorio e lo fa senza interesse o ‘brama’ di potere. Forse è troppo presto per dirlo, ma i risultati delle ultime elezioni amministrative sono il segno di un cambiamento, di un ritorno alle idee, ai valori, alle comunità. 

sabato 5 febbraio 2022

Perché la Destra non riesce ad eleggere il PdR?

Nessun esponente politico della Destra sembra adatto a ricoprire la carica di presidente della Repubblica, perché?

di Giovanni Pulvino

Giovanni Leone e Sandro Pertini - (foto da it.wikipedia.org)
I principali esponenti della Destra italiana hanno ripetuto in questi giorni che un esponente del loro schieramento può ricoprire la carica di presidente della Repubblica come e meglio di un candidato del Centrosinistra. Insomma, ogni esclusione ideologica sarebbe pretestuosa. Nelle ultime elezioni, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi erano certi di farcela, ma ancora una volta è prevalso un esponente del Centrosinistra, perché?

Se guardiamo i presidenti eletti dal dopoguerra ad oggi è facile constatare che quelli più popolari appartengono all’area progressista. Tra questi Sandro Pertini, Carlo Azelio Ciampi ed ora Sergio Mattarella. Invece, i più discussi sono stati i democristiani ‘di destra’, come Antonio Segni, coinvolto nelle vicende del cosiddetto Piano Solo, Francesco Cossiga, che non ha fatto altro che attaccare e criticare i parlamentari che lo hanno eletto e soprattutto Giovanni Leone dimessosi per le vicende legate allo scandalo Lockheed.

Il capo dello Stato deve rappresentare l’unità nazionale, sancisce l’articolo 87 della Costituzione. Deve avere cioè un alto senso del bene comune e soprattutto deve possedere una moralità al di sopra della media. Ed ancora. Deve essere rigoroso nei comportamenti, ma non deve essere autoritario. Deve saper ascoltare e decidere senza condizionamenti ideologici o di parte.

Nell’area politica cosiddetta 'moderata' e 'liberale' mancano personalità che abbiano queste caratteristiche e che, nello stesso tempo, siano inclusive ed altruiste, che sappiano rappresentare tutti, ma proprio tutti.

Per loro eleggere la massima carica dello Stato è sempre stato difficile ma lo è ancora di più se non hanno i numeri per farlo da soli. E quando ci sono riusciti quasi sempre hanno eletto leader scomodi o di parte.

Allora, se non si riesce ad eleggere un Presidente 'superpartes', è meglio forzare il dettato costituzionale e riconfermare quello uscente.

 

venerdì 14 gennaio 2022

#noQUIRISILVIO e scenario Ugly

Silvio Berlusconi potrebbe essere il nuovo presidente della Repubblica e non è una battuta. La frammentazione ed il trasformismo parlamentare renderanno molto incerta l’elezione e dalla quarta votazione tutto diventerà possibile   

di Giovanni Pulvino

Foto da @MPSkino (Twitter)

L’articolo 83 della Costituzione stabilisce: Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta’. In tutto i componenti dell'assemblea elettiva sono 1.009. Le maggioranze previste dai costituenti sono due: nelle prime tre votazioni occorre il consenso di almeno 673 elettori, dalla quarta ne bastano 506.

Questa procedura è stata adottata per favorire un’elezione a larga maggioranza. Tuttavia, le divisioni tra le forze politiche e tra le correnti interne ai raggruppamenti, ne hanno reso difficile l’applicazione. Ed è per questo motivo che spesso viene eletto un parlamentare di secondo piano, di solito un politico non divisivo, accettabile da una parte consistente di elettori.

Anche stavolta sarà così? Vediamo i numeri, anche se è complicato fare un conteggio esatto. A tale proposito occorre precisare che attualmente il numero degli elettori è di 1.007. Tuttavia, prima dell'elezione del capo dello Stato, un deputato ed un senatore dovrebbero insediarsi per ricoprire i due seggi vacanti.

Secondo i dati indicati dalla Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e tenendo conto delle maggioranze nei Consigli regionali i 1.009 elettori sono distribuiti in questo modo: il Centrodestra dispone di 438 voti, il Centrosinistra (169) insieme al M5s (232) di 401 voti. Poi ci sono 44 elettori di Italia Viva (ex Pd), 8 Autonomisti e ben 118 appartenenti al cosiddetto gruppo Misto.

La frammentazione ed il trasformismo parlamentare renderanno molto incerta l’elezione. Molto dipenderà dal voto degli iscritti al gruppo Misto. Ne fanno parte soprattutto ex grillini e parlamentari che si collocano al centro dello schieramento politico.

Inoltre, il voto è segreto, pertanto la compattezza dei singoli gruppi è aleatoria, tutto è delegato alla coscienza del singolo elettore. L’incertezza è sovrana. Una situazione perfetta per inciuci e favoritismi. Tutto è possibile. Teoricamente anche Silvio Berlusconi potrebbe essere eletto e l’ex cavaliere ed il Centrodestra sembrano crederci. Di certo chi lo voterà deve sapere che il leader forzista non potrà mai essere il Presidente di tutti gli italiani, ma solo di una piccola minoranza. Non solo. Le ripercussioni sul Governo e sulla legislatura sarebbero inevitabili. La credibilità politica del nostro Paese tornerebbe ad essere quella disastrosa del 2011. Con l'ex cavaliere presidente della Repubblica e Giorgia Meloni o Matteo Salvini presidente del Consiglio ci sarebbero tutti i presupposti per la 'tempesta perfetta'. Gli analisti finanziari lo chiamano scenario Ugly.

L'irresponsabilità politica dei leader della Destra è nota, ma come si fa a non comprendere che per il Paese l'elezione di Silvio Berlusconi sarebbe un disastro? 

Per scongiurare questo pericolo la candidatura di Mario Draghi, personalità di garanzia per i mercati finanziari e per le istituzioni comunitarie, diventa sempre più probabile. 

Unica alternativa potrebbe essere una figura dell’ultimo momento, di secondo piano, non divisiva, che non faccia danni al paese e agli italiani, ma chi?

 

Fonti: camera.it e senato.it

martedì 11 gennaio 2022

La babele dei numeri

Ecco la composizione dell'assemblea che dal 24 gennaio prossimo eleggerà il nuovo presidente della Repubblica

di Giovanni Pulvino

Foto da @chetempochefa

                                             Camera dei deputati                         Senato della Repubblica

Gruppo

parlamentare


Centro

destra

Centro

sinistra

Misto

Altro

Centro

destra

Centro

sinistra


Misto


Altro

Coraggio Italia

 

21

 

 

 

 

 

 

 

Forza Italia

 

79

 

 

 

50

 

 

 

Fratelli d'Italia

 

37

 

 

 

21

 

 

 

Lega

 

133

 

 

 

64

 

 

 

M5s

 

 

 

 

158

 

 

 

74

Pd

 

 

94

 

 

 

38

 

 

LeU

 

 

12

 

 

 

 

 

 

Italia Viva

 

 

 

 

29

 

 

 

15

Misto

 

 

 

42

 

 

 

48

 

Misto 2/Autonomie

 

 

 

28

 

 

 

 

8

Totale

 

270

106

70

187

135

38

48

97

Regioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Centrodestra

 

33

 

 

 

 

 

 

 

Centrosinistra

 

 

25

 

 

 

 

 

 


Centrodestra

438

Centrosinistra (169) +M5s (232)

401

Italia viva

44

Misto

118

Autonomie

8

Maggioranze previste dall’articolo 83 della Costituzione:

Prime tre votazioni 2/3                

672,67

673

Dalla quarta votazione 50%+1    

504,50

506

Fonte: senato.it e camera.it


mercoledì 15 dicembre 2021

Sciopero generale

La Cgil e la Uil hanno indetto lo sciopero generale, ecco quali sono le loro motivazioni

di Giovanni Pulvino

Foto da cgil.it

La riforma dell’Irpef prevede la riduzione degli scaglioni da cinque a quattro ed una rimodulazione delle aliquote. Per i redditi da o a 15.000 euro  l’aliquota rimane del 23%. Per gli scaglioni da 15.000 a 28.000 e 28.001 a 50.000 euro le aliquota si riducono di due punti, cioè passano rispettivamente al 25% e al 35%.

Per i redditi oltre i 50.000 euro l’aliquota sarà del 43%, aumenta cioè di due punti. Lo scaglione oltre i 75.000 euro sarà cancellato. Ai redditi fino a 35.000 euro si applica una riduzione sui contributi ogni 10.000 euro di retribuzione, ma è prevista solo per un anno.

Secondo la simulazione fatta dal Sole 24 ore i soggetti che beneficeranno di più da questa riforma sono i redditi sopra i 40.000 euro. Mediamente risparmieranno 950 euro di imposte, cifra che si riduce a 100 euro per chi percepisce un reddito di 24.000 euro. Nulla andrà a chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro. La no tax area prevista è di 8.174 euro per i dipendenti, 5.550 (700 euro in più di prima) euro per i lavoratori autonomi e 8.500 euro per i pensionati.

È bene ricordare che in Francia l'aliquota per i redditi più bassi è dell’11%, in Germania del 14%, in Spagna del 19%, in UK del 20%, ma con una no tax area fino a 14.600 euro.

Questi dati spiegano perché la Cgil e la Uil hanno indetto lo sciopero generaleLa riforma fiscale avvantaggia i ceti cosiddetti medi e non incide se non in minima parte sulle disuguaglianze. Non è prevista nessuna redistribuzione della ricchezza. Il tema dell’evasione fiscale è stato accantonato ancora una volta. Gran parte della manovra è a debito. Il conto sarà pagato dalle generazioni future, a cominciare da quelle che andranno in pensione non prima dei 67 anni di età. Non c’è nessun intervento significativo per il Sud. Il divario con il resto del Paese è destinato a crescere.

Sembra una manovra scritta ed approvata dal Centrodestra invece è quella di un Presidente del Consiglio ‘tecnico’ e di un’ampia maggioranza parlamentare, se non fosse vero ci sarebbe di ridere.

Fonte sole24ore.com

lunedì 6 dicembre 2021

Assegno unico per i figli anche a chi è milionario

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affermato più volte la necessità di ridurre le  disuguaglianze, ma allora qual è il senso di questa norma?

di Giovanni Pulvino

Il presidente del Consiglio Mario Draghi
Il decreto legislativo attuativo dell’assegno unico è stato approvato del Consiglio dei ministri, ora dovrà passerà al vaglio delle commissioni competenti delle Camere. L’assegno unico sostituisce i ‘vecchi’ aiuti di famiglia come il bonus bebè e gli assegni familiari. La somma stanziata è di 15 miliardi che salirà progressivamente fino a 19 miliardi e mezzo dal 2029. L’importo mensile potrà raggiungere 175 euro, ma scenderà a 85 euro per i figli maggiorenni tra i 18 ed i 21 anni che studiano, facciano tirocini o il servizio civile universale.

L’indennità spetterà ad ogni figlio a carico e non ha limiti per quelli disabili. L’assegno sarà percepito dal genitore che fa domanda o a chi ne fa richiesta in misura pari tra i genitori. In caso di affidamento in mancanza di un accordo va al genitore affidatario o al tutore, in questo caso sarà riconosciuto nell’interesse del tutelato. La domanda potrà essere presentata anche dai figli maggiorenni che possono ‘richiedere la corresponsione diretta della quota di assegno spettante’.

L’importo pieno spetterà a chi ha un Isee fino a 15 mila euro. Poi diminuirà progressivamente fino a un minimo di 50 euro e 25 per i maggiorenni per Isee oltre 40 mila annui o per chi non allegherà l'attestazione reddituale e patrimoniale alla richiesta. Le domande potranno essere presentate all’Inps a partire dal primo gennaio ed avranno validità da marzo al febbraio dell’anno successivo.

Il nuovo assegno unico per i figli è un’indennità universale, potrà, cioè, essere percepito anche da chi è milionario. La nuova normativa non fa differenza tra chi è ricco e chi invece è indigente. Spetterà cioè anche a chi non ne ha alcun bisogno. L’importo si riduce al crescere del reddito e del patrimonio, ma, nonostante ciò, rimane una misura del tutto incomprensibile ed in contrasto con i principi costituzionali di equità e giustizia sociale.

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affermato più volte la necessità di ridurre le disuguaglianze, allora qual è il senso di questa norma? Ed è paradossale che sia la Sinistra o quella che continua a ritenersi tale, a proporre e sostenere queste riforme.

Non c’è da meravigliarsi quindi se i ‘progressisti’ raccolgono più consensi nei quartieri ‘bene’ delle città, anziché nelle periferie, dove i cittadini spesso votano per i sovranisti ed i populisti. 

 

venerdì 19 novembre 2021

Silvio Berlusconi presidente della Repubblica?

L’elezione di Silvio Berlusconi alla carica più alta delle istituzioni italiane è plausibile? È un candidato di bandiera? Oppure c’è altro?

di Giovanni Pulvino

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi - (foto da alganews.it)

La principale funzione del presidente della Repubblica è quella di rappresentare l’unità del Paese. I costituenti erano ben consapevoli di questa esigenza. L’ultimo comma dell’articolo 83 della Costituzione stabilisce: ‘L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta’. La maggioranza qualificata prevista dalla Carta nelle prime tre votazioni è stata introdotta per favorire un consenso ampio. Perché questo avvenga è necessaria un’intesa tra le forze politiche.

Il nome di Mario Draghi sembra essere l’unica figura istituzionale in grado di mettere d’accordo i partiti. Almeno questo è quanto si evince dalle dichiarazioni rilasciate in queste settimane dai leader politici, ma nella realtà così non è. La sua elezione dovrebbe avere come presupposto la nascita di un nuovo Esecutivo. Ed è assai improbabile che questo possa avvenire senza le elezioni anticipate e comunque sarebbe difficile mantenere coesa una maggioranza così ampia e variegata.

La riforma costituzionale ha ridotto drasticamente il numero dei seggi. I parlamentari faranno di tutto per giungere alla scadenza naturale della legislatura e per continuare con l’attuale Governo. L’ipotesi Draghi è, quindi, improbabile o di ultima istanza, cioè, può essere utilizzata come ancora di salvataggio nel caso in cui non si riesca ad eleggere un altro candidato.

Se così stanno le cose, chi sarà il nuovo capo dello Stato? Una parte del Centrodestra sogna Silvio Berlusconi. I numeri teoricamente ci potrebbero essere. Tutto dipende dal comportamento dei parlamentari di Italia Viva e di quelli del Gruppo misto.

La storia ci insegna che ad essere eletti sono sempre figure non di primo piano. Ed è assai probabile che anche stavolta sarà così. Allora la candidatura del leader di Forza Italia che scopo ha? Serve a favorire l’elezione di un esponente vicina alla Destra? È propedeutica per una sua eventuale nomina a senatore a vita? Certo è difficile immaginare ai vertici delle istituzioni un uomo che è stato condannato a quattro anni di detenzione per frode fiscale e che è oggetto di indagini e processi. Ma nel nostro Paese tutto è possibile, anche questo.

 

domenica 31 ottobre 2021

Ddl Zan, evitato un grave errore politico e legislativo

Essere più lealisti del Re è un errore che la Sinistra continua a compiere ed è questa, forse, la ragione principale per cui non riesce ad essere ‘Maggioranza’ nel nostro Paese e non solo

di Giovanni Pulvino

Foto da rainews.it

Sul Ddl Zan è scattata la ‘tagliola’. L’iter di approvazione del disegno di legge è stato bloccato. Il Ddl potrà essere ripresentato solo tra sei mesi. In tanti stanno gridando allo scandalo. Per molti opinionisti, soprattutto di orientamento progressista, è stata un’occasione perduta. Invece, la bocciatura ha evitato di commettere un grave errore politico e legislativo. Non so quanti tra coloro che in questi giorni esprimono opinioni ‘sdegnate’ abbiamo letto il testo del Ddl Zan.

Era un Disegno di legge di soli dieci articoli, ma di difficile interpretazione e con un linguaggio giuridico astruso e, di fatto, incomprensibileLimitava la libertà di opinione, era divisivo e per comprenderne il significato era necessario leggere più volte il testo.

Ecco le principali incongruenze da non ripetere nel caso in cui venisse ripresentato un analogo Ddl. Essi riguardavano gli articoli 4 e 7.

L’articolo 4 di fatto limitava la libertà di espressione, in quanto non specificava il campo di applicazione. Mentre l’articolo 7 istituiva la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Il fine sarebbe stato quello di ‘promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione’. Su questo punto siamo tutti d’accordo. La controversia è invece su quanto affermava il comma 3 dello stesso articolo. La norma sostanzialmente imponeva alle scuole di ogni ordine e grado di celebrare la ‘Giornata nazionale contro l’Omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia’.

Gli insegnanti avrebbero dovuto spiegare ad un bambino di dieci anni cos’è la ‘bifobia o transfobia’. La ‘politica’ ancora una volta ha tentato di scaricare sull'istruzione pubblica e privata un problema che non riesce ad affrontare e risolvere.

Il 10 dicembre di ogni anno si svolge la Giornata mondiale dei Diritti Umani. Allora, perché introdurne una specifica per le identità di genere? Il Ddl intendeva ‘porre’ al centro della vita culturale del Paese il tema della identità LGBT anche se questo rischiava di essere divisivo e di limitare le libertà di espressione. Nessuno vuole mettere in discussione i diritti individuali sugli orientamenti sessuali e sulla tutela della persona ogni qualvolta questa venga messa in pericolo. E non è vero che in questo disegno di legge c’era un aumento tangibile delle ‘misure di prevenzione e contrasto’.

Il ddl Zan era un'altra cosa. Non è accettabile dover sottostare ai dogmi di una ideologia, qualunque essa sia, ma non è altrettanto accettabile subirne altri con il solo scopo di salvaguardare l’interesse specifico di una parte o di una minoranza. Essere più lealisti del Re è un errore che la Sinistra continua a compiere ed è questa, forse, la ragione principale per cui non riesce ad essere ‘Maggioranza politica’ nel nostro Paese e non solo.

Fonte senato.it

lunedì 4 ottobre 2021

La diaspora leghista non ci sarà

Non ci sarà nessuna diaspora leghista, non hanno principi da difendere, ma solo interessi economici da tutelare e proteggere

di Giovanni Pulvino

Luca Zaia, Matteo Salvini e Fìgiabìncarlo Giorgetti
(foto da affaritaliani.it)

Quando Matteo Salvini divenne il segretario della Lega il partito di Umberto Bossi era un movimento secessionista ed antimeridionale. Con il nuovo segretario è cambiato tutto o quasi.

Non più Roma ladrona, ma prima gli italiani. Non più Padania, ma nazionalismo e sovranismo. La giravolta è stata a 360 gradi, ma per tanti leghisti era ed è solo un mezzo, non il fine. Il loro cuore batte ancora per 'Albert de Giussan'.

A volte sembra che ci siano due partiti che convivono all’interno dello stesso movimento. Il voto sul Green pass è stato dirimente. Molti deputati e senatori del Carroccio hanno votato contro il Governo di cui fanno parte o non hanno partecipato alla seduta.

Come spesso succede nel nostro Paese quando si devono prendere decisioni importanti emergono i distinguo e le divisioni. I passaggi di casacca ed il trasformismo sono comportamenti praticati in tutti gli schieramenti politici. 

Lega e Fratelli d’Italia promettono di governare insieme, ma, intanto, i primi sono al governo, mentre i secondi stanno all’opposizione e sono pronti a criticare qualunque iniziativa dell’esecutivo di Mario Draghi

Dicono una cosa e poi fanno l’opposto. Nella propaganda politica sono per la famiglia ‘tradizionale’, ma poi sono i primi a trasgredire questo principio. Sono contrari al Ddl Zan e alla legalizzazione delle droghe leggere, ma poi si scopre che ci sono esponenti di primo piano che organizzano serate o incontri dove ogni eccesso è ammesso e praticato.

Sono governisti quando c’è da spendere, ma nello stesso tempo rimangono sovranisti e populisti. Fanno finta di dividersi, ma poi si ricompattano.

Non ci sono due anime leghiste e non c’è un partito di Giancarlo Giorgetti, di Luca Zaia, di Matteo Salvini o di chi chiunque altro. Non ci sarà nessuna diaspora leghista, non hanno principi da difendere, ma solo interessi economici da tutelare e proteggere.

mercoledì 1 settembre 2021

Forza Italia è destinata a rimanere ‘orfana’

È da tempo che Silvio Berlusconi tenta di designare un suo successore alla guida di Forza Italia e del Centrodestra. L’ultimo tentativo, subito naufragato, è stato quello del presidente del Coni, Giovanni Malagò

di Giovanni Pulvino

Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Gianfranco
Fini, Stefano Parisi e Giovanni Toti

Era il 22 aprile del 2010 quando durante la direzione nazionale del Popolo della Libertà ci fu un duro scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Il primo gridò: ’Gianfranco se vuoi fare politica dimetti (Fini era presidente della Camera), vieni a farla nel Partito’. Dalla platea si alzò il secondo che rispose: ’Altrimenti che fai? Mi cacci’.

Il tentativo dell’ex leader di Alleanza Nazionale di diventare l’erede di Silvio Berlusconi finì così, con un’inutile invettiva.

Nel 2011 fu la volta di Angelino Alfano. Quell’anno il fondatore di Mediaset fu costretto a dimettersi da presidente del Consiglio e da Forza Italia. Alla guida del partito fu chiamato proprio Angelino Alfano. Quell’esperimento durò appena un anno. Silvio Berlusconi lo liquidò con una dichiarazione sprezzante:’ Alfano è bravo, gli vogliono tutti bene, però gli manca il quid.

Ad un certo punto la candidata ideale a succedere a Silvio Berlusconi sembrò essere la figlia Marina. Era il 2013. Ma, dopo diversi tentennamenti, all'interesse politico prevalse quello economico delle aziende di famiglia. Nel 1994 Silvio Berlusconi è ‘sceso in campo' per garantire un futuro a Mediaset. E tra la politica e le aziende ha  scelto sempre queste ultime.

Nel 2016 toccò a Stefano Parisi. Manager ed uomo di Confindustria, sembrava essere l'uomo giusto, ma subì due cocenti sconfitte elettorali. La prima a sindaco di Milano e la seconda a governatore del Lazio. Parisi cerca di avere un ruolo nel Centrodestra, ma avendo questa situazione di contrasto con Salvini credo che questo ruolo non possa averlo", dichiarò Silvio Berlusconi.

Nel 2020 Giovanni Toti per conquistare la leadership del partito propose le primarie. Insieme con Mara Carfagna era stato nominato coordinatore di Forza Italia, ma a prendere le decisioni era sempre Berlusconi che, infatti, blocco tutto. Nel 2021 il governatore della Liguria ed il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro hanno fondato un altro partitino: ‘Coraggio Italia’.

Pochi giorni fa l'ex Cavaliere ha incontrato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, per designarlo a capo di Forza Italia. Tutto inutile.

L’idea del partito unico del Centrodestra, ribadita più volte nelle ultime settimane da Silvio Berlusconi e da Matteo Salvini, ha un solo scopo: bloccare l'ascesa politica di Giorgia Meloni. Nella sostanza è un’altra bocciatura.

I ‘delfini’ sono ancora tanti, ma trovare un erede è praticamente impossibile.

Per affinità caratteriali e politiche l’unico che potrebbe ricoprire quel ruolo è Matteo Renzi, ma è un’ipotesi impraticabile. L’elettore moderato, ha più volte sottolineato il leader forzista, non capirebbe e comunque non voterebbe mai un ex segretario del Partito democratico.

Forza Italia è destinata a rimanere ‘orfana’. Per come è nata e per come è strutturata non può avere un ‘Capo’ che non sia Silvio Berlusconi.

È la logica del leaderismo e del sovranismo. Della politica autoreferenziale e mediatica, degli interessi personali e del profitto, dell’individualismo senza se e senza ma.

La Destra, prima o poi, si darà un nuovo leader, ma, questo è certo, non potrà essere designato da Silvio Berlusconi.

lunedì 24 maggio 2021

Mario Draghi dice no alla 'tassa sui ricchi’

Mario Draghi boccia la proposta del segretario del Partito democratico di tassare le successioni dei grandi patrimoni

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mario Draghi e Enrico Letta
(foto da theitaliantimes.it)

L’iniziativa del segretario del Partito democratico non è una novità. Non si tratta di una nuova imposizione fiscale, ma di reintrodurne una che era stata cancellata dal governo di Silvio Berlusconi.

Un'imposta del 20% sulle successione oltre i 5 milioni di euro per finanziare progetti per l’occupazione dei giovani. Questa è in sintesi la sua proposta. Il presupposto di Enrico Letta è semplice. Molti neodiplomati o neolaureati fanno fatica a trovare lavoro e spesso sono costretti ad emigrare o peggio ancora a non trovare una occupazione stabile.

Lo Stato deve invertire questa tendenza. Occorre dare un'opportunità di impiego a chi intende restare nel nostro paese. Ecco alcune proposte concrete. Portare l’obbligo scolastico a 18 anni. Finanziare gli studi universitari a chi non può permetterselo. Investire nella ricerca e nelle startup. E così via.  

Tutto questo ha un costo e, secondo il segretario democratico, non può e non deve essere coperto ricorrendo ad altro debito pubblico. Finirebbe per gravare sul futuro dei giovani che si vogliono aiutare. Una tassazione sulle successione dei ‘ricchì’ sarebbe la soluzione. Non solo. Sarebbe anche giusta da un punto di vista etico. Le eredità milionarie servono a garantire un privilegio. Ad accrescere cioè disuguaglianze ed ingiustizie. Sarebbero, inoltre, la principale causa delle migrazioni di giovani verso città e paesi che invece sono felici di accogliere italiani capaci e preparati che nel nostro paese non trovano lavoro.

La proposta di Enrico Letta è una goccia in un oceano di ingiustizie, eppure Mario Draghi ha detto di no. Che non è il momento di chiedere ma di dare. Strano modo di ragionare quello del presidente del Consiglio. Di cosa ha bisogno uno che ha ereditato un patrimonio milionario o addirittura miliardario?

Gli oltre 43 mila euro di debito pubblico che gravano su ogni italiano non fanno nessuna differenza tra il disoccupato ed il ricco, quello è un ‘fardello’ uguale per tutti, non distingue cioè tra il benestante ed il povero, tra l’anziano ed il giovane, è una ‘montagna’ che pesa indifferentemente su tutti, neonati compresi.

Oggi è un debito sostenibile perché i tassi di interesse che dobbiamo pagare ogni anno sono ‘insignificanti’, si fa per dire, ma quando questi torneranno a crescere chi dovrà sopportarne le conseguenze? Non c’è bisogno di essere un indovino per capire che saranno soprattutto i giovani, in particolare quelli che hanno un lavoro precario e malpagato, ma per il nostro premier non è il momento di chiedere ma di dare.

Quando c’è da prendere siamo tutti uguali, quando c’è da pagare emergono le differenze. Tutto, ovviamente, senza se e senza ma.

sabato 8 maggio 2021

Matteo Salvini come Matteo Renzi?

Matteo Salvini come Matteo Renzi? Il comportamento dei due segretari di partito è simile. L’insofferenza per ogni decisione presa da questo o quel ministro, da questo o quel governo di cui fanno parte è analoga. L’Esecutivo dell’ex governatore della Bce subirà la stessa sorte del Conte 2?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Matteo Salvini

Tutto quello che decide il governo di Mario Draghi non è mai abbastanza per il leader della Lega. Esattamente come non era sufficiente quello che decideva l’esecutivo del Conte 2.

C’è una specie di sintonia politica e caratteriale tra il Matteo fan di Albert de Giussan e quello di Italia viva. Entrambi operano nel solo interesse di parte. La loro è una conduzione verticistica dei rispettivi gruppi parlamentari e non ammettono contestazioni. Non concepiscono critiche o dubbi sulla linea politica. La leadership, nonostante la caduta di consensi, non è mai messa in discussione.

Per loro è una sofferenza dover sostenere un Governo di cui non sono Premier. Per Renzi è stato il Mes la motivazione per far cadere la maggioranza Giallo-rossa, per Salvini quale sarà il 'casus belli' della rottura?

Entrambi sono reduci da Maggioranze di cui erano protagonisti. Il primo riteneva che la rottamazione della Sinistra sarebbe stata la strada maestra per consolidare il potere. Il secondo, invece, ha valutato superfluo ed ingombrante l’accordo con il M5s. Matteo Salvini lo ha fatto per andare alle elezioni anticipate, Matteo Renzi per impedirle.

L’obiettivo era ed è gestire il potere senza intralci, senza mediazioni, per loro non sono necessarie. Ed è per questo che non riescono stare fermi. Sono sempre in movimento. Non conta la strategia e la coerenza nel medio o lungo periodo, ma solo il fine immediato da raggiungere.

Il ruolo di 'outsider' non è ritenuto adeguato alle loro capacità di direzione e comando. Fare da spalla al protagonista della commedia non rientra nei loro parametri caratteriali e politici. Sostenere maggioranze di cui non sono leader è un’afflizione malcelata, ma entrambi hanno dovuto abbozzare in attesa di tempi migliori.

Di certo al Matteo leghista non sembra vero di essere tornato al governo, ma di questo deve ringraziare il Matteo fiorentino. Così come il Matteo fiorentino deve esprimere gratitudine a quello leghista per avergli permesso di essere protagonista del Conte 2.

I due politici si ispirano a principi e valori in apparenza diversi, ma i comportamenti sono simili. Salvini invoca l’abolizione del coprifuoco alle ventidue, Renzi pure. L’ex Sindaco di Firenze ha fondato la sua politica sulla meritocrazia, quella degli altri ovviamente, il leader leghista non è da meno. Il primo vuole abbassare le tasse, il secondo anche. Il loro nemico politico comune è la Sinistra. Entrambi, in attesa di ereditarne il consenso, non possono fare a meno di un’alleanza con Forza Italia.

Sono destinati ad incontrarsi? Chissà. Se così sarà lo sarà solo per necessità e di certo un Governo simile non potrebbe durare a lungo.

 

venerdì 9 aprile 2021

Renzi e i 'renziani' del Pd

Matteo Renzi è uscito dal Partito democratico, ma continua a condizionarne le scelte e la linea politica

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Andrea Marcucci e Simona Malpezzi
(foto da zazoom.it)

Il ritorno di Enrico Letta alla guida del Partito democratico è già pieno di ostacoli. La nomina di due donne come capogruppo al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati è stata più ostica del previsto. La ragione è politica. Sono state elette due democratiche che sono molto vicine all’ex segretario. Andrea Marcucci, grande amico di Matteo Renzi, ha fatto un passo indietro, ma solo per una 'renziana' doc: la senatrice Simona Malpezzi.

Per comprendere le ragioni di questo paradosso occorre risalire ai giorni che precedettero la presentazione delle liste per le elezioni politiche del 2018.

Allora alla guida del Pd c’era l'ex sindaco di Firenze. Come si sa le liste elettorali sono predisposte dai partiti, in particolare dalle segreterie. Con l’attuale sistema elettorale si possono inserire le candidature dei ‘propri amici’ nei collegi 'blindati' e quelle degli avversari in quelli dove l’elezione è improbabile.

Con le liste bloccate del ‘Rosatellum’ è stato semplice per l'ex segretario del Pd inserire i ‘propri’ sostenitori nelle liste e nelle circoscrizioni dove era assai probabile ottenere il seggio. Tutto a danno delle altre correnti, in particolare di quella di ‘Sinistra’.

Il Pd ha perso le elezioni del 2018, ma Matteo Renzi ha vinto lo stesso. Nonostante la scissione di Italia Viva la gran parte dei senatori e dei deputati democratici che oggi siedono in Parlamento appartengono alla sua corrente. Molti di questi costituiscono il gruppo di maggioranza relativa del Pd. Si tratta dei cosiddetti riformisti. Sono guidati da Andrea Marcucci e Luca Lotti. Insomma, l’ex sindaco di Firenze oltre ad essere il segretario di IV, può influenzare le scelte dei democratici attraverso la sua corrente all’interno del Partito democratico.

Sembra un stramberia, ma così non è. Mentre il senatore di Rignano va in giro per il mondo a fare conferenze, i 'suoi' parlamentari fanno il lavoro ‘sporco’. All’inizio della legislatura hanno inserito esponenti della loro corrente nei posti di rilievo del Pd. Nel 2019 hanno ‘costretto’ l'ex segretario ed il suo gruppo parlamentare a dare vita al Giuseppe Conte 2 e nel 2021 al governo di Mario Draghi. Ora hanno imposto anche i capigruppo.

Probabilmente Nicola Zingaretti si è dimesso proprio perché non è riuscito ad impedire queste dinamiche interne. Enrico Letta dovrà affrontare lo stesso problema: riuscirà a liberare il Pd dai 'renziani'? La risposta è no. Per farlo dovrà aspettare il 2023, quando ci saranno le elezioni politiche. Nel frattempo, il maggior partito del centrosinistra dovrà abbozzare ed evitare che al danno segua la beffa, quella dell’estinzione.

venerdì 19 marzo 2021

'Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai?'

