mercoledì 23 gennaio 2019

Oxfam: ‘L’insostenibile pesantezza della disuguaglianza’

I ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, a sostenerlo è Oxfam Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Video da oxfamitalia.org

I leader politici e del mondo economico si stanno incontrando a Davos in Svizzera per il meeting annuale del Forum economico mondiale. In occasione di questo evento internazionale l’Oxfam pubblica il rapporto ‘Bene pubblico o ricchezza privata?’. Nel documento si denuncia il persistere del divario economico tra ricchi e poveri e di come esso ‘comprometta’ la lotta alla povertà, ‘danneggi’ le economie dei singoli paesi ed ‘alimenti’ la rabbia sociale in tutto il mondo.
‘Lo scorso anno – si legge nel rapporto – le fortune dei super-ricchi sono aumentate del 12%, al ritmo di 2,5 miliardi di dollari al giorno, mentre 3,8 miliardi di persone, la metà più povera dell’umanità, hanno visto diminuire quel che avevano dell’11%’. Stessa situazione nel nostro Paese. 'A metà 2018 il 20% più ricco dei nostri connazionali possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale. Ed il 5% più ricco degli italiani possedeva da solo la stessa quota di ricchezza del 90% più povero’.
Nel mondo ci sono alcuni paesi, come Regno Unito o Brasile, dove il 10% più ricco paga meno tasse del 10% più povero. Questo avviene perché i redditi finanziari vengono depositati nei paesi cosiddetti offshore e le multinazionali fanno largo uso dell’elusione fiscale. Vengono così a mancare miliardi di dollari che potrebbero essere investiti in politiche sociali. Una dinamica che ha portato all’incremento della ‘povertà estrema’.
‘3,4 miliardi di persone vivono con 5,50 dollari al giorno. Nel mondo circa 10 mila persone muoiono ogni 24 ore per mancanza di accesso ai servizi sanitari, mentre 262 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione’. Le donne guadagnano il 23% in meno rispetto agli uomini, che posseggono circa il 50% della ricchezza e controllano l’86% delle aziende.
Il rapporto suggerisce tre piani per ridurre le disuguaglianze. Innanzitutto, adottare misure di protezione sociale per tutti erogando servizi sanitari ed educativi universali e gratuiti. In secondo luogo, riconoscere il ‘lavoro di cura svolto dalle donne, mettendo a disposizione servizi che consentano di ridurre le ore di lavoro non retribuito a loro carico'. Infine, ‘porre fine a sistemi fiscali che avvantaggiano i più ricchi. Contrastare l’elusione e l’evasione fiscale’.


venerdì 18 gennaio 2019

Reddito di cittadinanza o ‘deportazione’ di poveri?

Emigrare o rinunciare al Reddito di cittadinanza? È questo il dilemma di fronta al quale potrebbero trovarsi migliaia di poveri del Sud, così come avvenne nel 2015 ai docenti precari storici della scuola 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini
(foto da governo.it)
La riforma sulla #buonascuola, resa urgente dalla sentenza della Corte di giustizia europea ed approvata dal Parlamento nel 2015, ha consentito al ministero della Pubblica Istruzione di stabilizzare decine di migliaia di precari storici della scuola. Quel piano straordinario di assunzioni prevedeva la mobilità nazionale, ma non per tutti i neoassunti. Essa dava la precedenza agli idonei (non vincitori) al concorso del 2012 e che, pur non avendo mai insegnato, sono stati inseriti negli organici delle scuole della loro provincia di residenza. In altre parole, i giovani insegnanti sono rimasti 'sotto casa', mentre i precari storici, spesso ultracinquantenni, sono stati ‘deportati’ in tutta Italia con la procedura della chiamata diretta dei Dirigenti scolastici. Questo spiega perché quel governo e quella maggioranza parlamentare abbiano perso il consenso elettorale della maggior parte dei dipendenti della scuola. Nella stessa situazione si potranno trovare i percettori del reddito di cittadinanza. Il decreto approvato dal Cdm prevede infatti che i poveri che avranno diritto all’indennità prevista dalla nuova normativa perderanno l’assegno se rifiuteranno tre proposte di lavoro, la prima entro 100 chilometri, la seconda entro 250 chilometri e la terza su tutto il territorio nazionale. Accettare la ‘deportazione’ o rinunciare al Rdc, sarà questo il dilemma di fronte al quale si potrebbero trovare i poveri, così come successe a migliaia di docenti nel 2015. 
Tabella da governo.it
Nello stesso tempo, con la cosiddetta quota cento oltre 750 mila lavoratori, soprattutto del Nord Italia, andranno in pensione anticipatamente rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. Le imprese dove questi lavoratori sono impiegati avranno difficoltà a sostituirli sia perché nella maggior parte dei casi si tratta di addetti qualificati, sia perché con il calo demografico degli ultimi decenni i giovani disponibili a svolgere quel tipo di attività sono pochi o, comunque, in numero non sufficiente. La conseguenza logica di questa situazione sarà che a ricoprire quei posti di lavoro saranno gli immigrati o i poveri ‘deportati’ dal Sud che porteranno in dote alle imprese la parte del Rdc non ancora percepito (la durata prevista dal Decreto è di 18 mesi). E’ la quadratura del cerchio. Insomma, Luigi Di Maio e Matteo Salvini come Matteo Renzi nel 2015. Vogliono prendere ‘due picconi con una  fava’, vale a dire assistere con un reddito minimo i poveri del Sud, ma nello stesso tempo li si vuole ‘costringere’ ad emigrare al Nord per prendere i posti lasciati vacanti dai neo pensionati o a fare lavori precari e mal retribuiti. Ovviamente non riguarderà tutti i beneficari del Rdc, ma solo coloro che sono disposti a lavorare, gli altri, i 'furbi', ne approfitteranno finchè la legge glielo permetterà. 
Un altro paradosso della nuova normativa è che i 4 mila 'navigator' che verranno assunti entro il primo aprile con contratti precari dovranno adoperarsi per trovare un lavoro stabile a 5 milioni di poveri. Ed è ovvio che nel Meridione questi posti di lavoro non ci sono e, poiché non spunteranno neanche nei prossimi anni, ai poveri del Sud non resterà che emigrare forzatamente o tornare nell'indigenza.

