A volte basta uno sguardo, un’immagine o il ritornello di una canzone perché i pensieri comincino a muoversi, ora corrono a quando ad un certo punto della serata restammo al buio
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Il gruppo folcloristico di Torremuzza (Me) |
‘E
lèvate 'a cammesella. A cammessella no, no. E lèvate …’
Lo
spettacolo era stato interessante e fino a quel punto non c’erano state
contestazione, ma solo apprezzamenti. Invece, l’esibizione finì con questo ‘malinteso’.
Questo fatto esprimeva un pregiudizio campanilistico frequente, almeno allora, tra
torremuzzari e mottesi. Del resto, si sa gli abitanti di ogni quartiere, paese, città si sentono diversi e migliori degli altri. Da qui le diffidenze ed i pregiudizi.
Ancora un pensiero e poi un altro, continuano a sovrapporsi, impedirlo è quasi impossibile.
Se
non ci fosse stato il gruppo folcloristico forse nessuno di noi giovani torremuzzari
avrebbe imparato a ‘ballare’. Eppure, era un’esigenza che sentivamo da sempre.
Una volta organizzammo una serata danzante in un garage. Ci volle un intero pomeriggio
di lavoro per ripulire e sistemare, si fa per dire, il ‘locale’. Quel giorno
non ballammo, ma non ricordo il perché, probabilmente gli invitati decisero semplicemente
di non venire. A quell’età si è ingenui e tutto sembra possibile e
realizzabile, ma così non è. La passione per la musica era quasi naturale nei
giovani del Borgo e non solo. Da sempre segna i giorni più belli, quella della gioventù. Da
bambini seduti a Sant’Antonino facevano la gara a chi indovinava i titoli delle
canzoni della Hit Parade. Allora era una delle trasmissioni più popolari della
Radio. Nessuno di noi possedeva un giradischi e tantomeno i dischi. Potevamo
ascoltarle solo per radio. Nonostante ciò, conoscevamo bene i brani di maggiore
successo e le star che le interpretavano. Tutto avveniva per volontà di un torremuzzaro adulto, che anche per questo è parte ineliminabile dei nostri pensieri.
Un’immagine sfocata ritorna spesso ….
Avevamo
3, 4 o forse 5 anni, ma già sapevamo ballare. Il giradischi andava con una
musica popolare siciliana, probabilmente era una tarantella e tutti ci
guardavano meravigliati. Era un’attitudine naturale o la leggerezza tipica dei
bambini? Molti anni dopo quell’abilità fu evidente a tutti e fu al centro
dell’attenzione in tante serate danzanti e non solo.
Non ricordo
come tutto ebbe iniziò. Nel corso di una serata danzante organizzata nel salone
della scuola elementare il signor Mammana intrattenne tutti con la sua
fisarmonica. Non so se quella festa si svolse prima o dopo che iniziassero le
prove del gruppo folcloristico. Ricordo bene invece che qualcuno eccedette con gli alcolici e si senti male. E di certo a quel tempo molti di noi ancora non sapevano
ballare. Forse l’idea di creare un gruppo folcloristico nacque in quell’occasione o forse
no, ma non importa, l’iniziativa partì.
‘Si maritau Rosa, Saridda e Pippinedda e iu ca sugnu bedda mi vogghiu marità’
Di
certo, le prime prove di canto e di ballo popolare siciliano avvennero con
quella fisarmonica e con l’entusiasmo della novità e della condivisione.
All’inizio alcuni di noi non c’erano, preferivamo giocare con un pallone o
praticare qualche altro sport. Eravamo un po' restii a quella novità, ma una
volta aggregati siamo diventati parte integrante del gruppo. Da quel momento in
poi, tutti i pomeriggi o quasi la scuola elementare si riempiva di torremuzzari
e nzusari di tutte le età. Bastava il suono di una fisarmonica, di una
chitarra e di qualche mandolino per ‘provare’ ed imparare.
‘Sciuri,
sciuri, sciuri di tuttu l'annu, l'amuri ca mi dasti ti lu tornu...’
Come
sempre accadeva in quel periodo la novità fu sostenuta da quasi tutto il Borgo.
