martedì 30 aprile 2019

Bella ciao ed i giovani del 'Global climate strike for future'


di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Testo in inglese:
We need to wake up
We need to wise up
We need to open our eyes
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now
We’re on a planet
That has a problem
We’ve got to solve it, get involved
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now
Make it greener
Make it cleaner
Make it last, make it fast
and do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now
No point in waiting
Or hesitating
We must get wise, take no more lies
And do it now now now
We need to build a better future
And we need to start right now.
Testo in italiano:

Dobbiamo svegliarci
Diventare più saggi
Dobbiamo aprire gli occhi
E dobbiamo farlo adesso adesso adesso
Dobbiamo costruire un futuro migliore
E dobbiamo iniziare proprio ora

Siamo su un pianeta
Che ha un problema
Dobbiamo risolverlo, essere coinvolti
E fallo ora ora adesso
Abbiamo bisogno di costruire un futuro migliore
E dobbiamo iniziare proprio ora
Rendere il mondo più verde
Rendere il mondo più pulito
Dobbiamo farlo durare, dobbiamo farlo velocemente
Ora adesso adesso
Dobbiamo costruire un futuro migliore
E dobbiamo iniziare proprio adesso
Non ha senso aspettare
O esitare
Dobbiamo diventare più saggi, basta con le bugie
E dobbiamo farlo adesso adesso adesso
Dobbiamo costruire un futuro migliore
E dobbiamo iniziare proprio ora.


mercoledì 24 aprile 2019

L’Agnese va a morire

‘L’Agnese va a morire è … un documento prezioso per capire che cosa è stata la Resistenza’, Sebastiano Vassalli

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Questa è la storia di Agnese, una partigiana uccisa dai tedeschi nel 1945. Renata Viganò, anch’essa una combattente, ha conosciuto ed ha raccontato la vicenda di questa 'eroina' della Resistenza. Il libro è anche una fedele descrizione di come vissero e morirono tanti combattenti che operarono nelle Valli del Comacchio fino alla Liberazione, avvenuta il 25 aprile del 1945. Ecco alcuni brani tratti dalla testimonianza dell’autrice e riportati in appendice al suo libro.
La prima volta che vidi l’Agnese, o quella che nel mio libro porta il nome di Agnese, vivevo davvero un brutto momento … Mio marito l’avevano preso le SS a Belluno, non ne sapevo niente, ogni ora che passava lo vedevo torturato e fucilato, un corpo anonimo che non avrei trovato mai più, neppure per seppellirlo … Mio marito s’era salvato la pelle saltando da una finestra alta; le SS ci avevano fatto una colica di fegato che un partigiano, un comandante, gli fosse scappato, gli avesse tolto il piacere di fucilarlo ... Noi stavamo in brigata, armati e sicuri: nelle ore di ozio i partigiani tagliavano i pennacchi della canna, facevano le scope per il mio bimbo, uno gli costruì anche un carrettino …
Venne l’Agnese un giorno … mi arrivò vicino con i suoi brutti piedi scalzi nelle ciabatte … Poi intesi la sua voce che diceva: << E’ lei la Contessa?>> e allora tutto cambiò colore: mai il mio nome di battaglia mi aveva dato tanta gioia a sentirlo pronunciare. Mi senti riammessa nel giro; non più <<sfollata>> ma partigiana, non più esclusa, ma facente parte di una organizzazione, di un movimento, di un ente vivo … <<Mi manda Lino, - disse l’Agnese – Dice che stia tranquilla. Se succede una disgrazia a suo marito, ci sono sempre i compagni>> … Ecco allora si ragionava così. Se uno spariva. Si stringevano le file, il vuoto era subito cancellato … Piuttosto lavorare più forte; almeno quella sparizione di uno servisse a qualche cosa per gli altri …
La copertina del libro
(foto da feltrinelli.it)
Quando arrivò l’Agnese per rimanere con noi … non crediate ci si dicesse frasi eroiche … Nessuno nella guerra partigiana diceva mai frasi eroiche, neppure quando stava per morire. Tutt’al più gridava: <<Viva i partigiani!>> o cantava <<Bandiera rossa>> e questo è già molto per chi sta per morire. Ma spesso cadeva in silenzio col rumore dei mitra che spengono tutte le parole ...
Con l’Agnese quel giorno parlammo di gatti. Lei aveva una gatta grigia fino a poco tempo addietro e gliela ammazzò un tedesco per gioco. I tedeschi avevano spesso questo modo di scherzare. Ma l’Agnese non scherzava, e ammazzò il tedesco, e poi scappò in brigata e ci rimase …
Così era il clima di allora nella vita partigiana, antieroico, antidrammatico, casalingo e domestico anche se eravamo alla  macchia e la morte girava lì intorno, si nascondeva nello scialle dell’Agnese, negli scarponi dei barcaioli o nei capelli del mio bambino. In quel clima abbiano vissuto diciannove mesi … Tutto esiste: azioni ed uomini, orizzonti e paesi. Colori e temperatura … Ma nella stessa atmosfera ancora viviamo, noi che uscimmo salvi dalla lotta, dentro quel circolo siamo rimasti e forse mai potremo venirne fuori; era il circolo, l’atmosfera dove camminava l’Agnese, ora morta, dove hanno camminato tanti altri, ora pure morti, ma rinchiusi vivi nel mio libro con lei …
Solo una cosa non esiste: un pezzo di terra che abbiamo cercato per scavarlo e ritrovare delle ossa e portarle dove sono le ossa degli altri; la buca frettolosa in cui certo i tedeschi avranno buttato il corpo dell’Agnese, perché un cadavere bisogna pure metterlo da qualche parte. Un pezzo di terra, o forse un tratto d’acqua della valle, fango e canne, dove l’Agnese si è consumata da morta. Non l’abbiamo trovato. Dovremmo fare il funerale a vuoto, un funerale su un nome. Lei, che risultava sempre presente, che non mancava a nessuna chiamata, quella volta non c’era’.   

