Gli Esami di Stato 2020, quelli svolti con la mascherina saranno ricordati da
tutti, anche da coloro che non li hanno sostenuti. Ora per questi ragazzi e non solo sarà tutto diverso, sarà tutto più difficile
Tutti ricordano gli Esami di Stato. L'ansia provata in attesa del fatidico giorno. Il ripasso veloce prima di entrare in aula.
Le titubanze dei primi momenti del colloquio. La preoccupazione di dover rispondere ad un
quesito difficile e il desiderio di esporre quanto studiato. Poi la visione
degli scritti, l’ultima domanda ed una risposta breve con la consapevolezza di
non aver detto tutto quello che nei mesi precedenti si era imparato con ore ed
ore di studio. Infine, la stretta di mano dell’ultimo commissario che con un sorriso anticipava
il buon esito dell’Esame e, liberatorio, l’abbraccio e gli auguri dei
compagni, degli amici e dei famigliari.
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da ravennaedintorni.it |
No. Quest’anno non è così. Stavolta
c’è la mascherina e il distanziamento ad accompagnare la solitudine del
candidato. Di fronte la Commissione composta quasi esclusivamente dai docenti
della propria classe. Niente scritti, solo un colloquio orale. L’ambiente
predisposto per l’Esame sembra un luogo surreale, tanta è la differenza con il
passato. Eppure, sono gli stessi corridoi e le stesse aule frequentate per
quasi cinque anni. La stanza è spoglia, i banchi distanziati, i professori seduti ordinatamente, tutti con la mascherina.
Non una stretta di mano, non un sorriso
di incoraggiamento. Soli, con il viso nascosto dalla protezione sanitaria. Conciati
così si potrebbero digrignare i denti, fare una boccaccia, ridere, mandare
un bacino, nessuno vedrebbe nulla. Soli, con i propri timori e le proprie
incertezze. Con un tono della voce inverosimile, quasi irriconoscibile. Ascoltare le parole dei commissari senza poter guardare il movimento
delle labbra è come udire un suono in lontananza o al buio. Quello che pensavamo di quel docente, ora, con questa strana tonalità di suoni, prende un altro senso. E' un altro o un'altra, chissà se è proprio il mio prof o la mia prof. E
chissà se i miei insegnanti riconosceranno, dietro il suono ovattato della voce,
il loro alunno: è quello timido o quello sbruffone, chissà se è sempre lo
stesso, se si confondono. Inizia il colloquio, finalmente si può abbassare la mascherina,
la voce torna normale, la respirazione è comunque affannata e la tensione non
va via, rimane a rendere infinito il tempo di una conversazione di pochi minuti.
Ma proprio quando si vorrebbe continuare
a parlare, l’Esame finisce. È giunto il momento del congedo ed occorre
rimettere la protesi che rende difficile la respirazione ed impedisce la
comunicazione facciale. Non c’è la stretta di mano consueta, ma un saluto fatto
con gli occhi, con il tono della voce, con un gesto del braccio o della mano. Il sorriso che esprime la soddisfazione o il sollievo c'è, ma è celato dalla mascherina.
Non importa, con o senza protesi il giovane studente è già un'altra persona, un po' più matura, un po' più sola. Non
è più il ragazzo o la ragazza che pochi mesi prima stava seduta o seduto distrattamente
sul suo banco, che ormai sarà per sempre di un altro o di un'altra. Eppure, è stato un Esame
unico, che tutti ricorderanno, anche quelli che non lo hanno sostenuto. Ora comincia una vita nuova, quella degli adulti e con o senza mascherina sarà tutto diverso, sarà tutto più difficile.
Nessun commento:
Posta un commento