‘A ricordare e riveder le stelle’ è lo slogano scelto da Libera per la ventiseiesima edizione della Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da libera.it

‘La donna prese le mani di don Luigi Ciotti e gli disse: sono la mamma di Antonino Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone. Perché il nome di mio figlio non lo dicono mai? È morto come gli altri’. Era il 21 marzo e quell’esortazione non poteva rimanere inascoltata. La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie nasce così, dal dolore di una mamma che aveva perso il figlio nella strage di Capaci.

La prima edizione si svolse a Roma il 21 marzo del 1996. Da allora ogni anno, in una città diversa, in quel giorno vengono letti i nomi ed i cognomi delle vittime innocenti delle mafie. ‘E’ un momento di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di testimonianze attorno ai familiari’, si legge nella presentazione della ventiseiesima edizione.

L’emergenza dovuta alla pandemia non ha fermato le iniziative. La campagna di sensibilizzazione sta continuando attraverso i social e con l’attivismo sul territorio.

‘A ricordare e riveder le stelle’ è lo slogan scelto per il 20 ed il 21 marzo 2021. Il senso è chiaro. Tornare a coloro che hanno perso la vita a causa delle mafie e per esprimere, attraverso la memoria, ‘l’impegno nell’oggi e nel domani’. E nello stesso tempo, citando l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, si intende auspicare l’uscita dalla pandemia dopo un anno di isolamento e di distanziamento.

Combattere le mafie – dichiara il presidente di Libera don Luigi Ciotti – vuol dire anche nutrirsi di una cultura che sappia essere strumento di denuncia e di crescita civile. Le organizzazioni criminali hanno da sempre stretto un accordo con l’ignoranza e la superficialità. Le immagini in movimento rappresentano un linguaggio universale a disposizione del nostro impegno democratico. È un dovere del mondo della scuola educare gli studenti alle nuove forme di comunicazione’. 

Fonte: libera.it

domenica 7 marzo 2021

Zingaretti, la serietà in politica non paga

La vicenda politica di Nicola Zingaretti è un ricorso storico quasi inevitabile. La Sinistra italiana paga ancora una volta per la sua generosità

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Nicola Zingaretti - (foto da it.wikipedia.org)

Quando il nostro Paese è sull’orlo del baratro la Sinistra, chiamata alla guida del Governo, non si è mai tirata indietro. È successo tante volte. 

La rinascita dell'Italia dopo il Ventennio fascista ed il dramma della guerra non poteva avvenire senza il sostegno dei comunisti e dei socialisti, ma nel 1948 a vincere le elezioni furono le forze moderate.

Lo fece Enrico Berlinguer nel 1976 con il compromesso storico. Tre anni prima in Cile i militari erano andati al potere con un colpo di Stato. Lo stesso era avvenuto in Grecia nel 1967. Analoga sorte in tanti altri Paesi soprattutto del centro e del sud America. Lo scopo era impedire alle forze di Sinistra di accedere al governo dei loro paesi. In Italia sono gli anni della strategia della tensione e del terrorismo. Il PCI non poteva sottrarsi al Governo di solidarietà nazionale, ma fu il solo partito che nel decennio successivo ne pagò le conseguenze elettorali.

Nel 1992 eravamo in piena crisi finanziaria. Lo scoppio di Tangentopoli era inevitabile. Il fenomeno corruttivo cresciuto a dismisura negli anni Ottanta non era più sostenibile per le casse dello Stato. Il sostegno dei partiti di Sinistra fu necessario ancora una volta.

I sacrifici fatti per entrare nell’Euro alla fine degli anni Novanta costarono le dimissioni da Presidente del Consiglio a Romano Prodi ed a seguire a Massimo D’Alema.

Il sostegno del Partito democratico di Pierluigi Bersani al governo tecnico di Mario Monti dopo i disastri del berlusconismo è stato il principale motivo della mancata vittoria del Centrosinistra alle elezioni del 2013.

Ora, dopo due anni di lotta alla pandemia e di una complicata condivisione con Italia Viva ed il M5s, l’appoggio al governo tecnico/politico di Mario DraghiLa parte più complicata dell'epidemia è alle nostre spalle ed occorre spendere gli oltre 200 miliardi del Recovery plan. Non c'è più bisogno della Sinistra.

La vicenda politica di Nicola Zingaretti sembra un ricorso storico quasi inevitabile. 

I partiti progressisti fanno 'il lavoro sporco' quando le cose non vanno bene o sono impopolari, ma poi a trarne vantaggio sono quelli di centro e di destra. La serietà in politica non paga. I leader che hanno senso delle istituzioni e si limitano a guardare al futuro del Paese prendendo decisioni difficili poi ne pagano le conseguenze.

È una questione di senso del dovere. Caratteristica ineludibile nella personalità dei grandi leader dei partiti di Sinistra. Prima gli interessi del Paese, poi quelle di partito, ripeteva spesso Pier Luigi Bersani quando era segretario del Pd. Il senso della comunità viene prima di quello di parte. È un principio tipico del popolo di Sinistra, ma è anche una delle principali ragioni della perdita di consensi tra i lavoratori. Perché si sa quando c’è una crisi a pagarne i costi sono le categorie più deboli, proprio quelle che i progressisti dovrebbero rappresentare. 

È anche un fatto culturale. 

La pecora che si affida al lupo non fa un buon affare, mai, ma, nonostante ciò, ripete sempre lo stesso errore, chissà perché.

mercoledì 24 febbraio 2021

La vittoria di Pirro di Matteo Renzi

Matteo Renzi non potrà più condizionare l’operato del Governo e se dovesse pronunciare ‘Draghi stai sereno’, siamo sicuri che stavolta non produrrebbe nessun effetto

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Mario Draghi

535 sì, 56 voti contrari di cui 16 del M5s e 5 astenuti, questi i numeri con i quali la Camera dei deputati ha dato la fiducia al nuovo governo di Mario Draghi. Al Senato i voti favorevoli sono stati 262, 34 i no di cui 15 del M5s e 8 assenti. Un consenso parlamentare ‘bulgaro’ si sarebbe detto negli anni Settanta. Gli unici che hanno deciso di ‘rimanere’ all’opposizione sono stati gli esponenti di Fratelli d’Italia, i dissidenti del M5s e Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.

È una ‘Maggioranza Ursula’, ampia, cioè, come quella che ha ottenuto la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Fare la sintesi sarà complicato. Mediare su tutto sarà impossibile, ad un certo punto il nuovo presidente del Consiglio dovrà decidere quali interessi tutelare.

Il suo compito principale sarà quello di pianificare l’utilizzo dei finanziamenti del Recovery Plan. Incidere sulle modalità del loro utilizzo è, probabilmente, il vero motivo del sostengo di gran parte della Destra al nuovo Governo e della caduta di quello precedente, il Conte 2. Un'altra ragione è che si è voluto impedire lo scioglimento anticipato della legislatura. La riforma costituzionale approvata pochi mesi fa ha ridotto il numero di deputati e di senatori, pertanto molti di essi non sarebbero stati rieletti.

Mario Draghi ha il vantaggio di essere un tecnico. Le sue decisioni non saranno condizionate da esigenze elettorali. È un uomo delle istituzioni. Da presidente della Bce è stato capace di mettere d'accordo chi propugnava politiche monetarie restrittive e chi, invece, era favorevole a quelle espansive. È stato colui che ha avallato le politiche di rigore attuate nel 2011 e nello stesso tempo ha dato avvio al Quantitative Easing, cioè alle politiche monetarie espansive dell’Unione Europea. Oggi è apprezzato da quasi tutte le cancellerie internazionali.

Riservato e riflessivo, saprà mettere d’accordo Brunetta e la Gelmini con Speranza e Orlando? E Zingaretti, Di Maio e Salvini? Vedremo. Unica certezza è che l’altro Matteo, quello di Italia Viva, non potrà più condizionare l’operato del Governo. L’ex sindaco di Firenze resterà ai margini e se dovesse pronunciare ‘Draghi stai sereno’, siamo sicuri che stavolta non produrrebbe nessun effetto.

mercoledì 20 gennaio 2021

Conte 'uno e trino', ma stavolta sarà dura restare in sella

Giuseppe Conte diventato presidente del Consiglio per l’inadeguatezza dei leader politici del M5s ad assumere quell’incarico sta dimostrando una capacità di resistenza senza precedenti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giuseppe Conte

Quando nel giugno 2018 nacque l’esecutivo ‘pentaleghista’ ad essere chiamato alla guida del Governo è stato Giuseppe Conte. Il suo nome è stato fatto al Capo dello Stato dall’allora leader del M5s, Luigi Di Maio. Avvocato e professore universitario ha dichiarato di essere stato sempre un elettore del Centrosinistra. Non è stato eletto in Parlamento e non è stato mai candidato a nessuna carica elettiva per le amministrative. Non è iscritto e non è un esponente di partito. Dal punto di vista politico era fino ad allora uno sconosciuto.

Un democristiano di sinistra, lo ha definito qualcuno. Capace di mediare e di sapersi adeguare ad ogni situazione. La sua presidenza alla guida del Governo giallo-verde si è dimostrata da subito coriacea, anche se in certi passaggi è apparso subalterno al ministro degli Interni, Matteo Salvini.

La nuova maggioranza che si è formata in Parlamento nel 2019 avrebbe dovuto comportare un cambio alla guida del Governo, invece no, ‘l’avvocato del popolo’, come si è definito, è riuscito a resistere.

Ora il terzo tentativo. In questi giorni ha dovuto confrontarsi con Matteo Renzi, il leader di Italia Viva che lo ha voluto alla guida del Conte 2 e che adesso, paradossalmente ma non troppo, ha aperto la crisi.

I margini per un Conte-ter ci sono, ma sono stretti. Un ritorno alle urne sarebbe incomprensibile per gli elettori e per i leader politici nazionali e dell'Unione europea. Giuseppe Conte resisterà ancora una volta o è lecito prospettare un suo passo indietro?

La legislature dovrebbe concludersi nel 2023 ed il prossimo anno dovrà essere eletto il nuovo capo dello Stato. Di certo, gran parte dei deputati e dei senatori di Italia Viva, del M5s e non solo sanno che con le elezioni politiche anticipate per loro sarebbe difficile un ritorno in Parlamento.

Il Conte 2 è nato anche per questi motivi e non è escluso che il Conte 3 si formi per le stesse ragioni. 

sabato 2 gennaio 2021

Il bastone e la carota, ma senza esagerare

Nelle ultime settimane Matteo Renzi ha minacciato più volte il disimpegno dalla maggioranza di Governo. Ed è per questo che spesso usa il metodo del bastone e della carota, ma senza esagerare

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Giuseppe Conte

Per porre rimedio alle conseguenze economiche e sociali causate dalla pandemia del Covid-19 i 27 paesi membri dell’Unione europea hanno stanziato ingenti risorse che ogni singolo Stato potrà utilizzare per affrontare l’epidemia e per rilanciare l’economia. All’Italia spettano oltre 200 miliardi di euro, la maggior parte dei quali sono a fondo perduto. Insomma, i soldi ci sono, ora occorre spenderli. Ma come spesso succede è a questo punto che tutto si blocca o quasi. Perché?

Innanzitutto, ci sono i vincoli burocratici che non sono un capriccio del legislatore, ma la diretta conseguenza della dilagante corruzione e delle infiltrazioni mafiose in diversi settori della Pubblica amministrazione. Ad essi occorre aggiungere i limiti previsti dalla Commissione europea ed i controlli che essa effettuerà su come le risorse verranno utilizzate.

Poi ci sono le polemiche politiche. In particolare su come saranno spesi i finanziamenti. I quesiti a cui dare una risposta sono diversi. Concentrare i finanziamenti su alcuni settori produttivi o su alcune aree del Paese? Continuare ad incentivare le imprese private o tornare ad investire nel settore pubblico? Adottare politiche progressiste, liberiste o keynesiane? Le scelte da fare sono impegnative. Le fibrillazioni nella maggioranza di governo sono inevitabili.

Ogni partito della coalizione cerca di imporre le proprie idee. Si sa, quando c’è da spendere soldi tutti vogliono avere voce in capitolo, mentre quando ci sono sacrifici da imporre ai cittadini nessuno vuole assumerne le responsabilità. Tutto legittimo, ben inteso. Tuttavia, la minaccia di far dimettere le ministre di Italia Viva va al di là delle polemiche su come impostare il piano di investimenti del Recovery fund.

L’ultimatum dell’ex sindaco di Firenze è vero o è un bluff? Sta tirando la corda o fa sul serio? L’obiettivo del senatore fiorentino è certamente autoreferenziale. Nel senso che questo è un modo per essere al centro del dibattito politico. La forza del suo partito deriva dai numeri che ha in Parlamento, cioè dei deputati e dei senatori che è riuscito a far eleggere quando era segretario del Partito Democratico. Di certo è consapevole del fatto che un ritorno alle urne lo vedrebbe fortemente ridimensionato e, in tal caso, non potrebbe avere più un ruolo di primo piano. Quindi far cadere il Governo non è un obiettivo.

L’unico scopo è la visibilità politica. Differenziarsi dal governo ‘giallo-rosso’ senza cambiare maggioranza e soprattutto senza tornare alle urne. Ed è per questo che spesso usa il metodo del bastone e della carota, ma, ovviamente, senza esagerare.

giovedì 17 settembre 2020

Il referendum costituzionale e la ‘demagogia’ grillina

La riforma voluta dai grillini è incompleta e ‘demagogica’ così come era ‘pasticciata’ quella del Partito democratico di Matteo Renzi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da interno.gov.it

I fautori del Si sostengono che la riforma costituzionale oggetto del referendum ridurrà i costi della politica e favorirà una razionalizzazione del sistema politico-istituzionale. Il risparmio sarebbe di circa 80 milioni di euro all’anno. La cifra è irrisoria se consideriamo l’entità del bilancio statale. Essa rappresenterebbe appena lo 0,009% della spesa pubblica. Ogni italiano risparmierebbe in valori assoluti 1,33 centesimi all’anno. La motivazione della riduzione dei costi della politica è, quindi, risibile.

Per i sostenitori del No la riforma sarebbe pericolosa per la democrazia. L’attività legislativa diventerebbe più complicata. Pochi parlamentari potrebbero condizionare l’operato della maggioranza e del Governo. La nuova legge non differenzia i compiti delle due Camere. Il Senato, con appena 200 seggi, sarebbe in balia di pochi senatori che potrebbero condizionarne l’operatività.

Allora, il quesito a cui dovremo rispondere il 20 ed il 21 prossimi non sarà il taglio dei costi della politica, ma il seguente: mantenere una classe politica numericamente ampia, in parte incapace ed opportunista, per evitare derive autoritarie o rischiare l’uomo solo al comando per tagliare una parte irrisoria dei costi della politica? Conoscendo la storia dell’Italia la risposta dovrebbe essere No.

I numeri sono importanti, ma lo sono ancora di più la serietà e la competenza di chi è chiamato a guidare una comunità. Eleggere 945 parlamentari o 600 non cambierebbe le ‘qualità personali’ degli eletti. Il trasformismo, alimentato dal numero elevato di parlamentari, è, da sempre, un argine alle derive populiste, ma è anche un limite delle democrazie. L’inefficienza o, semplicemente, il malfunzionamento dell’attività parlamentare potrebbe favorire un sistema politico autoritario, cioè con un solo uomo al comando.

Forse è meglio tenerci la Costituzione così com’è. Ridurre il numero di parlamentari non risolverà i problemi di governabilità, anzi al Senato potrebbe accentuarli. E non risolverà i problemi del bilancio pubblico. La riforma ha un solo scopo: fare gli interessi elettorali di un partito: il M5s. La riforma voluta dai grillini è incompleta e ‘demagogica’ così come era ‘pasticciata’ quella del Partito democratico di Matteo Renzi.

Una modifica del testo costituzionale forse è necessaria, ma solo se a farlo sono persone competenti come lo erano i costituenti che scrissero la Carta nel 1947.

Fonte soldionline.it

mercoledì 16 settembre 2020

Referendum, ogni italiano risparmierà 1,33 centesimi all’anno

Tra pochi giorni saremo chiamati a votare per il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari, ma siamo sicuri che questa sia la riforma giusta per il nostro Paese?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Fax-simile della scheda sul Referendum confermativo del 20 e 21 settembre - (foto da interno.it)

La legge di revisione costituzionale prevede la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. La riforma entrerà in vigore con la prossima legislatura se sarà confermata dagli elettori i prossimi 20 e 21 settembre.

I fautori del Si sostengono che essa ridurrà i costi della politica e favorirà una razionalizzazione del sistema politico-istituzionale. Il risparmio sarebbe di circa 80 milioni di euro all’anno. La cifra è irrisoria se consideriamo l’entità del bilancio statale. I soli interessi sul debito pubblico ci costano circa 70 miliardi di euro all’anno. Il taglio dei costi della politica rispetto alla spese per interessi sarebbe dello 0,11%. Se poi facciamo riferimento alla spesa corrente (circa 500 miliardi all’anno) sarebbe dello 0,016%. La percentuale è ancora più insignificante rispetto a tutta la spesa pubblica, cioè circa 850 miliardi di euro. Il taglio inciderebbe per lo 0,009%. La spesa che ogni italiano risparmierebbe sarebbe di un euro e trentatré centesimi all’anno, il costo di un caffè.

Il presunto taglio dei costi della politica, quindi, non è una motivazione valida. È solo ‘demagogia’ o come si dice oggi ‘populismo’. E' la conseguenza dell'interesse elettorale di un solo partito: il M5s. La riforma riduce in modo irrisorio i costi della politica e non abbrevia i tempi di approvazione delle leggi, anzi potrebbe bloccarne il funzionamento. Pochi senatori potrebbero incidere sulle decisioni della maggioranza o far venir meno la fiducia al Governo. Già oggi è così, ma con la modifica costituzionale oggetto del referendum il problema si acuirebbe e di molto.  

I limiti del nostro sistema politico-istituzionale non sono i politici ed il loro numero, ma gli italiani che li eleggono. Ridurre il numero di parlamentari è inutile. Un vero cambiamento ci potrà essere solo con la crescita culturale e civile dei cittadini, ma questo richiederà tempo e pazienza che i politici di oggi non hanno.

Fonte blog.soldionline.it


sabato 12 settembre 2020

‘Chi è causa del suo mal pianga sé stesso’

Credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa’, Dante Alighieri, tratto dal canto XXIX dell’Inferno

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

                                         Matteo Salvini in coro con i suoi fan (video da youtube.com)

Chissà se Matteo Salvini ha mai letto Dante Alighieri, ma di certo conosce il proverbio: ‘Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso’. Il senso è quello ‘di ammonire colui che ha prodotto la causa del suo danno: costui dovrà prendersela esclusivamente con sé stesso, e non addossare la responsabilità ad altri’.

Il leader padano è stato contestato a Torre del Greco e non è la prima volta che accade. Un migliaio di cittadini durante un comizio lo hanno sommerso di fischi, invettive ed hanno intonato il coro di ‘Bella ciao’. Il segretario della Lega viene 'fischiato' regolarmente nei comizi che tiene nel Sud del Paese. La motivazione non è solo contingente, cioè legata alla campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative.

Il rancore di molti campani è nelle parole pronunciate più volte dallo stesso Salvini. In Rete ci sono diversi video ed interviste in cui il politico padano ‘insulta’ i cittadini del Sud, in particolare i napoletani. In uno di questi, siamo nel 2009, come un qualsiasi capo ultrà di una qualunque squadra di calcio del Nord Italia, invita i suoi fan a cantare: ‘Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani, sono nervosi e riposati, con il sapone non vi siete mai lavati, sanno di m…’.

Ora, vuole i voti dei meridionali. Da secessionista a sovranista, il passaggio è stato relativamente facile. Ma in tanti non hanno dimenticato. L’incoerenza non sempre paga. Che ci sia qualcuno a contestare nei suoi comizi è inevitabile. Del resto, la sua carriera politica è fatta di denigrazione dell’altro, del Sud, dei migranti, dell’Europa e così via.

Aver trasformato la Lega Nord in Lega per Salvini, non è sufficiente. Fino al 2014 l’ex ministro degli Interni è stato secessionista ed antimeridionalista, ora, da quando è diventato il segretario della Lega, è nazionalista e populistaEssere contemporaneamente padano, sardo, siciliano, campano e così via, per Matteo Salvini è indifferente. Nello stesso tempo, però, non ha rinnegato il suo percorso politico leghista e non dimentica mai di esibire la spilletta di Albert de Giussan, supposto eroe indipendentista del Lombardo-Veneto. 

È una tecnica propagandistica che si rivolge, in particolare, ai cittadini del Sud, a quelli a cui non interessa questo o quel partito politico, ma solo ciò che possono ricavarne. Questi meridionali in un certo senso sono coerenti, per loro conta solo il tornaconto personale. Pertanto, essi hanno convenienza ad essere leghisti, come ieri erano fascisti, democristiani e forzisti. Non sono solo ‘tafazzisti’ per predisposizione caratteriale, sono anche e soprattutto furbi o almeno così si credono di essere.  

Fonti it.wikipedia.org e youtube.com


sabato 29 agosto 2020

#ForzaItaliaViva sarà il nuovo partito dei moderati?

Le affinità ideologiche erano evidenti anche quando Matteo Renzi era segretario del Partito democratico, ora assistiamo alla convergenza elettorale in diversi Comuni, a quando la nascita di ForzaItaliaViva?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi - (foto da lindro.it)

Nella città di Luigi Di Maio, Pomigliano, Italia Viva sosterrà la candidata sindaca dei berlusconiani, Elvira Romano, che si presenta con la lista ‘Forza Pomigliano'. A tale proposito il coordinatore nazionale di Iv Ettore Rosato ha dichiarato: ‘Noi siamo alternativi a Pd e M5s’. Più chiaro di così.

Nella provincia lombarda Iv sta un po' con il Centrosinistra, un po' con il Centrodestra. Solo in tre Comuni dell’area metropolitana milanese dei nove che andranno a votare vedono insieme Pd e Iv. A Corsico, Comune milanese di 35 mila abitanti, i renziani hanno deciso di non sostenere il candidato del Pd e del Centrosinistra, invece appoggiano Roberto Mei di Forza Italia che concorre anche contro la lista di Centrodestra della Lega e di Fratelli d’Italia.

I renziani ci tengono ad evidenziare le differenze con i democratici e soprattutto con la Sinistra. Tutto legittimo. Del resto, è sempre stata un’ambizione dell’ex sindaco di Firenze conquistare i voti dei berlusconiani. Finora le affinità ideologiche non hanno portato ad una formazione politica comune. I distinguo di questa tornata elettorale potrebbero essere il presupposto per assistere alla nascita di un nuovo partito 'moderato' e 'centrista'?

I punti di convergenza tra berlusconiani e renziani sono tanti ed ora anche quelli sui nomi. Stando così le cose #ForzaItaliaViva potrebbe non essere più soltanto una battuta di Maurizio Crozza, ma un’idea che presto potrebbe diventare realtà. L’obiettivo ultimo è diventare l’ago della bilancia in un sistema politico tripolare, stare, cioè, un po' a Destra ed un po' a Sinistra a seconda delle necessità e delle convenienze, ma sempre e comunque al centro del potere.


giovedì 13 agosto 2020

Coronavirus: ‘Sarà un autunno di resistenza’

Il virus non è scomparso ed i mesi autunnali mi preoccupano di più’, a dirlo in un’intervista rilasciata pochi giorni fa al Corriere della Sera è Roberto Speranza, ministro della Salute

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Roberto Speranza, foto dal profilo facebook

Nell’ultima settimana il numero giornaliero dei nuovi contagi dovuti al Coronavirus non è più basso e stabile come nel mese di luglio, anche se rimane tra i più contenuti in Europa. Sarà un autunno di resistenza’, ha sottolineato il ministro della Salute, Roberto Speranza in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. ‘I sacrifici che chiedo ai ragazzi sul metro di distanza nei treni o sulla 'movida' hanno la scuola come obiettivo di fondo’, ha aggiunto l’esponente di Articolo uno.

Ed ancora. ‘L’età media dei contagiati sta drammaticamente scendendo sotto i 40 anni. È normale che i più giovani si sentano più forti, ma chi porta il virus a casa rischia di fare danni veri alle persone fragili’.

Parole sagge quelle del Ministro, ma in quanti lo ascolteranno? Gli ultimi dati confermano un notevole incremento dei contagi tra i giovani. La situazione potrebbe degenerare di nuovo. Non è difficile da capire e prevedere, eppure in tanti, troppi, ritengono che il peggio sia alle nostre spalle e che la paventata seconda ondata pandemica non ci sarà.

Le località turistiche, le discoteche, i bar, le piazze della 'movida', i luoghi di ritrovo tradizionali sono affollati come se i mesi trascorsi in lockdown non ci fossero stati, come se tutto fosse come prima. Per molti, per troppi è un estate ‘normale’.

Invece non è così. Il virus continua a circolare. Ed i prossimi mesi saranno assai difficili.

Gli italiani sapranno affrontare adeguatamente la Fase 3 della pandemia? I comportamenti delle ultime settimane non fanno ben sperare e tra un mese riapriranno le scuole. Oltre dieci milioni di persone affolleranno bus, metrò, treni, aule scolastiche e poi faranno ritorno nelle loro case, dai genitori e dai nonni. No, il futuro prossimo sarà complicato, 'di resistenza' e di certo non basterà incrociare le dita per esorcizzare il peggio.


venerdì 7 agosto 2020

I disastri del populismo berlusconiano

All’origine del populismo berlusconiano c’è il consumismo, ancora oggi ne paghiamo le conseguenze politiche ed economiche

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi sul palco al Mediolanum Forum,
nel giugno 1995 - (foto da it.wikipedia.org)


Alla fine degli anni Ottanta i partiti da strumenti di mediazione si sono trasformati in mezzi per favorire la carriera dei singoli leader politici. Ed è questo, probabilmente, il disastro più evidente causato dal berlusconismo. La caduta del muro di Berlino, tangentopoli e la grave crisi economica di inizio anni Novanta sono stati i presupposti per la fine del cosiddetto ‘partitismo’. La degenerazione del sistema politico e la corruzione dilagante favorirono l’affermazione del populismo. 
Il primo ad approfittare di questo cambiamento è stato Silvio Berlusconi. Il suo impero economico si è consolidato con le televisioni commerciali. Da costruttore edile a venditore di pubblicità il passaggio non era scontato. Senza considerare il fatto che i suoi finanziatori in parte sono rimasti sconosciuti, ma questa è un’altra storia.
La cosiddetta ‘discesa in campo’, avvenuta il 6 gennaio del 1994, è servita a riempire il vuoto lasciato dai partiti della ‘Prima Repubblica’. Da quel momento la politica diventa un prodotto da vendere e l’imprenditore di successo il leader in grado di affrontare e risolvere i problemi dei cittadini. ‘Ghe penso mi’L’uomo della ‘provvidenza’ che pur di conquistare e mantenere il potere promette di tutto e di più. Chi non ricorda l’impegno a creare un milione di posti di lavoro, il taglio delle tasse o la costruzione del ponte sullo stretto di Messina? Con il populismo non contano più gli ideali ed i programmi, ma il carisma dei leader. Del resto in Italia il terreno era ed è fertile: la maggior parte degli italiani tende spesso a delegare ad altri le proprie responsabilità.
Il fenomeno ora sta continuando con Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Il loro riferimento è il popolo. Non esistono più politiche di destra o di sinistra, dicono, ma solo il benessere dei cittadini. Le mediazioni sono inutili e fanno perdere tempo. Ci vuole un uomo solo al comando o quasi.
E non importa se crescono le ingiustizie e le disuguaglianze e se tutto avviene a debito, scaricando cioè gli oneri sulle generazioni future o su altri.







giovedì 18 ottobre 2018

Condono fiscale a 5 stelle


Ancora una volta e, nonostante i proclami elettorali dei grillini, con il condono fiscale ‘pentaleghista’ ci si fa beffe dei contribuenti onesti e si premiamo gli evasori ed i furbetti delle cartelle esattoriali
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio
Il Cdm ha approvato la manovra finanziaria. Tra i provvedimenti emanati c'è la cosiddetta ‘Pace fiscale’. Si tratta di un vero è proprio condono. Insomma, Luigi Di Maio come Silvio Berlusconi nel 2002.
Il Decreto prevede un’aliquota del 20% per sanare il pregresso di chi ha già presentato la dichiarazione dei redditi. Inoltre, con una comunicazione integrativa è possibile far emergere un altro 30% in più rispetto alle somme già dichiarate. Il limite massimo è di 100.000 euro per ogni imposta e per ogni anno integrato. Teoricamente è possibile risanare 2 milioni di euro pagando solo un quinto (20%) di quanto dovuto. Ed è certo che ad usufruirne non saranno solo i piccoli artigiani ed i commerciarti che a causa della crisi non sono riusciti ad adempiere agli obblighi tributari.
Oltre a ciò è prevista la rottamazione delle ingiunzioni di pagamento fino a mille euro. Saranno cancellati i crediti dovuti all’Erario dal 2000 al 2010. Il condono riguarda milioni di cittadini che per anni si sono fatti beffe delle regole e delle istituzioni ed anche in questo caso non si tratta solo di nullatenenti, ma di veri e propri furbetti delle cartelle esattoriali.
Durante l'ultima campagna elettorale il leader del M5s Luigi Di Maio ha dichiarato più volte la sua contrarietà ad ogni forma di condono. Ma da quando il MoVimento è al governo ha cambiato opinione più volte. Sulla Tav (Treno alta velocità S.p.A.), sulla Tap (Trans-adriatic pipeline), sui migranti, sulla legittima difesa ed ora sul condono. In cambio ha ottenuto poco o nulla. Una limatura sulle pensioni d’oro (quello previsto non è un taglio ma un contributo di solidarietà) ed una riduzione delle indennità sui vitalizi, peraltro già aboliti nella precedente legislatura. Il reddito di cittadinanza si sta prefigurando come un allargamento del Rei introdotto dal governo di Paolo Gentiloni. Se si escludono un miliardo per i Centri per l’impiego ed i 2,9 miliardi già stanziati dal Reddito di inclusione, l’importo aggiuntivo previsto dal Def è di 6 miliardi. Insomma un Rei rafforzato ed allargato a più soggetti, ma, di certo, con risorse non adeguate per ‘abolire la povertà’.
Con questa manovra il governo giallo-verde è sempre più a trazione leghista. Il Carroccio pur avendo conseguito alle elezioni solo il 17% dei consensi sta realizzando il suo programma elettorale: la reintroduzione delle pensioni di anzianità, una mini flat tax, il condono, la legittima difesa e la dissoluzione delle politiche d’integrazione dei migranti (caso Riace). E se l’Unione europea o i mercati finanziari dovessero mettersi di traverso c’è sempre l’opzione B: elezioni anticipate, uscita dall’Euro e secessione, obiettivo quest’ultimo che, è bene ricordarlo, non è mai stato abbandonato dai fan di Albert De Giussan.


sabato 6 ottobre 2018

L’aumento del debito pubblico è una 'iattura' per i lavoratori

‘Lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza’, John Lennon

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da riviera24.it
L’approvazione della nota di aggiornamento del Def e la discussione e presentazione in Parlamento della legge di Stabilità stanno riaccendendo il dibattito sul debito pubblico dello Stato italiano che, secondo l’ultimo bollettino statistico mensile elaborato da Banca d’Italia, ha raggiunto un nuovo record: 2.341,70 miliardi di euro. Oggi, ogni italiano è debitore inconsapevole per 38.694 euro, importo che corrisponde al 131,70% del reddito medio pro capite che è di circa 26.427 euro. Questa percentuale cambia notevolmente se consideriamo le diverse aree geografiche. Nel Mezzogiorno il rapporto è del 153,52% (reddito pro capite 17.984 euro), mentre nel Settentrione è del 114,98% (reddito pro capite 32.899 euro).  
Il motivo di questa sperequazione è semplice: quando l’incremento del debito è finalizzato alla crescita il rapporto con il reddito rimane immutato o diminuisce, al contrario quando non produce ricchezza il rapporto tende a crescere ed anziché risolvere i problemi sociali li aggrava. Ed è così che esso ha determinato un aumento del reddito medio pro capite nelle regioni del Nord, mentre ha progressivamente impoverito i residenti delle regioni meridionali.
Inoltre, il deficit di bilancio determina sempre una crescita nominale del debito pubblico. Per gli economisti questo valore è poco significativo, mentre, per loro, è molto più rilevante il suo rapporto con il Pil. I fautori delle manovre espansive (Keynesiane) affermano, infatti, che con il deficit spending si realizza un aumento del prodotto interno lordo superiore o pari al maggior debito contratto. I detrattori, invece, sostengono che l’aumento della spesa pubblica è efficace se serve a fare investimenti e se il debito pubblico che si va ad incrementare è sostenibile. Lo scontro tra governo ed opposizioni e tra esponenti sovranisti ed Unione europea è su questa contraddittoria dicotomia.
Gli italiani hanno la memoria corta. Il debito su cui, è bene precisarlo, nel 2017 abbiamo pagato 65,6 miliardi di interessi, è un’obbligazione che deve essere sempre onorata. La fiducia dei mercati, che nella sostanza sono i nostri creditori, non è data per sempre. Con l’ultimo governo di Silvio Berlusconi abbiamo già sperimentato come sia pericoloso fare manovre contraendo altri debiti. Nel 2011 a subire le conseguenze delle turbolenze finanziarie sono state soprattutto le classi sociali medio - basse. Per risanare i conti pubblici non sono stati intaccati i grandi patrimoni, ma i redditi dei lavoratori. Basta citare il taglio delle spese per il Welfare (legge Fornero), l’introduzione dell’Imu e della Tasi e la riduzione degli investimenti al Sud. Inoltre, la crisi ha determinato un notevole incremento della disoccupazione e della povertà assoluta.
Con la manovra predisposta dal governo ‘pentaleghista’ si rischia di accrescere inutilmente il debito pubblico e di intaccare ancora una volta la fiducia dei nostri creditori. La lotta alla povertà è condivisibile, ma deve avvenire con la redistribuzione della ricchezza. Il rischio, anzi la certezza, è che alla prossima crisi finanziaria a pagare saranno ancora una volta i lavoratori.