Fonte: ‘L’Agnese va a morire’ di Renata Viganò. Giulio Einaudi editore. (Premio Viareggio 1949)

giovedì 18 aprile 2019

A Palermo i disperati sono disposti a tutto, anche a farsi spezzare braccia e gambe per pochi euro

Sono gli ultimi tra gli ultimi, sono emarginati, migranti e tossicodipendenti e sono disposti a tutto pur di racimolare qualche euro  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da agrigentonotizie.it
La notizia di pochi giorni fa della truffa alle assicurazioni organizzata a Palermo (Tantalo 2) dovrebbe indignare, invece è passata quasi sotto silenzio. Poche righe sui giornali e servizi televisivi di routine. Poveri, emarginati, immigrati 'clandestini', tossicodipendenti, sono stati vittime e, nello stesso tempo, complici di truffatori senza scrupoli. La vicenda non è la solita notizia di cronaca. La ferocia degli aguzzini e la disponibilità a subire le mutilazioni da parte delle vittime sono fuori dal senso comune. Per certi aspetti sono inspiegabili ed incredibili. 
Il racconto fatto da alcuni di loro è ‘agghiacciante’. Una giovane madre senza lavoro e con due figli da mantenere ha riferito di aver acconsentito a subire la frattura di una caviglia e di un braccio dopo un’anestesia fatta in un capannone a Bagheria. Il tutto per soli 700 euro. La somma corrisposta dai truffatori era di 300 euro per la frattura di un braccio e di 400 euro per quella di una gamba, ma a volte veniva negata anche questa miseria.
Lo scopo dei malavitosi era quello di truffare le assicurazioni. Una pratica diffusa, per cui gli automobilisti finisco per pagare alti premi assicurativi per compensare i rimborsi illeciti di falsi incedenti automobilistici.
In questa vicenda l’aggravante sta nel fatto che le vittime erano complici e disposte a subire, per pochi euro, lesioni fisiche gravi e particolarmente dolorose. Gli aguzzini, dopo aver iniettato un anestetico, usavano spranghe di ferro o pezzi di cemento armato per procurare le fratture. Poi periti compiacenti predisponevano il finto incidente automobilistico e la richiesta di risarcimento del danno. Scontato il fatto che ai poveri disgraziati andavano poche centinaia di euro, mentre i truffatori si intascavano i lauti risarcimenti assicurativi. Secondo al Guardia di finanza si tratta di circa un milione e seicentomila euro.
Questo fatto dovrebbe farci riflettere e chiedere, ma com’è possibile che nel 2019 ci siano persone disposte a fare o subire tanto? La miseria e l’emarginazione di alcune categorie di soggetti è arrivata a tal punto da indurli a tutto o quasi pur di racimolare pochi euro. Non sono solo poveri, si tratta di disperati che per sopravvivere si affidano a dei delinquenti senza scrupoli. È un’umanità che va difesa, invece spesso è emarginata. Dovrebbe essere un’emergenza nazionale, al centro del dibattito parlamentare, ma per i nostri politici i problemi sono altri. 

