di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da termometropolitico.it |
La disaffezione alla politica continua a crescere, la maggioranza dei siciliani non crede più nei loro rappresentanti. L’affluenza alle urne è calata ancora, ed è un record storico. Il 53,24 per cento
degli aventi diritto non è andato a votare, cinque anni fa furono il 52,59 per
cento. I cittadini dell’isola sono stanchi
di promesse mancate e di politiche inconcludenti ed autoreferenziali. I responsabili di questa sconfitta sono tutti i partiti, nessuno escluso. In particolare il M5s che
è nato proprio per raccogliere il consenso dei delusi e degli elettori che non
credono più nelle istituzioni democratiche. Il dato è preoccupante perché è un
segnale chiaro per tutta la classe dirigente italiana, vecchia e nuova. Ed
è una sconfitta per la
Sinistra che non è riuscita a far
ritornare al voto quel ‘popolo’ progressista che, a dire il vero, in Sicilia è
sempre stato piuttosto limitato numericamente, ma nonostante ciò rimane il fatto che la lista i
‘Centro passi’ non è riuscita ad uscire dal confine della cosiddetta Sinistra
‘radicale’, non è riuscita cioè ad essere rappresentativa della parte più debole
del popolo siciliano che invece continua ad affidarsi al politico moderato, ‘amico
degli amici’ o, al contrario, al voto di protesta grillino, che nella sostanza è
un non voto. Vince Nello Musumeci con il consenso di meno di due siciliani su dieci e che per
governare dovrà fare un accordo con il Pd o con una delle
liste che sostenevano Fabrizio Micari. Del resto le larghe intese
erano una possibilità messa in conto alla vigilia del voto da Matteo Renzi e da
Angelino Alfano. La Sicilia dopo la
parentesi di Rosario Crocetta e della sua mancata ‘rivoluzione’ torna ad essere
governata dalla Destra, quelli della cattiva gestione delle risorse
pubbliche, del favore, dell’amicizia, che in gran parte sono responsabili dell’alto
tasso di disoccupazione (22,1%, oltre il doppio della media europea) e delle
260 mila famiglie che vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa. Insomma vincono ancora una volta i poteri
forti, quelli che dicono: ‘se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto
cambi’. Con questa logica politica ed istituzionale continueranno a
crescere le disuguaglianze e le ingiustizie, in una terra che da sempre vive in
una condizione di ritardo economico, culturale e sociale. Questo
risultato è anche una fotografia di quanto potrà avvenire nelle prossime elezioni
politiche nazionali.
Come in Sicilia tutto è pronto perché non ci sia nel prossimo Parlamento una maggioranza certa e che,
pertanto, un governo di larghe intese tra il Pd di Matteo Renzi, Fi e i
partitini di Centro sia una conseguenza ‘inevitabile’.
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