Fonte governo.it

sabato 12 gennaio 2019

Dai ‘terroni’ calabresi una lezione di tolleranza a Matteo Salvini e Luigi Di Maio

51 migranti di etnia curda, tra cui sei donne, tre bambini ed un neonato, sono sbarcati in Calabria, mentre sulla acque del mediterraneo si concludeva l’odissea dei profughi della due Ong Sea Watch e 3 e Sea Eye, ma i calabresi hanno dimostrato uno spirito d’accoglienza sconosciuto a due vice premier

Foto da dire.it
Sono arrivati all’alba sulla costa crotonese, nella frazione di Torre di Melissa. Hanno rischiato di morire e si sono salvati grazie alla prontezza e allo spirito di solidarietà dimostrato da decine di cittadini calabresi. La barca su cui viaggiavano si è incagliata a pochi metri dalla costa e dopo essere stata abbandonata dagli scafisti si è rovesciata da un lato. I cittadini del piccolo paesino (tra loro il sindaco Gino Murgi), svegliati dalle grida, sono corsi in spiaggia a portare soccorso a quei disperati e senza esitare si sono gettarsi in mare per portali in salvo. I migranti ora si trovano nel Centro di accoglienza San’Anna di Isola Capo Rizzuto in attesa che inizi l’iter burocratico della richiesta di asilo. Ed è assai probabile che essi rimarranno nella terra che li ha salvati.
Purtroppo uno dei profughi manca all’appello ed ora risulta disperso. I presunti scafisti sono stati arrestati dai carabinieri di Cirò Marina. Subito dopo l’arrivo dell’imbarcazione due cittadini russi di 43 e 25 anni si sono recati in un vicino albergo per passare la notte, ma i proprietari del locale insospettiti delle condizioni insolite con cui si erano presentati (erano bagnati e pieni di sabbia), li hanno denunciati ai carabinieri che, subito dopo, li hanno arrestati.
E’ il primo sbarco di migranti del 2019. La rotta dai Balcani non si è mai interrotta e, seppure non faccia scalpore, continuano ad arrivare profughi dalla Turchia, dal Medio Oriente o dal Sud est asiatico. In genere sono piccole imbarcazioni a vela che riescono a sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine.
Insomma, mentre il ministro degli Interni con il consenso del leader del M5s chiude i porti e dice no ad ogni richiesta di sbarco e di soccorso, i migranti continuano ad arrivare sulle nostre coste. Ma stavolta i ‘terroni’, come il giornale lombardo Libero ha definito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente della Camera, Roberto Fico ed il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (tutti e tre rei per essere meridionali e perché impedirebbero a Matteo Salvini di governare), hanno dato una lezione di tolleranza tipica di chi ha vissuto da sempre sulla propria pelle le stesse disgrazie e che è sconosciuta a due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

sabato 5 gennaio 2019

I migranti della Sea Watch e ‘Ciàula scopre la Luna’

L’odissea che stanno vivendo i 49 migranti salvati dalla Ong Sea Watch rappresenta il fallimento etico e politico di un Paese e di un Continente che stanno rinnegando i loro valori e la loro civiltà

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da sito Sea Watch
Curvo …. egli veniva su, su, su, dal ventre delle montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù, lassù si apriva come un occhio chiaro, d’una deliziosa chiarità d’argento. Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria (luce) cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato. Possibile? Restò - appena sbucato all’aperto – sbalordito. Il carico (di zolfo) gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d’argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna. Si, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde  a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna …. C’era la Luna!
Ciàula (soprannominato così perché quando parlava gracchiava come una cornacchia), Caruso’ tuttofare nelle zolfatare siciliane, sempre ligio ai comandi del padrone, non aveva paura della profondità della caverna in cui lavorava durante il giorno, ma ‘del bujo vano della notte’. Quel terrore ‘gli proveniva da quella volta che il figlio di zì’ Scarda, già suo padrone, aveva avuto il ventre e il petto squarciato dallo scoppio della mina, e zì’ Scarda stesso era stato preso in un occhio’…. ‘La paura lo aveva assalito, invece, nell’uscir dalla buca nella notte nera, vana’.
L’angoscia che stanno vivendo i migranti salvati dalla Sea Watch è come quella patita da Ciàula, nella celebre novella di Luigi Pirandello. 49 profughi tra uomini, donne e bambini, dopo una pericolosa traversata del Mediterraneo, sono giunti sulle sponde della ‘terra promessa’, ma ancora non sono salvi per volontà di un ministro immemore dei tanti italiani che hanno vissuto la stessa odissea, di un Paese che ha dimenticato di essere un crocevia di culture e tolleranza e di un Continente che sta rinnegando i suoi valori e la sua civiltà.
La vicenda, presto, si concluderà e questi sventurati, che fuggono dalle guerre e dalla miseria, usciranno dal ventre di quella nave e vedranno un po’ di ‘luce’ nel loro futuro, così come Ciàula, Caruso vissuto sottoterra e nella miseria, che, nel vedere per la prima volta la Luna, ‘si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva stanco, nella notte ora piena del suo stupore’.

Fonte ‘Ciàula scopre la Luna’, novella di Luigi Pirandello, pubblicata per la prima volta il 29 dicembre 1912 sul Corriere della Sera