venerdì 12 aprile 2019

La mia storia, la mia Italia, la mia parte di debito pubblico

'Son, take a good look around, this is your hometown, ragazzo dai una bella occhiata in giro, questa è la tua città', Bruce Springsteen 

di Alessia Xeka


Tre graffiti di Banksy
Come si può vivere in un paese di cui fai parte, in cui sei nata, dove hai vissuto per tutta la vita, senza avere la cittadinanza, acquisita solo al compimento dei diciotto anni? Questa è la mia storia, la storia di un’adolescente che ha sperato, ha lottato, ha pagato, sia materialmente che umanamente, contro una società bigotta e razzista.
I miei genitori sono emigranti. Più di vent'anni fa sono fuggiti dall'Albania. Spinti dall'oppressione statalista di quel paese e dal conflitto che in quella regione è scoppiato dopo la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989. Eventi questi che hanno costretto moltissime famiglie a scappare dalla miseria e dalla guerra. Un futuro migliore con un lavoro stabile che consentisse la creazione di una famiglia e di vivere una vita dignitosa, era questo il desiderio dei miei genitori.
Mia madre mi ha raccontato gli ostacoli che ha dovuto affrontare per raggiungere l'Italia, che allora appariva ai loro occhi come 'la terra promessa'. La precarietà, il disagio, la paura di perdere la vita in mare e di essere rimpatriati. Pensieri tristi che per un momento gli fecero venir meno la speranza in un futuro migliore, quello che essi avevano anelato prima della partenza. Poi l'arrivo sulle coste pugliesi, il viaggio per la Sicilia, l'inserimento nel nuovo tessuto sociale, le difficoltà con la lingua, i primi lavori, la famiglia, una figlia nata nella 'terra promessa', una bambina italiana, ma purtroppo senza cittadinanza.  
Vi assicuro che non si tratta di un semplice foglietto di cartaE' qualcosa di più, specialmente per chi è nato ed è sempre vissuto in Italia. E’ uno 'status' giuridico che rende orgogliosi e fieri di appartenere formalmente ad una comunità. E' una sensazione ed un sentimento impossibile da spiegare a chi è sempre stato 'italiano', specie per coloro che ne minimizzano il significato e pensano che sia scontato avere un senso di appartenenza ad un luogo, ad una terra, ad un Paese. 
L’attesa e la speranza mi hanno portato, durante gli anni dell'adolescenza, ad informarmi su tutto ciò che accadeva in politica, sperando che il disegno di legge sulla cittadinanza, di cui si parlava nei mesi scorsi, il cosiddetto Ius Soli, potesse essere approvato dal Parlamento. Ho sperato nella sua emanazione ed oggi prego Dio che ciò avvenga presto, soprattutto per chi in futuro si troverà nelle mie stesse condizioni, cioè di essere italiana senza patria.
Ora che ho compiuto diciotto anni e che ho potuto ottenere la cittadinanza anche dal punto di vista formale, sono pronta a sfidare il razzismo ed a difendere la gente come me, oggetto di diffidenza, di mancanza di fiducia e di intolleranza da parte di molti miei concittadini. Parlare la lingua italiana, studiarla a scuola e perfino avere una conoscenza degli idiomi siciliani, senza avere la cittadinanza sembra quasi una barzelletta. Ciò che spero è che un giorno in Italia chi nasce nel territorio nazionale possa acquisire la 'civitas' senza troppe pratiche da svolgere e senza denaro da spendere per ottenerla. Credo fortemente nella mia generazione, ma allo stesso tempo voglio dare fiducia agli adulti che ci governano. Credo negli ideali che mi sono stati trasmessi dagli uomini che ho imparato a conoscere durante la mia adolescenza siciliana come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Don Andrea Gallo, Fabrizio de Andrè, Bruce Springsteen, Bob Dylan e Giulio Regeni. 
Desidero l’unità, la fratellanza, il rispetto tra etnie diverse. Questo mio sentimento nasce da un dispiacere che mi porto dietro da quando ero piccolaogni volta che dicevo di non avere origini italiane venivo subito vista con un occhio diverso, mi sentivo sotto pressione ed esaminata. D’altronde, mi dicevo, l’Italia è sempre stata abitata da diverse etnie e gli italiani non possono assolutamente ammettere di essere 'puri' o sbaglio?
Come tutti i miei concittadini anch’io da adesso in poi avrò il diritto al voto, qualcosa che mi rende orgogliosa poiché sono fortemente legata alla storia, alle ideologie e alla politica del mio paese: l'Italia. L’unica cosa che in questi giorni di gioia mi ha fatto sorridere è stata la domanda che mi è stata posta da un amico: “Quindi, ora che sei italiana, anche tu hai una parte del debito pubblico?” "Ebbene sì, sono invidiosa di tutti voi italiani e adesso sono felice di averlo anch'io questo 'fardello' essendo anch’io italiana” risposi, ovviamente, in modo sarcastico.

