giovedì 16 agosto 2018

Decreto ‘dignità’: la rivoluzione di Luigi Di Maio è una ‘fakenews’

Con il Decreto ‘dignità’ non cambia la condizione di precarietà in cui vivono i lavoratori italiani e non. Tornano i voucher, non è stato reintrodotto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ed i contratti a tempo determinato rimangono senza sostanziali modifiche, ma allora in che cosa consiste la rivoluzione? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio
Ascoltando le dichiarazioni del ministro del Lavoro e vicepremier, Luigi Di Maio, sembra che le norme previste dal cosiddetto Decreto ‘dignità’, approvato pochi giorni fa dal Parlamento, siano rivoluzionarie, ma così non è. Probabilmente il leader grillino fa affidamento sul fatto che la stragrande maggioranza degli italiani non legge e non si informa adeguatamente, ma si limita ad ascoltare gli slogan propagandistici dei leader politici ed i commenti dei cosiddetti ‘opinionisti televisivi’. La lettura del Decreto è per molti un’incombenza un po’ noiosa, ma per costatarne la ‘straordinarietà’ occorre leggerlo. Ecco le novità più significative.
I principali contratti a termine non sono stati modificati, l’unico limite imposto dal decreto è il divieto di rinnovo oltre i 24 mesi, in precedenza era di 36 mesi. Inoltre, si richiedono le causali che potrebbero portare a numerosi contenziosi davanti al giudice del lavoro. Senza le dovute motivazioni, dopo 12 mesi, scatta automaticamente l’assunzione a tempo indeterminato.
La nuova norma non si applica ai dipendenti della scuola. Anzi è stato abolito il limite di 36 mesi per i contratti a termine dei docenti e del personale della scuola a partire dal 2016. Per questi lavoratori la precarietà torna ad essere la regola. Perché due pesi e due misure?
Non è stato reintrodotto l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, una delle modifiche sul mercato del lavoro più importanti introdotta dal governo di Matteo Renzi.
Il bonus dei contributi per le assunzioni di under 35 (prima riguardava gli under 30) sarà esteso di un altro anno, cioè fino al 2020. L’esonero dei contributi previdenziali è del 50% ed è riconosciuto per tre anni con un  tetto di 3.000 euro. La copertura è garantita dall’aumento del prelievo erariale sugli apparecchi da gioco.
Il decreto reintroduce i voucher che sono la sublimazione della flessibilità. Potranno essere utilizzati dagli alberghi e dalle strutture ricettive fino a 8 dipendenti e non potranno essere utilizzati per periodi superiori a dieci giorni.
I contratti a termine posti in essere da un’azienda non possono superare il limite del 30% dei contratti a tempo indeterminato.
L’indennità conciliativa per i licenziamenti illegittimi massima passa da 18 a 27 mensilità. 
Prorogato di un anno il contratto a tempo indeterminato delle maestre diplomate prima del 2001-2002, ma sarà trasformato in contratto a termine, in attesa di svolgere il concorso per l’immissione in ruolo che prevede il 50% dalle graduatorie e l’altra metà dal concorso che è riservato ai diplomati magistrali ed ai laureati in Scienza della formazione primaria. Questo significa che in migliaia, dopo decenni d’insegnamento precario o di ruolo, resteranno senza lavoro.
Su slot e gratta e vinci sarà apposto il messaggio ‘nuoce gravemente alla salute’. Inoltre per accedere alle slot e agli apparecchi da gioco sarà obbligatoria la tessera sanitaria. Gli esercizi pubblici, i bar ed i circoli privati che elimineranno gli apparecchi da gioco potranno esibire il logo di Stato ‘no slot’.
‘Le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato … decadono dal beneficio medesimo qualora l'attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'Unione europea entro cinque anni dalla data di conclusione dell'iniziativa agevolata … In caso di decadenza’ sono soggette ad ‘una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'aiuto fruito’.
Lo Split payment (scissione dei pagamenti) introdotto dal precedente governo per evitare frodi ai danni dello Stato non si applicherà più ai liberi professionisti.
Tutto qua. La rivoluzione di Luigi Di Maio è’ una ‘fakenews’, nient’altro. Con queste poche e limitate innovazioni è certo che i precari rimarranno flessibili, malpagati e senza tutele adeguate, i disoccupati continueranno a cercare, spesso inutilmente, un’occupazione ed il mercato del lavoro rimarrà tale e quale: ingiusto e diseguale. Ma dov’è la rivoluzione?

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