Gli
atti di violenza subite negli ultimi mesi dai docenti rappresentano il
fallimento della scuola italiana e dei politici che negli ultimi decenni hanno
tentato, inutilmente, di riformarla
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Salvo Busà l'insegnante malmenato ad Avola e la ministra Valeria Fedeli - (foto da secoloditalia.it) |
‘Invito il ragazzo a
chiudere una finestra prima di andare in palestra per gli
esercizi. E lui mi manda a quel paese,
senza chiuderla. Insisto e alzo la voce. La risposta è il lancio di un libro.
Un lancio contro di me. Il libro finisce per terra. Lo prendo e lo poggio su un
banco. Rimprovero ancora quell’insolente
che afferra il telefonino. Mezz’ora dopo l’arrivo di padre e madre...’. Questa è la dichiarazione rilasciata al quotidiano la Repubblica dal professore di Educazione fisica di Avola
picchiato pochi giorni fa dai genitori di un suo alunno. La dinamica della
vicenda non è nuova. Negli ultimi anni sempre più spesso gli insegnanti delle
scuole medie e soprattutto di qu elle superiori sono stati oggetto di atti di
violenza da parte dei genitori dei loro alunni.
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Foto da news.leonardo.it |
Una
volta la figura del docente era ‘vista’ con rispetto, oggi una parte sempre più numerosa
di ragazzi non solo non si impegna nello studio ma si comporta in modo ‘aggressivo’
nei confronti dei compagni ed in alcuni casi anche degli insegnanti. E, quel
che è peggio, questi atteggiamenti da
‘bulli’ trovano, spesso, la copertura e talvolta il sostegno delle famiglie
che, anziché fare autocritica e richiamare i figli a tenere un comportamento
‘civile’, li difendono accusando i docenti di incapacità o, come in questo caso,
di essere la causa scatenante del fatto. Negli
ultimi due decenni sono state approvate diverse riforme della scuola, ma nessuna ha tenuto conto del
clima d’intimidazione di cui spesso sono vittime i professori. Gli obiettivi
degli ultimi governi sono stati quelli di tagliare le risorse finanziarie (riforma
Gelmini) o di adeguare la scuola alle esigenze produttive e di mercato delle
imprese (#buonascuola con l’alternanza scuola/lavoro). Inoltre, sono stati
modificati i programmi ministeriali, ma non
sono state incrementate le ore d’insegnamento delle discipline giuridiche ed
economiche che, è bene ricordarlo, non sono previste nei licei (fanno
eccezione quelli con indirizzo psichico - pedagogico, cioè gli ex istituti magistrali ed
il biennio degli istituti tecnici e professionali).
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Foto da tg24com.mediaset.it |
Oltre a ciò,
l’aumento del numero minimo di alunni per formare le classi (le cosiddette classi pollaio) ha spinto
gli istituti ad una spietata concorrenza e ad evitare, nei limiti del possibile,
le bocciature o gli abbandoni. Per non parlare delle iscrizioni ‘fasulle’. Situazioni
di cui sono consapevoli i ragazzi e le loro famiglie. Il risultato è stato un
crollo dei livelli di apprendimento e la crescita di comportamenti 'scorretti' da parte degli alunni. In questo clima di sfiducia gli insegnanti, che spesso sono impegnati in inutili corsi di
formazione o nella realizzazione di progetti (che hanno come scopo anche quello
di incentivare gli stipendi dei presidi), sono
senza difese, sono costretti, cioè, a subire le angherie dei ‘bulli’ ed i
‘richiami’ dei dirigenti che non intendono intervenire con provvedimenti disciplinari
o con bocciature proprio per non perdere alunni e cattedre o comunque per non
assumersi responsabilità dirette con le famiglie. Non
devono stupire quindi i crescenti atti di vandalismo. La scelta fatta dall'èlite politica sull’istruzione
pubblica è evidente. Si vogliono buoni
consumatori, anziché buoni cittadini. L’obiettivo è un ritorno al
modello d’istruzione degli anni Sessanta, quando c’erano due tipi scuola
pubblica, una di eccellenza per i benestanti ed un’altra di base per i ceti
medio - bassi. Ed il risultato finale di questo processo sarà quello di incrementare, ancora
una volta, l’individualismo e l’ingiustizia anziché il
progresso civile e culturale di tutta la società.
Fonte: repubblica.it
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