La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica gli squilibri del sistema pensionistico e propone modifiche sostanziali
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Foto da inps.it |
Il sistema pensionistico è un coacervo di ingiustizie. L’indennità di quiescenza è
stata introdotta per garantire un reddito minimo a chi non è in grado di
svolgere un‘attività lavorativa. Le pensioni d’oro non dovrebbero esistere e
neanche le differenze di età o di emolumento, ma così non è.
I
pensionati erano e sono un importante bacino elettorale. Molte agevolazioni
sono state introdotte per carpirne il consenso. Le pensioni baby, quelle di
anzianità, i prepensionamenti, la reversibilità e persino i vitalizi dei parlamentari
sono solo alcuni esempi di questa babele. I ‘politicanti’ hanno creato un
sistema squilibrato che ha determinato continui disavanzi di bilancio. Non si poteva
andare avanti così, occorreva porvi rimedio.
Il sistema che abbiamo oggi è il frutto di questa esigenza.
Le
numerose riforme approvate dal Parlamento a partire dagli anni Novanta hanno
creato un sistema complicato e pieno di ingiustizie.
La
prima riguarda l’età. Fino al 1993 si poteva maturare il diritto alla quiescenza
prima di compiere cinquant’anni. Ci sono cittadini che hanno o stanno
percependo la pensione da oltre 40 anni. Oggi alcuni vanno a sessant’anni,
altri a sessantadue, altri ancora a 64, poi ci sono quelli che ci andranno
oltre i 67 anni. In tanti non ci andranno mai, è una ingiustizia
insopportabile.
La
seconda iniquità riguarda l’ammontare dell’assegno. Si sa c’è un'enorme
differenza tra il sistema retributivo e quello contributivo. Con il secondo
l’assegno percepito dipende dai contributi versati. Ed è ovvio che ad essere
favoriti sono coloro che nel corso della loro vita hanno avuto un lavoro
stabile e ben retribuito, mentre chi ha avuto lavori precari o è stato spesso
disoccupato, si ritroverà con una pensione da ‘fame’. Poveri durante l’età
lavorative e ‘poveracci’ durante il periodo di quiescenza.
La relazione annuale del presidente dell’Inps certifica
questa situazione e propone delle modifiche. E di certo queste non possono essere Quota
100 e neanche Quota 102 o 104. Il limite di età dovrebbe essere uguali
per tutti. Come uguale o quasi dovrebbe essere l’indennità pensionistica. Non è
accettabile che ci siano pensionati che incassano ogni mese decine di migliaia
di euro ed altri che percepiscono poco più di 500 euro. L’articolo 53 della
Costituzione sulla capacità contributiva è chiaro, ma è disatteso.
Per i nostri ‘politicanti’ non dovrebbe essere difficile approvare questo tipo di riforme, quando c’è da elargire e concedere sono sempre rapidissimi, mentre quando è necessario imporre sacrifici e rigore arrivano i governi tecnici, sostenuti quasi sempre, chissà perché, dalla Sinistra.
Ma non accadrà nulla. Come dice il proverbio: ‘Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato, ha dato’. Tanto a pagare per tutti sono sempre gli stessi.
Fonte inps.it
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