‘Non esiste una
moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e
vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica
per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un
disonesto’, Sandro Pertini
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Umberto Bossi, Matteo Salvini e Francesco Belsito (foto da tg24.sky.it) |
Il
finanziamento pubblico a cui hanno diritto le forze politiche è legittimo e necessario, ma solo se è utilizzato per
consentire a tutti di partecipare alla gestione della cosa pubblica. Ma come sempre ci sono i 'furbetti' che ne
approfittano.
Questo fenomeno è
trasversale, cioè riguarda tutti i partiti ed i gruppi presenti nel Parlamento
nazionale e nei Consigli regionali, provinciali e comunali. I
rappresentanti dei cittadini dovrebbero essere al servizio della
collettività, invece, a volte, utilizzano l’incarico istituzionale per appropriarsi
illecitamente di indennità e prebende di
ogni genere a danno della casse erariali.
La
vicenda della Lega Nord è emblematica.
I vertici del Carroccio, allora guidato da Umberto Bossi, erano
‘consapevoli delle irregolarità dei rendiconti da loro sottoscritti e che
dissimulavano la irregolarità di gestione’. Con questi presupposti sono state avviate dalla Procura di
Genova e da quella di Roma le inchieste sulla frode da 49 milioni euro.
L’indagine, battezzata ‘The family’
(nome riportato sulla cartellina di appunti conservata dall’allora tesoriere
della Lega Nord Francesco Belsito), riguarda fatti avvenuti tra il 2008 ed il 2010.
In quegli anni sarebbero state presentate in Parlamento rendicontazioni
irregolari allo scopo di appropriarsi indebitamente di fondi pubblici. Per quei fatti il tribunale di Genova il 24
luglio del 2017 ha condannato in primo grado tra gli altri Umberto Bossi e l’ex
tesoriere Francesco Belsito.
Le spese pazze sostenute
indebitamente riguardano soprattutto la famiglia Bossi. Rinoplastica del figlio
Sirio, multe dell’altro figlio Renzo (soprannominato ‘Trota’), spese di
ristrutturazione della casa privata di Gemonio e cosi via.
Il 4 settembre del
2017 la Procura ‘otteneva dal Tribunale l’emissione di sequestro preventivo
finalizzato alla confisca diretta nei confronti della Lega’ di una somma pari a
48 milioni 969mila 617 euro che corrispondono alla somma sottratta dai fondi
pubblici destinati al partito. Ed è per questo che la sentenza emessa dalla
Corte di Cassazione ha sancito che la Lega dovrà restituire 49 milioni di euro.
In altre parole ogni erogazione a favore del partito del ministro dell'Interno potrà essere confiscata.
Su questa eventualità il sottosegretario
alla presidenza del Consiglio e vice di Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato: ‘Avrebbe
una conseguenza definitiva, la chiusura del partito, senza che quel
processo sia finito. Se tutti i futuri proventi che arrivano alla Lega vengono
sequestrati, è evidente a quel punto che il partito non può più esistere,
perché non ha più soldi. E’ ovvio che se il 6 i giudici decidono cosi, noi
siamo finiti’.
L’ipotesi, quindi, è concreta, ma i vertici della Lega hanno già la soluzione: cambiare nome. Quello che è certo
è che i cittadini italiani non rivedranno i soldi. I ‘furbetti’ del
finanziamento pubblico la faranno franca, ma stavolta ad usufruirne non saranno le élite dei partiti tradizionali, ma i rappresentati del cosiddetto ‘governo
del cambiamento’.
Fonte: ilfattoquotidiano.it
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