sabato 24 giugno 2017

Nel Mezzogiorno una persona su due è a rischio povertà

Negli ultimi otto anni il divario economico e sociale tra Nord e Sud Italia è aumentato, a sostenerlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da firstonline.it
L’analisi fatta dell’associazione degli artigiani e delle piccole imprese venete ha messo a confronto quattro indicatori: il Pil pro-capite, il tasso di occupazione, il tasso di disoccupazione e il rischio povertà o esclusione sociale.
La differenza di reddito pro-capite tra il Nord ed il Sud era, nel 2007, di 14.255 euro, nel 2015 il divario è aumentato a 14.905 euro, cioè è cresciuto di 650 euro. Nel Settentrione il reddito medio pro-capite è stato di 32.889 euro, al Sud di 17.984 euro. In Sicilia è diminuito del 2,3%, in Campania del 5,6% ed in Molise dell’11,2%.
Il divario del tasso di disoccupazione era, nel 2007, del 20,1%, nel 2016 è salito a 22,5% (+2,4%). Nella provincia autonoma di Bolzano la percentuale di occupati era del 72,7%, in Calabria è stata del 39,6%.
Il differenziale più evidente è quello relativo al tasso di disoccupazione. Nel 2007 era del 7,5%, nel 2016 è salito al 12% (+4,5%). I senza lavoro sono cresciuti del 9,2% in Sicilia e del 12% in Calabria.
Nel 2007 il rischio di povertà al Sud era del 42,7%, nel 2015 è aumentato al 46,4%. Un meridionale su due è in gravi difficoltà economiche. Anche al Nord è aumentato, dal 16 al 17,4%, ma il divario con il Meridione è cresciuto di due punti percentuali.
Foto da cgiamestre.com
“Il Mezzogiorno – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - ha delle potenzialità straordinarie ed è in grado di contribuire al rilancio dell’intera economia del Paese. Pensiamo solo al patrimonio culturale, alle bellezze paesaggistiche - naturali che contribuiscono a renderla una delle aree potenzialmente a più alta vocazione turistica d’Europa. Certo, bisogna tornare a investire per ammodernare questa parte del Paese che, purtroppo, presenta ancora oggi delle forti sacche di disagio sociale e di degrado ambientale che alimentano il potere e la presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso’.
‘Il Sud si rilancia anche rendendo – sottolinea il Segretario della Cgia Renato Mason - più efficienti i servizi offerti dagli enti locali, in modo che siano sempre più centrali per il sostegno della crescita, perché migliorare i servizi vuol dire elevare il prodotto delle prestazioni pubbliche e quindi il contributo dell’attività amministrativa allo sviluppo del territorio in cui opera’.
L’analisi della Cgia è corretta, ma i suggerimenti indicati per superare il divario economico e sociale sono insufficienti. La condizione di sottosviluppo del Sud Italia è strutturale ed ha ragioni storiche precise, sottovalutarle con motivazione di carattere amministrativo o con il federalismo fiscale significa non affrontare il problema. I cittadini delle regioni meridionali hanno grandi responsabilità sul peggioramento delle condizioni economiche e sociali del Sud, ma maggiori sono quelle della classe dirigente nazionale. La ‘Questione meridionale’ non è stata risolta, anzi negli ultimi tre decenni si è aggravata perché è stata accantonata, ogni forma d’investimento pubblico al Sud è stato considerato dalle forze politiche e dalla classe dirigente uno spreco.
In queste settimane si parla dei contenuti su cui costruire un nuovo Centrosinistra. Lo studio pubblicato dalla Cgia è un ottimo punto di partenza ed è evidente che il tema della ‘Questione meridionale’ non può non stare al centro dell’analisi economica e sociale di una forza politica progressista. La prima battaglia che deve combattere un partito di Sinistra è la difesa dei diritti delle classi sociali più deboli e queste ancora oggi, nonostante siano passati oltre 150 anni dall’Unità d’Italia, sono soprattutto nel Sud del Paese.

Nessun commento:

Posta un commento