martedì 2 agosto 2022

Il ‘riformismo moderato’ di Enrico Letta e l'armata Brancaleone

I presupposti per una vittoria della Destra alle prossime elezioni politiche ci sono tutti, ma si può evitare?

di Giovanni Pulvino

Enrico Letta e Carlo Calenda

Nel 2008 il Popolo delle libertà, insieme alla Lega e al Movimento per le autonomie, ottenne la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le Camere.

Cosa determinò quel risultato?

Il Partito democratico fondato il 14 ottobre del 2007 decise di presentarsi alla consultazione alleandosi solo con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Il segretario, Walter Veltroni, ed il gruppo dirigente di allora ritennero di poter vincere le elezioni escludendo dalla coalizione la Sinistra cosiddetta ‘radicale’. Quell’alleanza raggiunse il 37% dei voti, mentre la Destra superò il 46%.

Il Pd di Enrico Letta sembra intenzionato a seguire la stessa linea politica. Un’alleanza elettorale fatta di ex, tutti o quasi di Centro. Ex renziani come Carlo Calenda, ex grillini come Luigi Di Maio, ex radicali come Benedetto Della Vedova e Emma Bonino, socialisti come Riccardo Nencini, ex forzisti come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna ed ex Pd come Roberto Speranza e forse Matteo Renzi, si proprio quello che disse ‘stai sereno Enrico’. Leader o esponenti di piccoli gruppi in cerca di seggi blindati.

È un’armata Brancaleone che si dividerà subito dopo le elezioni. Un miscuglio che mette insieme tutte le forze politiche ‘moderate’ a sinistra ed a destra del Pd, ma esclude il M5s e la nascente Unione popolare dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, perché?

La motivazione è politica. E non ha nulla a che vedere con la caduta del governo Draghi. Il ragionamento è semplice. Il Centrosinistra non può vincere le elezioni, ma, limitando il ‘danno’, può, ad urne chiuse, creare le condizioni per un governo ‘moderato e riformista’, (una volta avremmo detto ‘democristiano’), magari con un ritorno dell'ex governatore della Bce alla presidenza del Consiglio.

La strada è in salita. Il sistema elettorale voluto dal Pd di Matteo Renzi e la riforma costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari voluta dal M5s e votata dal Centrosinistra rendono il raggiungimento di questo obiettivo assai difficile. Solo il cosiddetto ‘campo largo’ potrebbe competere, ma allora perché rinunciarvi a priori?

Il 37% dei seggi sarà assegnato con il sistema maggioritario a turno unico. Le coalizioni hanno un notevole vantaggio sui singoli partiti. I sondaggi danno il Centrodestra al 45%. Il Centrosinistra (il Pd con Azione e + Europa e gli altri gruppi) può ambire al 30% dei consensi. Il M5s è dato intorno al 12%. I numeri non sono un’opinione. Ed è evidente che solo con un’ampia convergenza il Centrosinistra potrà contendere la vittoria alla Destra, il resto sono solo sterili polemiche politiche di chi è abituato a vivere nei quartieri Ztl ed a fare politica stando comodamente seduto nei salotti delle televisioni nazionali.

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