‘La trattativa c’è stata’, ma secondo la sentenza di secondo grado ‘non costituisce reato’, Salvatore Borsellino
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Paolo e Salvatore Borsellino |
La strage di Capaci che provocò la morte
di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della
scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro diede inizio agli
attentati degli anni Novanta. Fu la risposta violenta della Mafia
alla sentenza di condanna del maxiprocesso.
Paolo Borsellino sapeva di essere nel
mirino. Nei giorni e nelle settimane che seguirono successero alcuni fatti che ancora
oggi non sono stati spiegati. La sentenza di appello conferma che ci fu una ‘trattativa’,
ma per i giudici ‘non costituisce reato’.
Non sappiamo se il magistrato era a
conoscenza di quei contatti, anche se tanti piccoli episodi ci fanno ritenere
che ne era consapevole. Di certo era preoccupato e già presagiva quello che
sarebbe successo da lì a pochi giorni. Nelle ultime interviste era evidente il
suo disagio. Perché aveva tanta fretta di essere sentito dalla procura di
Caltanissetta? Non lo sapremo mai, ma è assai probabile che fosse venuto a conoscenza
della ‘trattiva’ o di qualcosa di simile. Cosa c’era scritto nell’agenda
rossa scomparsa dopo l’attentato di via D‘Amelio?
La sentenza di appello sulla 'trattativa' è una sconfitta della lotta alla Mafia, ma è anche e soprattutto l’ennesimo fallimento della magistratura inquirente e giudicante italiana. Processi infiniti
che alla fine non decidono o che rinviano ad un grado di giudizio successivo, anch’esso
non definitivo. I familiari delle vittime non avranno giustizia e noi italiani non
conosceremo mai la verità sulle stragi di Mafia del 1992 e del 1993.
E chi ripagherà gli imputati che sono stati
assolti dei danni morali ed economici dovuti ai processi a cui sono stati
sottoposti? Il sistema giudiziario italiano non funziona. E non è una questione
di modalità del procedimento giudiziario o di sanzioni previste dal Codice
penale. No, è solo la mancanza di professionalità di tanti procuratori e giudici.
Non sappiamo prenderci le nostre responsabilità, preferiamo quasi
sempre delegare a qualcun altro. Anche i magistrati fanno lo stesso, annullano le sentenze se c’è qualche dubbio o se le ‘formalità’ procedurali
non sono state rispettate alla lettera. L’interpretazione dei fatti varia da un soggetto giudicante rispetto a quello precedente, tutto a scapito della verità come in questo caso.
La 'trattativa c’è stata', ma per i giudici di secondo grado 'non è un
reato'. Amen.
Fonte adnkronos.com
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