A
71 anni di distanza i superstiti alla strage di Sant’Anna di Stazzema, intervistati
dall’Espresso, ricordano i momenti più drammatici di quelle ore
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
I morti di Sant'Anna di Stazzema |
Adele
Pardini oggi ha 75
anni ma ne aveva appena quattro quando la mattina del 12 agosto del 1944 la
16/a divisione Reichsführer SS
entrò a Sant’Anna di Stazzema ed inizio il massacro di 560 civili inermi. Ecco
come ricorda quelle ore nell’intervista rilasciata al settimanale l’Espresso: “Ci
presero. Ci misero al muro con altri.
Nel cadere sotto i colpi delle mitragliatrici, la mamma aprì una porta. Mi ci
infilai dentro e mi salvai. Per fuggire, dopo, dovetti camminare sul suo corpo.
Si salvò anche mio cugino, Ilio Pardini, che da quel giorno divenne cieco per
lo spavento”.
I bambini di Sant'Anna di Stazzema pochi giorni prima della strage |
Tra
i superstiti c’è Enio Mancini che all’epoca aveva solo sei anni e deve la vita ad un ‘nazista buono’. Rastrellato insieme ad
altri dal borgo di Sennari fu messo in una colonna affidata ad un giovanissimo
militare tedesco. Il soldato, rimasto
solo con i prigionieri, ordinò di fare silenzio e di fuggire mentre diede una
scarica di mitragliatrice in aria. “E’ importante trovare qualcuno che ha
resistito al male quel giorno perché la
scelta è sempre individuale. Gli ordini non valgono in assoluto. Non è
obbligato un soldato a obbedire agli ordini illegittimi”, dichiara Mancini all'Espresso ed ancora: “Tre anni fa mi
ha telefonato un certo Frederch Holzer dalla Germania, parlava italiano. Mi ha
spiegato che suo nonno Heinrich era quello che mi salvò. Nell’elenco dei
soldati di Sant’Anna, questo nome effettivamente c’era. Era nato il 10 novembre
del 1926, pertanto nell’agosto del ’44 non aveva ancora 18 anni. Era morto il
10 marzo del 2012. Gli chiesi perché il nonno non si fosse fatto vivo, mi
spiegò che aveva paura di essere incriminato”.
Monumento ossario di Sant'Anna di Stazzema |
I fascicoli su Sant’Anna
e sulle altre stragi nazifasciste compiute in Italia sono rimasti ‘nascosti’
fino al 1994 nel cosiddetto ‘armadio
della vergogna’. Le rappresaglie di tedeschi e fascisti sui civili italiani
fecero tra il 1943 ed il 1945 15mila morti. Molte di quelle stragi sono rimaste
impunite ma i sopravvissuti non dimenticano.
Tra loro Enrico Pieri, 81 anni, che ricorda la
casa dove fu massacrata la sua famiglia, mentre lui assisteva nascosto in un
sottoscala, le orecchie tappate per non sentire le mitragliate, le grida ed i
lamenti. Oggi non ha dubbi sulla
necessità di non dimenticare: ”Sì la memoria serve. Se abbiamo avuto oltre 70 anni di
pace e benessere lo dobbiamo al sacrificio di tutti quelli che sono morti nella
seconda guerra mondiale”.
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