sabato 20 maggio 2017

Il fallimento del Job Act e l’aumento delle disuguaglianze

Gli ultimi dati statistici pubblicati dall’Istat e dall’Inps confermano il flop della riforma del lavoro voluta da Matteo Renzi ed il concomitante incremento delle disuguaglianze economiche e sociali

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi - (foto da forexinfo,it)
Negli ultimi dodici mesi è cresciuta l’occupazione, il saldo tra cessazioni ed assunzioni registrato nel settore privato è stato, secondo i dati pubblicati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, di 322mila, in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (266mila). I contratti a tempo indeterminato sono stati 22mila, quelli di apprendistato 40mila e quelli a tempo determinato 315mila. Dopo il boom di assunzioni avvenute nel 2015, i contratti stipulati secondo quanto previsto dal Job Act sono progressivamente diminuiti. La riduzione e poi la cancellazione della decontribuzione hanno indotto le imprese a licenziare i lavoratori assunti con quel tipo di contratto. In sostanze le aziende fino a quando hanno usufruito degli incentivi contributivi hanno assunto a tempo indeterminato, ma nel momento in cui questi sono venuti meno hanno iniziato ad assumere tornando ad utilizzare i contratti precari cioè a tempo determinato.
Mappa assunzioni (inps.it)
Intanto, come ha certificato il Rapporto Annuale 2017 pubblicato pochi giorni fa dall’Istat, crescono le disuguaglianze. Le differenze tra le classi sociali sono determinate, innanzitutto, dalla distribuzione del reddito, compreso quello delle pensioni che incide per il 20%. 1,6 milioni di famiglie sono in una condizione di povertà assoluta ed il 28,7% sono a rischio di povertà o esclusione sociale. La deprivazione materiale – sottolinea il Rapporto -  è passata dall’11,5% del 2015 all’11,9%. Il 6,5% della popolazione ha rinunciato a una visita specialistica, nel 2008 questa percentuale era del 4%.
Logo Rapporto 2017 (istat.it)
La disuguaglianza sociale ha ridotto le opportunità. Il cosiddetto ‘ascensore sociale’ è bloccato, la società è cristallizzata. Scompaiono le professioni intermedie ed aumenta l’occupazione nei lavori a bassa qualificazione, si riducono operai e artigiani.
La cancellazione dell’articolo 18 voluta dal governo di Matteo Renzi non ha prodotto un aumento significativo di contratti di lavoro a tempo indeterminato. L’incremento degli investimenti ipotizzato cancellando i diritti dei lavoratori non si è verificato e le politiche economiche adottate non hanno ridotto le disuguaglianze. Un cambio di linea è urgente. Questo può avvenire solo se c’è unita d’intenti tra le forze progressiste, ma la nuova segreteria del Partito democratico non sembra intenzionata a seguire questo percorso o come direbbe lo stesso Renzi a #cambiareverso.


Nessun commento:

Posta un commento