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domenica 28 giugno 2020

I ‘Carusi’, schiavi senza nome

Sin dall’Ottocento in Sicilia le famiglie di contadini e non solo, vivendo in condizioni di povertà assoluta, spesso erano costrette a ‘vendere’ i loro figli

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

'Carusi' (bambini) davanti all'entrata di una zolfatara, Sicilia 1899
(foto da it.wikipedia.org)
Le famiglie contadine siciliane e non solo hanno vissuto per secoli in condizioni di povertà assoluta. Erano così indigenti che a volte erano costrette ad ‘affidare’ i loro figli al ‘capo picconiere’. Gli adolescenti tra i sei ed i diciotto anni venivano cioè ‘venduti’ ai padroni delle miniere di zolfo. ‘Soccorso al morto’ così si chiamava il 'patto' con il quale le famiglie ricevevano in cambio poche lire.
Sfruttati e maltrattati, i 'Carusi' lavoravano fino a 16 ore al giorno. Erano costretti a strisciare nei cunicoli delle miniere ed a risalire in superficie con carichi di zolfo che pesavano dai 25 agli 80 chili. L’estrazione avveniva ‘con il solo aiuto di pale, picconi e ceste’. Tutto per pochi centesimi al giorno, di certo non sufficienti per riscattare l'anticipo ottenuto dalla famiglia. Inevitabili gli incidenti mortali. Nel 1881 a Caltanissetta sessantacinque minatori rimasero uccisi per l’esplosione di una lampada. Diciannove 'Carusi' morirono, di nove di loro non si sapeva neanche come si chiamavano. Erano ‘schiavi senza nome’.
In quegli anni c’era una grande richiesta di zolfo, elemento necessario per la produzione della polvere da sparo. Questo incentivò l’apertura di diverse miniere in tutta l’isola. Il profitto di pochi e le esigenze politiche del tempo si fondarono sullo sfruttamento di ragazzi e di bambini senza speranze e senza futuro.
Ciàula, scrive Luigi Pirandello nella sua celebre novella, stava ‘curvo …. veniva su, su, su, dal ventre delle montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù, lassù si apriva come un occhio chiaro, d’una deliziosa chiarità d’argento. Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria (luce) cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato. Possibile? Restò - appena sbucato all’aperto – sbalordito. Il carico (di zolfo) gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d’argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna. Si, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna …. C’era la Luna!, si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva stanco, nella notte ora piena del suo stupore’.

Fonte balarm.it e 'Ciàula scopre la Luna' di Luigi Pirandello


sabato 5 gennaio 2019

I migranti della Sea Watch e ‘Ciàula scopre la Luna’

L’odissea che stanno vivendo i 49 migranti salvati dalla Ong Sea Watch rappresenta il fallimento etico e politico di un Paese e di un Continente che stanno rinnegando i loro valori e la loro civiltà

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da sito Sea Watch
Curvo …. egli veniva su, su, su, dal ventre delle montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassù, lassù si apriva come un occhio chiaro, d’una deliziosa chiarità d’argento. Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaria (luce) cresceva sempre più, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato. Possibile? Restò - appena sbucato all’aperto – sbalordito. Il carico (di zolfo) gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprì le mani nere in quella chiarità d’argento. Grande, placida, come in un fresco luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna. Si, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna? Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva. Estatico, cadde  a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna …. C’era la Luna!
Ciàula (soprannominato così perché quando parlava gracchiava come una cornacchia), Caruso’ tuttofare nelle zolfatare siciliane, sempre ligio ai comandi del padrone, non aveva paura della profondità della caverna in cui lavorava durante il giorno, ma ‘del bujo vano della notte’. Quel terrore ‘gli proveniva da quella volta che il figlio di zì’ Scarda, già suo padrone, aveva avuto il ventre e il petto squarciato dallo scoppio della mina, e zì’ Scarda stesso era stato preso in un occhio’…. ‘La paura lo aveva assalito, invece, nell’uscir dalla buca nella notte nera, vana’.
L’angoscia che stanno vivendo i migranti salvati dalla Sea Watch è come quella patita da Ciàula, nella celebre novella di Luigi Pirandello. 49 profughi tra uomini, donne e bambini, dopo una pericolosa traversata del Mediterraneo, sono giunti sulle sponde della ‘terra promessa’, ma ancora non sono salvi per volontà di un ministro immemore dei tanti italiani che hanno vissuto la stessa odissea, di un Paese che ha dimenticato di essere un crocevia di culture e tolleranza e di un Continente che sta rinnegando i suoi valori e la sua civiltà.
La vicenda, presto, si concluderà e questi sventurati, che fuggono dalle guerre e dalla miseria, usciranno dal ventre di quella nave e vedranno un po’ di ‘luce’ nel loro futuro, così come Ciàula, Caruso vissuto sottoterra e nella miseria, che, nel vedere per la prima volta la Luna, ‘si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva stanco, nella notte ora piena del suo stupore’.

Fonte ‘Ciàula scopre la Luna’, novella di Luigi Pirandello, pubblicata per la prima volta il 29 dicembre 1912 sul Corriere della Sera