sabato 29 settembre 2018


Def: il reddito di cittadinanza sarà di 128,21 euro al mese

Altro che abolizione della povertà, quello stabilito nel Def ha tutta l’aria di essere una bufala a 5 stelle. Ad aver ottenuto tutto o quasi è stato, invece, Matteo Salvini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio (foto da profilo facebook)
La prima conseguenza dell’intesa raggiunta sulla manovra economica tra il M5s e la Lega è che il Governo italiano non rispetterà gli impegni con l’Unione europea. Il pareggio di bilancio da raggiungere con una progressiva riduzione del deficit, pattuito dai precedenti governi, non sarà realizzato. Nella nota di aggiornamento del documento di programmazione Economica e Finanziaria (Def) il rapporto deficit/Pil arriverà al 2,4%, superando, quindi, la soglia dell’1,6% fissata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Inoltre, il disavanzo sarà mantenuto per il triennio 2019/2021. Si tratta di circa 100 miliardi di euro da sommare agli oltre 2.300 miliardi di debito pubblico già iscritti a bilancio.
Per il prossimo anno è prevista una manovra da oltre 40 miliardi di euro di cui almeno 27 in deficit (nuovo debito), di questi, 10 miliardi saranno utilizzati per il cosiddetto reddito di cittadinanza. Ora, senza considerare che almeno due miliardi dovranno essere utilizzati per riorganizzare i Centri per l’impiego e almeno quattro miliardi per le 'pensioni di cittadinanza', è facile constatare che la somma indicata per ‘abolire la povertà’, come ha enfaticamente dichiarato Luigi Di Maio, è insufficiente.
La soglia di reddito minima indicata dall’Istat è di 780 euro al mese, con 10 miliardi di euro quest’importo potrà essere assegnato solo a 1.068.376 persone. In Italia, secondo le ultime stime dell’Istituto di statistica, a vivere in condizioni di povertà assoluta sono circa 1 milioni e 778 mila famiglie che corrispondono a circa 5 milioni di persone. Secondo i calcoli del M5s il provvedimento riguarderà 6,5 milioni di persone. Se cosi fosse a ciascuno di essi spetterebbero 128,21 euro al mese. Altro che abolizione della povertà, questa manovra ha tutta l’aria di essere una bufala a 5 stelle. E non è la prima.
Ad aver ottenuto tutto o quasi è stato, invece, Matteo Salvini. L’accordo sul Def prevede infatti la reintroduzione delle pensioni di anzianità (circa 7 miliardi di euro per 400 mila nuovi pensionati), la riorganizzazione dell’Irpef con l’aliquota del 23% per i redditi inferiori a 75 mila euro e del 33% per quelli superiori a tale cifra, mentre per più di un milione di partite Iva le tasse saranno abbassate al 15% (Flat tax) ed il condono fiscale riguarderà somme evase o non pagate fino a 400 mila euro. 
Insomma, una manovra che distribuirà risorse pubbliche senza tener conto dell’enorme debito pubblico (il terzo al mondo) accumulato negli ultimi trent’anni dallo Stato italiano. 
Ma questi sono solo propositi. E' bene precisare, infatti, che il Def è un documento di programmazione economica e finanziaria, si tratta, cioè, solo di previsioni. Cosa succederà in concreto lo sapremo solo quando i numeri saranno scritti nelle legge di Stabilità che il Governo dovrà elaborare nelle prossime settimane ed il Parlamento approvare prima della fine dell’anno.
Fonte mef.gov.it
lunedì 3 settembre 2018

La Lega Nord ed i 'furbetti' del finanziamento pubblico

‘Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto’, Sandro Pertini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Umberto Bossi, Matteo Salvini e Francesco Belsito
(foto da tg24.sky.it)
Il finanziamento pubblico a cui hanno diritto le forze politiche è legittimo e necessario, ma solo se è utilizzato per consentire a tutti di partecipare alla gestione della cosa pubblica. Ma come sempre ci sono i 'furbetti' che ne approfittano.
Questo fenomeno è trasversale, cioè riguarda tutti i partiti ed i gruppi presenti nel Parlamento nazionale e nei Consigli regionali, provinciali e comunali. I rappresentanti dei cittadini dovrebbero essere al servizio della collettività, invece, a volte, utilizzano l’incarico istituzionale per appropriarsi illecitamente di indennità e prebende di ogni genere a danno della casse erariali.
La vicenda della Lega Nord è emblematica. I vertici del Carroccio, allora guidato da Umberto Bossi, erano ‘consapevoli delle irregolarità dei rendiconti da loro sottoscritti e che dissimulavano la irregolarità di gestione’. Con questi presupposti sono state avviate nel 2008 dalla Procura di Genova e da quella di Roma le inchieste sulla frode da 49 milioni euro. 
L’indagine, battezzata ‘The family’ (nome riportato sulla cartellina di appunti conservata dall’allora tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito), riguarda fatti avvenuti tra il 2008 ed il 2010. In quegli anni sarebbero state presentate in Parlamento rendicontazioni irregolari allo scopo di appropriarsi indebitamente di fondi pubblici. Per quei fatti il tribunale di Genova il 24 luglio del 2017 ha condannato in primo grado tra gli altri Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito.
Le spese pazze sostenute indebitamente riguardano soprattutto la famiglia Bossi. Rinoplastica del figlio Sirio, multe dell’altro figlio Renzo (soprannominato ‘Trota’), spese di ristrutturazione della casa privata di Gemonio e cosi via.
Il 4 settembre del 2017 la Procura ‘otteneva dal Tribunale l’emissione di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta nei confronti della Lega’ di una somma pari a 48 milioni 969mila 617 euro che corrispondono alla somma sottratta dai fondi pubblici destinati al partito. Ed è per questo che la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione ha sancito che la Lega dovrà restituire 49 milioni di euro. In altre parole ogni erogazione a favore del partito del ministro dell'Interno potrà essere confiscata.
Su questa eventualità il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e vice di Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato: ‘Avrebbe una conseguenza definitiva, la chiusura del partito, senza che quel processo sia finito. Se tutti i futuri proventi che arrivano alla Lega vengono sequestrati, è evidente a quel punto che il partito non può più esistere, perché non ha più soldi. E’ ovvio che se il 6 i giudici decidono cosi, noi siamo finiti’.
L’ipotesi, quindi, è concreta, ma i vertici della Lega hanno già la soluzione: cambiare nome. Quello che è certo è che i cittadini italiani non rivedranno i soldi. I ‘furbetti’ del finanziamento pubblico la faranno franca, ma stavolta ad usufruirne non saranno le elite dei partiti tradizionali, ma i rappresentati del cosiddetto ‘governo del cambiamento’. 

lunedì 27 agosto 2018


Renzi, Di Maio e Salvini, i professionisti dell’antipolitica

Matteo Renzi, Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono i protagonisti dell’antipolitica italiana. I tre leader, pur appartenendo a partiti con radici ideologiche diverse, hanno numerosi tratti caratteriali e politici in comune: sono populisti, egocentrici e presenzialisti
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 


Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio 



Le storie personali e politiche di Matteo Renzi, Luigi Di Maio e Matteo Salvini evidenziano una naturale propensione al protagonismo e all’esibizionismo. Non hanno mai lavorato o quasi. Dicono di combattere la vecchia politica, ma loro stessi sono dei veri e propri professionisti della politica, anzi dell’antipolitica.
La voglia di emergere del ministro dell’Interno e Vicepremier Matteo Salvini matura fin da giovanissimo. Partecipa, ad appena 12 anni, alla trasmissione di Canale 5 ‘Doppio slalom’ condotto da Corrado Tedeschi e nel 1993 a 20 anni a ‘Il pranzo è servito’ presentato da Davide Mengacci su Rete 4.
Inizia l’attività politica frequentando il centro sociale Leoncavallo di Milano. Nel 1990 si iscrive alla Lega Nord di Umberto Bossi, aveva 17 anni e faceva parte dei ‘comunisti padani’. 
Ricopre numerose cariche elettive. E’ stato consigliere nel comune di Milano (1993 e nel 2006), parlamentare europeo per 12 anni (dal 2004 al 2018), eletto alla Camera dei deputati per due mandati (2008 e 2013) vi ha rinunciato per mantenere il seggio al parlamento europeo, il 4 marzo scorso è stato eletto senatore.
La metamorfosi della linea politica avviene in pochi anni ed è legata agli incarichi politici che vi via assume nel partito. Nel 2011 è ancora un convinto secessionista, ecco cosa dichiarava: 'Il tricolore non mi rappresenta, non la sento come la mia bandiera, a casa mia ho solo la bandiera della Lombardia e quella di Milano’.
Nel 2012 diventa segretario della Lega lombarda, l’anno dopo assume la carica di segretario della Lega Nord. Nel 2014 propone una consultazione referendaria in Lombardia per chiedere l’indipendenza della regione dalla Repubblica Italiana. Poi la svolta nazional-popolare. Stringe l’alleanza con il Front National di Marine Le Pen. Fonda ‘Noi con Salvini’, lista leghista creata per ottenere consensi elettorali nel Centro e Sud Italia. L’anno dopo organizza una manifestazione insieme a Fratelli d’Italia e Casa Pound. Da comunista padano e propugnatore della secessione a leader nazional-populista, Matteo Salvini ha realizzato in pochi mesi una vera e propria metamorfosi kafkiana.
Anche Matteo Renzi manifesta le sue ambizioni da giovanissimo. Nel 1994, all’età di 19 anni, partecipa alla ‘Ruota della fortuna’, vincendo 48,3 milioni di lire (circa 24 mila euro). Figlio di democristiani, si laurea in Giurisprudenza nel 1999. ‘Lavora’ per la CHIL Srl, società di marketing di proprietà della famiglia.
Inizia l’attività politica negli anni del Liceo. E’ un democristiano doc ed ha una naturale repulsione per i partiti e le idee della Sinistra italiana. Nel 1994 contribuisce ai Comitati per l’Italia, nati per sostenere Romano Prodi. Nel 1996 si iscrive al Partito Popolare Italiano. Nel 2001 confluisce nella Margherita. Nel 2004 è eletto presidente della Provincia di Firenze nelle file del Centrosinistra. Nel 2009 è eletto sindaco di Firenze.
Nel 2010 lancia insieme a Giuseppe Civati, l’dea della cosiddetta rottamazione’ che lo porterà alla segreteria del Pd (2013/2017) e alla Presidenza del Consiglio (2014/2016). Nel 2018 è eletto senatore, ma dopo l’ennesima sconfitta elettorale, l’ultima di una lunga serie iniziata nel 2015, si dimette da segretario del Pd. Oggi medita un nuovo ritorno ai vertici del Partito democratico.
Luigi Di Maio, figlio di un dirigente del Movimento Sociale Italiano e successivamente di Alleanza Nazionale, ha fatto una carriera fulminante, una specie di Speedy Gonzales della politica italiana. E' giovane ed è un 'volto nuovo', ma nei modi e nei contenuti ricorda i vecchi politici democristiani, quelli della corrente dorotea che negli Sessanta e Settanta dettavano la linea politica del partito.
Si iscrive all’Università di Napoli Federico II, prima ad Ingegneria, poi passa a Giurisprudenza, ma senza completare gli studi. Pubblicista, ha ‘lavorato’ per un breve periodo come webmaster e come steward allo stadio San Paolo.
Nel 2007 aderisce alle iniziative di Beppe Grillo (Meetup di Pomigliano). Nel 2010 non riesce ad essere eletto nel consiglio comunale di Pomigliano (ottiene 59 voti), ma, nel 2013, con 189 preferenze alle ‘parlamentarie’ del M5s viene candidato ed eletto alla Camera dei deputati. A ventisette anni assume la carica di Vicepresidente dalla Camera dei deputati. Alle elezioni del 2018 è il candidato premier del M5s, ed è rieletto deputato. Oggi è Vicepresidente del Consiglio e Ministro del lavoro, delle politiche sociali e dello sviluppo economico. 
Nella Prima Repubblica la politica era intesa e praticata come un servizio pubblico, oggi è un mezzo per fare carriera ed i professionisti dell'antipolitica lo sanno benissimo.

giovedì 16 agosto 2018


Decreto ‘dignità’: la rivoluzione di Luigi Di Maio è una ‘fakenews’

Con il Decreto ‘dignità’ non cambia la condizione di precarietà in cui vivono i lavoratori italiani e non. Tornano i voucher, non è stato reintrodotto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ed i contratti a tempo determinato rimangono senza sostanziali modifiche, ma allora in che cosa consiste la rivoluzione? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio
Ascoltando le dichiarazioni del ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, sembra che le norme previste dal cosiddetto Decreto ‘dignità’, approvato pochi giorni fa dal Parlamento, siano rivoluzionarie, ma così non è. Probabilmente il leader grillino fa affidamento sul fatto che la stragrande maggioranza degli italiani non legge e non si informa adeguatamente, ma si limita ad ascoltare gli slogan propagandistici dei leader politici ed i commenti dei cosiddetti ‘opinionisti televisivi’. La lettura del Decreto è per molti un’incombenza un po’ noiosa, ma per costatarne la ‘straordinarietà’ occorre leggerlo. Ecco le novità più significative.
I principali contratti a termine non sono stati modificati, l’unico limite imposto dal decreto è il divieto di rinnovo oltre i 24 mesi, in precedenza era di 36 mesi. Inoltre, si richiedono le causali che potrebbero portare a numerosi contenziosi davanti al giudice del lavoro. Senza le dovute motivazioni, dopo 12 mesi, scatta automaticamente l’assunzione a tempo indeterminato.
La nuova norma non si applica ai dipendenti della scuola. Anzi è stato abolito il limite di 36 mesi per i contratti a termine dei docenti e del personale della scuola a partire dal 2016. Per questi lavoratori la precarietà torna ad essere la regola. Perché due pesi e due misure?
Non è stato reintrodotto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, una delle modifiche sul mercato del lavoro più importanti introdotta dal governo di Matteo Renzi.
Il bonus dei contributi per le assunzioni di under 35 (prima riguardava gli under 30) sarà esteso di un altro anno, cioè fino al 2020. L’esonero dei contributi previdenziali è del 50% ed è riconosciuto per tre anni con un  tetto di 3.000 euro. La copertura è garantita dall’aumento del prelievo erariale sugli apparecchi da gioco.
Il decreto reintroduce i voucher che sono la sublimazione della flessibilità. Potranno essere utilizzati dagli alberghi e dalle strutture ricettive fino a 8 dipendenti e non potranno essere utilizzati per periodi superiori a dieci giorni.
I contratti a termine posti in essere da un’azienda non possono superare il limite del 30% dei contratti a tempo indeterminato.
L’indennità conciliativa per i licenziamenti illegittimi massima passa da 18 a 27 mensilità. 
Prorogato di un anno il contratto a tempo indeterminato delle maestre diplomate prima del 2001-2002, ma sarà trasformato in contratto a termine, in attesa di svolgere il concorso per l’immissione in ruolo che prevede il 50% dalle graduatorie e l’altra metà dal concorso che è riservato ai diplomati magistrali ed ai laureati in Scienza della formazione primaria. Questo significa che in migliaia, dopo decenni d’insegnamento precario o di ruolo, resteranno senza lavoro.
Su slot e gratta e vinci sarà apposto il messaggio ‘nuoce gravemente alla salute’. Inoltre per accedere alle slot e agli apparecchi da gioco sarà obbligatoria la tessera sanitaria. Gli esercizi pubblici, i bar ed i circoli privati che elimineranno gli apparecchi da gioco potranno esibire il logo di Stato ‘no slot’.
‘Le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato … decadono dal beneficio medesimo qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata … In caso di decadenza’ sono soggette ad ‘una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito’.
Lo Split payment (scissione dei pagamenti) introdotto dal precedente governo per evitare frodi ai danni dello Stato non si applicherà più ai liberi professionisti.
Tutto qua. La rivoluzione di Luigi Di Maio è’ una ‘fakenews’, nient’altro. Con queste poche e limitate innovazioni è certo che i precari rimarranno flessibili, malpagati e senza tutele adeguate, i disoccupati continueranno a cercare, spesso inutilmente, un’occupazione ed il mercato del lavoro rimarrà tale e quale: ingiusto e diseguale. Ma dov’è la rivoluzione?

sabato 28 luglio 2018


Tiro al ‘piccione’ e ‘Salvini, Salvini’

’L’Italia non può assomigliare al far west dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno rovinandole la vita, la salute ed il futuro’, Sergio Mattarella

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sergio Mattarella e la bimba rom ferita a Roma
Negli ultimi sei mesi si sono verificati una serie di agguati con una chiara motivazione razzista. Ecco i casi più eclatanti.
Il 3 febbraio scorso Luca Traini, 28 anni di Tolentino, a bordo della sua Alfa 147 nera spara all’impazzata ferendo sei persone. Catturato mentre grida ‘Viva l’Italia’ e facendo il saluto romano si è giustificato sostenendo di aver agito per ‘vendicare Pamela Mastropietro’, la giovane trovata morta in una valigia e del cui omicidio è accusato il nigeriano Innocent Oseghale.
Il 4 marzo a Firenze Roberto Pirrone, pensionato 65enne, ha ucciso a colpi di pistola il senegalese Idy Diene. L’uomo ha dichiarato che la sua intenzione era di suicidarsi, ma non avendo trovato il coraggio ha sparato al primo passante.
Il 2 giugno il sindacalista maliano Soumayla Sacko è stato ucciso a colpi di fucile. Aveva 29 anni ed una figlia di 5. E’ stato assassinato mentre aiutava alcuni connazionali a prendere delle lamiere da una fabbrica in disuso. Lo scopo era quello di costruire un riparo nella baraccopoli di San Ferdinando, una specie di tendopoli dei migranti che lavorano per pochi euro al giorno nelle campagne calabresi.
L’11 giugno due ragazzi del Mali, Daby e Sekou, ospiti di una struttura del comune di Caserta, sono stati colpiti da una raffica di colpi sparati da una pistola ad aria compressa. Daby è stato ferito all’addome. Gli aggressori inneggiavano a Matteo Salvini.
Il 20 giugno a Napoli lo chef Konate Bouyagui, maliano di 22 anni, da quattro anni in Italia con un regolare permesso, mentre tornava a casa è stato colpito alla pancia da un piombino sparato da due ragazzi a bordo di un’auto. Credevo di morire. C'è un clima d’intolleranza contro le persone di colore per colpa della campagna elettorale basata sulla propaganda contro gli immigrati, ha dichiarato ai poliziotti.
Il 2 luglio a Forlì una donna nigeriana è stata ferita ad un piede. ‘Ho sentito un dolore alla gamba, non so cosa sia successo’. La donna terrorizzata, solo alcuni giorni più tardi ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri.
Il 5 luglio sempre a Forlì un ivoriano di 33 anni, mentre si stava spostando in bicicletta è stato affiancato da un auto, dall’interno qualcuno ha sparato con una pistola Soft Air (modelli ad aria compressa) e gli ha bucato la pancia.
L’11 luglio a Latina una serie di colpi sono stati esplosi da un’auto. Le vittime sono due nigeriani di 26 e 19 anni, stavano aspettando l’autobus.
Il 17 luglio a Roma un ex dipendente del Senato di 59 anni per provare l'arma’ ha sparato dal terrazzo del suo appartamento che si trova al settimo piano ed ha ferito una bambina di etnia rom di 13 mesi. La piccola è in condizioni gravissime, rischia di rimanere paralizzata. L’uomo si è giustificato dicendo di non essersi accorto di aver colpito qualcuno.
Il 26 luglio a Cassola, in provincia di Vicenza, un operaio originario dell’isola di Capo Verde, mentre lavorava su una pedana mobile a 7 metri di altezza, è stato colpito alla schiena da un uomo che ha sparato dal suo terrazzo. L’uomo si è giustificato dicendo ai carabinieri che intendeva ‘sparare ad un piccione’.
Il 27 luglio a San Cipriano d’Aversa, in provincia di Caserta, un immigrato della Guinea è stato colpito in pieno volto da una pistola ad aria compressa. Ai carabinieri ha raccontato di essere stato affiancato da un ciclomotore e di aver udito lo sparo.
Il 27 luglio a Partinico, in provincia di Palermo, Djeng Khalifa, un giovane immigrato perfettamente integrato, è andato a fare una passeggiata nel centro del paese. Mentre stava seduto nelle vicinanze di un bar insieme ad un amico è stato apostrofato in malo modo e malmenato. ‘Vattene via sporco negro’. ‘Non ho reagito perché non alzo le mani – ha detto il senegalese – mi potevo difendere, ma gli educatori della comunità mi hanno insegnato che non si alzano le mani’.

lunedì 23 luglio 2018


Il deputato assenteista del M5S

A chi non piacerebbe fare il deputato per quattro giorni al mese, guadagnare 15.000 euro e passare il resto del tempo in barca a vela? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Andrea Mura - (foto dal profilo facebook)
Il 4 marzo scorso molti italiani hanno dato il loro consenso al M5S nella convinzione che i nuovi parlamentari avrebbero intrapreso una strenua lotta alla povertà ed ai privilegi di deputati, senatori, portaborse e boiardi di Stato. Ad oggi l’unico provvedimento di rilievo è stato il taglio dei vitalizi a 1.338 deputati, altri 67 non saranno ricalcolati (in tutto sono 1.445). E’ bene precisare che queste rendite erano state abolite dal precedente governo e che l’atto approvato pochi giorni fa per volontà del presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, ha solo ridotto l’indennità a chi già percepisce questo assegno e la cui decurtazione è condizionata all’esito dei ricorsi.
Per il resto siamo ancora alle buone intenzioni. Anzi in qualche caso stiamo assistendo alle stesse ‘malefatte’ dei governi precedenti. Pochi giorni fa Assia Montanino 26 anni, grillina di lungo corso e corregionale del leader del Movimento è stata assunta al ministero da Luigi Di Maio. Percepirà 70.000 euro l’anno. 'Illazioni inaccettabili, ho diritto a due stipendi. Mi sono guadagnata stima lavorando sodo', ha dichiarato la neoassunta. Alla faccia di chi perde tempo nello studio e si prodiga a fare concorsi pubblici anziché iscriversi ad un partito o ad un movimento politico come si chiamano ora.
‘Io assenteista? No deputato-testimonial. Non devo scaldare i banchi, io do visibilità alle battaglie ecologiche, alla Camera quattro giorni al mese e poi la vela’. Non è uno scherzo è quanto ha dichiarato a La Nuova Sardegna il neo deputato del M5S, Andrea Mura. Lo Stato italiano gli paga 15.000 euro al mese, ma invece di lavorare va in barca e lo rivendica senza vergognarsi. In Parlamento ha il record di assenze, oltre il 96% dall’inizio della legislatura. Il dato si riferisce alle votazioni elettroniche precisa OpenParlamento, cioè 8 volte su 220 votazioni.
Il deputato grillino, velista dal 2011, ha aggiunto: ‘Io l’ho detto fin dall’inizio, anche in campagna elettorale, che il mio ruolo, più che quello di parlamentare, sarebbe stato quello di testimonial a difesa degli oceani. D’altronde ci sono un sacco di parlamentari che vanno alla Camera e passano il loro tempo a farsi i selfie in aula. Io no, ho altro da fare".
Non sorprende che ci siano parlamentari ‘particolarmente’ assenteisti. Niccolò Ghedini, senatore ed avvocato di Silvio Berlusconi, nella passata legislatura praticamente non è mai andato in Parlamento (0,85% di presenze a Palazzo Madama). Quello che meraviglia di questa notizia è che ad essere dichiaratamente assenteista è un grillino e che il Movimento paladino della lotta ai privilegi era a conoscenza di questa situazione, ma nonostante ciò ha consentito la sua elezione. Insomma, siamo alle solite, altro che 'governo del cambiamento'. 

Fonti: lanuovasardegna.it, OpenParlamento

 

venerdì 20 luglio 2018


‘Albert de Giussan’ e l’ostentazione dei leader leghisti

L’obiettivo di un Lombardo - Veneto indipendente pur rimanendo ‘celato’ per ragioni elettorali è sempre presente nelle menti e nei cuori dei leghisti doc

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini - (Foto da ilsalottodelleparole.it)
‘La Lombardia e il Nord l'Euro se lo possono permettere. Io a Milano lo voglio, perché qui siamo in Europa. Il Sud invece è come la Grecia e ha bisogno di un'altra moneta. L'Euro non se lo può permettere’. Questa dichiarazione è stata fatta il 2 ottobre del 2012 a MilanoToday dall'europarlamentare del Carroccio e segretario lombardo della Lega Nord, Matteo Salvini, oggi ministro dell'Interno. Dalle origini autonomiste e secessioniste del movimento fondato da Umberto Bossi al populismo sovranista di Matteo Salvini molto è cambiato nella linea politica e nella semiologia propagandistica della Lega Nord tranne un simbolo che gli esponenti leghisti ostentano con fierezza tutta padana: la figura di Alberto da Giussano. Non si vedono più cravatte e fazzoletti verdi, ma non mancano mai le spillette con l'eroe padano, perchè?
Foto da tpi.it
L’obiettivo di un Lombardo - Veneto indipendente rimane ‘celato’ per ragioni elettorali, ma è sempre presente nelle menti e nei cuori dei leghisti doc. L’intolleranza contro i migranti (non importa la loro provenienza), la flat-tax, l’abolizione della legge Fornero, la reintroduzione dei Voucher, gli investimenti pubblici al Nord ed il superamento dei limiti di bilancio imposti dall’UE sono tutti propositi programmatici (ed ora di governo) che intendono favorire soprattutto gli abitanti delle regioni settentrionali.
Quando fu fondata la Lega Autonomista Lombarda (1984) la figura di 'Albert de Giussan' è diventata un emblema di libertà ed indipendenza. Il riferimento storico è la battaglia di Legnano del 1176. Secondo la leggenda la vittoria della Lega dei comuni lombardi e la conseguente cacciata dall’Italia settentrionale dell’imperatore Federico Barbarossa fu determinata proprio dall’intraprendenza di Alberto da Giussano. In realtà fu una vittoria di popolo, dei milanesi, e non c’è nessuna certezza storica che questo personaggio sia esistito veramente. Ma nonostante ciò il comandante della cosiddetta 'Compagnia della morte' resiste come simbolo di libertà nei cuori e nelle menti autonomiste e secessioniste dei ‘padani’.
Tutto legittimo per chi risiede in quelle regioni. Quello che è difficile da comprendere è per quale motivo anche una parte degli elettori del Mezzogiorno ha iniziato a sostenere la Lega. Sindrome tafazziana o tipica furbata meridionale?
Fonti: milanotoday.it, tpi.it, treccani.it e wikipedia.org


mercoledì 6 giugno 2018


Matteo Salvini getta la maschera

‘È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse’. Questa è la dichiarazione fatta a ‘Radio anch’io’ dal nuovo ministro dell’Interno e vicepremier, Matteo Salvini

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini e John Maynard Keynes
Se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Ma l'assoluta intenzione è che tutti riescano ad avere qualche Lira (?) in più in tasca da spendere’, ha dichiarato a 'Radio anch'io' il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Ed ancora: ‘E’ che le esportazioni vanno bene grazie ai nostri eroici imprenditori, che nonostante tutto e tutti tengono alto il made in Italy nel mondo, ma devono tornare a comprare anche gli italiani. E per farli tornare a comprare occorre che tornino a lavorare dignitosamente e che abbiano in tasca qualche Lira (?)’.
Con queste affermazioni il leader della Lega getta la maschera. I suoi propositi sono tipici di un partito di estrema Destra. Per Salvini ‘è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse‘. Alla faccia di chi continua a sostenere che le classi sociali non esistono più. Il Ministro, oltre ad evidenziare la sua idiosincrasia per l’Euro ('qualche Lira'), dimostra di non conoscere le più elementari nozioni di Economia politica. La cosa non sorprende visto che in Italia questa disciplina, come quelle giuridiche, praticamente non si insegna. L’ignoranza su questi temi è generalizzata, nonostante l’importanza che essi hanno nella vita di tutti i giorni. Ecco questo potrebbe essere un motivo per il nuovo ministro della Pubblica Istruzione per introdurre l’insegnamento delle Scienze giuridiche ed Economiche in tutte le scuole italiane. Ma nel ‘contratto’ di governo e nel programma presentato dal presidente del Consiglio per ottenere la fiducia delle Camere non c’è nulla.
Il vicepremier confonde la propensione marginale al consumo con quella al risparmio e dimostra di non conosce il funzionamento delle principali teorie keynesiane. Il ‘Deficit spending’ elaborato dall’economista britannico quasi un secolo fa ha senso solo se ha come scopo quello di aumentare, con investimenti pubblici, i redditi delle classi sociali più povere (disoccupati e precari) e non aumentando i redditi dei benestanti. Tagliare le tasse ai milionari serve solo ad arricchirli di più e non c’è nessuna certezza che questo incremento si traduca in maggiori investimenti produttivi. Inoltre, la flat tax così concepita, accrescerebbe le disuguaglianze e le ingiustizie sociali che già oggi sono molto alte e che da sempre sono le principali cause delle crisi economiche e finanziarie. Ma, evidentemente, al leader leghista non interessa il benessere di tutti i cittadini, ma solo di una parte e soprattutto il suo scopo è quello di guadagnare qualche voto in più, in questo, l’ex parlamentare europeo è capacissimo e non ha bisogno di fare ripassi sui libri di economia.
Fonte: raiplayradio.it

 

sabato 19 maggio 2018

I ‘Pentaleghisti’ dimenticano il Sud


Il M5s e la Lega hanno vinto le elezioni del 4 marzo scorso soprattutto con i voti ottenuti al Sud, eppure nel ‘contratto’ che si accingono a firmare per il Mezzogiorno non c’è nulla

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini e Luigi Di Maio 
Nelle ultime elezioni politiche il M5s ha ottenuto nelle regioni meridionali uno strepitoso e, probabilmente, irripetibile successo elettorale. In Sicilia, ad esempio, alla Camera dei deputati il M5s è passato dal 33,6% del 2013 al 48,14% del 2018 ed al Senato dal 29,52% al 48,08%. Anche la Lega di Matteo Salvini ha conquistato nel Sud straordinari consensi elettorali, soprattutto se consideriamo che in origine quello leghista era un movimento secessionista che ha accusato il Meridione di assistenzialismo e Roma di essere ‘ladrona’. In Sicilia, il Carroccio è passato alla Camera dei deputati dallo 0,2% del 2013 al 5,22% del 2018 e al Senato dallo 0,1% al 5,44%. Il successo leghista è stato determinato dal fatto che una parte dell’elettorato di centrodestra è passato da Forza Italia alla Lega. Nonostante questi risultati, nelle cinquantotto pagine del 'contratto', per il Mezzogiorno, definito come un ‘marchio’, non c’è nulla o quasi. Ecco cosa prevede il documento programmatico che lunedì verrà consegnato al Capo dello Stato: Si è deciso, contrariamente al passato, di non individuare specifiche misure con il marchio "Mezzogiorno", nella consapevolezza che tutte le scelte politiche previste dal presente contratto (con particolare riferimento a sostegno al reddito, pensioni, investimenti, ambiente e tutela dei livelli occupazionali) sono orientate dalla convinzione verso uno sviluppo economico omogeneo per il Paese, pur tenendo conto delle differenti esigenze territoriali con l'obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud’. Inoltre, i due partiti sull’Ilva di Taranto si sono impegnati ‘a concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale, secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini del comprensorio di Taranto, proteggendo i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica basato sulla progressiva chiusura delle fonti inquinanti’.
Tutto qui. Per gli esperti del M5s e della Lega i problemi strutturali del Meridione non solo non sono una priorità, ma non sono neanche ritenuti tali da essere presi in considerazione dal cosiddetto ‘governo del cambiamento’.Questo significa che il divario economico e sociale tra le diverse aree geografiche del Paese rimarrà irrisolto, anzi è assai probabile che esso si accentuerà.
L’unico provvedimento che riguarderà i poveri che vivono soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno sarà il reddito di cittadinanza, sempreché questa ennesima forma di assistenzialismo sia istituita. 

