venerdì 5 marzo 2021

Ad un certo punto dello spettacolo andò via la luce

A volte basta uno sguardo, un’immagine o il ritornello di una canzone perché i pensieri comincino a muoversi, ora corrono a quando ad un certo punto della serata restammo al buio

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il gruppo folcloristico di Torremuzza (Me)

Ad un certo punto dello spettacolo andò via la luce, nella sala ci fu sorpresa e sbigottimento, proprio nel più bello della rappresentazione restammo al buio, ma non ci volle molto tempo per capire che non era stato un problema di 'Rete'. Il Parroco aveva chiuso volutamente l’interruttore della corrente elettrica. Il suo scopo era quello di impedire l’esecuzione dell’ultima parte della canzone e soprattutto la visione dell’ultima scena che due ragazzi del gruppo folcloristico di Torremuzza stavano recitando in modo straordinario. Non c’era nulla di scandaloso, ma per il sacerdote che ci stava ospitando non era così. Le ultime battute di ‘La cammesella’ erano, per il religioso, peccaminose, ma peccaminose di cosa? Non c’era nulla di volgare se non una ingenua allusione. Era una cover, ben riuscita, di una celebra scenetta di un film di Toto, nient’altro.

E lèvate 'a cammesella. A cammessella no, no. E lèvate …

Lo spettacolo era stato interessante e fino a quel punto non c’erano state contestazione, ma solo apprezzamenti. Invece, l’esibizione finì con questo ‘malinteso’. Questo fatto esprimeva un pregiudizio campanilistico frequente, almeno allora, tra torremuzzari e mottesi. Del resto, si sa gli abitanti di ogni quartiere, paese, città si sentono diversi e migliori degli altri. Da qui le diffidenze ed i pregiudizi.

Ancora un pensiero e poi un altro, continuano a sovrapporsi, impedirlo è quasi impossibile.  

Se non ci fosse stato il gruppo folcloristico forse nessuno di noi giovani torremuzzari avrebbe imparato a ‘ballare’. Eppure, era un’esigenza che sentivamo da sempre. Una volta organizzammo una serata danzante in un garage. Ci volle un intero pomeriggio di lavoro per ripulire e sistemare, si fa per dire, il ‘locale’. Quel giorno non ballammo, ma non ricordo il perché, probabilmente gli invitati decisero semplicemente di non venire. A quell’età si è ingenui e tutto sembra possibile e realizzabile, ma così non è. La passione per la musica era quasi naturale nei giovani del Borgo e non solo. Da sempre segna i giorni più belli, quella della gioventù. Da bambini seduti a Sant’Antonino facevano la gara a chi indovinava i titoli delle canzoni della Hit Parade. Allora era una delle trasmissioni più popolari della Radio. Nessuno di noi possedeva un giradischi e tantomeno i dischi. Potevamo ascoltarle solo per radio. Nonostante ciò, conoscevamo bene i brani di maggiore successo e le star che le interpretavano. Tutto avveniva per volontà di un torremuzzaro adulto, che anche per questo è parte ineliminabile dei nostri pensieri.

Un’immagine sfocata ritorna spesso ….

Avevamo 3, 4 o forse 5 anni, ma già sapevamo ballare. Il giradischi andava con una musica popolare siciliana, probabilmente era una tarantella e tutti ci guardavano meravigliati. Era un’attitudine naturale o la leggerezza tipica dei bambini? Molti anni dopo quell’abilità fu evidente a tutti e fu al centro dell’attenzione in tante serate danzanti e non solo.

Ancora una divagazione, ma ora è tempo di concentrarsi sui balli e sulle canzoni del gruppo folcloristico.

Non ricordo come tutto ebbe iniziò. Nel corso di una serata danzante organizzata nel salone della scuola elementare il signor Mammana intrattenne tutti con la sua fisarmonica. Non so se quella festa si svolse prima o dopo che iniziassero le prove del gruppo folcloristico. Ricordo bene invece che qualcuno eccedette con gli alcolici e si senti male. E di certo a quel tempo molti di noi ancora non sapevano ballare. Forse l’idea di creare un gruppo folcloristico nacque in quell’occasione o forse no, ma non importa, l’iniziativa partì.

‘Si maritau Rosa, Saridda e Pippinedda e iu ca sugnu bedda mi vogghiu marità’

Di certo, le prime prove di canto e di ballo popolare siciliano avvennero con quella fisarmonica e con l’entusiasmo della novità e della condivisione. All’inizio alcuni di noi non c’erano, preferivamo giocare con un pallone o praticare qualche altro sport. Eravamo un po' restii a quella novità, ma una volta aggregati siamo diventati parte integrante del gruppo. Da quel momento in poi, tutti i pomeriggi o quasi la scuola elementare si riempiva di torremuzzari e nzusari di tutte le età. Bastava il suono di una fisarmonica, di una chitarra e di qualche mandolino per ‘provare’ ed imparare.