Fonte DOMINABLOG

sabato 6 aprile 2019

La famiglia 'allargata' di Matteo Salvini

‘La famiglia allargata è un nucleo familiare costituito non solo da genitori e figli legittimi, ma anche, per successiva aggregazione, da soggetti non legati da vincolo parentale e di consanguineità con tutti gli altri componenti’, Treccani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Salvini al Congresso sulle famiglie - (Foto da agi.it) 

Nei giorni scorsi il leader della Lega, Matteo Salvini, ha partecipato al Congresso sulle famiglie. Il tema dell’incontro era la difesa della famiglia tradizionale. Diversi oratori hanno citato l’art. 29 della Costituzione italiana che stabilisce: ‘La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio’. L’allusione è evidente: ogni relazione non eterosessuale, non orientata cioè alla procreazione, non può essere equiparata alla famiglia. L’interpretazione del testo è di parte ed in ogni caso, non dovrebbe essere utilizzata per proporre la riduzione di diritti acquisiti o per imporre dogmi medievali. 
Le libertà affermate negli anni Settanta con le lotte del movimento studentesco del 1968 e successivamente con quelle operaie dell’autunno caldo del 1969, vanno difese con forza. La legge sul diritto di famiglia, sul divorzio, sull’aborto e di recente sulle unioni civili, sono conquiste da cui non si deve tornare indietro. Eppure, Matteo Salvini che, nella sua qualità di ministro dell’Interno dovrebbe agire nell’interesse collettivo, ha deciso di presenziare e sostenere le tesi oscurantiste propugnate in quel convegno.  
Quei valori e quei principi sono legittimi anche se non sono condivisibili, ma se a sostenerli è una persona che nel concreto agisce in modo completamente diverso da quanto afferma essi diventano incomprensibili e, nello sesso tempo, strumentali ad un interesse individualistico. La coerenza non può essere a giorni alterni o applicata a seconda della convenienza del momento. Tanto più se quel soggetto ha responsabilità istituzionali. 
Un uomo politico che ha un figlio legittimo, un altro concepito con una relazione extraconiugale, che continua ad avere 'storie' affettive al di fuori del matrimonio, non può o meglio non dovrebbe partecipare ad un congresso sulla famiglia tradizionale. Quella di Matteo Salvini è, come la definiscono i libri di scuola, una ‘famiglia allargata’ che non ha nulla a che vedere con quella difesa e propugnata a Verona pochi giorni fa. Il Vicepremier non doveva andare perché i valori affermati nel Convegno non sono la sua pratica quotidiana.  
Allora è lecito chiedersi: perché il Leader leghista è andato a Verona? La risposta è ovvia: è solo propaganda. Il suo scopo è raccogliere consensi e non importa se i suoi atti sono in palese contraddizione con le sue proposte politiche ed il suo operare istituzionale. Del resto ad una parte degli italiani non interessa. Nel corso della storia il ‘popolo’ ha acclamato Mussolini, sostenuto Andreotti, Craxi e Berlusconi, ed ora punta su Salvini, ed in fondo, tra questi, non è il peggiore, almeno così sembra.