Fonte: repubblica.it


domenica 13 maggio 2018

Mattarella: ‘Il Presidente non è un notaio’


L’articolo 92  della Costituzione italiana sancisce: ‘… Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sergio Mattarella - (foto da wikipedia.it)
L’articolo 92 della Costituzione italiana è chiarissimo, a nominare il Presidente del Consiglio è il Capo dello Stato. Non solo ma è sua prerogativa nominare, su proposta del Premier, i Ministri. La tiritera che sentiamo ripetere tra oltre due mesi su chi deve essere il prossimo capo del Governo è falsa. E’ dal cinque di marzo che il leader della Lega, Matteo Salvino, e quello del M5s, Luigi Di Maio, si attribuiscono un ruolo che solo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, può conferire.Ovviamente la sua decisione non può non tener conto della volontà delle forze politiche. Ma, come egli ha detto in una recente dichiarazione ‘il Presidente non è un notaio’La prassi istituzionale prevede, infatti, che sia il Capo dello Stato ad individuare una personalità che sia in grado di formare un Governo che abbia la fiducia del Parlamento. La procedura che stanno adottando il leader grillino e quello leghista è, invece, inconsueta e non rientra nella ‘normale’ consuetudine istituzionale. L’indicazione del premier, che essi dovranno fare al Capo dello Stato, non costituirà una semplice ratifica ‘notarile’. La nomina del Presidente del Consiglio dei Ministri è un dovere istituzionale del Capo dello Stato ed egli opererà nell’interesse del Paese e non certo in quello dei partiti che si dovranno limitare a fare delle proposte. Settantuno giorni di consultazioni, continue minacce di ritorno al voto, proclami di rapida risoluzione dei problemi degli italiani, i due forni, i passi di lato di Berlusconi, i no di Matteo Renzi, il governo di tregua ed ora queste riunioni convulse. L’inciucio 'pentaleghista' sta per nascere, ma ancora oggi non conosciamo i contenuti del ‘contratto’, (alla faccia dello streaming in diretta), e dei nomi dei ministri e del presidente del Consiglio. Non c’è da stare tranquilli se l’operato del futuro governo giallo-verde sarà così articolato e complesso come quello a cui abbiamo assistito in questi due mesi di estenuanti trattative. Intanto, è bene ricordarlo, i poveri, i disoccupati ed i precari aspettano.


giovedì 12 aprile 2018

La sceneggiata in stile ‘pentaleghista’


E’ passato oltre un mese dalle elezioni politiche, ma ancora non c’è nessuna prospettiva concreta per la formazione del nuovo Governo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini e Luigi Di Maio
Le dichiarazioni fatte dai leader dei partiti dopo le elezioni del 4 marzo scorso sono contraddittorie e non sono utili alla formazione di una maggioranza parlamentareLe formazioni politiche che hanno ottenuto i maggiori consensi,M5s e Centrodestra, non hanno i voti necessari per governare senza una mediazione politica. Invece quello a cui stiamo assistendo sembra un dialogo tra sordi. IL M5s non vuole fare un inciucio con Silvio Berlusconi, la Lega non vuole fare accordi con Matteo Renzi che nonostante le dimissioni da segretario continua a condizionare la linea politica del Pd, mentre i forzisti non sono disponibili ad un governo a guida grillina.
Intanto, Luigi Di Maio, leader del partito che ha ottenuto i maggiori consensi elettorali, ribadisce in ogni intervista che non può essere che lui il presidente del Consiglio del prossimo governoMatteo Salvini è disponibile a rinunciare alla premiership, ma non a rompere l’unità del Centrodestra. Il Pd renziano non intende dialogare con i populisti, vale a dire con il M5s e la Lega e che, pertanto, resterà all’opposizione.
Stando così le cose e se nei prossimi giorni nessuna forza politica farà un passo indietro la formazione di un governo sarà impossibile. Il successo elettorale grillino e leghista potrebbe trasformarsi in una vittoria di Pirro.
In attesa che si trovi una soluzione i mercati finanziari stanno alla finestra, ma il tempo a disposizione dei partiti sta per scadere. La soluzione? Un inciucio M5s e Centrodestra a guida leghista rimane l’ipotesi più probabile. L’alternativa è un ritorno alle elezioni con un governo del Presidente, sempreché il Pd, liberatosi dall’influenza renziana, non torni a fare il salvatore della Patria rendendosi cioè disponibile a sostenere l’ennesimo governo di unità nazionale.
Nel frattempo, mentre assistiamo a questa ridicola sceneggiata,  i lavoratori precari continuano a vivere nell’incertezza del futuro, i disoccupati restano in attesa di un'occupazione, i pensionati al minimo non hanno neanche i soldi per pagare i ticket sanitari ed i poveri continuano a sopravvivere con le elemosine di Stato. 


lunedì 26 marzo 2018

Inciucio doveva essere ed inciucio sarà


L’approvazione del ‘Rosatellum’ aveva come scopo quello di favorire un governo di ‘larghe intese’, ma l’accordo che si prospetta è completamente diverso da quello auspicato da Matteo Renzi e da Silvio Berlusconi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, Matteo Salvini
(foto da lindro.it)
L’introduzione di una quota maggioritaria nella legge elettorale voluta dal Partito democratico e da Forza Italia avrebbe dovuto favorire la formazione di un governo ‘centrista’. Così non sarà. Gli elettori hanno penalizzato i due leader ‘moderati’ e premiato i cosiddetti populisti, vale a dire i grillini ed i leghisti.
L’inciucio ‘auspicato’, ma mai indicato apertamente prima delle elezioni del 4 marzo, non è realizzabile, almeno nella forma desiderata. L’ipotesi fatta da Silvio Berlusconi di un governo di Centrodestra con l’appoggio dei ‘renziani’ non è ancora del tutto esclusa. Essa potrebbe assumere la forma di un esecutivo del Presidente, cioè di un governo di ‘larghissime intese’ che abbia lo scopo di garantire la governabilità e la stabilità economica e finanziaria del Paese.
Ma le vicende dell’elezione dei presidenti delle Camere suggeriscono un percorso diverso. Un accordo tra il M5s e il Centrodestra a guida leghista è, oggi, l’ipotesi più plausibile. Inciucio doveva essere ed inciucio sarà, ma le forze politiche protagoniste dell’accordo non saranno il Pd e Fi, bensì il M5s e la Lega. Si sta per realizzare l’ennesimo capolavoro politico di Matteo Renzi e di quanti in questi anni l’hanno sostenuto alla guida del Partito democratico e del Centrosinistra. 
Intanto, mentre i nuovi deputati e senatori occupano gli scranni di Palazzo Madama e di Montecitorio e discutono di incarichi istituzionali, i disoccupati, i pensionati al minimo ed i poveri continuano ad aspettare che qualcuno si adoperi affinché anche loro possano vivere in modo dignitoso.


martedì 6 marzo 2018

Elezioni: non hanno vinto il M5s e la Lega, ha perso la Sinistra


L’exploit elettorale dei grillini e dei leghisti è avvenuto perché la classe dirigente progressista non sa più rappresentare gli interessi dei ceti  medio - bassi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da comune.lesignano.debagni.pr.it
La Sinistra italiana non ha mai governato da sola, ma più volte ha sostenuto governi di Centrosinistra o di ‘larghe intese’. Quasi sempre lo ha fatto ponendosi come ‘salvatore della patria’, anteponendo, cioè, gli interessi del Paese a quelli delle classi medio – basse che dovrebbe rappresentare e tutelare. Così è stato nel 1945, alla fine degli anni Settanta, all’inizio degli anni Novanta e nel 2011 con i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Ed ha sempre pagato la partecipazione a queste maggioranze di ‘necessità’ con clamorose sconfitte elettorali. Anche questa volta è stato così. Perché?
Innanzitutto ci sono motivazioni culturali. Gli italiani sono un popolo cattolico ed individualista, sono cioè restii ad assumersi le proprie responsabilità (nella religione cattolica la remissione dei peccati è sempre possibile, quindi perché essere responsabili?) e non hanno il senso della comunità e difficilmente perseguono il ‘bene comune’. Da qui le difficoltà della Sinistra a conquistare la fiducia degli elettori. Ed è per questo che i progressisti per tentare di rendere più giusta ed equa la società sono disponibili al compromesso ed a sostenere maggioranze ‘allargate’ di Centrosinistra.
Foto da repubblica.it
Il secondo motivo è il declino delle ideologie e della politica fatta porta a porta. Fino alla fine degli anni Ottanta i partiti avevano una base territoriale solida e le classi dirigenti provenivano dalla periferia, avevano quindi una buona conoscenza delle condizioni di vita delle classi meno abbienti. Essi erano portatori dei bisogni e dei valori che scaturivano dal ‘popolo’. Oggi non è più così. Nella cosiddetta seconda repubblica la politica non ha più basi ideologiche solide. E’ diventata ‘mediatica’ ed il confronto si svolge, prevalentemente, nei ‘salotti televisivi’. Questa prassi ha finito per ‘oscurare’ i temi che riguardano i bisogni sociali della maggioranza dei cittadini, soprattutto di quelli che vivono nelle periferie o in provincia. Le élite sono diventate autoreferenziali, pensano ed agiscono come se il ‘mondo’ iniziasse e finisse a nei luoghi di potere. In particolare le classi dirigenti del Centrosinistra e di parte della Sinistra non solo si sono affidate alla cultura della leadership, ma, vivendo in un contesto sociale privilegiato, non sono più in grado di comprendere e difendere gli interessi economici e sociali delle classi lavoratrici.
Cosa ne sanno Maria Elena Boschi o Pietro Grasso di come si vive senza lavoro o con una pensione di 500 euro al mese? Come fanno Massimo D’Alema o Matteo Renzi a comprendere i disagi sociali di chi vive nelle periferie? La conseguenza di questo distacco ideologico è ovvia: le categorie a rischio esclusione sociale (disoccupati, precari, pensionati, poveri), soprattutto nel Sud, ma non solo, non si sentono più rappresentate dall’élite politica di Sinistra e finiscono per sostenere i movimenti antisistema come la Lega di Salvini e soprattutto il M5s. 
Viola Carofalo (foto da ancorafischiailvento.org)
Porre rimedio a questo declino politico non è impossibile, ma occorre ripartire dal basso e soprattutto mettere da parte gli individualismi, ci sono troppi presunti leader e troppe sigle che fanno riferimento agli stessi principi progressisti. I valori messi in campo da Potere al popolo, formazione politica nata dal territorio, potrebbero essere una buona base di partenza, ma ovviamente non bastano, essi vanno integrati e condivisi con tutte le altre formazioni che si richiamano agli stessi principi di Sinistra. E’ complicato e difficile ma è l’unico modo per dare una speranza a chi oggi si affida alla destra legista o al populismo grillino.


martedì 27 febbraio 2018

La legge del contrappasso di Matteo Renzi si chiama Rosatellum


Il sistema elettorale con cui andremo al voto il 4 marzo è stato concepito per favorire un governo di ‘larghe intese’, ma potrebbe trasformarsi nell’ennesima sconfitta elettorale del Pd di Matteo Renzi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi - (da globalist.it)
Nelle prossime elezioni politiche agli elettori che si recheranno alle urne per esercitare il loro diritto voto saranno consegnate due schede, una per la Camera dei deputati ed una per il Senato della Repubblica. Per evitare che esse siano annullate basterà mettere su ognuna di esse un solo segno sul candidato o sul simbolo della lista che s’intende votare. Questo è sufficiente perché, nella quota proporzionale, le liste sono bloccate. I canditati, infatti, non saranno eletti in base al numero di voti ottenuti, ma secondo l’ordine con cui essi sono stati inseriti nell’elenco e, ovviamente, se si rientra nel numero di seggi che saranno attribuiti alla lista. Inoltre, il voto disgiunto non è ammesso, le schede con l’indicazione di un simbolo per il proporzionale ed un altro per il maggioritario saranno annullate.
Fac simile della scheda elettorale - (da interno.gov.it)
Con questo meccanismo molti consensi andranno ad aggiungersi ad una lista diversa da quella indicata dagli elettori. E’ una vera e propria ‘furbata’, perché i voti ottenuti dai partiti più piccoli, quelli che non raggiungeranno lo sbarramento del 3%, finiranno per essere attribuiti alla formazione politica più grande della coalizione. I consensi ottenuti dai radicali (+Europa), ad esempio, potrebbero eleggere un rappresentante di Civica popolare di Beatrice Lorenzin e viceversa, ma soprattutto favoriranno i candidati del Partito democratico. Lo stesso avverrà con i ‘cespugli’ del Centrodestra. Il sistema elettorale voluto dal segretario del Pd, Matteo Renzi, e votato da Forza Italia e dalla Lega (i soli, peraltro, che si avvantaggeranno del sistema nella quota maggioritaria) è poco democratico. L’obiettivo era ed è quello di imporre un meccanismo che consenta ‘solo’ un governo di ‘larghe intese’. Le liste bloccate, l’impossibilità del voto disgiunto ed un sistema che renda difficile ad un partito o ad una coalizione il raggiungimento della maggioranza assoluta nelle due Camere, ma che, nello stesso tempo, renda possibile un esecutivo di ‘larghe intese’, è stato realizzato perché ritenuto funzionale alle ambizioni politiche di Matteo Renzi. L’ex sindaco di Firenze ha emarginato la Sinistra interna, ma per completare il disegno politico Silvio Berlusconi deve fare altrettanto con l’ala destra della sua coalizione. Lo scopo è di riaffermare un governo centrista, e magari, successivamente, unire le forze per costruire una nuova formazione moderata onnicomprensiva, come ai tempi della Democrazia cristiana. Ma il segretario del Pd non ha fatto bene i conti e potrebbe subire l’ennesima sconfitta elettorale e con lui tutta la Sinistra. Oggi l’ipotesi più probabile è, com’è avvenuto il 5 novembre scorso in Sicilia, una vittoria della coalizione di Centrodestra, sia pure con numeri risicati. L’alternativa potrebbe essere quella che il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, definisce ‘l’inoperatività del governo italiano’, vale a  dire la necessità di formare un governo del Presidente con il solo scopo di tornare, in tempi brevi, alle urne.


venerdì 9 febbraio 2018

Per il 4 marzo adottiamo il Pil della felicità


'Il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per quest'obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita'. Enrico Berlinguer, 7 gennaio 1884

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Enrico Berlinguer - (foto da it.wikipedia.org)
La vita è un bene prezioso e non può essere sprecata con la logica dei numeri e della crescita economica ad ogni costo. Lo scopo primo di una moderna cultura politica deve essere quello di adoperarsi per creare le condizioni affinché i propri cittadini, nessuno escluso, possano vivere in modo dignitoso. Ed oggi questo può avvenire solo con un'equa redistribuzione della ricchezza prodotta. Il prossimo 4 marzo saremo chiamati ad eleggere i deputati ed i senatori che nei prossimi cinque anni legifereranno e governeranno il Paese. Ecco alcune proposte che i futuri gruppi parlamentari potrebbero impegnarsi a realizzare. 
Lavoro. Nel nostro Paese ci sono oltre tre milioni di disoccupati ed altrettanti Neet, cioè persone che non hanno un lavoro, non lo cercano e non studiano. A questi vanno aggiunti tutti coloro che hanno un'occupazione precaria o un lavoro irregolare. Quest’ultimo non solo è temporaneo ma è anche senza tutele e diritti.Le misure per ridurre le conseguenze sociali di questa drammatica situazione potrebbero essere: incrementare gli investimenti pubblici, adottare adeguate politiche industriali, accrescere gli incentivi all’occupazione, soprattutto nel Sud, ridurre le ore di lavoro a parità di salario o stipendio. Insomma, lavorare meno per lavorare tutti.
Foto da worldhappiness.report
Questione meridionale. Tutti i dati statistici ed i report che sono stati pubblicati negli ultimi anni dai vari enti di ricerca evidenziano un crescente divario economico e sociale tra le diverse aree geografiche dell’Italia. Il taglio d’investimenti pubblici e privati nel Sud del paese ha accresciuto il numero di disoccupati e di coloro che vivono in una condizione di esclusione sociale. Con questa situazione è inevitabile l’aumento del fenomeno migratorio verso il Centro - Nord, ma oggi non si tratta più di contadini che partono con la valigia di cartone, bensì di giovani diplomati o laureati. La condizione di sottosviluppo strutturale in cui si trova il Meridione è così accentuata dall’abbassamento del livello culturale e sociale dei residenti nelle regioni del Sud.
Lotta alla povertà. Oltre un milione e mezzo di famiglie, cioè circa quattro milioni e mezzo di persone vivono in condizioni di povertà assoluta. Garantire una vita dignitosa a tutti i cittadini è un obbligo costituzionale oltreché una questione etica. A tale scopo l’eliminazione dei ticket sanitari e l’erogazione di unreddito minimo a chi non lavora o non può lavorare è il minimo che una società civile ed evoluta possa ipotizzare. Insomma, anziché continuare a produrre beni o servizi utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, dobbiamo adoperarci per la felicità di tutti gli essere umani.
Foto da worldhappiness.report
Pensioni d’oro. Porre un tetto alle indennità pensionistiche e stabilire un importo minimo per quelle più basse. Inoltre, non erogare alcuna pensione a chi continua a lavorare e non ha necessità di un ulteriore reddito oltre a quello percepito.
Ridurre le tasse ai ceti medio - bassi. Aumentare l’imposizione per i redditi ed i patrimoni più alti e ridurre, invece, le imposte ai redditi medio - bassi.
Legare l’obbligatorietà dell’Imu e delle altre imposte locali al reddito percepito. In particolare abolire quelle per le piccole attività artigianali e commerciali.
Diritti. Semplificare le procedure per acquisire la cittadinanza italiana introducendo il principio del ‘diritto di suolo’.
Ridurre i vincoli burocratici e semplificare la legislazione. Le leggi dovrebbero avere come scopo quello di tutelare i più deboli. Invece la complessità normativa ed il suo linguaggio astruso sono utilizzati da chi è 'ricco' per mantenere il suo potere ed il suo status.
Astenersi dal proporre nuove riforme del sistema scolastico. Dopo i disastri prodotti dalla legge sulla #buonascuola, dalla riforma Gelmini e prima ancora da quella di Luigi Berlinguer, sarebbe opportuno non introdurre ulteriori norme sull'istruzione pubblica.
AmbienteAdottare un piano che rimuova tutte le fonti energetiche inquinanti. Incentivare la riduzione degli sprechi alimentari. Favorire la cooperazione e la solidarietà.
Costruire una società che sia più giusta e che dia a tutti le stesse opportunità è possibile, ma è necessario continuare a resistere e lottare per poterla realizzare.


martedì 26 dicembre 2017

Banca Etruria e le tre 'scimmiette'


Quando i siciliani, e non solo, non intendono immischiarsi in una vicenda ‘poco chiara’ fanno finta di non saperne nulla nella consapevolezza che è meglio non inimicarsi i ‘poteri forti’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi - (foto da investireoggi.it)
Le comunicazioni fatte nei giorni scorsi davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare dai responsabili del controllo sulle banche e sul risparmio è stato simile a quello delle tre ‘scimmiette’ che è come dire:‘non vedo, non sento, non parlo’. Il senso delle loro dichiarazioni, in relazione alle presunte ingerenze su Banca Etruria fatte dall’ex ministra delle Riforme del governo di Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, è interpretabile. L’attuale sottosegretaria dell’esecutivo di Paolo Gentiloni avrebbe chiesto solo informazioni ma non avrebbe fatto ‘pressioni’, è questo il senso delle comunicazioni di Giuseppe Vegas (Consob), Ignazio Visco (governatore della Banca d’Italia) e dall’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni. Insomma, è come se avessero ‘detto e non detto’ per non inimicarsi i ‘poteri forti’.
Giuseppe Vegas, Pier Carlo Padoan, Ignazio Visco, Federico
Ghizzoni - (foto da lettera43.it)
Le vicende della banca aretina dimostrano, ancora una volta, come i sistemi di controllo sul risparmio siano inutili e di come la politica e, più in generale, la classe dirigente utilizzino gli enti pubblici come fossero ‘cosa loro’, li adoperano, cioè, per favorire questo o quell’amico nella più totale indifferenza per la sorte degli investimenti fatti, spesso inconsapevolmente, dai piccoli risparmiatori. L’esponente del Partito democratico nelle ultime settimane ha incontrato i responsabili della vigilanza sulle banche. Lo scopo era avere informazioni sul tentativo di salvataggio di Banca Etruria che, è bene ricordarlo, è stata amministrata, con un ruolo di primo piano, dal padre della sottosegretaria.Il conflitto d’interesse era evidente eppure Maria Elena Boschi ritiene di non avere nulla da rimproverarsi e, pertanto, non è disposta a rinunciare al suo incarico. Inoltre, l’ex ministra ha negato di essersi occupata della vicenda asserendo che non ha fatto ‘pressioni’, ma è intervenuta solo per avere ‘info’ (informazioni). Ma, la principale collaboratrice dell’ex sindaco di Firenze pensa veramente che gli italiani siano così ingenui? Del resto c’era da aspettarselo, se non si è dimessa dopo la sconfitta nel referendum costituzionale, perché avrebbe dovuto farlo adesso e rinunciare alla candidatura nelle prossime elezioni politiche? Se poi questo significa far crollare definitivamente il Pd e con esso il Centrosinistra, pazienza, ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’. Del resto,l’obiettivo di Matteo Renzi è un governo di larghe intese, e magari Maria Elena tornerà a fare la ministra delle Riforme, non importa di quali, ciò che conta è il potere e la poltrona, come nel peggior trasformismo democristiano, che ancora oggi continua ad essere praticato diffusamente dai deputati e dai senatori di tutti gli schieramenti. 


mercoledì 22 novembre 2017

Il tentativo di Piero Fassino ed il gioco delle tre carte


Perché il segretario dei democratici sta cercando solo ora il dialogo con la Sinistra? E, in secondo luogo, perché non s'impegna direttamente in quest’opera di ‘ricompattamento’?

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Piero fassino - (foto da tg24,sky,it)
Piero Fassino ha ricevuto da Matteo Renzi l’incarico di contattare le forze politiche del Centrosinistra per formare in vista delle elezioni del prossimo anno una lista unitaria in grado di competere con quella del Centrodestra e con il M5s. Lo scopo dovrebbe essere quello di dare vita ad uno schieramento che comprenda le forze moderate e quelle di Sinistra ‘senza nessuna preclusione’. In realtà il leader democratico punta ad una formazione che aggreghi sia i centristi di Angelino Alfano che le forze politiche che si stanno raccogliendo nella lista di Giuliano Pisapia ‘Campo progressista’. In sostanza intende costruire una compagine elettorale che escluda Mdp, Si e Possibile, un’aggregazione, cioè, che non metta in discussione le politiche fin qui adottate dal Governo e soprattutto che non contesti l’attuale leadership di Matteo Renzi.
Walter Veltroni -(foto da it.wikiquote.org)
L’ambizione dell’ex sindaco di Firenze è intercettare i voti progressisti e di governare senza dover mediare con i leader della Sinistra. A dimostrarlo sono le scelte ‘moderate’ fatte in questi anni dall’Esecutivo. Ecco qualche esempio. Il Job Act che ha abolito l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, il bonus alle aziende che assumevano a tempo indeterminato, la riforma della #buonascuola che ha accresciuto i poteri dei dirigenti e che dopo aver assunto i precari storici li ha deportati in tutta Italia lasciando nella provincia di residenza chi invece non aveva mai insegnato. A ciò si devono aggiungere la mancanza di adeguate politiche sociali e piani d'investimento per il Mezzogiorno nonchè le riforme elettorali fatte con il solo scopo di ottenere maggiori consensi. Matteo Renzi, è bene ricordarlo, ha governato con i voti presi dal Pd di Pier Luigi Bersani ed è diventato segretario dei democratici per ‘rottamare’ le vecchie politiche e rinnovare la classe dirigente, ma nella sostanza ha escluso solo la parte Sinistra del partitoI Fassino, i Veltroni, la Finocchiaro, i Cuperlo, gli Orlando, gli Emiliano, ecc. cos’hanno di più o di meno che, ad esempio, D’Alema non ha? La ‘rottamazione’ si è limitata alla Sinistra del Pd forse perché quest'ultima si è rifiutata di fare politiche moderate? E la si vuole escludere dal Centrosinistra perché nel prossimo Parlamento si vogliono avere le mani libere per formare un governo di Centro? Il piano di Renzi è chiaro ed il tentativo di Piero Fassino assomiglia molto al gioco delle tre carte. E non si comprendono e per certi aspetti sono ridicole le 'invocazioni' all’unità fatte in questi giorni da Walter Veltroni, l'ex segretario del Pd che nel 2008 perse con dieci punti percentuali di distacco da Silvio Berlusconi.Ma dov’erano questi ex comunisti quando Renzi attaccava D’Alema o diceva ‘Fassina chi?’ o twittava #staiserenoenrico o i 100 franchi tiratori affossavano la candidatura di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica? Far finta di non ricordare non è corretto. Le recenti sconfitte elettorali del Centrosinistra (referendum costituzionale, amministrative di Torino, Roma, Genova, Liguria e Sicilia) dovrebbero far riflettere i dirigenti storici del partito, invece essi si adeguano ed anzi assecondano la linea del segretario che ha come obiettivo solo quello di mantenere i consensi attuali per farli valere in un futuro governo di larghe intese, con Renzi premier ovviamente.



martedì 24 ottobre 2017

I veneti ed i lombardi vogliono ‘affamare’ il Sud


Il tasso di disoccupazione nelle regioni del Nord è tornato ai livelli pre-crisi, il reddito pro-capite è il più alto del Paese, ma tutto questo non basta, i leghisti vogliono anche le 'briciole', quelle che finora hanno garantito un minimo di sviluppo economico anche al Sud  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luca Zaia - (foto da wikipedia.org)
Il risultato del referendum consultivo che si è svolto domenica in Lombardia ed in Veneto era scontato. La richiesta di maggiore autonomia da parte delle regioni è prevista dall’articolo 116 della Costituzione, pertanto la consultazione voluta dalla Lega aveva solo finalità politiche ed è stata uno spreco di denaro pubblico. Il principale obiettivo dei veneti e dei lombardi erano e sono i soldi, sono le risorse tributarie che essi versano allo Stato. Il mezzo per raggiungere tale scopo è la riduzione della cosiddetta sperequazione fiscale, vale a dire della redistribuzione delle risorse che è alla base del principio di solidarietà sancito negli articoli 2 (‘dovere di solidarietà politica, economica e sociale’) e 53 (principio della capacità contributiva) della Costituzione. Chi vive nel benessere, dopo essersi arricchito utilizzando il Meridione come mercato di sbocco per i prodotti delle proprie imprese, ora vuole tutto, vuole ‘affamare’ il Sud.
Bandiera del Veneto - (foto da wikipedia.org)
Una terra dove le condizioni di povertà ed esclusione sociale di gran parte della popolazione non consentono di avere risorse finanziarie sufficienti per garantire i servizi pubblici essenziali. L’accusa di sprechi e di cattivo governo degli amministratori meridionali ripetuta con enfasi dai leghisti non sono sufficienti a spiegare il ritardo economico in cui versa da sempre il Mezzogiorno.Tante volte nel corso dei secoli i tentativi di emancipazione delle classi sociali più povere sono state represse nel sangue, basta ricordare la repressione fatta in Sicilia da Garibaldi nel 1860 e la strage di Portella della Ginestra nel 1947 o il controllo del territorio operato dalla mafia con il consenso implicito delle istituzioni pubbliche nazionali e locali. Inoltre, per il governatore Luca Zaia e soprattutto per tanti veneti e lombardi la richiesta di maggiore autonomia è solo un primo passaggio verso la secessione. L’Italia è ‘una e indivisibile’, sancisce l’articolo 5 della Costituzione. E’ quindi giuridicamente impossibile che l’eventuale ‘scissione’ possa avvenire pacificamente. Chi pensa diversamente si sbaglia. Di certo se dovesse venir meno il principio di solidarietà fiscale tra le regioni a chiedere la separazione dovrebbero essere i meridionali e non i leghisti veneti o lombardi.  



sabato 30 settembre 2017

Rosatellum bis ovvero prove d’inciucio tra il Pd e Fi


La nuova proposta elettorale del Pd sembra fatta su misura per consentire un accordo post elettorale tra il partito di Matteo Renzi e quello di Silvio Berlusconi 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi - (foto da alganews.it)
Il Partito democratico ha presentato un disegno di legge per modificare l’attuale sistema elettorale. La proposta prevede un sistema misto, il 64% dei deputati e dei senatori sarebbe eletto con il sistema proporzionale ed  il restante 36% con il sistema uninominale. La soglia di sbarramento per le singole liste scenderebbe al 3%, mentre per le coalizione sarebbe del 10%. 
Fotot da affariitaliani.it
L’iniziativa dei democratici ha il consenso dei forzisti, della Lega e di Ap. Lo scopo è quello di evitare un impasse post elettorale che con la legge in vigore è quasi certo. Stando ai sondaggi il Pd e il M5s sono tra il 25% ed il 30% dei consensi, mentre nel Centrodestra Fi e la Lega sono intorno al 15% ciascuno e Fdi potrebbe raggiungere il 4%. Le forze di Sinistra, Mdp, Si, Campo progressista e Possibile tutte insieme potrebbero raggiungere il 10% dei voti. Con questa situazione nessuna forza politica sarebbe in grado di superare la soglia del 40% necessaria per ottenere il premio di maggioranza. Inoltre, tutti i possibili accordi post elettorali non consentirebbero a nessuna forza politica o coalizione di raggiungere  la maggioranza in Parlamento, l’empasse sarebbe totale.  Inoltre, con la legge elettorale in vigore, per l’ex sindaco di Firenze sarebbe difficile tornare a Palazzo Chigi. Da qui la proposta di modifica con l’introduzione di una quota maggioritaria che consentirebbe alle colazioni di avere un maggior numero di parlamentari e di conseguenza la possibilità di formare un governo centrista con il Pd, Fi e quello che rimane degli altri cespugli al centro dello schieramento politico. L’alternativa potrebbe essere solo un governo del Presidente con una maggioranza parlamentare di unità nazionale sostenuta oltre che dal Pd, anche da Fi e dalla nascente forza di Sinistra chiamata ancora una volta a rimediare ai malgoverni centristi o di destra. Il presidente del Consiglio potrebbe essere lo stesso Paolo Gentiloni o il ministro dell’Interno Marco Minniti. Lo scopo principale sarebbe quello di garantire la stabilità di governo necessaria per evitare le turbolenze finanziarie che si potrebbero scatenare sul nostro Paese come nel 2011. Tutto dipenderà dal risultato che uscirà fuori dalle urne, in particolare da quanti consensi riuscirà ad ottenere la nascente forza di Sinistra che ancora non esiste, ma che è già oggi l’ago della bilancia nel futuro panorama politico italiano.



martedì 19 settembre 2017

Il candidato Di Maio ed i 7 ‘nani’


La democrazia diretta del M5s fa flop ancora una volta, il candidato alle ‘primarie’ per le prossime elezioni politiche è, in sostanza, uno solo, Luigi Di Maio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio (foto dal suo profilo facebook)
La mancata partecipazione alle ‘primarie’ per la candidatura alla Presidenza del consiglio ed a leader del M5s da parte di Alessandro Di Battista e di Roberto Fico rischia di trasformarsi in boomerang mediatico per tutto il MoVimento. Anziché una vera e democratica competizione, le ‘primarie' grilline sembrano un atto studiato a tavolino per incoronare in perfetto stile ‘bulgaro’ il leader in pectore Luigi Di Maio. Gli altri competitor sono degli sconosciuti e come sostiene ironicamente il democratico Gero Grassi: ‘Sono sette come i nani di Biancaneve’. Ecco chi sono. Elena Fattori, parlamentare, 51 anni, di Rimini, che così ha commentato la sua candidatura su facebook: ’Ho voluto metterci la faccia, come hanno fatto Luigi Di Maio e gli altri. Chi è nel M5s non usa queste votazioni per pesarsi e organizzarsi in correnti interne, come fanno gli altri partiti’. Vincenzo Cicchetti, 61 anni, di Riccione, è un imprenditore informatico. ‘Ho deciso di candidarmi per sfidare Grillo e il suo Movimento perchéla coronazione di Di Maio è uno schiaffo al Paese e ai nostri giovani’. Ed ancora: ‘Sì all'esperienza, alla competenza, al merito, alla fatica, al lavoro serio e responsabile. No all'arrivismo, al pressappochismo, al parassitismo, all'inefficienza, al paraculismo, all'improvvisazione’.
I candidati alle primarie del M5s (foto da video.corriere.it)
Andrea Davide Frallicciardi, 39 anni, impiegato e musicista, ex capogruppo a Figline Valdarno, è un perito elettronicoHo pubblicato costantemente il mio 730anche se non ero obbligato a farlo, ma ne sentivo il dovere a dimostrazione del fatto di non aver mai ottenuto alcun beneficio dall’incarico che stavo svolgendo’. Ed ancora: ‘Ho creduto e credo fortemente negli ideali che Beppe Grillo ci ha dato modo di esprimere fin dalla prima ora e da quelli non mi sono spostato di una virgola’. Si candida "per un motivo fondamentale: riportare in prima fila i cittadini’. Domenico Ispirato, 54 anni, geometra, napoletano trasferitosi a Verona ha partecipato alle amministrative del 2012. Nella sua dichiarazione d’intenti afferma: Costretto a cambiare la mia professione, ho preso un diploma alberghiero per fare il cuoco’Ed ancora: ‘Quanto esiste nei principi ed i valori del M5S espressi sia nel No-Statuto sia nel regolamento si configurano appieno con lo spirito della mia persona’. Gianmarco Novi, 40 anni, monzese, è stato consigliere del comune dal 2012 al 2017. Ecco come si descrive:’Imprenditore nel settore delle energie rinnovabili, cintura nera di arti marziali tradizionali cinesi. Da 3 anni per motivi di salute etici ed ambientali seguo una dieta vegana e fruttariana’Ha presentato la sua candidatura postando un video su youtube in cui propone: ‘L’istituzione di una moneta di proprietà dello Stato’ e ‘non più lo Stato italiano che si indebita con le banche private ma una banca di Stato proprietà dei cittadini’. Il suo obiettivo è ‘riportare in Italia la Sovranità Monetaria, istituire il Bilancio Partecipativo Statale, istituire i Referendum Dispositivi e Abrogativi sul modello Svizzero’. Nadia Piseddu, 28 anni, di Vignola, è un’ingegnere aerospaziale. In un video così si descrive:’Nonostante i tanti sacrifici fatti dalla mia famiglia, ho avuto la fortuna di studiare e credo che questa fortuna debba essere restituita’. Ed ancora: ‘Come detto durante la mia campagna elettorale del 2014, la filosofia del M5S non può essere imparata e messa in pratica da coloro i quali fino ad ora hanno dimostrato di fare il contrario di quanto da noi sostenuto’. Marco Zordan, 43 anni, di Arzignano è un artigiano, ex assessore a Serego, si presenta ricordando i risultati raggiunti come amministratore: ’Abbiamo trovato un Comune dove le email venivano stampate e poi scansionate per essere protocollate. Tutti i documenti protocollati venivano stampati in doppia copiaOra ‘fax, email si scaricano automaticamente nel protocollo; le delibere  e le determine comunali sono tutte firmate digitalmente’.

