Il Rapporto Istat 2019 sulle condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie conferma le disuguaglianze e il rischio di cadere in miseria per oltre il 20% degli italiani. Ma non avevamo abolito la povertà?
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da istat.it |
Il numero di individui a rischio di povertà o esclusione sociale è rimasto stabile. Nel
2019 erano circa 12 milioni e 60 mila individui, cioè il 20,1% del totale della
popolazione italiana. A sostenerlo è il Rapporto Istat sulle condizioni di
vita, reddito e carico fiscale delle famiglie del 2019. Si tratta di persone
che vivono con un reddito mensile di circa 858 euro, mentre il 7,4% si trovava
in una ‘grave deprivazione materiale’.
La media
nazionale rimane molto elevata, anche se è passata dal 27,3% del 2018 al 25,6% dello
scorso anno. La percentuale più alta è stata registrata nel Mezzogiorno, dove le
persone a rischio di povertà ed esclusione sociale sono passate dal 45% del
2018 al 42,25 del 2019. Mentre, il rischio di cadere in povertà è rimasto invariato
o quasi, è passato cioè dal 34,4% al 34,7%.
La disuguaglianza tra i ceti sociali rimane stabile. Il reddito delle famiglie più
povere resta sei volte inferiore rispetto a quello delle famiglie più abbienti.
È cresciuto, sia pur di poco, il reddito da lavoro dipendente, mentre è diminuito
quello da lavoro autonomo. Il reddito netto medio delle famiglie (31.641 euro
annui) è aumentato in valore nominale, ma si è ridotto in termini reali
(-0,4%).
Nel Meridione esso è stato di 29.876 euro (la media nazionale è stata di 36.416
euro), mentre nel Nord-est è stato di 40.355 euro, cioè il 25,96% in più
rispetto al Sud del Paese.
Nel Mezzogiorno ‘la disuguaglianza reddituale è più accentuata’. Il 20% più ricco della popolazione aveva un reddito 5,8 volte superiore a quello della fascia più povera, mentre il rapporto più basso (3,9) è stato registrato nel Nord-est.
Fonte istat.it
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