Sciuri, sciuri, sciuri di tuttu l'annu, l'amuri ca mi dasti ti lu tornu...’

Come sempre accadeva in quel periodo la novità fu sostenuta da quasi tutto il Borgo. Ognuno era pronto a svolgere la sua parte. Gli adolescenti eravamo i cantanti ed i ballerini. Le signorine avevano il compito di insegnarci le figure dei balli e le persone più grandi quello di organizzare e gestire il Comitato amministrativo e finanziario. Anche le mamme contribuirono. Furono loro a cucire i ‘costumi’ di scena, quelli tipici dei siciliani dell’Ottocento. Le canzoni erano quelle popolari. Andavano da ‘Vitti na crozza’, a ‘sciuri sciuri’, a ‘Avia nu sciccareddu’. E poi c’erano le musiche ed i balli come il fox, la tarantella. Per la meglio gioventù del Borgo erano pomeriggi di festa ed allegria.

‘Avia 'nu sciccareddu, ma veru sapuritu, a mia mi l'ammazzaru, poveru sceccu miu.… Chi bedda vuci avia, Pareva un gran tenuri, Sciccareddu di lu me cori, comu iu t'haiu a scurdari. E quannu cantava facia: i-ha, i-ha, i-ha…’

Fai finta di cantare che sei stonato’, mi disse una volta una mamma che si era intrufolata nel coro e che era accanto a me. Ci rimasi male, per tanto tempo mi venne il dubbio di essere ‘stonato’. Ma cosa vuol dire essere stonato? Nessuno in linea di principi lo è. Il problema sorge quando si usano due tonalità diverse contemporaneamente, quando cioè la musica e la voce o due musiche e/o due voci emettono suoni non ‘sincronizzati, cioè con la stessa tonalità, quindi è solo una questione di tecnica e di abilità canora e musicale. Non è un difetto naturale, non esistono le persone stonate o gli strumenti stonati. Ma solo difficoltà a prendere il tempo e la tonalità giusta. Quando si è adolescenti questi ragionamenti non si fanno, si pensa piuttosto di non essere adeguati. Come sarebbe bello essere giovani con la maturità di un anziano. Dovremmo capovolgere la scansione temporale della vita: nascere vecchi e morire giovani. Tutto sarebbe ugualmente effimero, ma sarebbe più semplice, più vero.

I pensieri si spostano, ora vanno ad una serata fatta in piccolo paesino dei Nebrodi.

Una delle prime esibizioni la facemmo a San Fratello. Un piccolo paesino di collina ad una trentina di chilometri di distanza dal Borgo. Il ricordo torna spesso a quella sera perché il pubblico, almeno una parte di esso, si comportò in modo ‘poco educato’. Di solito gli insegnanti memorizzano subito i nomi ed i volti dei ragazzi più vivaci o più preparati, mentre passano inosservati quelli più educati e silenziosi. Chissà perché è così. Il nostro cervello è pronto a memorizzare le cose belle e quelle brutte, ma stenta a ricordare quelle mediocri o che affrontiamo con indifferenza. Quella serata non è un bel ricordo, forse è per questo che ritorna spesso. Un gruppo di bambini era sotto il palco. Non erano lì per ascoltare le canzoni o per vedere i balli di coppia. No, erano lì per giocare a tiro a segno con le noccioline e per insultare i componenti del gruppo. Sono certo, che se quella sera ci fosse stato l’esibizione di veri professionisti, per quelle piccole pesti, sarebbe stato lo stesso. L’oggetto dello sberleffo non era la nostra esibizione, ma chi era sul palco. Una parte delle persone è così, dispettosa e irriguardosa. Di quell’esibizione rimane il fatto che settimane e mesi di prove e di sacrifici furono derisi da un gruppetto di bulletti di paese. Naturalmente non ci scoraggiammo, forse perché eravamo giovani e per noi era un gioco, solo un gioco, nulla poteva fermarci.

Vitti na crozza supra nu cannuni, fui curiuso e ci vossi spiare, idda m'arrispunniu cu gran duluri, murivi senza un tocco di campani …’

Il gruppo fece un salto di qualità quando alla guida arrivo un giovane musicista di Acquedolci. Era un professionista. Conosceva tutte le canzoni ed i balli popolari siciliani. Non ci mettemmo molto ad imparare. Diventammo bravi e ci esibimmo in diversi paesi. Poi tutto finì. Il nostro giovane maestro non venne più e non so se fu per una questione economica o per altro. Resta il fatto che un’altra stagione di condivisione e spensieratezza se ne era andata, ed ora restano questi frammenti di memoria, null’altro.

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