Fonte beppegrillo.it


lunedì 14 agosto 2017

Abusivi per necessità o speculatori? Per Luigi Di Maio sono ‘solo’ elettori


‘Hanno detto che ero un sindaco demolitore. Ma demolire non è una scelta politica: è un obbligo di legge. È questo il messaggio che mette in pericolo la mia incolumità. Vivo sotto scorta per aver fatto rispettare la legge’, Angelo Cambiano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Licata, manifestazione contro le demolizioni
 (foto da palermo.repubblica.it)
Il sindaco di Licata ha dovuto lasciare il suo incarico. Angelo Cambiano, diventato famoso per aver firmato le ordinanze di demolizione delle opere abusive costruite nel territorio del suo comune, è stato sfiduciato dal Consiglio comunale. Decisivi sono stati i voti dei consiglieri di maggioranza, in particolare quelli del gruppo 'alfaniano'. Le numerose minacce non erano riuscite a fermare l'azione di legalità avviata dal Primo cittadino di Licata, ma, come accade spesso nel nostro Paese a farlo sono stati i rappresentanti eletti dai cittadini, quelli che si lamentano sempre della cattiva politica e che, nello stesso tempo, sono poco rispettosi delle più elementari regole di convivenza civile.
Luigi Di Maio - (foto da adnkronos.com)
A poche settimane dal voto per eleggere il Governatore e l'Assemblea regionale in Sicilia l'esponente grillino Luigi Di Maio ha dichiarato: ‘Se l’abusivismo è colpa della politica la casa resta un diritto’. La promessa elettorale è chiara: coloro che riusciranno a dimostrare che il mancato rispetto delle regole è stato causato dalla 'cattiva politica' otterranno il condono sugli immobili costruiti abusivamente. Le parole del ‘probabile’ candidato premier del M5s, oltre a rinnegare quanto affermato dai grillini fino ad oggi, ricordano quelle dei forzisti nella campagna elettorale del 2001, quando il Centrodestra vinse le elezioni politiche in Sicilia con un secco 61 a zero. Allora, la promessa fu mantenuta ed il governo di Silvio Berlusconi fece approvare dalla sua maggioranza parlamentare il condono fiscale e quello edilizio. Ora ci riprovano i grillini.
Angelo Cambiano - (foto da licatanotizie.net)
L'opinione di Graziano Delrio è invece di piena solidarietà ad Angelo Cambiano. Ecco cosa ha dichiarato: ‘Ruspe unico deterrente all’abusivismo, sindaco di Licata un eroe’. L'unico mezzo per ripristinare la legalità è - per il ministro delle Infrastrutture - la demolizione degli immobili costruiti senza il rispetto delle regole.
I ritardi e le inefficienze della Pubblica amministrazione italiana sono noti, ma questi non possono giustificare coloro che si fanno beffe delle leggi dello Stato. Per quanto possa essere doloroso, l'atto d’illegalità compiuto per costruire la propria casa non può essere giustificato dalla ‘necessità’ e dal ‘sacrificio’ economico o dalla ‘cattiva politica’. Le regole, oltre ad essere alla base di qualunque convivenza civile, sono l’unico strumento per garantire i diritti dei ceti più deboli della società. L’abusivismo è un atto tipico di una certa cultura retrograda, di chi ritiene di poter fare tutto in barba a qualunque disposizione o al semplice buonsenso. Si fa, cioè, affidamento sull’inefficienza della macchina amministrativa e giudiziaria. Pertanto, chi s’intestardisce ad applicare le regole è visto con diffidenza ed occorre metterlo da parte. Questo è quello che è avvenuto a Licata. Ora, con la sfiducia dei consiglieri ed il ‘beneplacito’ di Luigi Di Maio, rientriamo nella ‘normalità' fatta di grandi e piccole illegalità che spesso restano impunite.


venerdì 11 agosto 2017

Una Sinistra 2.0 è possibile, ma occorre essere flessibili e generosi


La Sinistra italiana è una galassia che fatica ad aggregarsi in un unico soggetto politico, perché? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Enrico Berlinguer (foto da samizdatonline.it)
Stando agli ultimi sondaggi il Pd, dopo la scissione della minoranza, ha un consenso tra il 26 ed il 27%, mentre la nuova formazione Articolo 1 - Mdp si aggirerebbe intorno al 3%, Sinistra Italiana e Campo progressista di Pisapia sono entrambe sul 2%, ancora meno il movimento Possibile guidato da Pippo Civati e Rifondazione comunista. I rilevamenti statistici a campione non sempre corrispondono alla realtà, ma esprimono un’indicazione, sia pure approssimativa, dell’opinione pubblica. Allora è lecito chiedersi, perché i movimenti di Sinistra hanno un appeal così limitato? E’ un problema di visibilità? E’ la mancanza di una leadership unitaria adeguata? E’ la conseguenza di una proposta politica obsoleta? O, infine, è il risultato della scarsa compattezza dei vari movimenti che dovrebbe costituire il nuovo partito?Le risposte a queste domande sono dirimenti e possono darle solo i militanti. E’ un lavoro difficile, ma è indispensabile se si vuole dare forza e sostanza alla nuova compagine politica.
Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo
(foto da temi.repubblica.it)
I mezzi che si possono utilizzare sono diversi a cominciare dai circoli, ma ci sono anche la Rete e le nuove tecnologie. Un partito liquido e social, democratico ed egualitario, aperto al confronto e alle innovazioni, che combatte le ingiustizie ed i privilegi, che si fa carico degli ultimi, insomma una Sinistra 2.0 è possibile, ma, oltre ad essere ambiziosi, è necessario essere generosi e flessibili nelle proposte e nelle idee che si vogliono affermareNon si tratta di fare un copia ed incolla del blog di Beppe Grillo, ma, oggi, un sito web che dia la possibilità agli iscritti di confrontarsi con i dirigenti nazionali è indispensabile se si vogliono dare basi solide ad un movimento politico. Inoltre, in politica mai dire mai. Escludere a priori ogni forma di dialogo con il Pd o il M5s è autolesionistico, ma lo è, anche, presupporlo come inevitabile.
Foto da repubblica.it
Renzi potrebbe fare un passo di lato ed i grillini, per evitare di rimanere altri cinque anni ai margini del potere, potrebbero accettare il dialogo. E’ assai difficile che queste ipotesi si verifichino, ma non si possono escludere a priori, tutto dipenderà dal risultato delle prossime elezioni politiche. Del resto non si può neanche ipotizzare un grande movimento politico che ha come unico obiettivo quello di andare all’opposizione. In Italia non esistono schieramenti con maggioranze assolute, pertanto se la Sinistra vuole governare deve accettare il compromesso, anzi è l’unico strumento che ha per attuare politiche di giustizia sociale, per dare, cioè, una opportunità a chi non ha un lavoro e vive in una condizione di povertà assoluta o di disagio sociale.


domenica 16 luglio 2017

E’ proprio vero, siamo ‘il Paese delle meraviglie’


I dati statistici usciti negli ultimi giorni confermano la crescita delle disuguaglianze e delle ingiustizie e di come, contemporaneamente, gli amministratori pubblici continuino a spendere risorse finanziarie per creare enti inefficienti e spesso inutili

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Maurizio Crozza - (foto da youtube.com)
Nel mese di maggio il debito pubblico è arrivato alla cifra mostruosa di 2.278,9 miliardi di euro, in aumento di 8,2 miliardi rispetto al mese precedente. Nonostante ciò il segretario del Pd Matteo Renzi è tornato a chiedere all’Europa più flessibilità sui conti, vale a dire la possibilità di fare deficit di bilancio aggiuntivo nei prossimi cinque anni. Insomma, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Il punto dirimente è che spesso i nostri governanti impiegano risorse non disponibili. Un uomo di buon senso potrebbe pensare che esse siano utilizzate per fare investimenti o per ridurre le disuguaglianze, ma purtroppo non è così. Nella maggior parte dei casi esse finiscono per 'foraggiare' le clientele politiche o più semplicemente per garantire un ‘posto fisso’ agli esponenti della casta politico - istituzionale.
Maurizio Crozza - (foto da memegen.com)
Un’indagine condotta dall’Ires, centro studi della Cgil, ha rilevato un incremento, tra il 2000 ed il 2014, di 5.000 aziende partecipate dal settore pubblico, in tutto sono 8.893, una ogni 6.821 abitanti. Molte, secondo l’indagine, non svolgono alcuna attività (1.663) ed in tante gli amministratori sono più numerosi dei dipendenti (1.214). La Regione più piccola d’Italia, la Valle d’Aosta, ne ha una ogni 1.929 valdostani. Il numero dei dipendenti assunti spesso per chiamata diretta (cioè senza concorso pubblico) è di 783.974 unità. In tempi di spending review ci si aspetterebbe una razionalizzazione, invece aumentano gli enti inefficienti o inutili. L’ex commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, all’inizio del 2014, aveva stimato un risparmio di 2 miliardi di euro l’anno ed una riduzione delle aziende partecipate a mille. Ma così non è stato. Il dubbio più che legittimo è che lo scopo di molti di questi enti sia solo quello di garantire un posto ai ‘trombati’ della politica ed uno stipendio sicuro agli amici degli amici.
Maurizio Crozza imita Roberto Formigoni
(foto da youtube.com)
La notizia più preoccupante è quella sulla povertà assoluta.Il dato per il 2016 comunicato dall’Istat è simile a quello dell’anno precedente. 1 milione e 619mila famiglie, cioè 4 milioni e 742mila individui fanno fatica a procurarsi i mezzi essenziali per vivere. La maggior parte di queste famiglie vivono nel Sud Italia, ma questa non è una novità. Quello che indigna è che lo Stato continui a fare debiti e sperperare risorse pubbliche per mantenere e sovvenzionare clientele e caste politiche ed istituzionali, anziché adoperarsi per dare un’opportunità a chi vive in una condizione di povertà assoluta o di esclusione sociale.

giovedì 15 giugno 2017

Prove di dialogo tra M5s e Lega, ma il vero inciucio avverrà tra il Pd di Renzi e FI


Dieci giorni fa si sarebbe svolto a Milano un faccia a faccia tra il leader del Carroccio, Matteo Salvini e il figlio del fondatore del M5s, Davide Casaleggio, a sostenerlo è il quotidiano la Repubblica

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini e Davide Casaleggio (foto da rainews.it)
La notizia dell’incontro ‘segreto’ è stata diffusa dal quotidiano romano che, nonostante le smentite, ha confermato il colloquio avvenuto pochi giorni fa a Milano tra i massimi vertici dei due partiti. Il dialogo tra M5s e Lega è aperto, ma non c’è da stupirsi che questo avvenga e che nello stesso tempo che esso sia smentito.Le due forze politiche hanno molto in comune. Entrambi i partiti sono populisti e sono acerrimi avversari del Pd, di Forza Italia, nonché della Sinistra cosiddetta radicale. Inoltre, sono movimenti politici anti-sistema, anti-Euro e, in generale, anti-Europa. Ed entrambi contestano le politiche adottate dal Governo sul fenomeno migratorio e sul mercato del lavoro.
La prima pagina di la Repubblica (foto da dire.it)
Con la bocciatura dell’Italicum e con il Consultellum, o comunque con un sistema elettorale non maggioritario, il M5s o la Lega non hanno alcuna possibilità di ottenere, da soli, i seggi necessari per avere la maggioranza in Parlamento. Le prove di dialogo sono, quindi, inevitabili. Escludendo a priori il Pd e FI, ai grillini non restano che il Carroccio o la sinistra di Articolo Uno. Nel primo caso si tratterebbe di un inciucio vero e proprio, ma è l’unica possibilità che hanno per non ‘passare’ un’altra legislatura senza governare. Per loro sarebbe una catastrofe politica. Il dialogo con la Sinistra, invece, è difficile ed esso, del resto, poteva avvenire all’inizio di questa legislatura, ma Roberta Lombardi, di fronte ai tentativi fatti in diretta streaming da Pier Luigi Bersani, liquidò quell’incontro con una sola frase: ’Mi sembra di essere a Ballarò’. Confrontarsi con questi presupposti è complicato anche per un mediatore e paziente uomo politico come l’ex leader del Pd.
Il rischio maggiore, se si andrà al voto con il sistema elettorale bocciato dalla Consulta, è che nessuna coalizione riesca a raggiungere la maggioranza in Parlamento. I risultati delle ultime elezioni amministrative dimostrano che solo un Centrodestra unito potrebbe raggiungere la metà più uno dei seggi oppure, in alternativa, sarebbe possibile un’alleanza tra PD, FI e, eventualmente, altre forze di centro o comunque moderate. L’inciucio quindi non avverrebbe tra il M5s e la Lega, ma tra il Pd di Renzi e Forza Italia.
Questa seconda ipotesi è confermata dalle parole pronunciate ieri sera ad Otto e mezzo dall'ex sindaco di Firenze. Alla domanda posta da Lilli Gruber, relativa all’invito di Giuliano Pisapia a partecipare alla kermesse per unire il Centrosinistra,il segretario del Pd ha risposto: ‘Il primo luglio se mi riesce vado al concerto di Vasco Rossi. Da Pisapia non sono stato invitato’. Non è un #giulianostaisereno, ma ci assomiglia molto.

sabato 3 giugno 2017

Non chiamatelo sistema elettorale tedesco


‘Questo è un tedesco col trucco, uno vince in un collegio ma passa il capolista bloccato. Ho persino dubbi di costituzionalità.’ Pier Luigi Bersani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Pier Luigi Bersani - (foto da pescaranews.net)
Il Parlamento si accinge ad approvare un sistema elettorale proporzionale con il ‘trucco’, sostiene Pier Luigi Bersani in un’intervista rilasciata ieri a Repubblica.it. Inoltre, la soglia di sbarramento del 5% non consente ai piccoli partiti di essere rappresentati in Parlamento e, nello stesso tempo, essendo un sistema proporzionale, non garantisce la governabilità. Ma vediamo, in sintesi, come funzionerà la nuova legge elettorale.
Le schede che saranno consegnate agli elettori saranno due: una per la Camera e l’altra per il Senato. In ciascuna di esse, oltre ai simboli dei partiti, saranno indicati i nomi di tutti i candidati, anche se non potremo sceglierli con le preferenze. Il simbolo sarà posto al centro. Sulla sinistra saranno indicati i candidati in quel collegio uninominale. Sulla destra i nomi inseriti (da 2 a 6) nei vari listini circoscrizionali. Un candidato potrà presentarsi in un collegio uninominale e nelle liste circoscrizionali fino ad un massimo di tre. In ogni listino uno dei due sessi non potrà rappresentare più del 60% dei candidati ed in quelli uninominali non oltre il 60% di quel partito.
Con una sola crocetta l’elettore indicherà il partito, il candidato del collegio uninominale e quelli del ‘listino’. Non sarà possibile il cosiddetto voto ‘disgiunto’. Non sarà consentito, cioè, votare per un candidato del collegio uninominale ed uno, di un partito diverso, per le liste circoscrizionali. Chi non accetterà l’intero ‘pacchetto’ potrà solo cambiare partito o non votare.
Matteo Renzi, Beppe Grillo e Silvio Berlusconi
(foto da repubblica.it)
I seggi saranno attribuiti in proporzione alla percentuale di suffragi ottenuti. Il primo eletto sarà il candidato che otterrà oltre il 50 per cento dei voti nel proprio collegio. Questi saranno 303 alla Camera e 150 al Senato. Se nessuno raggiungerà la maggioranza assoluta nel collegio uninominale, sarà eletto il numero uno del ‘listino’ circoscrizionale. Inoltre, se quel partito avrà conquistato altri seggi nella circoscrizione scatteranno i vincitori del rispettivo collegio uninominale, a cui seguiranno gli altri nomi del ‘listino’. Infine, saranno eletti i perdenti dei collegi.
Non otterranno alcun seggio i partiti che non supereranno il 5 per cento sul totale dei voti espressi. Si tratta di almeno 1 milione e 700 mila suffragi. Questi voti saranno attribuiti in modo proporzionale ai vincitori. In tal modo i consensi delle liste più piccole che non raggiungeranno il quorum andranno ai partiti maggiori. Questo sistema crea un ‘premio’ nascosto, che sarà tanto maggiore quanto più elevato sarà il numero di liste che non supereranno la soglia minima del 5 per cento. In altre parole, si verificherà un paradosso:molti elettori finiranno per sostenere un partito che invece desiderano combattere. Per evitare questa eventualità l’elettore potrà optare per una lista che di certo supererà la soglia. E’ la logica del cosiddetto ’voto utile’, che, ovviamente, favorisce i partiti maggiori.
Il sistema proposto differisce da quello tedesco per due aspetti assai importanti. Innanzitutto, il voto disgiunto nel sistema elettorale tedesco è consentito. Inoltre, chi sarà eletto nei collegi uninominali otterrà il seggio, nel sistema in discussione invece, anche vincendo con la maggioranza assoluta, per ottenere il seggio la lista dovrà prima superare la soglia di sbarramento del 5%.
Insomma, questo sistema elettorale, essendo proporzionale, non garantirà la governabilità e, con una soglia di sbarramento così alta, non consentirà alle liste più piccole di essere rappresentate in Parlamento. Le uniche certezze saranno l’elezione delle élite dei partiti maggiori ed un governo di coalizione, proprio quello che Matteo Renzi sino a pochi mesi fa voleva impedire con l’Italicum. 


mercoledì 31 maggio 2017

Prove di ‘Renzusconismo’


L’accordo raggiunto sulla legge elettorale tra il Partito democratico e Forza Italia è indicativo di quello che potrà avvenire dopo le elezioni politiche 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Matteo Renzi - (foto da signoraggio.it)
Dall’Italicum, al Mattarellum, al Rosatellum, alla fine a decidere è stato Silvio Berlusconi. Il leader di FI ha agito come ha fatto sempre, cioè ha proposto l’unica legge elettorale che gli può consentire un ritorno al governo del Paese. E’ diventato così, dopo aver governato per oltre dieci anni con un sistema elettorale sostanzialmente maggioritario, un proporzionalista convinto. Negli ultimi mesi ad aver cambiato più volte opinione è stato anche Matteo Renzi. Ecco cosa ha detto alla direzione del Pd che si è svolta ieri: ‘Un ritorno al passato. Ma sì, lo conosco il ritornello: col proporzionale si torna all’antico. È una stupidaggine, perché il ritorno al passato è accaduto il 4 dicembre non oggi, con l’adozione di un sistema elettorale che, date le condizioni, è il migliore possibile. Non è la legge che avrei voluto, certo: ma il resto rischiava di esser peggio’. Ed ha aggiunto: ‘Il sistema tedesco significa sistema tedesco, e quindi il segretario del primo partito è il candidato a guidare il governo’.
(foto da corriere.it)
L’obiettivo è chiaro: qualunque sarà il prossimo risultato elettorale un accordo tra le forze ‘moderate’ sarà inevitabile. Così Renzi potrà tornare a Palazzo Chigi e Silvio sarà felice di sostenerlo. Il ‘Renzusconismo’ è già nato. Tuttavia, esso per imporsi presuppone una vittoria elettorale del Pd ed un sostanziale recupero dell’elettorato moderato da parte di Silvio Berlusconi. Stando ai sondaggi è uno scenario possibile, ma di difficile realizzazione. I due leader contano sulla loro capacità a parlare alla ‘pancia’ del paese e sulla loro abilità ad attrarre i voti degli scontenti. Inoltre, essi ipotizzano l’esaurimento della forza propulsiva del M5S e della Lega di Salvini e che entrambe le forze politiche continuino ad operare da ‘sole’. Non restano che gli ‘scissionisti’. Soltanto una forza politica di Sinistra può impedire l’ennesimo governo democristiano. La costruzione di un movimento che raccolga sotto la stessa bandiera le varie anime progressiste è, quindi, inevitabile ed urgente. Abbiamo già visto cosa vuol dire essere governati da Silvio Berlusconi e, poi, da Matteo Renzi. Ora occorre fare tutto il possibile per evitare di averli tutti e due contemporaneamente al Governo. Passare dal berlusconismo e dal renzismo al ‘renzusconismo’ è troppo anche per l’Italia.


sabato 20 maggio 2017

Il fallimento del Job Act e l’aumento delle disuguaglianze


Gli ultimi dati statistici pubblicati dall’Istat e dall’Inps confermano il flop della riforma del lavoro voluta da Matteo Renzi ed il concomitante incremento delle disuguaglianze economiche e sociali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da forexinfo,it)
Negli ultimi dodici mesi è cresciuta l’occupazione, il saldo tra cessazioni ed assunzioni registrato nel settore privato è stato, secondo i dati pubblicati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, di 322mila, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (266mila). I contratti a tempo indeterminato sono stati 22mila, quelli di apprendistato 40mila e quelli a tempo determinato 315mila. Dopo il boom di assunzioni avvenute nel 2015, i contratti stipulati secondo quanto previsto dal Job Act sono progressivamente diminuiti. La riduzione e poi la cancellazione della decontribuzione hanno indotto le imprese a licenziare i lavoratori assunti con quel tipo di contratto. In sostanze le aziende fino a quando hanno usufruito degli incentivi contributivi hanno assunto a tempo indeterminato, ma nel momento in cui questi sono venuti meno hanno iniziato ad assumere tornando ad utilizzare i contratti precari cioè a tempo determinato.
Mappa assunzioni (inps.it)
Intanto, come ha certificato il Rapporto Annuale 2017 pubblicato pochi giorni fa dall’Istat, crescono le disuguaglianze. Le differenze tra le classi sociali sono determinate, innanzitutto, dalla distribuzione del reddito, compreso quello delle pensioni che incide per il 20%. 1,6 milioni di famiglie sono in una condizione di povertà assoluta ed il 28,7% sono a rischio di povertà o esclusione sociale. La deprivazione materiale – sottolinea il Rapporto -  è passata dall’11,5% del 2015 all’11,9%. Il 6,5% della popolazione ha rinunciato a una visita specialistica, nel 2008 questa percentuale era del 4%.
Logo Rapporto 2017 (istat.it)
La disuguaglianza sociale ha ridotto le opportunità. Il cosiddetto ‘ascensore sociale’ è bloccato, la società è cristallizzata. Scompaiono le professioni intermedie ed aumenta l’occupazione nei lavori a bassa qualificazione, si riducono operai e artigiani.
La cancellazione dell’articolo 18 voluta dal governo di Matteo Renzi non ha prodotto un aumento significativo di contratti di lavoro a tempo indeterminato. L’incremento degli investimenti ipotizzato cancellando i diritti dei lavoratori non si è verificato e le politiche economiche adottate non hanno ridotto le disuguaglianze. Un cambio di linea è urgente. Questo può avvenire solo se c’è unita d’intenti tra le forze progressiste, ma la nuova segreteria del Partito democratico non sembra intenzionata a seguire questo percorso o come direbbe lo stesso Renzi a #cambiareverso.

mercoledì 3 maggio 2017

Primarie Pd: la ‘trionfale‘ vittoria di Matteo Renzi in realtà è stata un mezzo flop


L’analisi del voto delle primarie del Pd evidenzia un calo consistente di partecipanti ed una riduzione notevole dei consensi ottenuti dal nuovo segretario

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Denis Verdini e Matteo Renzi - (foto da ilfattoquotidiano.it)
Nel 2007 i votanti alle primarie del Partito democratico furono 3.545.894, nel 2009 scesero a 3.049.266, nel 2013 a 2.805.775 e in quelle di domenica scorsa a 1.833.134. La diminuzione è stata costante, ma la più consistente e significativa politicamente è stata quella di tre giorni fa, dove il calo è stato di 972.124 votanti. La scissione di una parte del Pd ed il crollo di consensi attorno alla figura dell’ex sindaco di Firenze hanno prodotto i loro effetti. La diminuzione ha riguardato soprattutto le regioni del centro e del nord Italia, che hanno fatto registrare una riduzione media del 41,58%. Più limitato il calo nel meridione, dove è stato del 16,80%. A livello nazionale tra il 2013 ed il 2017 la diminuzione è stata del 34,67%.
Renato Brunetta, Angelino Alfano e Silvio Berlusconi
(foto da corriere.it)
In percentuale i consensi al nuovo segretario sono aumentati, ma in termini assoluti sono calati di molto, soprattutto nelle regioni del centro e del nord Italia (-45,95%). Quattro anni fa Renzi ottenne 1.895.332 voti, mentre domenica scorsa si è fermato a 1.283.389, con una diminuzione di oltre 600 mila voti (-32,29%). Questi dati ci dicono che la ‘trionfale’ vittoria di Matteo Renzi in realtà è stata un mezzo flop.
Esso è ancora più evidente se consideriamo il fatto che i suoi due contendenti non sono apparsi come veri antagonisti, ma piuttosto come ‘spalle’ in una recita già scritta. E fa sorridere la richiesta di un nuovo conteggio dei voti da parte dell’attuale Ministro della Giustizia, Andrea Orlando. L’obiettivo di queste primarie era uno solo: la ‘rinascita’ politica di Matteo Renzi dopo la pesante sconfitta nel referendum costituzionale e nelle elezioni amministrative. Ora, il neo segretario ha la strada spianata, almeno all’interno del Pd, mentre il percorso da fare per un ritorno a Palazzo Chigi appare ancora lungo e pieno di ostacoli.
La storia politica italiana ci insegna che tutte le volte che la Destra o la Sinistra si sono presentate divise hanno perso le elezioni. Non s’illudano i renziani sulla possibilità di essere autosufficienti, senza Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, e tra poco Giuliano Pisapia, al Pd non resteranno che Denis Verdini, Angelino Alfano e Renato Brunetta. A quel punto la metamorfosi ‘moderata’ dei democratici di Renzi sarà compiuta in modo irreversibile.

domenica 30 aprile 2017

Matteo Renzi e la vittoria di Pirro


L’ex sindaco di Firenze ‘trionfa’ nelle primarie del Partito democratico, ma la sua leadership ne esce notevolmente indebolita 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttoggi.info
La rapida ascesa politica di Matteo Renzi aveva suscitato, nel 2013, molte aspettative sulla possibilità di rinnovare la classe dirigente italiana. Dopo i disastri del ventennio berlusconiano un cambiamento era inevitabile. Inoltre, il parziale risanamento del bilancio pubblico operato con ‘rigore’ dal governo di unità nazionale di Mario Monti esigeva un cambio di marcia. Renzi ha rappresentato questa speranza di cambiamento.
Pier Luigi Bersani - (foto da il sussidiario.net)
Il successivo processo di ‘rottamazione’ non ha prodotto i frutti che gli elettori del Centrosinistra si aspettavano, anzi esso è risultato parziale e, per certi aspetti, controproducente. Per i ‘renziani’ il principale problema dell’Italia non era la Destra berlusconiana, leghista o grillina, ma la Sinistra radicale rappresentata da Massimo D’Alema, Enrico Letta, Pier Luigi Bersani, Stefano Fassina, Roberto Speranza, Pippo Civati, oltre che da milioni di cittadini che hanno creduto nel cambiamento. La confusione tra la naturale e legittima esigenza di rinnovamento della leadership con il ribaltamento delle politiche economiche e sociali è stato un errore grave. Il Pd sta realizzando il programma elettorale di Forza Italia. Le leggi sul mercato del lavoro, sulla buona scuola e la sconfitta al referendum costituzionale, hanno disilluso molti elettori progressisti.  Da qui il calo di consensi e le continue defezioni alla sinistra del partito.
Matteo Renzi 
Le primarie ‘azzoppate’ sono un altro segnale del calo di popolarità dell’ex premier. Il maldestro tentativo di apparire diverso dagli ‘altri’ politici (‘quelli che restano attaccati alla poltrona’) fatto con le dimissioni da segretario e successivamente da premier è apparso strumentale. La ‘trionfale’ affermazione nelle primarie del Pd potrebbe trasformasi in una rivincita estemporanea, la classica vittoria di Pirro. La Democrazia cristiana 2.0 di Matteo Renzi deve, infatti, fare i conti con le elezioni politiche del prossimo anno. Molto dipenderà dalla legge elettorale che, per inciso, ancora non è stata discussa dal Parlamento. Gli impedimenti ad un ritorno a Palazzo Chigi sono sostanzialmente due. Una ‘consistente’ vittoria del M5s o un ricompattamento del Centrodestra. Matteo Renzi opererà affinché queste ipotesi non si realizzino. L’obiettivo finale è un accordo post elettorale con Forza Italia o di quello che ne rimarrà. Le ambizioni politiche del neo segretario passano, quindi, per una sconfitta elettorale della Sinistra con la concomitante mantenuta del Pd e dei centristi. A quel punto un ritorno al patto del Nazareno sarebbe inevitabile, anche se, stavolta, il prezzo da pagare sarebbe più alto, almeno per gli italiani. 

sabato 25 febbraio 2017

La scissione nel Pd è un atto di buon senso, ma a pagarne il prezzo è solo la Sinistra


La separazione nel Pd non solo era inevitabile, ma è stata anche una scelta politica necessaria per fare chiarezza tra le diverse anime del partito di maggioranza relativa

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Pierluigi Bersani
(foto da quotidiano.net)
La scissione nel Partito democratico non è, come sostengono in tanti, una questione di ambizioni di leadership, peraltro tutte legittime, ma ha motivazioni politiche. Il Pd è nato dalla fusione di due ideologie, quella post comunista e quella ‘cattocomunista’, cioè la sinistra della Democrazia cristiana. L’obiettivo era di dare vita ad uno schieramento riformista e di governo. La ‘rottamazione’ attuata da Matteo Renzi ha eliminato una gamba di questo schema, quella di Sinistra. La sua scalata al Pd è stata favorita dalla prospettiva di rinnovare la linea politica e, soprattutto, la classe dirigente. Nei fatti però ad essere esclusi sono stati, oltre agli esponenti della Sinistra radicale (Sel), anche quelli interni al partito e, di conseguenza, la loro proposta politica.
Foto da agrigento.gds.it
Tutto è iniziato con gli attacchi a Massimo D’Alemache, è bene ricordarlo, nel 2000 tre giorni dopo aver perso per pochi voti le elezioni regionali ha fatto un passo indietro lasciando la presidenza del Consiglio a Giuliano Amato e la leadership del partito a Francesco Rutelli. Quell’atto di ‘generosità’ non impedì, tuttavia, la sconfitta dei progressisti alle elezioni politiche del 2001.
Rottamato l’ex segretario dei Democratici di sinistra, Renzi ha proseguito con Romano Prodi ed Enrico Letta. Chi non ricorda la vicenda delle elezioni del presidente della Repubblica ed il passaggio di consegne avvenuto a Palazzo Chigi nonostante l’hashtag: #enricostaisereno? Poi è toccato agli esponenti della minoranza del partito. ‘Fassina chi?’ disse in conferenza stampa il segretario dimissionario per delegittimare chi osava criticarlo. Lo stesso è avvenuto con Giuseppe Civati e con quanti in questi anni hanno tenuto posizioni diverse dalla sue.
Enrico Rossi e Roberto Speranza
(foto da toscanamedianews.it)
Da quando Renzi è segretario del Pd, oltre a D’Alema, sono usciti dal partito altri leader storici come Pierluigi Bersani, Vasco Errani, Enrico Rossi, ma anche giovani democratici come Alfredo D’Attorre, Stefano Fassina, Giuseppe Civati e Roberto Speranza o sono in un angolo come Romano Prodi ed Enrico Letta, mentre sono entrati uomini politici estranei alla cultura progressista come Roberto Giachetti, (radicale), Giorgio Gori (ex direttore di Canale 5) o i nuovi imprenditori ‘rampanti’, finanziatori della ‘Leopolda’ come Marco Carrai e Carlo Calenda. Domani magari entreranno anche Verdini, Alfano e Brunetta. Ormai il Pd è diventato un partito di Centro, una specie di Democrazia cristiana 2.0 con un leader unico e inamovibilenonostante le cocenti sconfitte alle amministrative ed al referendum costituzionale.
La scissione nel Partito democratico non solo era inevitabile, ma è stata anche un atto di buon senso. Le ragioni sono: incompatibilità di caratteri e prospettive politiche contrastanti. Ora le alternative di governo possibili che seguiranno le sempre più probabili elezioni politiche anticipate sono tre: un’alleanza tra i grillini e la Lega di Salvini, una vittoria del Centrodestra, sempre che riesca a ritrovare l’unità, o un nuovo Centro guidato da Matteo Renzi. Di certo ad essere esclusa sarà ancora una volta la Sinistra.
Da tre anni Renzi governa perché Pierluigi Bersani, dopo le ultime elezioni politiche, ha fatto un passo indietro. Questo è un particolare che spesso è sottovalutato, soprattutto dallo stesso ex sindaco di Firenze. Ma questa è la legge del contrappasso che punisce chi non rinuncia alle proprie idee e alla propria storia politica ed ideologica. Negli anni Settanta chi era progressista‘sperava di non morire democristiano’, ma con Matteo Renzi quel timore rischia seriamente di avverarsi.

