Negli
ultimi otto anni il divario economico e sociale tra Nord e Sud Italia è
aumentato, a sostenerlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da firstonline.it |
L’analisi fatta dell’associazione
degli artigiani e delle piccole imprese venete ha messo a confronto quattro
indicatori: il Pil pro-capite, il tasso di occupazione, il tasso di disoccupazione e il
rischio povertà o esclusione sociale.
La
differenza di reddito pro-capite
tra il Nord ed il Sud era, nel 2007, di 14.255 euro, nel 2015 il divario è
aumentato a 14.905 euro, cioè è cresciuto di 650 euro. Nel Settentrione il reddito
medio pro-capite è stato di 32.889 euro, al Sud di 17.984 euro. In Sicilia è
diminuito del 2,3%, in Campania del 5,6% ed in Molise dell’11,2%.
Il
divario del tasso di disoccupazione
era, nel 2007, del 20,1%, nel 2016 è salito a 22,5% (+2,4%). Nella provincia
autonoma di Bolzano la percentuale di occupati era del 72,7%, in Calabria è
stata del 39,6%.
Il
differenziale più evidente è quello relativo al tasso di disoccupazione. Nel 2007 era del 7,5%, nel 2016 è
salito al 12% (+4,5%). I senza lavoro sono cresciuti del 9,2% in Sicilia e del
12% in Calabria.
Nel
2007 il rischio di povertà al Sud era
del 42,7%, nel 2015 è aumentato al 46,4%. Un
meridionale su due è in gravi difficoltà economiche. Anche al Nord è
aumentato, dal 16 al 17,4%, ma il divario con il Meridione è cresciuto di due
punti percentuali.
Foto da cgiamestre.com |
“Il Mezzogiorno –
dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - ha delle
potenzialità straordinarie ed è in grado di contribuire al rilancio dell’intera
economia del Paese. Pensiamo solo al patrimonio culturale, alle bellezze
paesaggistiche - naturali che contribuiscono a renderla una delle aree
potenzialmente a più alta vocazione turistica d’Europa. Certo, bisogna tornare a investire per ammodernare
questa parte del Paese che, purtroppo, presenta ancora oggi delle forti sacche
di disagio sociale e di degrado ambientale che alimentano il potere e la
presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso’.
‘Il Sud si rilancia anche rendendo – sottolinea il Segretario della Cgia
Renato Mason - più efficienti i servizi offerti dagli enti locali, in modo
che siano sempre più centrali per il sostegno della crescita, perché migliorare
i servizi vuol dire elevare il prodotto delle prestazioni pubbliche e quindi il
contributo dell’attività amministrativa allo sviluppo del territorio in cui
opera’.
L’analisi della Cgia è
corretta, ma i suggerimenti indicati per superare il divario economico e
sociale sono insufficienti. La condizione
di sottosviluppo del Sud Italia è strutturale ed ha ragioni storiche precise,
sottovalutarle con motivazione di carattere amministrativo o con il federalismo
fiscale significa non affrontare il problema. I cittadini delle regioni meridionali
hanno grandi responsabilità sul peggioramento delle condizioni economiche e
sociali del Sud, ma maggiori sono quelle della classe dirigente nazionale.
La ‘Questione meridionale’ non è stata
risolta, anzi negli ultimi tre decenni si è aggravata perché è stata accantonata,
ogni forma d’investimento pubblico al Sud è stato considerato dalle forze
politiche e dalla classe dirigente uno spreco.
In queste settimane
si parla dei contenuti su cui costruire un nuovo Centrosinistra. Lo studio
pubblicato dalla Cgia è un ottimo punto di partenza ed è evidente che il tema
della ‘Questione meridionale’ non può non stare al centro dell’analisi economica
e sociale di una forza politica progressista. La prima battaglia che deve combattere un partito di Sinistra è la
difesa dei diritti delle classi sociali più deboli e queste ancora oggi, nonostante
siano passati oltre 150 anni dall’Unità d’Italia, sono soprattutto nel Sud del
Paese.
Nessun commento:
Posta un commento