Da
potenziatori, a tappabuchi, a perdenti posto, è questa l’incredibile parabola
dei docenti precari storici assunti due
anni fa con la legge sulla riforma della scuola
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Matteo Renzi - (foto da lucamussari.it) |
Foto da lapoesiaelospirito.wordpress.com |
Quel contratto che doveva durare tre
anni oggi è carta straccia
e gli insegnanti di potenziamento non
esistono più, o per meglio dire, quel ruolo non è più di esclusiva spettanza
dei precari storici, ma, a discrezione del dirigente, di tutti i docenti che così ne possono usufruire per salvaguardare il loro
posto sotto casa. Insomma, dopo un anno
a fare i tappabuchi, a fare cioè le sostituzioni giornaliere nelle varie
classi anziché incrementare l’offerta formativa come stabiliva la legge 107, gli insegnanti abilitati 25 anni fa si sono
visti scavalcare nelle graduatorie prima dai neoassunti del concorso del 2012, ed
ora, nell’incarico, dagli stessi docenti di ruolo. Non solo, in tanti, in
questo inizio d’estate 2017, essendo ultimi nelle graduatorie d’istituto, sono
perdenti posto.
Insomma,
la Scuola italiana di una parte dei precari neoassunti nel 2015 non sa che
farsene e continua a spostarli da un istituto all’altro. Utilizzati per i
compiti più complicati e difficili e nelle sedi più disagiate, sono visti con
sufficienza, sono malpagati e, nello stesso tempo, nessuno li vuole nella
propria scuola. Persiste per questi
docenti, nonostante l’assunzione a tempo indeterminato, una condizione di
precarietà lavorativa e reddituale. Non tutti sanno che un insegnante
neoassunto percepisce 1400 euro al mese (bonus di 80 euro compreso), a cui
occorre sottrarre tutte le spese fatte dai docenti per spostarsi o soggiornare
nella località dove si trova la scuola. E’ bene precisare che
la quasi totalità di questi insegnanti sono meridionali che, considerate le scarse
opportunità di lavoro che ci sono al Sud, non sono docenti per vocazione ma per
necessità e che, nonostante tutto, continuano a sperare di poter tornare ‘a
casa’. Di certo avevano ragione i colleghi che, nel 2015, non hanno voluto aderire
al piano di assunzione straordinaria previsto della legge 107. Quei docenti hanno
preferito rimanere precari per poter decidere se accettare o rifiutare un
incarico annuale o breve ed evitare, così, la ‘deportazione’, possibilità che è
preclusa ai neoassunti a cui non resta che sperare in un’altra riforma della scuola
per poter tornare a fare i docenti e non gironzolare da una città all’altra e da
un istituto all’altro per fare, spesso, i 'badanti' a chi non ha nessuna voglia
di studiare.
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