mercoledì 8 febbraio 2017

Mattarella: ‘Ridurre le distanze tra Nord e Sud’


‘Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani del Sud?’ E’ questo il tema del convegno che si sta svolgendo a Napoli e che vede la partecipazione di cento diocesi della Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sergio Mattarella - (foto da quotidiano.net)
In un messaggio inviato ai vescovi delle regioni del Sud riuniti a Napoli per discutere di lavoro per i giovani meridionali, il presidente della Repubblica,Sergio Mattarella, ha sottolineato che ‘non ci sarà una vera ripresa, neppure nel resto del Paese, se dovesse ulteriormente aumentare il divario a discapito del Mezzogiorno. Non ci sarà un rafforzamento della coesione e dunque un miglioramento della qualità della vita di tutti, se i giovani non saranno inseriti nel circuito della responsabilità, dei diritti, delle opportunità’. Ed ancora: ‘Ridurre le distanze tra Nord e Sud e far crescere le occasioni di impiego per le nuove generazioni costituisce necessità vitale per la nostra Italia’.
Il manifesto del convegno
(da chiesesicilia.org)
Analogo messaggio è stato inviato da Papa Francesco:‘Una società che non offra alle nuove generazioni sufficienti opportunità di lavoro dignitoso non può dirsi giusta’.
Per il presidente del Consiglio,Paolo Gentiloni‘I problemi del lavoro e del Sud sono tra le sfide dell'Italia alle quali questo Governo intende dare risposte con più urgenza.Partendo dalla criticità intendiamo dare delle risposte’.
‘La creazione di cooperative di giovani che mettano insieme restauratori, guide culturali, ma anche per la valorizzazione di fondi agricoli, anche di proprietà di enti ecclesiastici, che sono inutilizzati. Per fare tutto ciò - ha dichiarato il cardinale Crescenzio Sepe - occorre un nuovo patto di collaborazione con le istituzioni civili, ognuno nell'ambito delle proprie competenze’.

giovedì 12 gennaio 2017

Gli ‘yesmen’ del M5s e l’utopia della democrazia diretta


Le ultime decisioni prese dal M5S con il consenso quasi unanime degli iscritti al blog di Beppe Grillo evidenziano una scarsa coerenza in molti sostenitori ed una preoccupante mancanza di dialettica politica interna al MoVimento

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Beppe Grillo e Davide Casaleggio
(foto da corsera.it)
Le vicissitudini della giunta romana di Virginia Raggistanno preoccupando i vertici dei pentastellati a tal punto da proporre e far approvare ai militanti una sostanziale modifica del Codice di comportamento interno al MoVimento. Le nuove disposizioni non prevedono più in modo automatico la sospensione o l’espulsione dei militanti raggiunti da un avviso di garanzia. A decidere, ora, sarà una commissione etica (probiviri) sotto la 'supervisione' di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. In altre parole, l’esclusione non sarà più immediata, ma la decisione sarà presa, di volta in volta, da una commissione interna al M5S. La stessa procedura utilizzata dagli altri partiti.
Foto da masadaweb.org
La votazione sull’adesione all’Alde (Alliance of Liberals and Democrats for Europe), gruppo politico del Parlamento europeo d’ispirazione liberale, ha sorpreso opinionisti e sostenitori a tal punto che il ‘matrimonio‘ non si è fatto, ma non per volontà del M5S bensì per il ‘ripensamento’ degli stessi liberali che hanno declinato la proposta.
I cambiamenti di linea politica del M5S non solo non sono sorprendenti, ma sono anche inevitabili se il MoVimento si vuole candidare al Governo del Paese. Quello che meraviglia e preoccupa è la facilità con cui i sostenitori grillini cambiano opinione se lo chiede il 'Capo'. Un popolo di ‘yesmen’ (termine usato da un ex grillino come il Sindaco di Parma Federico Pizzarotti), ecco cosa sembrano gli iscritti al blog di Beppe Grillo. Si tratta di poche decine di migliaia di elettori, nell’ultima votazione sono stati circa 40.000. Una ristretta minoranza se si considera che il popolo italiano, secondo l’ultimo censimento, è composto da circa 60 milioni di cittadini. Se è questa la democrazia diretta di cui si vantano i grillini allora, forse, è meglio quella rappresentativa che come diceva Winston Churchill: ‘E’ la peggior forma di governo, eccenzion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora’.

venerdì 16 dicembre 2016

Il caos nella giunta grillina di Roma continua, ma la sindaca Virginia Raggi minimizza


Salvatore Romeo, Paola Muraro, Alessandra Manzin ed ora Raffaele Marra non sono esempi di buon governo, ma nonostante ciò la sindaca, Virginia Raggi, sdrammatizza 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Virginia Raggi
(foto da ilcorrieredelgiorno.it)
La storia del capostaffSalvatore Romeo è emblematica per capire come sta amministrando la giunta di Roma. Entrato in Campidoglio nel 1999, Romeo è un esperto di aziende partecipate. Appena eletta Prima cittadina, la Sindaca gli affida il ruolo di Capo della sua segreteria. Lo stipendio del dirigente comunale passa così da 37mila euro a 120mila euro l’anno. Inoltre, per poter accettare il nuovo incarico Romeo deve mettersi in aspettativa. A tale proposito ecco cosa ha dichiarato Carla Raineri magistrato ed ex assessore della giunta Raggi: ‘Romeo era già dipendente del Campidoglio e non poteva essere posto in aspettativa e nel contempo assunto dal medesimo ente locale. La sindaca non si è data pace ed ha reclutato una task force per trovare soluzioni in senso favorevole’. Dopo le polemiche, seguite  alla sua nomina, Salvatore Romeo ha detto: ‘Il mio compenso verrà ridotto’, ed ancora: ’Ci sono stati degli errori nelle delibere di nomina, anche sulla mia. Ma era agosto, faceva caldo…’ 
Raffaele Marra
(foto da roma.corriere.it)
Un'altra vicenda che conferma la ‘faciloneria’ con cui sta operando la giunta grillina è quella di Alessandra Manzin, assunta lo scorso 9 dicembre negli uffici dell’assessora alla Città in movimento Linda Meleo per le sue ‘doti nel campo del diritto amministrativo. Senonchè la Manzin, oltre ad affiancare il senatore grillino Andrea Cioffi, è anche la fidanzata di Dario Adamo, assistente di Rocco Casalino (M5s) in Senato, dove è responsabile dell’area web e social media. Di stamane la notizia dell’arresto per corruzione di Raffaele Marra. Dirigente del Comune, è diventato da subito Capo di gabinetto dell’amministrazione Raggi. La polemica suila sua nomina è nata perché Marra proviene da ambienti del centrodestra alemanniano, ma era già stato in varie amministrazioni pubbliche compresa la Regione Lazio guidata da Renata Polverini.
Paola Muraro
(foto da lifestar.it)
Ed ancora: Daniele Frongiadiventato vicesindaco dopo il ritiro della sua nomina a Capo di gabinetto; Carla Raineri, magistrato della Corte di Appello di Milano, diventata Capo di gabinetto, viene allontanata dopo il parere negativo dell’Anac sulle modalità della sua nomina;Marcello Minenna, economista e professore alla Bocconi, si è dimesso da assessore al bilancio per solidarietà con Carla Raineri; Raffaele De Domincis, magistarto in pensione, nominato al posto di Minenna deve abbandonare (prima ancora di insediarsi) perché indagato per abuso d’ufficio; Stefano Ferrante, ragioniere generale del Comune, si è dimesso perché ‘C’è troppa confusione, sono completamente isolato, lavoro senza un indirizzo politico’; Paola Muraro, difesa strenuamente da Virginia Raggi, si è dimessa pochi giorni fa perché ha ricevuto un avviso di garanzia per reati ambientali riferiti all’epoca in cui era consulente di Ama; Paolo Berdini assessore all’Urbanistica è in procinto di lasciare per i dissensi sulla realizzazione del nuovo stadio della Roma (a differenza del vicesindaco Frongia è per un progetto che escluda la costruzione di tre grattacieli).
I grillini non fanno altro che denunciare la mala politica che sarebbe caratterizzata da episodi di nepotismo o da scambi di favori, ma quello che sta avvenendo nella Giunta capitolina non è tanto dissimile da quello che avviene nei partiti tradizionali. Il buon governo non dipende solo dalla capacità di imporre norme etiche da parte dei partiti o dei movimenti, ma esso deriva soprattutto dall’onesta, dalla serietà e dalle capacità amministrative delle singole persone. Si rassegnino, quindi, i sostenitori grillini perché questo è un principio a cui non fa eccezione il M5s.

lunedì 12 dicembre 2016

Renzi: 'Torno a casa davvero'


Spopolano in rete i ‘Renzi chi?’ e ‘#staiserenomatteo’, ma s’illudono coloro che pensano che la carriera politica dell’ex sindaco di Firenze si finita 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi con la moglie Agnese
(foro da giornalettismo.com)
Il presidente del Consiglio dimissionario è per carattere un ‘piacione’, il suo primo obiettivo è quello di essere gradito a tutti. Per conquistare il consenso dell’elettorato moderato ha emarginato la Sinistra, anche quella del suo partito. Sta facendo, cioè, lo stesso errore che fece Walter Veltroni alle elezioni politiche del 2008, quando si presentò con una coalizione che escludeva le forze politiche alla sinistra del Pd. Gli attacchi a Massimo D’Alema, il #staiserenoenrico presidente del Consiglio del suo partito, al Fassina chi?, ed ancora, l’uscita dal Pd di tanti esponenti dell’area radicale, il No di Bersani al referendum costituzionale ed il continuo malessere della minoranza del partito sono emblematici di una convivenza ideologica mal sopportata dall’attuale segretario dei Democratici.
Enrico Letta e Matteo Renzi
(foto da tg24.sky.it)
Secondo il suo pensiero politico è la Sinistra (non solo quella radicale) il principale ostacolo al rinnovamento. Il limite di questo ragionamento è evidente: un partito progressista che adotta politiche di Destra come il Job act, gli incentivi fiscali alle imprese, la cosiddetta ‘meritocrazia’ nella scuola, la riforma costituzionale e l’Italicum, ma che, nello stesso tempo, non è capace di realizzare politiche di redistribuzione della ricchezza e di riduzione dei privilegi, è destinato alla sconfitta.
Stefano Fassino
(foto da news.leonardo.it)
Da rottamatore a rottamato?'Torno a casa davvero' ha scritto su facebook il presidente del Consiglio dimissionario. Le politiche populiste, prima o poi, devono fare i conti con la realtà e quella italiana è particolarmente complicata. E’ sufficiente ricordare l’alto tasso di disoccupazione al Sud o l’enorme debito pubblico creato proprio con le politiche assistenziali ed elettoralistiche adottate anche dallo stesso Matteo Renzi. Perfino il provvedimento dell’assunzione dei precari della scuola si è trasformato in un boomerang per la troppa ‘faciloneria’ con cui la procedura è stata realizzata e per l’introduzione della cosiddetta ‘chiamata diretta’ adottata solo per i neoassunti storici. L’errore più grande è stato quello di aver trasformato il referendum costituzionale in un plebiscito sulla sua persona e sulla sua carriera politica. Renzi contro tutti, come un novello ‘Don Chisciotte’ che combatte la partitocrazia di cui egli stesso fa parte. L’obiettivo non si è realizzato, ma non è finita. In perfetto stile berlusconiano l’ex sindaco di Firenze tornerà all’attacco della Sinistra del Pd, ma otterrà solo di perdere ulteriore consenso nei ceti meno abbienti, finendo così per trasformare il Partito democratico nel Partito di Renzi o peggio ancora nel partito della Nazione.

sabato 26 novembre 2016

Riforma costituzionale: l’astrusità dell’articolo 70

La modifica dell’articolo 70 della Costituzione è emblematica di come in nostri parlamentari hanno proceduto nella rielaborazione del testo costituzionale 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

(foto da unita.it)
Così come è avvenuto nel 2001 con la modifica dell’articolo 117 della Costituzione anche per le nuove funzioni del Senato la lettura delle disposizioni risulta astrusa e di difficile comprensione. Approvare leggi complicate e di ardua interpretazione è da evitare per quelle ordinarie, ma lo è ancora di più per la legge fondamentale del nostro ordinamento. Il nuovo articolo 70 della riforma costituzionale evidenzia la grande differenza culturale e di competenza istituzionale che c’è tra i politici di ‘una volta’ e quelli di adesso. Per capire basta leggere com’è e come sarà l’articolo 70. In neretto il testo aggiunto. Ogni altro commento è superfluo.
Il Capo dello Stato, Enrico De Nicola, firma la
Costituzione italiana. 27 dicembre 1947
(foto da wikipedia.it)
Costituzione testo vigente art.70: ‘La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere’.
Costituzione testo modificato art.70: ‘La funzione legislativa è esercitata col­lettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle dispo­sizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamen­to, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolita­ne e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazio­ne dell’Italia alla formazione e all’at­tuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di in­compatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi appro­vate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Ca­mera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dal­la Camera dei deputati è immedia­tamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi compo­nenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronun­ciata in via definitiva, la legge può es­sere promulgata. L’esame del Senato della Repubbli­ca per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è di­sposto nel termine di dieci giorni dal­la data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modifica­zioni proposte dal Senato della Re­pubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Sena­to della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quin­dici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questio­ni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secon­do quanto previsto dal proprio rego­lamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati’. 

venerdì 18 novembre 2016

La decontribuzione per le imprese del Sud non creerà nuovi posti di lavoro


Il presidente del Consiglio ha annunciato la decontribuzione di 8.060 euro per le imprese meridionali, ma per creare nuovi posti di lavoro le agevolazioni non bastano, occorrono gli investimenti

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da lettera43.it)
La decontribuzione fiscale di 8.060 euro per le imprese del Sud annunciata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non sarà sufficiente ad aumentare in modo significativo l’occupazione nelle regione meridionali.
Le agevolazioni fiscali favoriscono l’emersione del ‘sommerso’, ma incidono in modo limitato sulla creazione di nuovi posti di lavoro. L’occupazione aumenta solo con gli investimenti pubblici o privati. Il problema della ‘crescita’ del Pil è determinato innanzitutto da questa ‘scarsità economico - finanziaria’. Lo Stato, non potendo fare politiche di deficit spending, può accrescere gli investimenti pubblici solo con la redistribuzione del reddito, ma questo non sta avvenendo. Nello stesso tempo, le imprese private delocalizzano o non dispongono delle risorse finanziarie necessarie per investire o ristrutturare le loro aziende.
L’iniziativa del Governo di Matteo Renzi, quindi, non è sufficiente a cambiare il trend di sottosviluppo del MeridioneAnzi, le politiche economiche adottate negli ultimi decenni hanno accresciuto le ingiustizie e le disuguaglianze territoriali e sociali tra le diverse aree del Paese.

mercoledì 16 novembre 2016

Matteo Renzi: ‘Nel 2017 decontribuzione totale per le imprese del Sud’


Il premier, Matteo Renzi, riconoscendo la difficile situazione economica e sociale del Mezzogiorno annuncia incentivi per 730milioni di euro per le imprese del Sud 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi
‘Tra poco Del Conte dell’Anpal firmerà un atto molto importante da 730milioni di euro, che sono quelli della decontribuzione per il 2017. Gli incentivi del Jobs act solo per il Mezzogiorno saranno confermati integralmente. Le aziende che scelgono di assumere al Sud hanno la decontribuzione totale come il primo anno del Jobs act. E’ un’importantissima scelta che abbiamo fatto per il 2017’. Questo è quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso della sua visita ad Agrigento.
La decontribuzione sarà totale e riguarderà solo i giovani ed i disoccupati. Lo sgravio sarà di 8.060 euro e durerà dodici mesi. Ad usufruirne saranno gli imprenditori delle regioni meridionali che, nel 2017, assumeranno a tempo indeterminato o in apprendistato giovani tra i 15 ed i 24 anni ed i disoccupati privi di impiego da almeno 6 mesi. 
Di certo questa è buona notizia per i lavoratori e le imprese del Sud.Tuttavia è bene precisare che si tratta solo di un annuncio, nelle prossime settimane vedremo se alle parole seguiranno i fatti.

sabato 12 novembre 2016

Baby-Senatori e stop alle spese pazze delle Regioni, ecco alcune ‘particolarità’ della riforma costituzionale


Un’attenta lettura della riforma costituzionale evidenzia alcuni aspetti che non suscitano l’interesse degli opinionisti, ma che destano dubbi, consensi o perplessità, vediamone alcuni

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da unità.it
Tra le modifiche costituzionali approvate dal Parlamento il 7 aprile scorso c’è l’abolizione dell’articolo 57, quello che stabilisce per i senatori l’età minima per essere candidati (40 anni) e per essere elettori (25 anni). La cancellazione di questa norma potrebbe consentire ai diciottenni consiglieri regionali o sindaci di essere eletti senatori della Repubblica. Il limite di età per essere candidati (25 anni) rimarrà solo per la Camera dei deputati.
Un’altra particolarità è che, ad oggi, non si conoscono le modalità di elezione dei senatori, il sistema sarà definito da una legge ordinaria ancora da scrivere.
Foto da ansa.it
Certamente positivo è il fatto che i nuovi senatori, non percepiranno (oltre a quella di Sindaco o di Consigliere regionale) nessuna indennità.Fanno eccezione a questa regola gli attuali senatori a vita,mentre per coloro che in futuro saranno nominati per alti meriti dal Presidente della repubblica non è previsto alcuno stipendio (questa regola non vale per gli ex Presidenti della repubblica). Essi rimarranno in carica solo per sette anni. Nel complesso i senatori a vita e quelli nominati dal Presidente non potranno essere più di cinque.
I parlamentari continueranno a godere dell’immunità. Pertanto per arrestare, perquisire e intercettare un senatore o un deputato servirà il sì dell’Aula. Questa regola è una delle maggiori obiezioni dei sostenitori del No, ma si tratta di una tutela sancita dai padri costituenti per garantire i legislatori dagli altri poteri dello Stato, in particolare da quello giudiziario.
Saranno vietate le cosiddette ‘spese pazze’ ed i consiglieri regionali e gli assessori non potranno guadagnare più di un sindaco di un comune capoluogo. Questa regola come quella che modifica l’articolo 117 varrà solo per le Regioni a statuto ordinario.
Saranno cancellate le Province, già sostituite dai Liberi consorzi (legge Delrio), mentre continueranno ad esistere le città metropolitane.
Foto da sassuolo2000.it
La riforma sancisce la parità di genere per l’elezione dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Ecco cosa dispone all’articolo 122: ‘Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini’.
Il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei deputati, l’unica che voterà la fiducia al Governo.
L’amnistia e l’indulto saranno votate solo dalla Camera dei deputati con una maggioranza dei due terzi, anche lo stato di guerra sarà votato dalla Camera e basterà la maggioranza assoluta.
I due rami del Parlamento si riuniranno in seduta comune solo per l’elezione, il giuramento o lo stato d’accusa del presidente della Repubblica e per la scelta dei membri ‘laici’ del Csm.
La seconda carica dello Stato sarà quella del presidente della Camera.
L’assenteismo dei parlamentari diventerà incostituzionale, lo stabilisce l’articolo 64: ‘I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare alle sedute dell’assemblea ed ai lavori delle commissioni’. Una norma sacrosanta, ma i deputati ed i senatori la rispetteranno?

domenica 25 settembre 2016

Olimpiadi 2028 in una città del Sud?


Dopo il no della sindaca Virginia Raggi a Roma 2024, il Sud si mobilità e nasce la proposta dei ‘Giochi della Magna Grecia’  

Luigi De Magistris - (foto da vesuviolive.it)
Promotori dell’idea, oltre al sindaco di Napoli, il governatore della Puglia Michele Emiliano ed il primo cittadino di Cosenza Mario Occhiuto. Quest’ultimo ha scritto una lettera al presidente del Coni, Giovanni Malagò. Nella missiva  il sindaco di Cosenza esprime ‘l’amarezza di tutti noi per il fatto che il Paese perda questa grande occasione, macredo che sia il tempo di andare oltre, puntando alle Olimpiadi della Magna Grecia per il 2028’. Ed ancora: ‘C’è una grande fetta del Paese che non vuole dire no. Per questo vorremmo costruire un evento con il coinvolgimento di tutto il Meridione.Le infrastrutture possibili, in concomitanza con i Giochi, avrebbero il potere reale di cambiare il Sud ad impatto zero perché ci impegneremmo a costruire percorsi ecosostenibili per le città. Suppongo che anche Matteo Renzi  - conclude Occhiuto - sarebbe d'accordo con questa ambiziosa iniziativa per rinvigorire l'essenza della Storia che pulsa nelle vene del Mezzogiorno e che può diventare, appunto, il sogno possibile della nostra grande Olimpiade del 2028’.
Mario Occhiuto - (Foto da zoom24.it)
Dello stesso parere il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che da Radio1 Rai ha commentato così: ’Oggi ci sono le professionalità, le competenze, per dimostrare che c'è un Sud diverso, un Sud che non si tira indietro e di fronte a questa pantomima romana noi siamo pronti. Oggi siamo in grado di spendere il denaro in trasparenza e avere le attrezzature sportive. A Napoli nel 2019 si faranno le Universiadi con 15.000 atleti, quindi per quella data avremo impianti sportivi all'altezza di una sfida come quella delle Olimpiadi’.
La proposta di De Magistris ha già ottenuto l’appoggio del governatore della Puglia, Michele Emiliano, e di Gianfranco Miccichè, commissario di FI per la Sicilia, che ha dichiarato: ‘La proposta di De Magistris ci piace. Le Olimpiadi 2028 organizzate a Napoli renderebbero felici anche noi siciliani. Pronti a dare il nostro contributo, pronti a dimostrare al mondo intero di cosa è capace il Sud’.

venerdì 16 settembre 2016

Bonus di 500 euro per i 18enni, ecco come funziona


Da giovedì 15 settembre i giovani neo maggiorenni possono accedere all’applicazione ‘18app’ ed usufruire del bonus di 500 euro per l’acquisto di beni e servizi legati alla cultura

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da blastingnews.com)
L’incentivo, previsto dalla legge di stabilità 2016, è destinato a tutti i ragazzi, extracomunitari compresi, che hanno compiuto o che compiranno 18 anni nel corso del 2016. La card-cultura potrà essere utilizzata fino al 31 dicembre del 2017. I giovani interessati sono oltre 560mila e la spesa per le casse dello Stato sarà di circa 290 milioni di euro.
Per ottenere il bonus i ragazzi dovranno registrarsi ad uno dei seguenti provider: Poste italiane, Tim, Infocert o Sielte. Lo scopo è di ottenere, attraverso lo Spid (Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale), le credenziali (una specie di carta d’identità virtuale) necessarie per accedere all’incentivo.
Foto da businessonline.it
A questo punto per utilizzare il contributo basterà scaricare l’app sul portalewww.18app.it. E' bene precisare che, trattandosi di una webapp customizzata per mobile, non è scaricabile dagli store. Ad essere online da ieri sera è la versione beta che funzione come una ‘vetrina’ delle offerte, mentre gli acquisti potranno essere fatti solo all'inizio di ottobre e potranno avvenire sia in forma digitale, sia recandosi presso i negozi fisici, in questo caso sarà necessario mostrare il qr code (codice a barre bidimensionale) o il bar code (codice a barre) dell’acquisto effettuato sull’app. Ovviamente il costo del servizio o dell’evento sarà scalato automaticamente dall’importo iniziale di 500 euro. Tra le proposte elencate dal ministero dei Beni Culturali c’è l’acquisto di libri, di biglietti d’ingresso a spettacoli, mostre, concerti e cinema, ma non sarà possibile acquistare computer, tablet, musica online o film in streaming.

martedì 13 settembre 2016

Tito Boeri: ‘Il problema è l’equità, non la sostenibilità’


Il presidente dell’Inps in un’intervista rilasciata alla trasmissione di Raitre Presadiretta ha ribadito che il problema del sistema pensionistico italiano è l’equità

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tito Boeri - (foto da gossip.libero.it)
Il problema vero che abbiamo oggi in Italia è quello dell'equità e non quello della sostenibilità finanziaria del nostro sistema pensionistico’. Questo è quanto ha dichiarato il presidente dell’Inps Tito Boeri alla trasmissione di Raitre Presadiretta.
Ed ancora: ‘Ci sono delle persone che oggi hanno dei trattamenti pensionistici, o hanno dei vitalizi, come nel caso dei politici, che sono del tutto ingiustificati alla luce dei contributi che hanno versato in passato. Abbiamo concesso per tanti anni questo trattamento privilegiato a queste persone. Per chi ha degli importi molto elevati di prestazioni,  non è il caso di chiedere loro un contributo che potrebbe in qualche modo rendere, alleggerire i conti previdenziali? Ci permetterebbe di fare qualche operazione di redistribuzione, per esempio andare ad aiutare quelle persone che sono in quella fascia di età prima della pensione che sono in condizione di povertà, oppure potremmo concedere maggiore flessibilità in uscita verso il sistema pensionistico. Ecco sono tutte operazioni che si possono fare in quest’ambito. Legare contributi e prestazioni, questo è il vero problema di fondo’.
Roberto Iacona - (foto da presadiretta.rai.it)
Ad incidere sui conti dell’Istituto sono anche le truffe. Nel solo 2015 sono stati scoperti 30mila posizioni di falsi lavoratori. Con il nuovo sistema, introdotto con l’arrivo di Tito Boeri, gli illeciti vengono scoperti in tempo reale. ‘Viene fuori – ha spiegato il presidente dell’Inps - una cifra di 150 milioni di prestazioni che noi avremmo erogato indebitamente, quindi sprecando delle risorse pubbliche. L'Inps eroga - ha aggiunto Boeri - delle prestazioni per conto dello Stato. Quindi fin quando lo Stato italiano non dovesse fallire, poniamo pure che l'Inps fallisse, e non fallirà vi assicuro, però ci sarà sempre lo Stato italiano. Se c'è qualcosa di cui le persone si devono preoccupare non sono i conti dell'Inps ma sono i conti dello Stato italiano, il debito pubblico’.

martedì 6 settembre 2016

Caos M5S, la questione non è giudiziaria ma politica


Le vicende della giunta capitolina di Virginia Raggi stanno facendo emergere le contraddizioni politiche interne al M5S 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Virginia Raggi e Paola Muraro
(foto da ilfattoquotidiano.it)
Il movimento di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio è stato fondato sull’antipolitica, sul ‘vaffa’ diretto a tutti i partiti politici. Un’entità neutra o liquida, come si dice oggi, ben sintetizzata con lo slogan: ‘ne di Destra ne di Sinistra, ma dalla parte dei cittadini’. Un movimento populista sostenuto da supporter di tutti gli orientamenti ideologici ed una macchina elettorale che ha raccolto consensi in tutti gli strati sociali.
Beppe Grillo - (foto da repubblica.it)
I problemi emergono quando il M5S diventa forza di governo ed è chiamato a prendere decisioni politiche concrete. L’esempio dell’amministrazione comunale di Parma è dirimente. Il sindaco Federico Pizzarotti, eletto al ballottaggio con i voti della Destra, è stato messo ai margini del Movimento quando ha iniziato ad amministrare la città, quando cioè ha evidenziato una sua linea politica. Lo stesso è avvenuto a Gela, a Livorno, ecc. Per non parlare degli epurati e degli espulsi tra i militanti, gli amministratori ed i parlamentari. Fino a quando il M5S rimane una forza di opposizione riesce a mantenere l’unità, ma tende a disgregarsi quando deve governare.
Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico
(foto da repubblica.it)
Le disavventure della giunta di Virginia Raggi, anche lei eletta al ballottaggio con i voti della Destra, sono una conferma di questa contraddizione. Le divisioni interne stanno emergendo con chiarezza anche nel direttorio nazionale del Movimento. Le bugie e le incongruenze sulle epurazioni fatte e quelle non fatte (almeno finora) evidenziano l’applicazione di due pesi e due misure. L’assessore Paola Muraro pur avendo ricevuto un avviso di garanzia ed un evidente conflitto d’interessi sembra inamovibile, mentre Carla Raineri, nominata pochi settimane fa Capo di gabinetto dalla Sindaca grillina, è stata costretta a dimettersi perché percepiva uno stipendio troppo alto.
La questione non è giudiziaria, ma d’indirizzo politico. Le scelte degli assessori e dei manager delle aziende municipalizzate sono la conseguenza di una precisa linea politica. Il bluff dell’antipolitica sta emergendo con chiarezza. Le decisioni sono ‘ideologiche’ e sono fatte nella consapevolezza che esse incideranno sulla vita dei cittadini e finiranno per favorire questo o quel ceto sociale.
Il Movimento ed i suoi amministratori, come tutti i partiti politici, sono costretti a schierarsi secondo il loro convincimento ideologico e promuovere politiche di Destra o di Sinistra. Le divisioni interne ne sono l’ovvia conseguenza, così come il disorientamento e la rabbia dei sostenitori.

venerdì 12 agosto 2016

Dichiarazioni indecenti di un ex comunista


Deputato di Sel: ‘Chi siamo noi? Lavoratori subordinati dell’ultima categoria di metalmeccanici?’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Arcangelo Sannicandro - Foto da selpuglia.it
La proposta presentata dal M5s di dimezzare l’indennità dei parlamentari da 10 mila euro lordi a 5 mila non piace all’esponente di Sinistra e Libertà, Arcangelo Sannicandro.
Il deputato di Sel ed ex membro del partito di Rifondazione comunista ha affermato che la situazione lavorativa dei politici italiani e dei lavoratori metalmeccanici è molto diversa.
Ecco quando ha dichiarato in aula a proposito del taglio delle indennità ai parlamentari: ‘Chi siamo noi? Lavoratori subordinati dell’ultima categoria di metalmeccanici?’. Chissà cosa ne pensa Nichi Vendola, ma di certo, poi, non dovrà lamentarsi se il M5S o la Destra populista faranno il pieno di voti tra i lavoratori.

domenica 31 luglio 2016

A settembre parte il piano anti povertà del Governo, ecco chi potrà richiederlo


Il primo intervento strutturale contro la povertà predisposto dal Governo di Matteo Renzi sarà finanziato con 750 milioni di euro che saliranno ad un miliardo nel 2017, ad usufruirne saranno oltre 200 mila famiglie

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da cislbrescia.it
Il Sia, il Sostegno per l’inclusione attivaè il piano di contrasto della povertà previsto dal Governo di Matteo Renzi. Si tratta di un sussidio economico per le famiglie più povere che riceveranno mediamente 320 euro al mese. Il contributo è legato ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa che dovrà essere predisposto dai Comuni oppure dai servizi territoriali come i Centri per l’impiego, i Servizi sanitari, le Scuole ed il Terzo settore.
Il Governo ha stanziato 750 milioni di euro per il 2016 che saliranno a un miliardo dal 2017. Potranno accedere al contributo circa 200 mila nuclei familiari composti da 500 mila minorenni, per un totale di circa 1 milione di persone. Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, lo ha definito un intervento ‘ponte’ in attesa dell’approvazione della legge delega sulla povertà prevista per i prossimi mesi.
Giuliano Poletti - Foto da ansa.it
Ecco i requisiti e le modalità per usufruire del contributo.
I tempi. Dal 2 settembre i cittadini interessati potranno fare richiesta presentando al proprio Comune il modulo che sarà predisposto dall’Inps. Il contributo verrà erogato entro due mesi. Entro i successivi 60 giorni l’ente pubblico dovrà predisporre i progetti personalizzati anche se nella prima fase l’obbligo riguarderà solo il 50% dei richiedenti.
Requisito Isee. Per poter accedere al contributo occorre un Isee uguale o inferiore a 3000 euro. Potrà fare richiesta il cittadino italiano o comunitario e lo straniero con permesso di soggiorno. E’ necessaria la residenza in Italia da almeno due anni. Inoltre, è obbligatoria la presenza nel nucleo familiare di un minore o di un disabile oppure di una donna in stato di gravidanza accertata, in quest’ultimo caso la domanda non potrà essere presentata prima di 4 mesi dalla data presunta del parto e deve essere corredata da documentazione medica.
Foto da percorsi.social.it
Esclusi. Sono esclusi dal Sia coloro che già beneficiano di trattamenti economici previdenziali che superino l’importo di 600 euro al mese e chi percepisce indennità di sostengo al reddito come la Naspi, l’Asdi, ecc.. Inoltre, i componenti del nucleo familiare non potranno possedere autoveicoli immatricolati per la prima volta nei 12 mesi precedenti la domanda con una cilindrata superiore a 1300 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati nei tre anni precedenti la richiesta del contributo.
Selezione in base ai bisogni. Poiché la platea dei nuclei familiari con un Isee di 3000 euro è molto ampia, il contributo non potrà essere assegnato a tutti i nuclei famigliari. Sarà necessaria una selezione. I beneficiari dovranno ottenere un punteggio di valutazione dei bisogni uguale o superiore a 45 punti. Questi saranno attributi in base a diversi indicatori come i carichi di famiglia, la situazione economica, il numero di figli minorenni, specie se con un età fino a tre anni. Ed ancora, se nel nucleo familiare lavoro un solo genitore, se ci sono disabili o soggetti non autosufficienti. Tutti i requisiti sono già presenti nella dichiarazione Isee ed il punteggio massimo attribuibile sarà di 100 punti.