Ognuno era pronto a svolgere la sua parte. Gli adolescenti eravamo i cantanti ed
i ballerini. Le signorine avevano il compito di insegnarci le figure dei balli
e le persone più grandi quello di organizzare e gestire il Comitato
amministrativo e finanziario. Anche le mamme contribuirono. Furono loro a
cucire i ‘costumi’ di scena, quelli tipici dei siciliani dell’Ottocento. Le
canzoni erano quelle popolari. Andavano da ‘Vitti na crozza’, a ‘sciuri
sciuri’, a ‘Avia nu sciccareddu’. E poi c’erano le musiche ed i
balli come il fox, la tarantella. Per la meglio gioventù del Borgo erano pomeriggi
di festa ed allegria.
‘Avia
'nu sciccareddu, ma veru sapuritu, a mia mi l'ammazzaru, poveru sceccu miu.…
Chi
bedda vuci avia, Pareva un gran tenuri, Sciccareddu di lu me cori, comu iu
t'haiu a scurdari. E quannu cantava facia: i-ha, i-ha, i-ha…’
‘Fai
finta di cantare che sei stonato’, mi disse una volta una mamma che si era intrufolata
nel coro e che era accanto a me. Ci rimasi male, per tanto tempo mi venne il
dubbio di essere ‘stonato’. Ma cosa vuol dire essere stonato? Nessuno in linea
di principi lo è. Il problema sorge quando si usano due tonalità diverse
contemporaneamente, quando cioè la musica e la voce o due musiche e/o due voci
emettono suoni non ‘sincronizzati, cioè con la stessa tonalità, quindi è solo
una questione di tecnica e di abilità canora e musicale. Non è un difetto naturale,
non esistono le persone stonate o gli strumenti stonati. Ma solo difficoltà a
prendere il tempo e la tonalità giusta. Quando si è adolescenti questi ragionamenti non si fanno, si pensa piuttosto di non essere adeguati. Come
sarebbe bello essere giovani con la maturità di un anziano. Dovremmo capovolgere
la scansione temporale della vita: nascere vecchi e morire giovani. Tutto sarebbe
ugualmente effimero, ma sarebbe più semplice, più vero.
I pensieri si spostano, ora vanno ad una serata fatta in piccolo paesino dei Nebrodi.
Una
delle prime esibizioni la facemmo a San Fratello. Un piccolo paesino di collina
ad una trentina di chilometri di distanza dal Borgo. Il ricordo torna spesso a
quella sera perché il pubblico, almeno una parte di esso, si comportò in modo ‘poco
educato’. Di solito gli insegnanti memorizzano subito i nomi ed i volti dei
ragazzi più vivaci o più preparati, mentre passano inosservati quelli più
educati e silenziosi. Chissà perché è così. Il nostro cervello è pronto a
memorizzare le cose belle e quelle brutte, ma stenta a ricordare quelle
mediocri o che affrontiamo con indifferenza. Quella serata non è un bel
ricordo, forse è per questo che ritorna spesso. Un gruppo di bambini era sotto
il palco. Non erano lì per ascoltare le canzoni o per vedere i balli di coppia.
No, erano lì per giocare a tiro a segno con le noccioline e per insultare i
componenti del gruppo. Sono certo, che se quella sera ci fosse stato
l’esibizione di veri professionisti, per quelle piccole pesti, sarebbe stato lo
stesso. L’oggetto dello sberleffo non era la nostra esibizione, ma chi era sul
palco. Una parte delle persone è così, dispettosa e irriguardosa. Di
quell’esibizione rimane il fatto che settimane e mesi di prove e di sacrifici
furono derisi da un gruppetto di bulletti di paese. Naturalmente non ci
scoraggiammo, forse perché eravamo giovani e per noi era un gioco, solo un
gioco, nulla poteva fermarci.
‘Vitti
na crozza supra nu cannuni, fui curiuso e ci vossi spiare, idda m'arrispunniu
cu gran duluri, murivi senza un tocco di campani …’
Il
gruppo fece un salto di qualità quando alla guida arrivo un giovane musicista
di Acquedolci. Era un professionista. Conosceva tutte le canzoni ed i balli
popolari siciliani. Non ci mettemmo molto ad imparare. Diventammo bravi e ci
esibimmo in diversi paesi. Poi tutto finì. Il nostro giovane maestro non venne
più e non so se fu per una questione economica o per altro. Resta il fatto che
un’altra stagione di condivisione e spensieratezza se ne era andata, ed ora restano questi frammenti di memoria, null’altro.
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