di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Disegno di Giulio Ciccia |
Figli e nipoti che evitano di andare a
trovare i genitori o i nonni anziani. Amici che non vedi da settimane e con i
quali prendevi il caffè al bar o con cui passavi le serate o il weekend. Per
ultimo la rinuncia al pranzo domenicale con i familiari.
Per strada non c’è nessuno. Di tanto in tanto
si sente, amplificato dal silenzio, lo strepitare del motore di un’auto che
sfreccia a tutta velocità. Di certo, il conducente sta correndo a casa o al lavoro. Poi torna il silenzio. Nessuno alle
finestre. Nessuno affacciato ai balconi. Solo nei momenti condivisi in Rete i
palazzi si rianimano, ma sono solo episodi estemporanei, poi di nuovo tutti chiusi in casa. A
chattare, a cercare in Rete o in televisione le ultimi informazioni sul ‘mostro’. A
stare lì, seduti in poltrona, a riempirsi la testa su come difendersi, su come
fare per sottrarsi ai contatti, su come evitare il contagio. Certo tutto serve per allontanare i cattivi pensieri e soprattutto per cacciare nel profondo del nostro inconscio il rimorso per non aver
agito per il bene comune quando si poteva.
È la paura. È la speranza che non tocchi
a noi. Una volta si facevano i ‘voti’ religiosi per evitare il peggio, oggi si
fanno gli esorcismi con i flash mob, ma il senso è sempre lo stesso. In questi momenti di difficoltà si prendono impegni ‘buonisti’. Se tutto andrà bene sarò più onesto, non penserò solo a me stesso, terrò
un comportamento più altruista.
Intanto, il virus si sta diffondendo in tutte le regioni e, se continua così, dopo la paura ci sarà il panico. Lo stesso che la settimana scorsa ha caratterizzato il comportamento di tanti
piccoli risparmiatori, che con le loro insicurezze hanno fatto la felicità dei
soliti noti, gli speculatori e gli affaristi.
Ma tutto questo non
durerà. Tra poco, tutto tornerà come prima. Allora vorrà dire che la paura sarà
passata, che il panico non ci sarà stato e che ognuno potrà tornare a farsi i fatti suoi.
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