domenica 10 luglio 2016

Referendum sulla riforma costituzionale, ecco le ragioni del Si e del No


Fra circa tre mesi saremo chiamati a confermare o bocciare la riforma costituzionale, ma molti italiani non ne conoscono i contenuti. Vediamo, in sintesi, le principali ragioni per votare Si e quelle per il No  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da gonews.it
La riforma costituzionale è stata approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati il 12 aprile scorso, ma molti elettori non sono informati sulle modifiche previste dal testo di revisione costituzionale e sui motivi politici ed istituzionali che hanno indotto il Parlamento ad approvare la legge. E’ opportuno, quindi, ricordare le principali ragioni per votare Si e quelle per il No sul referendum confermativo che si terrà in autunno.
Ecco le ragioni per votare Si:
1. Bicameralismo perfetto. Il primo motivo per votare Si è l’abolizione del bicameralismo perfetto, vale a dire del meccanismo che obbliga i parlamentari ad approvare due volte lo stesso disegno o proposta di legge, dilatando così i tempi di entrata in vigore della nuova normativa.
2. Fiducia. Il voto di fiducia al Governo sarà dato solo dalla Camera dei deputati, l’obiettivo è semplificare i tempi di formazione ed entrata in carica dell'Esecutivo.
3. Democrazia diretta. La riforma incrementerà gli strumenti di democrazia diretta introducendo il referendum propositivo e modificando il quorum per quello abrogativo.
4. Costi politica. Caleranno i costi della politica. I senatori si ridurranno da 315 a 100 e sarà abolito il Cnel (Consiglio nazionale per l’economia e per il lavoro).
5. Decreti legge. Sarà limitato il ricorso ai decreti legge.
Foto da gdc.ancitel.it
6. Decentramento legislativo.Le materie strategiche come trasporti ed energia torneranno di competenza del Parlamento e si ridurranno le liti tra Stato e Regioni, sarà compito del Senato dirimere tali controversie.
7. Nessuna deriva autoritaria. La vittoria del Si rafforzerà la capacità di decisione del Governo, ma non ci sarà nessuna deriva autoritaria perché rimarranno i contrappesi che limitano reciprocamente i tre poteri: Legislativo, Esecutivo e Giudiziario.
Ecco le ragioni per votare No:
1. Il bicameralismo rimarrà. Cambieranno le competenze delle due Camere, ma esse continueranno ad esistere ed a legiferare in comune su diverse materie. Non è vero che i ritardi sull’approvazione delle leggi sono determinati dalle norme costituzionali o regolamentari, ma essi dipendono dalla volontà politica delle maggioranze parlamentari. Inoltre, il Senato dovrà essere consultato su diverse leggi, come quella di bilancio.
2. Riduzione costi limitata. I risparmi sarebbero limitati: circa 50 milioni di euro l’anno, ovvero il costo di un F35 ordinato dal Ministero della difesa. La struttura del Senato rimarrà uguale. Il numero dei deputati non cambierà, essi rimarranno 630.
3. Firme per i referendum e le leggi di iniziativa popolare. Le firme per la richiesta dei referendum abrogativi saliranno da 500 mila a 800 mila. Per le leggi d’iniziativa popolare passeranno da 50 mila a 150 mila.
4. Italicum e premio di minoranza. La legge elettorale, l’Italicum, è strettamente connessa alla riforma costituzionale. Pertanto se una lista supererà il 40% dei voti otterrà il premio di maggioranza, ma anche nel caso di successo nel ballottaggio. Saremo governati da una minoranza.
5. Disegni di legge. Il Governo, avendo una corsia preferenziale sui disegni di legge, monopolizzerà l’attività legislativa del Parlamento.
6. Decentramento legislativo e contenziosi. La modifica del Titolo V della Costituzione ridurrà il decentramento legislativo. Aumenteranno i contenziosi tra Stato e Regioni e se ne creeranno di nuovi tra Camere dei deputati e Senato.
7. Democrazia e libertà di voto. La riforma non è stata condivisa da tutte le forze politiche. Ed è allarmante per la tenuta delle istituzioni il fatto che saranno modificati 47 articoli della Costituzione con una maggioranza risicata. Il referendum non inciderà sulle sorti del Governo. Il voto sulla modifica della Costituzione non dovrà essere strumentalizzato a fini politici.

sabato 2 luglio 2016

‘Italicum’, ‘Porcellum’ o ‘Legge truffa’, lo scopo è sempre lo stesso: garantire il ‘Potere’ alle élites politiche ed economiche


La classe dirigente dei Paesi occidentali di fronte alla crisi di rappresentatività dei parlamenti nazionali per mantenere il ‘Potere’ adattano a loro piacimento i sistemi elettorali 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

1953 - Foto da ilquotidianoitaliano.com 
Era il 31 marzo del 1953 quando la cosiddetta ‘Legge truffa’ fu promulgata. In vigore per le elezioni politiche del 3 giugno di quello stesso anno non produsse nessun effetto, perché la coalizione vincente non raggiunse il 50 più uno dei voti validi, risultato che avrebbe consentito alla Democrazia cristiana ed ai suoi alleati di ottenere il 65% dei seggi della Camera dei deputati. Quella legge elettorale fu abrogata l’anno dopo, il 31 luglio del 1954. Da allora e per i successivi venticinque anni è rimasta in vigore la legge elettorale che prevedeva un sistema proporzionale ‘puro’.
Lo scopo della ‘Legge truffa’ era di garantire la 'governabilità', cioè assicurare al Paese dei Governi stabili, in quanto i suoi fautori non ritenevano possibile allargare l'Esecutivo alle forze politiche di Destra (Msi) e di Sinistra (Psi e Pci).
Roberto Calderoli (foto da il giornalettismo.com)
Negli ultimi settant’anni sono stati adottati diversi sistemi elettorali. Dal 1946 e per oltre quarant’anni è rimasto in vigore, con la sola parentesi della ‘Legge truffa’, il sistema proporzionale 'puro'. Quel sistema, sotto la spinta di ‘Tangentopoli’ e dei referendum abrogativi, è stato modificato nel 1993 con la legge Mattarella, un sistema elettorale misto. Sostituito, a sua volta, nel 2005 con la legge Calderoli, definita dallo stesso promotore una ‘porcata’, che introdusse le liste bloccate ed un premio alla coalizione vincente.
Ora l’Italicum, il nuovo sistema elettorale voluto nel 2015 da Matteo Renzi, dalla maggioranza del Partito democratico e da una parte del Centrodestra, che ha lo stesso obiettivo della ‘Legge truffa’: garantire alla lista vincente, al primo o al secondo turno, la maggioranza in Parlamento (54%) e, quindi, consentire la ‘governabilità’. La principale differenza rispetto a sessantatre anni fa è che allora ad avvantaggiarsi era la coalizione, oggi sarebbe la lista. Il problema non sono più le ali estreme del sistema politico (Destra e Sinistra), ma si vuole impedire che i piccoli partiti di qualunque orientamento ideologico possano condizionare l’attività del Governo.
Maria Elena Boschi e Matteo Renzi (foto da il giornalettismo,com)
In un mondo globalizzato l’esigenza di prendere decisioni con rapidità e senza compromessi è legittima, ma essa comporta alcuni rischi. Il pericolo maggiore è che una sola forza politica possa conquistare e mantenere il potere anche se nel Paese ha un consenso limitato. Questa è una situazione che si è già verificata per l’elezione dei Sindaci e dei Governatori. Rosario Crocetta in Sicilia, ad esempio, è stato eletto con circa il 30% dei voti che corrisponde a circa il 15% degli aventi diritto. Questo significa che l’ex sindaco di Gela è diventato presidente della Regione con il consenso di poco più di un siciliano su dieci.
Tuttavia, il potere degli amministratori degli Enti locali è bilanciato da maggioranze assembleari o consiliari poco coese. Il sistema è, in sostanza, equilibrato. L’Italicum invece è strettamente legato alla riforma costituzionale approvata di recente dal Parlamento. Le due leggi danno al Governo ed al suo leader un potere quasi assoluto sulla composizione della lista elettorale ed un potere eccessivo sul Parlamento e sul Governo, da qui i dubbi di molti politici e costituzionalisti.
I sistemi elettorali con premi di maggioranza e l’astensionismo elettoralestanno depauperando uno dei principi fondamentali delle democrazie moderne: il vincolo del mandato politico e, quindi, della rappresentanza parlamentare. Le forze politiche tradizionali non riescono più a cogliere gli inputs che vengono da una parte consistente della società. I populismi che si stanno affermando nel mondo occidentale sono espressione di questo malcontento. Da qui le modifiche ai sistemi elettorali. Lo scopo delle élites politiche ed economiche è, quindi, sempre lo stesso: conquistare o mantenere il potere anche se il consenso tra i cittadini è ormai ridotto ai minimi termini.

lunedì 20 giugno 2016

Elezioni amministrative: tra i due litiganti il terzo gode


I risultati dei ballottaggi delle elezioni amministrative di ieri hanno sancito la vittoria del M5S e la sconfitta del Pd e del Centrodestra, ecco alcune ipotesi sul suo significato politico

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Virginia Raggi e Chiara Appendino (foto da lettera43.it)
La vittoria di Virginia Raggi a Roma era stata prevista da tutti gli opinionisti politici.La sua elezione è stata favorita dalla disastrosa amministrazione di Ignazio Marino, dalla confusione che ha regnato per mesi negli altri partiti e, soprattutto, dallo ‘scarso’ spessore politico dei candidati che le contendevano la carica di sindaco. Ha sorpreso invece la debacle nel capoluogo piemontese del sindaco uscente, Piero Fassino. L’elezione di Chiara Appendino a Primo cittadino di Torino è sintomatica per comprendere le ragioni politiche che hanno determinato questo ‘terremoto’ politico. 
Al candidato del Pd è stato riconosciuto il buon governo della città piemontese, ma nonostante ciò ha perso, perché? La spiegazione data dall’esponente democratico è la seguente: nel ballottaggio i voti del Centrodestra sono confluiti sulla candidata del M5s, mentre il candidato del Pd ha ottenuto gli stessi voti presi nel primo turno.
Stefano Parisi e Giuseppe Sala (foto da l'inkiesta.it)
L’analisi di Piero Fassino è corretta ma incompleta.Quello che è successo a Torino è simile a ciò che è avvenuto in altre città. Il primo caso fu a Parma, quando al ballottaggio i voti della Destra consentirono l’elezione di Federico Pinzarotti. Tuttavia, per capire dobbiamo porci un'altra domanda: perché a Milano il M5S non è andato neanche al ballottaggio? Se paragoniamo le vicende politiche delle due città notiamo che nel capoluogo piemontese il Centrosinistra è diviso, mentre a Milano si è presentato compatto. Lo stesso vale per il Centrodestra. A Roma, a Napoli, ed in tante altre città di medie dimensioni le divisioni sono state ancora più evidenti.
La conclusine politica è ovvia: Destra e Sinistra divise favoriscono il M5S.Invece, laddove i due schieramenti storici si presentano compatti i grillini tornano ad essere un entità insignificante o tutt'al più un consistente ma inutile movimento di opinione.
Questa considerazione vale soprattutto per il Partito democratico. Matteo Renzi sta facendo gli stessi errori che fece nel 2008 Walter Veltroni, quando ritenne di poter conquistare i voti moderati relegando la Sinistra del partito in un angolo. In quella tornata elettorale il Pd ottenne un buon risultato ma perse le elezioni con oltre il 10% di distacco dal Centrodestra. Oggi il partito di Matteo Renzi, se non cambia verso, rischia di fare la stessa fine, ma stavolta sarà a vantaggio del movimento di Beppe Grillo.

sabato 7 maggio 2016

Il bluff dei ‘Patti per il Sud’


Nelle ultime due settimane il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha firmato i ‘Patti per il Sud’, ma sindaci e governatori lamentano una diminuzione dei finanziamenti per il Mezzogiorno 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

‘Renzi ha raccolto quel che già c’è, sia in termini finanziari che di progetti’ ha dichiarato alla La Stampa l’economista Giancarlo Viesti ed ha aggiunto: ‘Il Fondo Sviluppo e Coesione nasce come intervento aggiuntivo rispetto ai fondi ordinari, per questo è riservato in gran parte alle regioni più deboli. Negli Anni 90 Ciampi fece pubblicare una tabellina semplice ma fondamentale, che comprendeva per ogni regione i fondi ordinari e straordinari. Così si capiva se questi ultimi erano realmente aggiuntivi o sostituivano i primi. Di questa tabellina non c’è più traccia, quindi il dubbio è legittimo: non è che Renzi mette nel patto per la Campania fondi ordinari, gli stessi della Lombardia a cui arrivano senza bisogno di firmare un patto con Maroni?’.
In sostanza i finanziamenti previsti con i Patti per lo sviluppo firmati da Matteo Renzi con i Sindaci delle città del Sud per realizzare infrastrutture, aiuti alle imprese, alla cultura e alla scuola, sarebbero in realtà per oltre il 71% fondi già stanziati dai governi precedenti.
I finanziamenti per il Sud fanno riferimento al Fondo Sviluppo e Coesione che in gran parte fa uso dei fondi europei. Il ciclo iniziato nel 2014 durerà sette anni e per legge l’80% dei soldi devono andare al Sud. Ma soltanto dopo la pubblicazione da parte dello Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) del rapporto annuale sull’economia del Mezzogiorno che denuncia per il Meridione una condizione di allarme povertà e di sottoviluppo permanente oltreché una crescita inferiore a quella Greca, che il governo guidato da Matteo Renzi annuncia, con due anni e mezzo di ritardo, un ‘masterplan per il Sud’.
Nel frattempo la dotazione del Fsc si è ridotta da cinquantacinque a trentotto miliardi di euro. Diciassette miliardi, infatti, sono già stati utilizzati per finanziare la banda larga e il piano di ricerca e sviluppo. La beffa sta nel fatto che soltanto il 27% di questi fondi è andato al Sud.


venerdì 15 aprile 2016

Referendum sulle trivellazioni, le ragioni del Si e del No


Ecco un breve vademecum sul referendum abrogativo di domenica 17 aprile

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto ilgiunco.net
‘Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?'
E’ questo il quesito a cui gli elettori dovranno rispondere tracciando, domenica 17 aprile 2016 dalle ore sette fino alle ventitre, una crocetta sul Si o sul No. Si tratta, come stabilisce l’art. 75 della Costituzione, di un referendum abrogativo, gli elettori possono cioè decidere di abolire o meno una norma.  Il quesito può riguardare una legge, un articolo, un comma o addirittura, come in questo caso, un periodo di un comma.  Per la validità della consultazione è necessario il ‘Quorum’, cioè devono partecipare al voto almeno la metà più uno degli aventi diritto.
Foto blastingnews.com
Il quesito non riguarda le nuove trivellazioni ma solo i giacimenti già esistenti. Il decreto legislativo 152, al comma 17 stabilisce, infatti, chesono vietate nuove ‘attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi’ entro le 12 miglia marine, ma, nello stesso tempo, dispone che gli impianti esistenti possano continuare l’estrazione fino alla scadenza della concessione che può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento.
La consultazione è stata richiesta da 9 regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Molise, Liguria, Puglia, Veneto e Sardegna. E’ bene ricordare che lo scorso anno una raccolta di firme era fallita e che questa è la prima volta nella storia della Repubblica che un quesito referendario è richiesto dalle regioni.
I numeri. Con il referendum si vuole impedire alle società petrolifere di continuare ad estrarre petrolio o gas fino ad esaurimento del giacimento e di imporre per legge la cessazione dell'attività produttiva alla scadenza della concessione indipendentemente dal fatto che esso sia esaurito o meno. Le licenze interessate dal referendum sono quarantaquattro, su cui sorgono quarantotto piattaforme. Nove, già scadute, è assai probabile che non saranno rinnovate se vince il Si. Le altre saranno chiuse nei prossimi 20 anni. Pertanto, una vittoria dei promotori del referendum non impedirà lo sfruttamento dei giacimenti già esistenti, ma solo di quelli che hanno una concessione scaduta.
Foto welfarenetwork.it
La legge stabilisce una durata delle autorizzazioni di trent’anni, dilazionabile tre volte, la prima per dieci e le altre due per cinque anni ciascuna, al termine le aziende possono chiedere un'ulteriore proroga fino all’esaurimento del giacimento. Oggi, entro le 12 miglia marine si estrae il 17,6% di tutto il gas italiano e il 9,1% di tutto il petrolio.
Le ragioni del Si. I comitati ‘No-Triv’, sostenuti da diverse associazioni ambientaliste, come il WWF e Greenpeace, non solo intendono ‘fermare’ le trivellazioni per evitare i rischi ambientali e sanitari, ma si pongono come obiettivo anche quello di dare un segnale ‘politico’ contro lo sfruttamento dei fossili per favorire un maggior utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili.
Le ragioni del No. Il comitato ‘Ottimisti e razionali’ sostiene, invece, che continuare ad estrarre gas e petrolio è un modo sicuro per ridurre l’inquinamento. Il 10% di energia derivante dai fossili, che il nostro Paese utilizza ogni anno, evita il transito per i porti italiani di centinaia di petroliere. Inoltre una vittoria dei Si avrebbe conseguenze rilevanti sull’occupazione. Si calcola che solo nella provincia di Ravenna si perderebbero quasi settemila posti di lavoro. Ma ci sarebbe anche una ragione ‘politica’. Con il referendum i promotori intenderebbero fare pressioni sul Governo e sul Parlamento. La riforma costituzionale appena approvata modifica, tra l'altro, l’articolo 117, quello che indica le materie di competenza legislativa delle Regioni e tra queste quella energetica. Insomma, per i sostenitori del No la difesa dell'ambiente sarebbe solo un pretesto, lo scopo principale sarebbe quello di evitare una riduzione dei poteri e dell'autonomia politica delle Regioni.

giovedì 7 aprile 2016


Tito Boeri e la battaglia ‘persa’ contro i privilegi previdenziali

Gli ultimi dati pubblicati dall’Inps sulle pensioni liquidate prima del 1980 evidenziano un sistema previdenziale squilibrato a cui Tito Boeri, attuale presidente dell’Ente, sta tentando, inutilmente, di porre rimedio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tito Boeri
In Italia ci sono oltre 474.000 pensioni liquidate prima del 1980, ci sono cioè cittadini che percepiscono l’indennità da oltre 36 anni. Il dato comunicato dall’Inps riguarda gli assegni di vecchiaia, compresi quelli di anzianità, e ai superstiti del settore privato. Non contiene le pensioni d’invalidità civile, quelle sociali ed i trattamenti degli ex dipendenti pubblici.
Gli assegni corrisposti per invalidità previdenziale sono 439.718 (44,5 l’età di decorrenza), per le pensioni sociali 24.308 (33 anni l’età media alla decorrenza) e 96.973 per le pensioni agli invalidi civili (23,21 anni l’età alla decorrenza). Non sono comprese in questi dati le cosiddette ‘pensioni baby’ del pubblico impiego, di coloro, cioè, che sono usciti dal lavoro prima del 1992 con almeno 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi se donne sposate con figli.
Nel settore privato le pensioni di vecchiaia con decorrenza antecedente al 1986 sono oltre 800.000, mentre quelle ai superstiti sono 527.000. L’età media era rispettivamente di 55 anni per le donne e di 60 per gli uomini. Nel 2015, invece, le pensioni liquidate per anzianità sono state 238.400 con un’età media alla decorrenza di 62,55 anni, mentre per quelle ai superstiti sono state 173.378 con un’età media alla decorrenza di 73,89 anni.
Di fronte a questi dati è intervenuto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che ha dichiarato: ‘Siccome son state fatte delle concessioni eccessive in passato e queste concessioni eccessive oggi pesano sulle spalle dei contribuenti credo che sarebbe opportuno andare per importi elevati a chiedere un contributo di solidarietà per i più giovani e anche per rendere più facile a livello europeo questa uscita flessibile’.
La risposta del ministro del lavoro, Giuliano Poletti non si è fatta attendere:’ Il contributo di solidarietà oggi sulle pensioni alte c’è già, dovrà essere valutato se confermarlo in quella maniera o diversamente, ma non credo che ci sia nulla allo studio. Vedremo cosa fare sulla flessibilità’.
Insomma, la battaglia intrapresa da Tito Boeri sembra ‘persa’ in partenza, come tutte quelle combattute in Italia quando si toccano i privilegi della ‘Casta’ o di quei cittadini che in passato hanno potuto usufruire di diritti che oggi sono finanziariamente insostenibili. 

giovedì 3 marzo 2016


Renzi: ‘Il Ponte sullo Stretto si farà’

Il presidente Consiglio, Matteo Renzi, promette, come fece Silvio Berlusconi nel 2001, la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma sarà #lavoltabuona?

Silvio Berlusconi
‘Sicuramente il Ponte sullo Stretto verrà fatto prima o poi. L’importante è che portiamo a casa i risultati di opere incompiute perché qui ci sono solo quelli che pensano di arrivare e portare a casa progetti faraonici’, a dirlo ad Isoradio è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ed ancora: ‘bisognerà capire costi e tempi’, ma ‘prima devono finire i lavori sulle strade in Sicilia e Calabria’.
Lo Stretto di Messina
Il presidente del Consiglio promette, quindi, il completamento delle opere incompiute e, in futuro non troppo lontano, la costruzione del Ponte. Sono gli stessi impegni che prese nel 2001 l’allora premier Silvio Berlusconi, ma, ora, sarà #lavoltabuna?
‘In Sicilia vanno rimesse a posto strade e ferrovie. Se non uniamo Palermo, Catania e Messina di che parliamo?’ sottolinea Renzi ed aggiunge: ‘In alcuni momenti è stata impercorribile al suo interno ed è indecente per una regione così bella. In prospettiva personalmente non ho niente contro il Ponte, anzi lo ritengo utile, l’importante è capire tempistica, costi, collegamento e quando ci sarà dovrà essere per i treni. Dovrà essere un pezzo della struttura di Alta velocità del Paese. Perché abbiamo la struttura ad Alta velocità migliore al mondo’ e, conclude il Premier, ‘ora bisogna andare da Napoli a Bari e da Napoli a Reggio Calabria e, in prospettiva, anche a Palermo’.

lunedì 11 gennaio 2016


La Camera ha approvato il testo definitivo della riforma costituzionale

La Camera ha approvato con una larga maggioranza il ddl Boschi sulla riforma costituzionale, ecco cosa cambierà
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Maria Elena Boschi
La Camera ha approvato con 367 si, 194 contrari e 5 astenuti il testo sulla riforma della Costituzione. Il Parlamento, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, dovrà pronunciarsi ancora due volte, ma sarà solo per esprimere un ‘si’ o un ‘no’, poi, presumibilmente nel mese di ottobre, seguirà il referendum confermativo.
Vediamo in sintesi cosa cambierà.
La Camera continuerà ad essere composta da 630 deputati e sarà la sola a votare la fiducia al Governo.
Il Senato sarà composto da 5 membri nominati dal Capo dello Stato e da altri 95 eletti dai Consigli Regionali, che sceglieranno 21 sindaci (uno per ogni Regione) e 74 consiglieri-senatori. Dopo la modifica voluta dalla minoranza del Partito democratico saranno i cittadini che, al momento di eleggere i Consigli regionali, indicheranno quali consiglieri saranno anche senatori. In sostanza quella dei Consigli Regionali sarà una ratifica della scelta fatta dagli elettori. Il metodo di elezione sarà quello proporzionale. I nuovi senatori resteranno in carica sette anni ed avranno competenza piena solo sulle leggi costituzionali. Godranno delle stesse immunità dei deputati, pertanto non potranno essere sottoposti ad intercettazioni o essere arrestati senza l’autorizzazione del Senato.
La Camera dei deputati
Sarà riportata sotto la competenza dello Stato la legislazione sull’energia, sulle infrastrutture strategiche e sul sistema nazionale della protezione civile. Inoltre la Camera, su richiesta del Governo potrà, ‘quando lo richiederà la tutela nazionale’, approvare leggi di competenza delle Regioni.
I regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per approvare i ddl del Governo.
Il Presidente della Repubblica sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Nei primi tre scrutini occorrerà una maggioranza dei due terzi, dal quarto si scenderà a tre quinti, dal settimo sarà sufficiente una maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Dei 15 membri della Corte Costituzionale, tre saranno eletti dalla Camera e 2 dal Senato.
Il quorum delle firme sul referendum sarà di 800.000 e per renderlo valido basterà la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche.
Sui ddl d’iniziativa popolare le firme necessarie salgono a 150.000, ma i regolamenti della Camera dovranno stabilire tempi certi per il loro esame.
Sarà introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera.
Saranno abrogate le Province e il Cnel.

sabato 2 gennaio 2016


Il M5S e la difficile arte della mediazione politica

Nel M5S il numero degli espulsi cresce di giorno in giorno, l’ultimo caso è stato quello del sindaco di Gela Domenico Messinese, le motivazioni addotte sono ‘materiali’, ma anche politiche ed ideologiche  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo
Nei giorni scorsi quattro dei cinque consiglieri del gruppo pentastellato di Gela e tre assessori esonerati dal sindaco hanno accusano la Giunta, in carica da poco più di sei mesi, di aver ceduto ai potentati economici che, affermano, da decenni condizionano la politica della città.
In una nota emessa dal M5S siciliano si legge la motivazione dell’espulsione del primo cittadino: ‘Il sindaco di Gela, Domenico Messinese, è venuto meno agli obblighi assunti con l’accettazione della candidatura e si è dimostrato totalmente fuori asse rispetto ai principi di comportamento degli eletti nel MoVimento 5 Stelle e anche alle politiche ambientali energetiche e occupazionali più accreditate in ambito europeo. Pertanto si pone fuori dal movimento, di cui, da oggi, non fa più parte’.
Domenico Messinese
La vicenda di Gela è simile a quella di altre città amministrate dal M5S, dove alle prime divergenze interne al Movimento sono seguite, spesso, le ‘epurazioni’. Le motivazioni degli allontanamenti sono diverse. Innanzitutto non è ammessa una proposta politica alternativa a quella indicata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. In sostanza da un lato si vuole applicare in modo rigido il principio della democrazia diretta e dall’altro, invece, si vuole impedire ogni forma di dialettica interna. Tra i tanti casi che si sono verificati negli ultimi mesi c’è quello di Walter Rizzetto che è stato espulso per aver invitato il gruppo a ‘parlare e fare autocritica’ dopo il deludente risultato delle regionali in Emilia Romagna e Calabria.
’La politica è l’arte del compromesso’ scriveva Franz Liszt, ma per i grillini non è ammessa nessuna forma di mediazione. I partiti, oltre a rappresentare gli interessi e gli ideali delle varie categorie sociali, dovrebbero avere il compito di colmare la distanza che c’è tra governati e governanti e non limitarsi a sottolineare i vizi degli avversari.
Un’altra spiegazione di questi frequenti ‘cortocircuiti’ è la mancanza di una precisa identità ideologica. ‘Non esistono più una Destra e una Sinistra’, ripetono continuamente leader e sostenitore dei M5S. Per mantenere l’unità del Movimento si nega il fatto che esso ha sostenitori, aderenti, e soprattutto elettori che hanno una provenienza ideologia composita, cioè progressista, moderata e conservatrice.
La compattezza del M5S è fondata sull'antipolitica, ma essa rimane solida solo fino a quando il partito è all'opposizione, mentre tende a sgretolarsi nel momento in cui deve governare. Quando si devono prendere decisioni che incidono nella sfera economica delle diverse categorie sociali torna ad emergere la ‘vecchia’ distinzione tra politiche di Sinistra e di Destra. La disgregazione è, quindi, inevitabile ed è questo quello che è avvenuto a Livorno, a Parma ed a Gela.
Pietro Nenni
Poi ci sono motivazioni per così dire ‘materiali’. Tra queste la mancata restituzione di una parte dello 'stipendio', come nel caso di Serenella Fucksia. A tale proposito basta citare quanto sosteneva già negli anni Sessanta, l’allora segretario del Partito Socialista Italiano, Pietro Nenni: ‘In politica ci sono sempre due categorie di persone: quelli che la fanno e quelli che ne approfittano’. Ancora oggi è così. Si rassegnino, quindi, i sostenitori grillini, perché non bastano le buone intenzioni per impedire che ci siano parlamentari, governatori, sindaci o semplici consiglieri comunali, anche tra i pentastellati, che adoperino la politica per fare i propri interessi anziché quelli dei cittadini.

  

domenica 1 novembre 2015


Boeri: ‘tagliare del 50% i vitalizi dei politici’

Per il presidente dell’Inps sulla previdenza c’è un problema d’iniquità che va affrontato e sugli esodati non è escluso che sia necessario un ottavo intervento 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Sugli esodati “ci sono forti pressioni per un’ottava salvaguardia”, a dirlo, durante la trasmissione ‘In mezz’ora’ su Rai 3, è il presidente dell’Inps Tito Boeri ed ha aggiunto: “Le misure varate fin qui sono state molto costose, già 12 miliardi di euro ed 1 miliardo e mezzo servirà ora per la settima salvaguardia, ma la platea si continua ad allargare”.
La soluzione per il presidente dell’Inps sarebbe “la flessibilità in uscita equiparando chi va a 63 e chi va a 67 anni, ma per farlo bisogna dobbiamo dare una pensione più bassa”.
Per Boeri il problema principale è quello dei “veri esodati, soprattutto i lavoratori di piccole imprese, che semplicemente sono stati licenziati e non sono mai stati coperti, che si trovano tra i 55 e i 65 anni e che si sono ridotti in povertà. Li bisognerebbe trovare strumenti di sostegno al reddito”.
Tra le proposte avanzate al governo nel mese di giugno c’è anche quella che riguarda “i vitalizi dei politici di oltre 80-85mila euro all’anno per i quali abbiamo proposto una riduzione che arriva fino al 50%”.
“C’è un problema d’iniquità che va affrontato”, ha detto Boeri, “sull’assistenza sono stati fatti passi in avanti con la legge di Stabilità ma nulla è stato previsto sulle pensioni”. 

sabato 24 ottobre 2015


Dopo il ‘dimissionamento’ di Ignazio Marino sarà la volta di Rosario Crocetta?

La vicenda politica di Rosario Crocetta è per molti aspetti simile a quella di Ignazio Marino e non è escluso che alle dimissioni del sindaco di Roma possano seguire anche quelle del governatore siciliano 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi, Rosario Crocetta e Ignazio Marino
Le analogie tra il percorso politico del governatore della Sicilia, Rosario Crocetta e quello del sindaco di Roma, Ignazio Marino, sono tante. La prima è che entrambi i politici non fanno parte dell’entourage renziano, sembrano essere cioè corpi estranei rispetto alla maggioranza del partito a cui appartengono.
In effetti, Marino fin dal suo insediamento è sembrato un ‘marziano’ rispetto alle logiche politiche della Capitale. Da subito, mettendo in discussione tanti piccoli e grandi interessi, ha agito in contrasto con l’apparato politico-istituzionale della città. Dalla discarica di Malagrotta, alle municipalizzate, al salario accessorio dei vigili e dei dipendenti comunali, ai venditori ambulanti cacciati dal Centro, fino alle unioni gay celebrate in Campidoglio.
Seduta all'Ars
Il responsabile del Pd capitolino, Matteo Orfini, ha sostenuto pubblicamente più volte l’operato del suo Sindaco: “Credo che abbia fatto molte cose buone. Che abbia rotto meccanismi discutibili e incrostazioni corporative che indebolivano la città”. Tuttavia, di fronte all’apertura dell’indagine da parte della Procura di Roma sulla vicenda degli ‘scontrini’ e soprattutto di fronte alle parole severe di Papa Francesco: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato”, il Pd non poteva non ‘dimissionare’ il suo Sindaco.
Insomma, l’ex chirurgo dell’Ismett se da un lato ha dato avvio ad una dura battaglia contro le mafie, gli apparati e le corporazioni della Capitale, dall’altro ha dimostrato una certa ‘leggerezza’ nell’uso dei benefit che gli sono stati attribuiti come Sindaco, in particolare dall’uso ‘privatistico’ della carta di credito del Comune. Inoltre, ha dimostrato ‘inadeguatezza’ nelle relazioni politiche, soprattutto nei rapporti con il Vaticano.
Anche Rosario Crocetta sta conducendo una dura battaglia contro gli apparati e le corporazioni che sono consolidati nella struttura amministrativa dell’isola. Basti pensare alla vicenda dei corsi professionali o alle difficoltà ad approvare la legge sull’istituzione dei Liberi consorzi. 
La vicenda di Matteo Tutino aveva messo in serie difficoltà il Governatore, ma dopo un primo drammatico momento in cui le sue dimissioni sembravano imminenti, l’ex sindaco di Gela ha ripreso il suo percorso politico con più vigore e l'ultimo azzeramento della Giunta per formarne una nuova ne è la conferma.
Rimangono i problemi strutturali della macchina amministrativa regionale ed in particolare quelli derivanti dal debito di bilancio accumulato negli ultimi decenni. Le difficoltà della giunta Crocetta a far quadrare i conti dipendono anche dai limiti imposti dal Governo nazionale e soprattutto dalla necessità di mantenere coesa la maggioranza all’Ars. 
Insomma, i problemi della Sicilia sono tanti e molto seri, ma attribuirne le responsabilità all'attuale Governatore sarebbe fuorviante ed un suo ‘dimissionamento’ da parte del Pd sarebbe incomprensibile per molti siciliani.

