lunedì 20 agosto 2018

Noureddine Adnane ed il 'Manifesto antirazzista'

‘Fino a quando il colore della pelle sarà più importante del colore degli occhi sarà sempre guerra’, Bob Dylan

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ondarossa.info
Noureddine Adnane era un giovane migrante giunto nel nostro Paese nel 2002. Ormai perfettamente integrato, faceva parte della comunità marocchina del capoluogo siciliano. Venditore ambulante con licenza e permesso di soggiorno in regola, si è suicidato dandosi fuoco il 10 febbraio del 2011 dopo aver subito l’ennesima multa da parte dei vigili urbani di Palermo. Gli agenti della polizia municipale gli avevano contestato il fatto che era fermo nella stessa strada da troppo tempo. Ha lasciato la compagna di ventuno anni ed una figlia di due anni.
Negli ultimi mesi gli atti di razzismo che si sono verificati nell’isola sono stati oltre 45. A certificarlo è l’Osservatorio contro le discriminazioni razziali Noureddine Adnane che, per sensibilizzare l’opinione pubblica, ha lanciato un 'Manifesto antirazzista'. All’iniziativa hanno già aderito numerose associazioni. Ecco i sei punti della proposta:
1. La vigilanza. Chiediamo che la politica, le istituzioni, le forze dell’ordine riconoscano che in Italia c’è un incalzante e diffuso fenomeno di razzismo e che mettano in atto azioni conseguenti che vigilino sui discorsi e atti razzisti e non li consentano per la sicurezza di tutte e tutti coloro che ne sono vittime e per la coesione sociale della nostra comunità.
2. La libertà di movimento. Riconosciamo la libertà di chiunque di muoversi, spostarsi, cercare la felicità, salvare la propria vita o cercare di averne una migliore. Non possiamo non interrogarci sulle cause che portano uomini, donne, anziani e giovani a lasciare le proprie case, i propri affetti e i propri Paesi. Non possiamo non interrogarci su leggi che non esistono o non permettono una mobilità regolare e minori rischi per chi cerca di spostarsi affrontando, nella maggior parte dei casi, viaggi a rischio della propria vita.
3. La cultura e l’educazione. Mobilitiamoci attraverso l’educazione, il diritto e la cultura: tutte e tutti dobbiamo sentire il richiamo di questa responsabilità perché quella verso cui andiamo è una società afflitta da una grave crisi di relazioni e rapporti, che non sarà più capace di interagire al suo interno, figuriamoci mostrare solidarietà all’altro, chiunque esso sia.
4. La politica sull’immigrazione. Denunciamo con decisione le modalità di fare politica che questo governo, irresponsabilmente, sta adottando come tutte le politiche precedentemente messe in atto relative all’immigrazione: direttive, circolari, dispositivi fuori da qualsiasi disegno e immagine di società e governo democratico e civile.
5. Le bufale sui numeri. Smantelliamo questa falsa narrazione su un’invasione che non esiste, sfatiamo il mito — falso — che certe politiche di costruzione di muri portino a una diminuzione degli arrivi perché, guardiamo in faccia la realtà, servono solo a “clandestinizzare”, a rendere più pericolosi i percorsi migratori, servono solo a rendere ancora più forte quel fantasma del nemico che non è nel migrante ma è in un sistema sociale ed economico iniquo. I dati ce lo dicono forte e chiaro: non esiste un’invasione, esiste una cattiva gestione dei flussi migratori, una cattiva gestione della distribuzione di coloro che arrivano, e aumentare il livello di scontro politico in Europa non sta facendo altro che porre l’Italia in una situazione di stallo e di “imbuto”.
6. I diritti di cittadinanza. Lo diciamo dalla Sicilia, dai nostri quartieri che contengono insieme il centro e la periferia: non vogliamo una guerra tra poveri, riprendiamoci il discorso sui diritti e doveri di cittadinanza di tutte e tutti, perché è l’ambiguità sui diritti di cittadinanza che sta spianando la strada alle peggiori pulsioni xenofobe e razziste. La nostra multietnicità è un fatto e soprattutto è una ricchezza per tutta la nostra società e da tutti i punti di vista.
Non saremo complici della stigmatizzazione delle diversità, identificate strumentalmente come fattori di alterazione dell’ordine collettivo.
Non saremo complici di una formulazione razziale delle questioni geopolitiche e di un’economia di rapina.
Non saremo complici del disfacimento della società civile italiana, per questo diciamo e invitiamo tutte a tutti a dire: no al razzismo.

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