martedì 2 aprile 2019

Dopo 42 anni torna il Giro di Sicilia

L’ultima edizione del Giro di Sicilia si è svolta nel lontano 1977. Dopo 42 anni torna una delle più antiche corse a tappe del ciclismo italiano. La prima edizione risale al 1907, due anni prima dell'inizio del Giro d’Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il percorso del Giro di Sicilia 2019 - (Foto da oasport.it)
Il Giro di Sicilia 2019 è il frutto di un accordo tra la Regione e RCS Sport. La Sicilia ospiterà, inoltre, tre tappe del Giro d’Italia 2020 e la partenza della Corsa Rosa nel 2021. Sarà un ritorno in grande stile. Le tappe previste sono quattro. Ecco il percorso. 
Mercoledì 3 aprile la prima tappa: Catania – Milazzo.  Un percorso quasi interamente pianeggiante con passaggio da Taormina e da Messina, poi gran premio della montagna al Colle San Rizzo, km 109,4, infine l’avvicinamento e l’arrivo a Milazzo. 
Foto da strettoweb.it
Giovedì la seconda tappa: Capo d’Orlando – Palermo. E’ la più lunga. Il percorso di 236 km si snoderà lungo il litorale tirrenico dell’isola, ma al bivio per Castelbuono la strada comincerà a salire verso Geraci Siculo, fino al gran premio della montagna posto al km 108, poi la corsa proseguirà tra le valli delle Madonie con passaggio a Petralia Soprana, 'Il Borgo dei borghi 2019'.                                 
Foto da strettoweb.it

Successivamente i corridori, dopo aver attraversato Castellana Sicula, Cerda e Caltavuturo, affronteranno la discesa verso Termini Imerese, dove il gruppo percorrerà la parte pianeggiante della tappa fino a Palermo. 
Foto da strettoweb.it
La terza tappa partirà da Caltanissetta ed arriverà, dopo 188 km, a Ragusa. Un percorso complicato, fatto di salite e discese. La strada diventerà pianeggiante nel tratto verso Vittoria e fino a Comiso. Nel finale i corridori dovranno affrontare la salita di Serra di Burgio, l’ascesa prevede tratti di strada con pendenze del 10%. Poi la discesa con arrivo nel centro di Ragusa. 
Foto da strettoweb.it
La corsa si concluderà sabato 6 aprile con arrivo sull’Etna. La tappa di 119 km è divisa in due parti. Dopo la partenza da Giardini Naxos i corridori dovranno affrontare la prima salita di Mungibello fino ai 1000 metri di Maletto, dove è posto al km 54 il primo gran premio della montagna della tappa. Poi nella seconda parte il gruppo affronterà la discesa verso Belpasso ed infine la salita finale di 20 km sempre verso la cima dell’Etna, in un spettrale e spettacolare ambiente lunare e con un dislivello che nei primi otto chilometri raggiunge il 12%. L’arrivo è previsto al Rifugio Sapienza che si trova a 1.892 metri sul livello del mare.

Fonte oasport.it