 

domenica 18 ottobre 2015


Ecco chi ci guadagna e chi ci rimette con la legge di stabilità

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla manovra finanziaria, ecco chi ne trarrà benefici e chi invece ci rimetterà

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 

Giuliano Poletti, Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan
26,9 miliardi di euro è l’importo complessivo previsto dal disegno di legge sulla manovra finanziaria approvata pochi giorni fa dal Consiglio dei ministri. La legge di stabilità è il principale strumento di politica economica a disposizione del Governo e della sua maggioranza parlamentare. Come ogni anno gli interventi previsti favoriscono questa o quella categoria sociale. Vediamo, in sintesi, chi ci guadagna e chi invece ci rimette. 
Con l’abolizione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa a trarre profitto saranno innanzitutto i proprietari degli immobili di lusso e di maggior pregio. Il taglio sarà di 3,7 miliardi di euro ed i benefici maggiori andranno a chi ha redditi alti ed immobili di maggior valore, il risparmio medio per questa categoria di cittadini sarà di 2.200 euro, mentre 18 milioni di famiglie, proprietarie di immobili ‘normali’, beneficeranno in media tra i 180 ed i 200 euro. 
Dall’innalzamento del limite sugli acquisti da mille a tremila euro a guadagnarci saranno i commercianti, che vedranno aumentare il loro giro di affari, in particolare gli esercizi che vendono beni di maggior valore.
Gli agricoltori trarranno vantaggio dall’abolizione dell’Imu, ma anche con un aumento della detrazione dell’Iva e dei fondi a favore delle assicurazioni contro le calamità naturali.
Potranno usufruire di un regime fiscale di vantaggio i professionisti con ricavi fino a 30mila euro, mentre per le altre categorie la soglia massima è di 10mila euro. 
Per i giovani sono previste seimila borse di studio che saranno assegnate agli specializzandi in medicina ed è stato confermato il bonus anche se ridotto al 40%. Sbloccate anche le assunzioni alla carriera diplomatica e prefettizia. 
Varato un piano di contrasto contro la povertà. Il Governo prevede di stanziare 600 milioni di euro nel 2016, l’importo salirà ad un miliardo dal 2017. Le aziende, specie quelle di medie e grandi dimensioni, auspicano che il taglio dell’Ires sia anticipato al 2016. Intanto potranno usufruire del ‘maxiammortamento’ del 140% sui nuovi beni strumentali. 
Il ceto medio, oltre a continuare ad usufruire del bonus degli 80 euro e dell’abolizione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa, beneficerà del blocco degli aumenti di Iva e accise. 
Nulla cambierà per gli enti locali visto che il Governo si è impegnato a rimborsare i minori introiti con la cancellazione della Tasi e dell’Imu sulla prima casa. 
A rimetterci saranno i dipendenti pubblici. Per il rinnovo del contratto il Governo prevede di stanziare 200 milioni di euro, che corrisponderà ad un aumento medio di 5 euro al mese. 
Per i pensionati è in forse l’innalzamento della no tax area, mentre la flessibilità in uscita è stata rinviata al prossimo anno. 
Ad essere penalizzati saranno gli evasori del canone Rai. Gli inadempienti rischieranno fino a 500 euro di multa.
Insomma, con la legge di stabilità predisposta dal Governo a trarre i maggiori benefici saranno i proprietari delle case, soprattutto quelle di maggior valore, gli agricoltori, i commercianti e le imprese. Altri provvedimenti avvantaggeranno i giovani e le famiglie povere, mentre ad essere penalizzati saranno i dipendenti pubblici, i pensionati e soprattutto chi finora non ha pagato il canone della Rai.


giovedì 15 ottobre 2015


Varata la legge di stabilità, ma nessun provvedimento è stato previsto per sostenere l’economia del Sud

Il consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sulla manovra finanziaria, ma nessun provvedimento è stato previsto per sostenere l’economia del Mezzogiorno

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Tutti gli istituti di ricerca nazionali ed internazionali certificano periodicamente la debolezza strutturale dell’economia del Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali ci sono il tasso di occupazione più basso d’Europa, la più alta percentuale di famiglie povere o sulla soglia di povertà, infrastrutture fatiscenti, livelli d’istruzione inferiori alla media nazionale, diffusa criminalità organizzata e non, corruzione e malaffare nella Pubblica amministrazione, eppure le istituzioni nazionali continuano ad ignorare quella che una volta si chiamava ‘Questione meridionale’.
La manovra finanziaria appena varata dal Governo non prevede nessun intervento specifico per invertire il trend economico del Sud Italia. La legge di stabilità è stata pensata come se il Paese si fermasse ad Eboli. Il resto dello 'stivale' e le due isole maggiori sono abbandonati a se stessi, anzi sembrano d’impaccio ad un’Italia che sta ‘cambiando verso’. Durante la conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha detto: “Si scrive legge di stabilità e si legge fiducia”.  Ed ha aggiunto: “Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi mesi, ma il punto è che va sottolineato con forza è che l’Italia è tornata alla crescita. Lo slogan di questa legge di stabilità è: l’Italia con segno più”. Ma al Sud  questa svolta ancora non si vede ed il Governo non ha ipotizzato nessun piano speciale per favorire condizioni di crescita e sviluppo anche per il Mezzogiorno.
Gli interventi sono stati divisi in quattro capitoli: “Italia forte, Italia semplice, Italia giusta e Italia orgogliosa”.  Innanzitutto c’è, l’eliminazione delle tasse, Tasi e Imu, sulla prima casa, sugli immobili agricoli e sugli imbullonati. I risparmi per i cittadini vanno da 180 euro per le abitazioni ‘normali’ ad oltre i 2.700 euro per le abitazioni di lusso. Le imprese potranno utilizzare da subito il ‘maxiammortamento’ sugli investimenti, cioè potranno ammortizzare i beni strumentali fino al 140%, ed usufruiranno dal 2017 del calo dell’Ires al 24% e se l’Unione europea ci riconoscerà il margine di flessibilità sui migranti la riduzione sarà anticipata al 2016. Il canone Rai si pagherà in bolletta, ma scenderà a 100 euro e nel 2017 calerà a 95 euro. La spesa sanitaria crescerà di un miliardo di euro, ma saranno introdotti i costi standard. Aumenterà la no tax area per i pensionati e ci sarà un ulteriore taglio del 10% alle spese ministeriali. Azzerate le clausole di salvaguardia, cioè non ci sarà nessun aumento dell’Iva e delle accise.
Il piano per il Sud prevede finanziamenti per 450 milioni di euro nella regione Campania per interventi nella ‘Terra dei Fuochi’, il completamento della Salerno - Reggio Calabria ed un fondo di garanzia per l'Ilva di Taranto. Tutto qui. Evidentemente, la ‘Questione meridionale’ non è una priorità per il Governo di Matteo Renzi ed Angelino Alfano, il Sud dovrà fare da solo, ma questa non è una novità.

mercoledì 14 ottobre 2015


Regione Lombardia: Sanità criminale o attacco politico?

Matteo Salvini difende la Giunta della regione Lombardia e definisce come ‘attacco politico’ le accuse di corruzione nei confronti del vice di Roberto Maroni e dell’assessore leghista Garavaglia  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mario Mantovani, Roberto Maroni e Massimo Garavaglia
“La giunta Maroni rischia? Ma figurati, perché qualche giudice si è alzato male?”. Così, stamane, ha risposto ad una domanda postagli durante la trasmissione ‘La telefonata’ su Canale 5 il leader leghista Matteo Salvino. Ed ha definito l’indagine della magistratura milanese come: “un attacco politico alla Regione meglio governata d’Italia magari per nascondere i problemi del Pd e le cene di Marino e Renzi. Sapete perché è stato indagato anche un assessore della Lega? Perché ha ascoltato, ha girato una lettera di protesta arrivata da un’associazione di volontariato che gestisce il servizio di ambulanze per i malati dializzati. Mi autodenuncio: anche io giro lettere e telefonate di decine di associazioni di volontariato”.
Matteo Salvini
Il leader leghista tenta di minimizzare le accuse di corruzione, concussione e turbativa d’asta nei confronti di Mario Mantovani, vicepresidente della Giunta Regionale lombarda ed ex senatore, ex sottosegretario alle Infrastrutture, ex sindaco di Arcorate ed ex coordinatore regionale del Pdl. Il vice di Roberto Maroni, definito da Silvio Berlusconi ‘una persona corretta’, per il magistrato “ha una spiccata capacità criminale” ed “ una propensione alla violazione delle regole”.
Coinvolto nell’indagine anche l’assessore leghista all’Economia, Massimo Garavaglia. Secondo il gip Stefania Pepe, Mantovani avrebbe truccato insieme all’esponente leghista la gara bandita da un pool di tre Asl “per l’affidamento del servizio di trasporto di soggetti nefropatici sottoposti a un trattamento dialitico”. L’obiettivo degli indagati sarebbe stato quello di voler mantenere la gestione alle associazioni di sempre

 

martedì 13 ottobre 2015


Ecco cosa cambia con la riforma costituzionale

Approvata in terza lettura la riforma costituzionale. Il ddl Boschi prevede, tra l’altro, il superamento del bicameralismo perfetto

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Palazzo Madama
Scopo principale della riforma costituzionale, voluta soprattutto dal Pd del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è quello di accrescere il potere dell’Esecutivo superando il cosiddetto bicameralismo perfetto. Questo avverrà non abolendo una delle due Camere, ma cambiando le funzioni del Senato. Palazzo Madama farà da raccordo tra lo Stato, gli enti territoriali e l’Unione europea, mentre sarà solo la Camera dei deputati ad approvare le leggi e votare la fiducia al Governo. 
Per superare gli ultimi ostacoli ed in particolare le divisioni interne al Pd, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato con 161 si, 83 no, e 3 astenuti, l’emendamento del Governo che stabilisce i tempi per varare la legge ordinaria sull’elezione dei nuovi senatori. La modifica dell’articolo 39 del ddl Boschi prevede che entro sei mesi dall’entrata in vigore venga predisposta la legge nazionale per l’elezione dei senatori, successivamente, entro novanta giorni, le regioni dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni.
I senatori non saranno più 315 ma si ridurranno a 100 e non percepiranno nessuna indennità. Settantaquattro saranno scelti tra i consiglieri regionali, 21 tra i sindaci, cinque saranno nominati dal Presidente della Repubblica. Resteranno in carica per tutta la durata dell’istituzione territoriale di cui fanno parte e saranno eletti ”in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità della legge”. Ma ancora non si comprende come si potrà conciliare la carica di senatore con il voto dei cittadini se l’elezione è formalmente affidata al Consiglio Regionale. Il problema sarà affidato ad una legge elettorale ancora da approvare.
Il ruolo del Senato non sarà più legislativo ma consultivo e di controllo, cioè di verifica delle norme, delle politiche pubbliche, dell’attività delle pubbliche amministrazioni e delle nomine spettanti al Governo. Il bicameralismo perfetto rimarrà solo per le leggi costituzionali, tutela delle minoranze linguistiche, referendum popolari, normativa di Comuni e città metropolitane ed europee. Eleggerà due dei quindici giudici della Corte Costituzionale e partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica.  Cambierà il quorum per eleggere il Capo dello Stato, dalla settima votazione basteranno i tre quinti dei votanti. I delegati delle regioni saranno sostituiti dai senatori.
Sarà modificato radicalmente l’articolo 117 della Costituzione. Verrà introdotto il cosiddetto ‘federalismo differenziato’. L’obiettivo è premiare le Regioni ‘virtuose’ devolvendogli ulteriori poteri. A tale scopo il ddl Boschi prevede l’abolizione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ed attribuisce in modo esclusivo al Parlamento nazionale la politica estera, l’immigrazione, la difesa, l’ordine pubblico, le infrastrutture, la tutela dell’ambiente e l’istruzione. L’articolo 33 della riforma istituisce anche i ‘costi standard’ da applicare in tutte le Regioni.
La riforma prevede anche l’abolizione degli ‘enti inutili’. Innanzitutto il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Entro trenta giorni dall’approvazione della legge l’ente costituzionale sarà commissariato ed il personale sarà ricollocato in altre enti pubblici. Anche le Province, già trasformate in enti territoriali di secondo grado con la legge Delrio, saranno abolite.
Sarà istituito il referendum ‘propositivo’. Per richiederlo saranno necessarie 500mila firme, ma il quorum sarà abbassato al 50% più uno dei votanti anziché agli aventi diritto se le firme raccolte saranno oltre 800mila. Per le leggi d’iniziative popolari le firme necessarie saliranno a 150mila. 

mercoledì 30 settembre 2015


Ponte sullo Stretto: tanto rumore per nulla

La Camera dei deputati ha approvato una mozione presentata dal Ncd che impegna il Governo a valutare l’opportunità di riconsiderare la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma è subito polemica tra le forze politiche 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Cavallo di battaglia del secondo governo di Silvio Berlusconi, il Ponte sullo Stretto torna al centro delle polemiche tra chi è favorevole e chi invece ritiene che sia un'opera inutile e costosa.
‘Oggi alla Camera sì da maggioranza e Governo a nostra mozione sul Ponte sullo Stretto. Il #Mezzogiorno riparte #unaltrosuccesso #Sud’. Con questo tweet il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, commenta la mozione votata ieri alla Camera con la quale s’ipotizza di riprendere in considerazione la costruzione del Ponte sullo Stretto. Ed ancora: “Si riparte con il progetto, è un grande successo per il Meridione”. Ma il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, frena gli entusiasmi del leader politico siciliano: “Sì solo a una valutazione, il dossier non è sul tavolo”.
La mozione presentata dal Ncd contiene un impegno del governo a ‘valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo stretto come infrastruttura ferroviaria previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi – benefici’. In sostanza non si tratta di un impegno concreto, ma solo un’analisi sull’ipotesi di trasformare il progetto in un’infrastruttura ferroviaria. Tanto è bastato a far esultare il leader del Ncd.
Disappunto ha invece espresso il presidente Pd della Commissione Bilancio, Francesco Boccia, che definisce il progetto “un’opera inutile, non strategica” e che comporterebbe “un ulteriore spreco di soldi pubblici”.
Nichi Vendola, leader di Sel, ha accusato il governo di “continuare a gingillarsi con un’opera inutile, dannosa e delirante”. Mentre il Capogruppo in Commissione Trasporti della Camera, Andrea Cioffi, del M5s ha dichiarato che la maggioranza di governo è “in balia dei deliri al cemento del Ncd di Alfano”.
Insomma, torna la polemica politica sulla costruzione del Ponte sullo Stretto, ma anche questa volta sembra essere solo una foglia di fico per non affrontare i tanti, troppi, problemi economici e sociali che i siciliani ed i meridionali devono affrontare e sopportare giornalmente.

venerdì 18 settembre 2015


Bersani: 'bene le aperture sull’articolo 2'

Pier Luigi Bersani giudica positivamente la disponibilità del governo a discutere di modifiche sulla riforma costituzionale, in particolare quelle relative alle modalità di elezione dei Senatori

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Pier Luigi Bersani
Pier Luigi Bersani sulla sua pagine facebook giudica positivamente il tentativo di mediazione del governo sulla riforma del Senato: “Leggo di disponibilità a discutere modifiche delle norme sul Senato. Sarebbe davvero una buona cosa. La questione di fondo è semplice: bisogna che in modo inequivocabile i cittadini-elettori decidano e questo può essere solo affermato dentro l’articolo 2”.
Ed ancora: ”E’ su questo che si vuole ragionare seppur chirurgicamente? Ebbene, se è così lo si faccia con chiarezza e semplicità. Con la consapevolezza, cioè, che ambiguità, tatticismo, giochi di parole potrebbero solo aggravare un situazione già complicata”.
Ieri è iniziata la discussione in Aula e le prime due votazioni hanno rigettato le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall’opposizione. La seduta sul ddl Boschi riprenderà martedì 22 settembre. Intanto nel Pd, dopo aver visto i ‘bersaniani’ votare con la maggioranza, cresce l’ottimismo ed alcuni esponenti sono sicuri su un esito positivo del confronto, “una condivisione è possibile” dicono.

 

sabato 12 settembre 2015


Saviano: ‘Renzi tace sul diciassettenne ucciso …. Grave’

Lo scrittore campano, Roberto Saviano, accusa il premier Matteo Renzi d’inerzia sulla ‘Questione meridionale’  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Roberto Saviano e Matteo Renzi
‘Renzi tace sul diciassettenne ucciso a Napoli e sul bambino di 9 anni ferito a Giugliano da proiettile vagante. Grave’. Così ha twittato sul suo profilo, Roberto Saviano.
Con il post ‘La paranza dei bambini nella guerra di Napoli’, pubblicato sul suo sito online, lo scrittore campano è ancora più chiaro e rivolgendosi al premier scrive: ‘si renda conto che Napoli e l’emergenza criminalità sono una priorità del Paese e che alla città serve un progetto politico che sappia riportarla alla normalità. Napoli è una città difficile. Tra un anno ci saranno le Amministrative. Renzi se ne disinteresserà come ha fatto con le Regionali?’.
Poi cita Guido Dorso che nel 1925, su invito di Pietro Gobetti, scrisse: ‘No, il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto; ma libertà. Se il Mezzogiorno non distrugge le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l’esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile’.
Ad organizzare l’educazione alla legalità, scrive Saviano, ‘non  è la politica o le forze dell’ordine. Cinquantaquattro telecamere e cinquanta poliziotti sono provvedimenti che così declinati non serviranno. Dopo la tragedia arrivano i proclami. E poi nulla cambierà’.
Qui lo Stato è la Fondazione di Comunità San Gennaro voluta da don Antonio Loffredo, la Rete di Alex Zanotelli, l’Orchestra Santainsamble dei bambini del Rione Sanità organizzata dall’associazione l’Altra Napoli e dall’insieme di tutte le altre strutture di volontariato e non che operano nel sociale, che agiscono ‘senza armi e senza il codice penale contro la paranza dei bambini, il peggior prodotto di una terra dimenticata contesa tra disperati e indifferenti. E le lacrime di dolore che tracimano da queste storie nascono dalla difficoltà di resistere e non dalla celebrazione del lamento. E’ questa la differenza tra il pianto e il piagnisteo che in molti dovrebbero imparare a capire per capire questo Sud’.

giovedì 3 settembre 2015


Con l’abolizione della Tasi a guadagnarci saranno soprattutto i ‘ricchi’

A beneficiare dell’abolizione della Tasi saranno soprattutto i proprietari di case, ville e castelli di lusso, mentre sarà piuttosto limitato il risparmio per i cittadini dei piccoli Comuni del Sud

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato per il 16 di dicembre il ‘funerale’ per la Tasi e l’Imu sull’abitazione principale. Inoltre, di fronte ai dubbi sollevati dall’Ue sull’opportunità di abolire la tassazione sugli immobili, ha rivendicato con orgoglio il diritto del Governo italiano a decidere quali imposte  introdurre o mantenere per garantire i vincoli di bilancio decisi in sede comunitaria.
I continui cambiamenti sulla regolamentazione della tassazione sugli immobili, avvenuti negli ultimi anni nel nostro Paese, sono grotteschi. Prima è stata introdotta l’Ise, subito sostituita con l’Ici, a sua volta abolita e reintrodotta per essere poi rimpiazzata con l’Imu, anch’essa soppressa e poi camuffata con varie sigle, l’ultima è stata la Tasi. Ora il governo di Matteo Renzi vuole cancellarla definitivamente, ma ancora non è chiaro con quali risorse sarà sostituita. Secondo Paolo Zabeo della Cgia di Mestre ‘verranno a mancare 4,6 miliardi di euro di gettito che, per il momento, non sappiamo ancora come saranno reperiti’.
Inoltre, l’utilità economica di cui potranno usufruire i cittadini non è uguale per tutti. Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre le famiglie che beneficeranno dell’abolizione della tassazione sulla prima casa sono 19 milioni. Per i proprietari delle abitazioni con categoria A2 il risparmio sarà mediamente di 227 euro, mentre per i possessori di una villa o di un’abitazione signorile il guadagno sarà di 1.830 euro. I proprietari di castelli risparmieranno addirittura 2.280 euro.
Ovviamente nei piccoli comuni del Sud, dove il valore degli immobili è più basso, anche lo sgravio delle imposte sull’abitazione principale sarà minore. Oltre a ciò, è bene ricordarlo, le imposte patrimoniali non sono progressive e quindi non tengono conto del reddito percepito dal contribuente. Devono cioè essere corrisposte a prescindere dalla capacità contributiva del soggetto passivo.

 

giovedì 3 settembre 2015

Con il governo di Matteo Renzi il debito pubblico cresce di 6,58 miliardi di euro al mese


Secondo il Centro studi di ImpresaLavoro durante il governo di Enrico Letta il debito pubblico cresceva di 3,14 di euro al mese, la metà di quanto sta avvenendo con quello di Matteo Renzi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Enrico Letta e Matteo Renzi
Da quando Matteo Renzi è presidente del Consiglio il debito pubblico è aumentato in termini assoluti di 98,76 miliardi di euro, è passato dai 2.119 miliardi di euro del marzo 2014 ai 2.218 miliardi di euro del maggio 2015. L’aumento mensile è stato di 6,58 miliardi di euro al mese. A rivelarlo è una ricerca condotta dal Centro studi di ImpresaLavoro.
Durante i dieci mesi del Governo precedente, quello di Enrico Letta, l’incremento del debito pubblico è stato di 31,38 miliardi di euro, è passato cioè da 2.075 miliardi di euro del maggio 2013 ai 2.106 miliardi di euro del febbraio 2014. L’incremento mensile è stato di 3,14 miliardi di euro.
Insomma, la crescita del debito pubblico durante i primi quindici mesi del governo di Matteo Renzi è stata doppia rispetto a quella registrata con quello di Enrico Letta.
Il presidente del Consiglio ha annunciato pochi giorni fa al meeting di Comunione e Liberazione il taglio delle tasse. In particolare ha promesso l’abolizione dell’Imu e della Tasi sulla prima casa e successivamente un intervento sull’Ires e sull’Irpef. La riduzione della pressione fiscale è di certo un fatto positivo, ma essa sarà finanziata in gran parte con la flessibilità sui vincoli di bilancio fissati dall’Unione Europea. In altre parole essa non avverrà con il taglio della spesa e degli sprechi della Pubblica amministrazione, ma con un incremento del deficit e di conseguenza con un ulteriore aumento del debito pubblico.


martedì 18 agosto 2015

Mons. Galatino: politica harem di cooptati e furbi


La politica non è un harem di cooptati, ma ben altro basta guardare ad esempi come quello degasperiano. A dirlo è mons. Galatino nella sua Lectio degasperiana

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mons. Galatino
Mons. Galatino non ha partecipato all’evento pubblico su De Gasperi organizzato a Pieve Tesino in provincia di Trento. La decisone è stata “soppesata con cura al fine di evitare, con la mia presenza, di contribuire a rafforzare le polemiche”. Ma ha lasciato alla Fondazione il testo della Lectio degasperiana che aveva preparato, in cui si legge: “La politica non è quella che siamo stati abituati a vedere oggi, un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi. La politica è ben altro, ma per comprenderlo è inutile prodursi in analisi sociologiche o in lamentazioni, quando è possibile guardare ad esempi come quello degasperiano”. Ed ancora: “I veri politici segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non è mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell’umanità”.


lunedì 10 agosto 2015

L’Article spinning di Roberto Calderoli


La nuova trovata dell’esponente della Lega Nord è un algoritmo di Google che riproduce automaticamente ed in poco tempo migliaia di copie di un emendamento 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Roberto Calderoli
L’ultima trovata del senatore Roberto Calderoli si chiama ‘Article spinning’. L’ha dichiarato lo stesso esponente leghista al Corriere della sera facendo riferimento ad ”un programma informatico che da un testo base è capace di ricavarne migliaia di varianti”. Lo scopo è di creare milioni di emendamenti da inoltrare alle Camere per impedire o ritardare l’iter legislativo dei disegni di legge presentati dalla maggioranza e dal Governo.
In particolare l’intento del vicepresidente del Senato è quello di produrre sei milioni di proposte di correzione alla riforma costituzionale quando essa approderà in Commissione e che si aggiungeranno alle decine di migliaia già depositate.
‘Article o content spinning’ è un algoritmo creato da Google ed è ben conosciuto in rete. Il sistema serve a dare visibilità nei motori di ricerca a chi crea siti web. Il suo funzionamento è semplice. Si scrive un emendamento ricco di parole ed il programma ne riproduce altri cambiando una o più termini usando sinonimi, o aggiungendo o togliendo un vocabolo. In questo modo si ottiene la produzione di testi lievemente diversi da quello iniziale. Ovviamente la loro qualità non è eccezionale ma si raggiunge lo scopo che è quello di moltiplicare l’elaborato originario in tante altre copie simili ma non uguali.
Ed è così che il Senatore leghista, famoso per essere stato il primo firmatario della legge elettorale che lui stesso ha definito ‘Porcellum’ e per aver bruciato simbolicamente, quand’era Ministro nei governi di Silvio Berlusconi, centinaia di migliaia di leggi inutili, anche se di quella semplificazione nessuno si è accorto, ora si propone di produrre e presentare milioni di emendamenti alla legge di riforma costituzionale.
Con questa ennesima trovata l’esponente politico bergamasco, nonostante non abbia lasciato tracce particolarmente significative della sua opera amministrativa, riesce di nuovo a far parlare di sé anche se i suoi espedienti pittoreschi sono sempre inutili.


venerdì 31 luglio 2015

Inaugurata la bretella di Caltavuturo finanziata dal M5s e subito ribattezzata ‘via dell’Onestà’


Il raccordo stradale 'a 5 Stelle' che consentirà di aggirare l’interruzione sulla A19 è stato inaugurato stamane

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Caltavuturo, inaugurazione delle bretella finanziata dal M5s
Il nuovo raccordo stradale, inaugurato stamane e subito ribattezzato 'via dell’Onestà', consentirà a decine di migliaia di automobilisti di bypassare con facilità il blocco della A19 determinato dal cedimento del ponte Himera nei pressi dello svincolo di Scillato. I lavori iniziati circa un mese fa sono stati finanziati con i soldi che mensilmente i deputati siciliani del M5s restituiscono alla regione Sicilia.
Il tratto stradale è lungo circa trecento metri e mette in comunicazione la Ss 643 con Sp 24, che a loro volta immettono agli svincoli di Tremonzelli e Scillato. La sistemazione della ‘regia trazzera Prestanfuso’ era iniziata subito dopo il crollo del ponte ad opera di due imprese locali. Il costo complessivo è stato di circa 300 mila euro. La strada sarà aperta al traffico domani e permetterà agli automobilisti di risparmiare almeno trenta minuti per raggiungere Tremonzelli. All’inaugurazione hanno preso parte centinaia di cittadini, i deputati e gli attivisti del M5s ed il sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo.
Grande soddisfazione ha espresso l’ex capogruppo all’Ars del Movimentocinque stelle, Giancarlo Cancelleri: “Questa strada è il segno tangibile dei tempi, abbiamo voluto dimostrare che siamo una forza politica che vuole conquistarsi la credibilità della gente. Ogni volta quello che abbiamo detto lo abbiamo fatto. Se qualcuno vorrà definirle promesse elettorali lo faccia, però oggi con quella che qualcuno definisce promessa elettorale la gente potrà andare al mare e al lavoro, anche se in emergenza, avrà una opportunità in più”.


sabato 25 luglio 2015

Roma, il sindaco Ignazio Marino licenzia l’assessore ai Trasporti Guido Improta


Ignazio Marino decide di azzerare il consiglio di amministrazione dell’Atac e chiede all’assessore ai Trasporti, Guido Improta, di ‘formalizzare le dimissioni’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

“Intendo scusarmi con i cittadini e i turisti per i disagi inaccettabili nel trasporto locale. Siamo davanti ad una situazione drammatica per i trasporti urbani di Roma dal punto di vista della qualità della vita dei cittadini, della qualità dei servizi e dei conti di Atac”. Queste sono le prime parole dette in conferenza stampa dal sindaco della capitale, Ignazio Marino, dopo il caos che si è registrato negli ultimi giorni sul servizio della metropolitana e della ferrovia Roma - Lido.
Poi annuncia i provvedimenti che saranno presi per porre un limite a questi disagi: “Insieme a Zingaretti abbiamo deciso che da oggi Comune, Regione e Atac s’impegnano a cercare un partner industriale mantenendo la maggioranza pubblica. Abbiamo dato mandato all’azienda di scrivere un piano industriale vero e forte per indire la gara, in questo modo anticipiamo l’avvio di un processo nazionale che impone di non gestire più il servizio in house a partire dal 2019”. Ed ancora: “L’unica alternativa era chiudere l’Atac, portare i libri in tribunale e chiudere l’azienda mettendo a rischio lavoratori e servizio. Abbiamo una situazione che non si può non definire di bancarotta e di un indebitamento insostenibile”.
Inoltre il sindaco ha chiesto espressamente all’assessore ‘renziano’ Guido Improta “di formalizzare le dimissioni annunciate”.
Era il 20 giugno quando il responsabile dei Trasporti della capitale, fedelissimo di Gentiloni e sottosegretario nel governo di Mario Monti, fa trapelare l’ipotisi di dimissioni. La richiesta è stata subito ‘congelata’ dal sindaco che anzi ha ‘pregato’ l’assessore a rimanere ed aspettare la relazione di Gabrielli sulla ventilata ipotesi di commissariamento del Comune di Roma. Nel frattempo esplode la vicenda trasporti, con ritardi, passeggeri che viaggiano con le porte aperte, altri che occupano convogli e macchinisti che si barricano nelle cabine. Di fronte a questa situazione il sindaco non poteva non azzerare il consiglio di amministrazione di Atac e ‘licenziare’ l’assessore ai Trasporti. Ma questa non è l’opinione di molti opinionisti, anche stranieri.
Il New York Times pochi giorni fa titolava: ’Marino onesto ma è anche capace?’. Il dubbio del giornale americano è legittimo ma è assai probabile che il sindaco di Roma sia solo vittima di una macchina amministrativa obsoleta e clientelare e soprattutto dello scarso sostegno del suo stesso partito.


giovedì 2 luglio 2015

E’ proprio vero, siamo il Paese dei Balocchi


Sospesa la sospensione a Vincenzo De Luca, ora potrà governare la Campania

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Fatta la legge trovato l’inganno. In Italia non esiste la certezza della pena o della sanzione e per rendere inutili le norme codificate nell’ordinamento giuridico basta avere un buon avvocato. La vicenda di Vincenzo De Luca lo dimostra.
Il Paese dei Balocchi
L’ex sindaco di Salerno ha partecipato e vinto le primarie del Partito Democratico pur sapendo che con la Legge Severino (L. 6 novembre 2012 n. 190) non avrebbe potuto governare. Evidentemente già allora egli riteneva di poter eludere la norma ed oggi possiamo affermare che aveva ragione. Il Parlamento italiano continua ad approvare una miriade di regole che poi rimangono inapplicate.
Successivamente ha partecipato e vinto le elezioni con la convinzione che la legge che inibisce i condannati ad assumere la carica di governatore non lo riguardasse e che comunque non sarebbe stata applicata.
Pochi giorni fa il Presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha dovuto sospendere il suo insediamento. Ma siamo il Paese degli azzeccagarbugli e un giudice che sospende la sospensione si trova sempre. Il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso presentato da Vincenzo De Luca. Il governatore adesso può partecipare alle riunioni del Consiglio regionale e nominare la nuova Giunta.
Ma non è finita, ecco quanto scrive in una nota il presidente del Tribunale Ettore Ferrara: “Il Tribunale ha sospeso provvisoriamente l’efficacia del provvedimento fissando per il 17 luglio l’udienza dinanzi al Collegio per la comparazione delle parti e per la conferma, la modifica o la revoca del decreto stesso”.
Sembra di essere nel Paese dei Balocchi dove tutto è possibile e lecito. Insomma niente di nuovo, siamo in Italia, dove tutto ‘Così è (se vi pare)’.

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