martedì 29 giugno 2021

Ddl Zan, il confronto non è mai inutile se è costruttivo

Il Ddl Zan è di soli dieci articoli, eppure è di difficile interpretazione. Perché il legislatore continua ad usare un linguaggio giuridico astruso e spesso incomprendibile? 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto dal corrieredellacalabria.it

Il Ddl Zan è scritto male, limita le libertà di opinione ed è divisivo. Per capire le obiezioni fatte dalla Chiesa cattolica e non solo è necessario leggere più volte il testo. I rilievi riguardano gli articoli 4 e 7.

L’articolo 4 afferma che ‘sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.’ Occorre concentrarsi e fare mente locale per capirne il senso. La libertà delle scelte ed il pluralismo delle idee hanno un nuovo limite: tutti quegli atti che potrebbero ‘determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti’. Il riferimento e l’ambito di applicazione del dettato normativo non sono specificati. Le interpretazioni estensive o restrittive faranno la differenza. Andava scritto meglio.

L’articolo 7 istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia. Ma cosa si intende per biofobia e transfobia? Quanti ne conoscono il significato?

Il comma 1 afferma: ‘La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’Omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione’.

Fin qui tutti d’accordo, ma il comma 3 stabilisce:Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica’.

Anche in questo caso c’è un problema di interpretazione. Le istituzioni ‘provvedono’. Cosa vuol dire? Le scuole devono o possono provvedere? Le iniziatine dei singoli istituti relative alla Giornata sono obbligatorie o facoltative? In cosa consisteranno? Gli insegnanti come faranno a spiegare ad un bambino di dieci anni cos’è la bifobia o la transfobia? Dall’articolo non si capisce in modo chiaro, ma sembra che sia tutto dovuto. La ‘politica’ ancora una volta scarica sulla scuola un problema che non riesce ad affrontare e risolvere.

In questo Ddl non c’è un aumento tangibile delle ‘Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità’. L’impressione è che il legislatore voglia ‘porre’ al centro della vita culturale del paese il tema della identità di genere anche se questo rischia di limitare le libertà di espressione.

Per la Chiesa cattolica e non solo promuovere una cultura in cui non ci si riconosce è considerata una imposizione. Non solo, non può neanche manifestare un pensiero contrario. L’articolo 4 ci dice infatti che si possono esprimere opinioni ‘purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.’

Non è accettabile dover sottostare ai dogmi di una religione, qualunque essa sia, ma non è altrettanto accettabile subirne altri con il solo scopo di salvaguardare l’interesse specifico di una parte o di una minoranza.

Fonte senato.it

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